Project Gutenberg's Opera nova amorosa, vol. 1, by Nocturno Napolitano
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Title: Opera nova amorosa, vol. 1
Strambotti, sonetti, capitoli, epistole et una disperata
Author: Nocturno Napolitano
Release Date: December 22, 2009 [EBook #30738]
Language: Italian
Character set encoding: ISO-8859-1
*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK OPERA NOVA AMOROSA, VOL. 1 ***
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INDICE
Opera nova amorosa de
Nocturno napolitano
ne la qual si contiene.
Strambotti Sonetti
Capitoli Epistole
Et una disperata.
Libro primo
Strambotti ad amicam.
oglion tutti i felice, e lieti amanti
Spesso nanti lor dolci inamorate
Andar, con dellettevoi versi e canti
Per exaltarle, e per trovar pietate
Et io, con mesti accenti e flebil pianti
A tue maniere crude & dispietate
Vengo: e dimando poi che 'l vol mia sorte
Da tue man non più tante, una sol morte
Ma pria ch'io giungea a disiata morte
Vo' palesar mio stato a tutto il mondo
Et vo' gridando suspirar sì forte
Che se odirà nel cielo, e nel profundo
Strade, sentier, muri, fenestre, e porte
Voi che fusto al penar mio furibondo
Sarete ancho al finir mio, che sia presto
Poi che d'un tanto amor, il premio è questo
Voi tutti intorno che ascoltate questo
Flebile, horrendo e lachrymoso canto
Fatto che harrovi il mal mio manifesto
Sarete sasso non doprando il pianto
Che se al mondo mai fu tormento infesto
Gli è il mio che de tutti altri porta il vanto
E ognun move a pietà, se non costei
Che non cura lo abysso il mondo, o i dei
O voi omnipotenti & iniusti Dei
Da cui tutto il mio mal nasce e deriva
Udite almanco mei dogliosi omei
Nanti ch'io giunga a la tartarea riva
Dapoi che consentite che costei
Facci l'anima mia de vita priva
Udite il mio tormento, e vostro errore
Che piettoso e iusto atto è udir chi more.
Sì come quello che penando more
Narrerò del mio stratio il tristo effectto
Passando un giorno come volse Amore
Nanti il tuo bello, ma spietato aspetto
Restai de sentimento e spirto fore
E ne' tuoi lacci ah cruda involto e stretto
E credendo mi far il più giocondo
Mi gettai dalla cima nel profondo.
Cusì fin hora sempre nel profondo
Vivo morendo fuor d'ogni speranza
Timido paventoso e tremebondo
Nudo di quel che a tutti gli altri avanza
E s'io dico talhor volto gicondo
Muta questa tua folle strana usanza
Un tal sguardo me spieghi horrendo e crudo
Che a rimembrarlo solo agiaccio e sudo.
Non solamente sempre agiaccio e sudo
Ma mille & mille morti pato alhora
E quel che dentro il tristo petto chiudo
A chi sa legger mostrolo di fora
Moro dognhor, ne son de vita nudo
E questo morir sempre, più me accora
Che s'io facesse un fin solo, e non cento
Saresti alegra, & io fuor di tormento
Non circo che se aquieti il mio tormento
Non dimando pietade né mercede
Non disiro esser lieto né contento
Non bramo amor più non, né bramo fede
Non voglio più de canti alcuno accento
Non vo' più ben, che a me non se richiede
Ma voglio tutte le mortal ruine
Per giunger presto al desiato fine
Pria ch'io giungesse a questo extremo fine
dolce nimica e voi mei grati audienti
Solevo anch'io per ciascadun confine
Sparger non mesti, ma soavi accenti
E spesso nanti l'hore matutine
Far surger l'alba & raquienter i venti
E non v'era cor aspro e sì feroce
Che non movessie il suon de la mia voce
Ma hor ch'io son sanza alma e sanza voce
Per troppo amarti, ah despietato sasso
I' potrei ben cantar lento e veloce
Ch'io facesse a nessun mover un passo
Perho che tanto il mesto dir mio noce
Che ognun che l'ode d'ogni gaudio è casso
E s'io facea col canto un morto, vivo
Ognun che me ode, hor so' de vita privo
Ah quanto è d'intelletto e senso privo
Quel che in volubil donna pon sua cura
Prima sparge de gli occhi un largo rivo
Poi muta usanza, stil, modo e figura
De gagliardo sencier, vien semivivo
E ne la fin, diventa un'ombra obscura
Perho il femineo sesso, fuga ognuno
Che a pasto è tal, che esser vorrà digiuno.
Amanti, statte ognun casto e digiuno.
Che poco mel, non paga molto tosco
Gli occhi aprite di tempo chiaro e bruno
Che quando luce il Sol, mi par più fosco
Sì facilmente non credete a ognuno
Che più fede nel mondo non connosco
Rendere l'arme de Cupido al tempio
Et prender di me, non d'altri exempio
Già per auctoritate, e per exempio
Fummi mostrato che una horribil fera
Non haveva il cor tanto crudo & empio
Quanto l'hai tu spietata mia guerriera
Et io come impazzito stolto e scempio
Creder non volsi a tal ragione intiera
Sì che s'io errai, non fu per mio diffetto
Che è impossibil fugir da un sacro aspetto
Il qual mirando pur vengo in lo aspetto
Afflitto, lachrymoso e tutto exangue:
E il core e l'alma mancami nel petto
Qual chi vede obscur'ombra o rigido angue
Et repentina morte sola expetto
Che, è dolce cosa a quel che pena e langue
Che per uscir fuor de angosciosi pianti
Cusì far soglion tutti tristi amanti.
Strambotti ad amicam.
Hor son pur giunto, al dolce e amaro loco
Ove fui disarmato vinto in guerra
Hor son pur giunto ove l'ardente foco
Dolcemente mi volge in tritta terra
Hor son pur giunto, ove 'l spietato gioco
D'amor m'inchina duramente a terra
Hor son pur giunto, ove spero mia sorte
Mi darà presto vita, o presto morte.
E perché antichamente si suol dire
Che rimedio non trova, chi il mal cela:
Questa cagion mi sforza a voi scoprire
Il duol, e far d'amor iusta querela
Che quel che a torto sentesi morire:
Non possendo altro adopra la loquella
Con la qual, spero ognor gridar sì forte:
Che se non te, farò pietosa morte
E se harrà de sordo aspide la orecchia
E il cor di fera dispietata e dura
Convien che a maggior grido me apparecchia.
Sì che me odeno, i ciel, le aque, e le mura
Le quai da l'aspro mal, che in me se invecchia
Harran cordoglio, e de la mia sventura
Che ben si vede ir alto, & scender basso
De aqua faville, & lachryme d'un sasso
Non è cor non è spirto che in amore
Rustico, non che nobile e virile
Non corrisponda con gelato ardore
E con disio magnanimo e gentile
Non v'è arboro, pietra, herba, o fiore
Che non senta il calor del suo focile
Senza il qual, siani inordinati & spenti
I sacri chori, non che gli elementi
Zephyro il dolce tempo rinovella
Spargendo ovunque vola mille odori
Ride l'ampla campagna ornata e bella
De rose gigli, de viole e fiori
Mira narciso al rio sua fronte isnella
Tacinto vede in grembo i suoi dolori
In biancha vesta pur come già sole
Si gira Clitia palidetta al sole
I vivi chiari limpidi Crystalli
Surgon sì dolce e sì amorosamente
Le dolci e correnti aque per le valli
Corron superbe in vista dolcemente
Le pure nymphe ai deletevoi balli
Se riducono al solito sovente
Cantano i vaghi augei tra foglie e fiori
E il semicapro dio tra gli pastori
Il senza nodi abete al ciel se estende
Cusì il robusto cerro e l'alto faggio
Il fronzuto olmo in l'aria si sospende
El cornio il pino, il frassino silvaggio
Il lauro di che ornarsi il saggio attende
Lo anornio tessa ghirlandette al maggio
La palma si prepara a gran vittoria:
L'edera e il myrto a poetica hystoria
Ogni aspra fera per amore vaneggia
& fano insieme dolcemente guerra
L'un montone con l'altro si vahheggia
E pien de ardor le corna poi disserra
Lo affocato cingial fuma e baveggia
Le larghe zanne aruota, e il griffo serra
E giovenchi arsi d'amoroso gelo
Spargon coi piè l'herbosa terra al cielo
I paventosi daini per la druda
Mostransi arditi quai guerrieri al campo
Il tigre con vergata pelle suda
Spargendo in l'aria sanguinoso vampo
Ruge il leon con voce horrenda e cruda
Spiegando al ciel con gli occhi ardente lampo
Il serpe per la biscia fischia e vibra
Che haverla prima e poi morir delibra
Il cervio la sua sposa abbraccia e stringe
Cusì un coniglio fa con l'altro anchora
Dove la terra april più bel depinge
Ogni simplice lepra se inamora
Ne l'aqua i muti pesci Amor constringe
Che 'l potente suo stral ognuno accora
Vedesi anchor la salamandra a prova
Che in fuoco dolcemente se rinova
Gli vaghi augelli per le verdi fronde
Fan dolce l'aria, pei soavi accenti
E sì ben l'un con l'altro se risponde
Che per che l'harmonia del ciel si senti
Ecco le voci rispondeno infonde
Ne le orecchi d'intorno a gli audienti
Ogni selva, ogni bosco, e ogni campagna
Per amor, notte e dì, si scalda, e bagna
Gracchia la passeretta in ogni canto
La sua gemmata coda il pavon spiega
Il bianco cygno adopra il dolce canto
L'humil colomba al sposo suo si piega
Parlando il papagallo in verde manto
Con la sua tortorella si colega
La rondinella, e il rossignol si scorda
Dil duol antico, e con amor se accorda
Non solo gli animanti irrationali
Piegano il capo a l'amoroso laccio
Ma i brutti anchor, e gli homini mortali
Viveno dolcemente in fuoco e in giaccio
Gli dei celesti, e i spiriti infernali
Godeno avinti, in cusì dolce impaccio
Né cosa alcuna mai fu di valore
Che esser potesse sanza immenso amore
Il summo iove giù del sacre choro
Discese in varie forme per amore
Quando in aquila e quando in piogia d'oro
Quando in serpente, e quando in un pastore
Quando in candido cygno e quando in thoro
Spronato e vinto dal soperchio ardore
Poi pien di dolce affetion si vede
Volarse al ciel col suo bel ganymede
Phebo in thessaglia ardente e luminoso
Fessi pastor per Daphne e fessi in vano
Neptun si fece in un monton lanoso
E in un torno iuvenco humile & piano
In un cavallo ardito e furioso
Mutossi Achille, de sembiante humano
Per euridice, Orpheo nel centro scese.
E pluto de proserpina se accese
Ogni cosa creata in ciel e in terra
E ne lo abysso, convien che amor senta
Ogni triegua, ogni pace, & ogni guerra
Per amor, solo scema, & augumenta:
Se dunque questa regula non erra
Non trovar spero in te, la fiamma spenta
Anci ardente che un cor più che è gentile
In amor è più pronto, e più virile
De gentilezza, a quel ch'io veggio e sento
Proprio me assembri un'altra Danibea
De excellentia, e dotrina al dolce accento
Minerva sei de la scientia dea
Di beltà, se 'l veder non è in me spento
Veramente sei nova Cytharea
De crudeltade, poi che è cosa vile
Sei per mia morte: una avara Esyphile
Dhe dio come esser pò che fra due stelle
Sì vaghe altro vi sia che un bel splendore
Come esser pò che tra due rose belle
Esser possi altro che un divino odore
Como esser pò che tra due pure mammelle
Altro vi sia che gentilezza e amore
Como esser pò che tra duo labra sole
Altro vi sia che angeliche parole
Se ben l'alma persona tua modesta
Contemplo, i' veggio come fior fra l'herba
Lo inanellato crin ne l'aurea testa
Giù per la fronte humilmente superba
Rideti intorno la preciosa vesta
Dentro a la qual ogni gratia si serba
O sacra imago gloriosa & diva
Da far de marmo una persona viva
Se 'l fatal corso mio me astringe & vole
Ch'io te sol ami, e ogn'altra cosa experna
Non posso più, so ben che fisso il sole
Mirar non posso, né sia mai che il scerna
Ma qual dea che con sguardi, e con parole
pò far mia vita breve & far eterna
Se non voi trami fuor dov'io tutto ardo
Tiemmi almen vivo con un dolce sguardo
E se ciò non voi far ti 'l mostro aperto
Che per mille ragioni mi fai torto
Prima che s'io son basso, a tuo grado erto
Più sia tua gloria, e a me maggior conforto
L'altra se di beltà non son coperto
Qual te, di fede armato il petto porto
E per questo, e per quel che ho detto inante
Convien amar se ben fusti adamante
Strambotti diversi.
La crespa chioma tua, le archate ciglia
La gloriosa fronte, e il dolce sguardo
Il prefilato naso, e le vermiglia
Guancie, mi sono al cor lo accenso dardo
La bocca che a null'altra se assimiglia
Con le amene parole, fa tutto ardo
Il riso, el modo, l'habito, il costume
Fami hora un mongibello, & hora un fiume
Vaghi fioreti e voi teneri arbusti
A cui son noti i miei martiri occulti
Faggi, pini, cypressi, alti e robusti
Che in la scorza tenete i miei mal sculpiti
Valle secrete che già colma fusti
De' miei pianti, suspir, gridi, e singulti
Godete, perché in fuoco è volto il gelo
Et son da terra sublevato al cielo
El pelican per dar ai figli vita
Si rode il petto e cusì gionge a morte
Il cavaller poi che ha la seta ordita
Dentro si chiude e mor con dura sorte
L'imperator de la gloria infinita
Per salvarci, al fin corse acerbo e forte
Et tu ingrata e crudel, per ch'io non viva
Me nieghi la tua imago excelsa e diva
Sonetti diversi.
Dapoi che incominciai sì dolce amarte
E scorgier l'occhio mio per lo tuo lume
Mutai per compiacerte ogni costume
La lingua, il cor, lo stil, l'inchiostro, e carte
Et venni a piè dil monte ad adorarte
Sperando o stai salir l'alto Cacume
Ma il grave peso, & lo mortal volume
Signor non mi lasso, là su trovarte
Dove vo ardendo & disiando intorno
Pur per salir, per la più acconcia via
Per veder chi tu sei d'amar sì degno
Io non so che è fin qui, né so che sia
Speranza e fede, in tua bontate ho in pegno
Quai dureran per fin l'ultimo giorno
Poi che mortal bellezza in gioven anni
Non dura troppo, e la vecchiezza inferma
E per alcuna età, non pò star ferma
La veste, a cui donò Natura i panni
Spinta da te la Fede, ardon gl'inhanni
La pace è morta, e Iustitia se inerma
Giace Pietà, Crudeltà surge e afferma
Rabide e fier le voglie, a gli altrui danni.
Soletta L'innocentia via per via
Nuda come la nacque, e durar tende
Chiamando, hor questo, hor quello, in compagnia:
Né chi l'aiuti è mai, ben, chi la offende
A che star tra costoro anima mia
Miseri chi non provede, e questo intende
Sonetti.
Talhor sole fra me pensoso e stanco
Vo discorrendo tutto il viver mio
Chi fui, chi son, de qual speme, e disio
Visso ho fin qui, quasi canuto e bianco:
Et dico ahi lasso, non te ne avedi ancho
Che 'l tempo vola, e il mondo falso e rio
te carcha sì, che se andrai nanti a dio
Un de, quegli serai del lato mancho.
Dove col cor pien di pauroso scorno
A man dritta mi volgo, e trovo il vado
Che da notte me alunga, e apressa al giorno
E qui tanto altamente ascendo & vado
Ch'io son quasi divin, ma poi ritorno
S'io guardo in giuso, e in doppio error ricado
Piedi, man, occhi, bocca, orecchi, e il core
Insieme a lite van, nanti a Cupido
Ciascun gridando, signor iusto e fido
Priego hor dopri iustitia, se ami honore
I piè, dicon tornar vogliam signore
Le man, che 'l guerrizar fusse finido
Gli occhi, non pianger più, cusì gran grido
Fan questi ad un, narrando il lor dolore
La bocca, poi non vo' più riso o canto
Le orecchi, udir non posso chi me offende
E il cor dice tutto ardo sanza pianto
Amor, che pur tal volta il vero intende
Vedendo il cor più degno, dagli il vanto
E tutti gli altri, via scaccia, e riprende
Capitulo ad amicam.
Quel dì che a contemplar donna fui volto
Tua gran beltà, divenni in un momento
Scioccho, impacito, smemorato, e stolto
E s'io erra sopra ogn'altro più contento
Hor son più tristo, e solo è il viver mio
Doglia, stratio passion, pianto, e tormento
Ogni spasso, e piacer posto ho in oblio
Et hommi elletto sol per gaudio e giuoco
Servitù, fede amor speme, e disio:
Per i quai dov'io vado in ogni luoco
Spargo pien de acerbissimi martiri
Asentio tosco, fele, fiamma e fuoco
E non v'è alcun che pur la orecchia giri
Audir gli miei che infino al ciel sen vanno
Gridi, singulti, omei, luti, e sospiri
Anci ognun gode, e tu più del mio danno
Dove da sdegno e duol surgemmi al petto
Ambastia, rabia angoscia, incendio, e affanno
Tal che spesso dich'io sia maladetto
Quando mi posi amarte, pien di sdegno
D'impito, furia, ardor, ira, e dispetto
Poi che in donna d'amor più non v'è segno
Poi che 'l servir non val, né più se extima
Modi, gratia, valor, virtude, e ingegno
Convien ch'io sempre lachrymando exprima
Tua crudeltade, ovunch'io volga il passo
In voce, in pena, in prosa, in verso, e in rima
Che da poi ch'io te, vidi ah duro sasso
Persi ogni ben, né so più ahimè che sia
Gaudio, contento, refrigerio e spasso
O reo destin, o dura sorte mia
Che più ch'io t'amo più me sei rubella
Falsa, cruda, spietata, iniqua e ria
Come esser pò che tu non sia men fella
Essendo sola sopra ogn'altra chara
Vaga, honesta gentil, liggiadra, e bella
Come esser pò crudel de merce avara
Che mia cotanta, fe' non te apra il core
Simplice, pura, inusitata, e rara
Come esser pò che 'l mio sfrenato ardore
Se è ver che sia gentile, non te anodi
Piedi, man occhi, bocca, orecchi, e il core
Come esser pò, se hai visto in tutti i modi
Mia servitute, che radoppi anchora
Strali, esca, fuoco reti, lacci, e nodi
Dhe perché ingrata voi che a torto mora
Un che d'ognor con dolci rime accorte
Te exalta, cole, riverisce, e honora
Dhe vogli aprirmi de pietà le porte
Né darme in premio, acciò che poco io scampi
Doglia, ingano, timor tormento, e morte
Ad che cerchi spietata più ch'io avampi
Se arso ho, non pur col fuoco ma co i fiumi
Monti boschi campagne selve, e campi
Ad che voi più che in pianto i' mi consumi
Se ond'io vo, faccio, per tutti i confini
Laghi stagni, torrenti, rivi, e fiumi
Ad che voi far miei spirti più tapini
Se manchan (del mio mal) perché te appaghi
Faggi, abeti, cypressi, mirti, e pini
Se quei che son dil sangue human più vaghi
Movo a pietà, che son de' miei tormenti
Orsi, lupi, leoni, serpi, e draghi
Perché al pietoso son de' miei lamenti
Non ti movi, s'io faccio affliti e gravi
Ciel, nube, stelle, sol, luna, aere, e venti
Fior frond' herb' ombr' antr' onde aure soavi.
Epistola ad amicum.
Spinta da insupportabil passione,
Falso, ingrato, sleal, voto di, fede,
Mandoti questa, e non senza ragione,
E maledico il primo dì che 'l piede
E l'alma, e il core a te volsi, credendo,
Che fusti pien de affetto e di mercede,
Tanto amor post haveati, e sì stupendo,
Ch'io diceva fra me, per fino a morte,
Altri che te adorar mai non intendo,
Et benediva sempre la mia sorte
Sopra ogn'altra, credendo esser felice,
E non bramar come ogn'hor fo la morte.
I' credea rinovarmi qual phinice
A quel amor che me mostravi tanto
Et hor di verde, è secca mia radice.
Ah misera chi in huomo crede tanto
Ah stolta chi si pensa amar un giorno
Sanza menar sua vita sempre in pianto:
Tanto mi piacque il tuo bel volto adorno
Che altri che te, non adoravo in terra.
Nulla stimando infamia, ingiuria, e scorno
Non volevo tuo danno, o la tua guerra
Tua robba o facultà: ma la presentia
Che anchor nel petto me si chiude e serra
O dura sorte, o mia cruda influentia
Dunque per troppo amarti dei fugire
Et far da chi te adora, resistentia
Quando hai ben adimpito il tuo disire
Come nudo di amor e di ragione
T'hai voluto da me, lassa, partire
Dhe dio sapess'io almanco la cagione
Che se da me venir vedesse il torto
Non harei punto al cor di passione
Non è costume già de un huomo accorto
Ingannar chi se fida io me fidai
Tu in mar m'hai posto sanza fondo e porto
Altro non voglio dir, so che tu sai
A che grado m'hai scorta, ma lo amore
Ch'io t'ho portato al fin conoscerai
E spero anchor che quel sfrenato ardore
Che per te me arse, chiederà vendetta
De la mia fede, e dil tuo falso core
che ogni peccato punitione expetta
Disperata.
Se alziai mia voce mai per trovar pace
Hor alziola in battaglia, cruda e fera
Che a morte a un tristo, più che vita, piace
Se mai del dì bramai la luce vera
Hor la rifiuto, & bramo obscura notte
che a un infelice, convien vesta nera
S'io sparsi dolci rime, ornate, e dotte
hor le restringo, e le converto in tosco
che ciò far de', chi ha sue speranze rotte
S'io bramai terso dir, succinto, e tosco
hor rigido inornato, & mesto, bramo,
che un lieto ama il giardin, misero il bosco
Se 'l star sol mi parea qual pesce in amo
Hor parmi sciolto star, con altrui preso
che un veduo Tortorin, vol secco ramo
S'io fui d'amor cantando lieto acceso
hor son mesto piangendo, fatto un giaccio
che picciol forza, non sostien gran peso
S'io bramai lieto star fuor d'ogni impaccio
hor viver bramo mesto in mortai gridi
che a lieti gioia, e a mesti, convien laccio
Se allegro andai per monti, piani, & lidi
hor tristo giaccio in una obscura cava
Ch'a ognun che ha contra il ciel, convien tai nidi
Se dolce in vista a ognuno i' mi mostrava
hor paventoso, e crudo, i' vo' mostrarmi
che altro far non pò quel che ha sorte prava
S'io solea del buon stato mio, lodarmi
hor son del tristo allegro, in cui mi trovo
che pace chiama oliva, & guerra l'armi
S'io vissi lieto a l'amoroso giovo
hor lieto corro al fin qual celler pardo
Che 'l pensar dil ben vecchio, e dolor novo
S'io dissi dolcemente ahimè tutto ardo
hor dico amaramente, fuss'io polve
che è meglio un duol mortal breve, che tardo
S'io dissi donna ahimè di me non duolve
hor dico iubilate de mia pena
che è mal stabil quel ben, che intorno volve
S'io dissi donna mia passion raffrena
hor dico accresci quella, sì ch'io mora.
che è meglio morte che vita in catena
S'io dissi trammi il stral dil petto fora
hor dico che di quel facci un bersaglio
che assai peggio è penar, che l'ultim'hora
S'io mi diffesi di punta, e di taglio
hor voglio stesso farmi offesa grave
che haver requie non de', chi vol travaglio
S'io dissi porto de mia stanca nave
hor dico mar profundo la summerga
che a' sfortunati, non lice, onde soave.
S'io dissi a me pietosa sia tua verga
hor dico che me ha qual serpe, o draga
Che cui stenta meglio è raro disperga.
S'io dissi asciuga, e chiudi l'aspra piaga
hor dico, che entro poni aspro veneno
che un misero di morte sol si appaga
S'io dissi aiuto ahimè ch'io vengo a meno
hor dico aiuto, a trarmi nel profundo
che 'l fin suo brama, chi n'ha il ciel sereno
S'io dissi donna scarca il grave pondo
Hor dico carcha sì che in breve io manchi.
che morte chiama, chi è mal nato al mondo
S'io dissi mai non sian miei piedi stanchi
Hor dico siano in dur catena stretti.
che chi schiavi esser den, mai non sian franchi
Se 'l mio cibo era sol giochi, e diletti
Hor è lachryme, ardor, suspir, e affanni.
che ciò convien a chi a contrarii effetti.
S'io vissi iustamente senza inganni
Hor fin ch'io vivo, usar uno tradimenti.
che chi ciò fa, se steso abbrevia gli anni.
Se mali & vitii, mai da me fur spenti.
Hor ne abondino tanti che arda il cielo.
che a' bassi, giova il mal de gli eminenti.
Se al ben altrui fui pien de ardente gelo
Hor al mal per lo opposito esser voglio
che chi vol mutar stato, cangia pelo.
Se mai fui privo de animo, e de orgoglio.
Hor sì ne surga in me, che 'l mondo trema
che al tristo, giova assai l'altrui cordoglio.
Se in me trovossi ognor pietade extrema
Hor ritrovisi extrema, crudeltate.
che spesso a torto il ciel, vol che si gema.
Se ognhor fui sopra ognun pien de humilitate
Hor superbia in me soi, facci suo albergo.
che a dietro va, chie segue sue pedate.
S'io non posi l'honor sì caro a tergo
Hor voglio porlo, & solo amar vergogna
che chi ciò fa, ben pò dir mi summergo
S'io non feci ad alcun, torto o menzogna
Hor voglio farlo a tutti, e più a chi me ama
che pace, a chi vol guerra, non bisogna
S'io cercai laude, precio, honor, e fama
Hor cerco infamia, vituperio e scorno
che un disperato altro, che mal, non brama
Se l'opre mie da ognun lodato forno
Hor sian biasmate, sì che ognun me offenda
E che sol brama perir, chi ha scuro il giorno
Se in me mai non trovossi una sol menda
Hor ne surgano tante, ch'io sia occiso
che morte, a' tristi par che nulta incenda
Se sol mostrommi ognhor splendido il viso
Hor me si mostri obscuro fosco, e negro
che non convien lo inferno, al paradiso
Se la luna mostrommi il volto allegro
Hor me si mostri colma de ira, e sdegno
che luce brama il sano, e obscuro, l'egro
Se hebbi propitio ogni celeste segno
Hor me sian contra, congiurati a morte
che è buon morendo uscir, de affanno e sdegno
Se fortuna mi tenne in lieta sorte
Hor invida, e contraria, me si facci
che chi non pò haver ben cerca vie torte
Se amor mostrommi ognhor benigna faccia
Hor me si mostri, & facci empio tyranno
che chi non de' fallir, iusto è che giaccia
Se da vener fui posto ad alto scanno
hor mi summerga nel proffundo abysso
che assai melio è un mortal che un longo affanno
S'io tenni a cose vaghe l'occhio fisso
hor chiudesi, e dispergo il vivo lume
che lice il lume haver, che ha 'l scur demisso
S'io godea primavera per costume
hor son colmo de affanno, e di dolore
che non pò rider, chi è converso in fiume.
S'io tenea per vagezza in man un fiore
Hor disiro tenir, un mordace angue.
che 'l tosco, a' tristi par dolce liquore.
Se 'l mi dispiaque versar l'altrui sangue
Hor far vo' altrui morir per esser morto:
Che 'l fin suo brama, quel che a torto langue.
S'io cercai lieto giunger sempre in porto
Hor lieto cerco giunger ne lo inferno:
che a' miseri non è poco conforto.
Se qui pace, o salute, i' non discerno
Hor son certo che almen lì è un fermo stato
che cui vi entra non mor, ma sta in eterno.
Se per gratia a tal ben serò arrivato.
Hor lasso che in sul marmo esto epygramma
Sia scritto, acciò se intendea il dur mio fato
Di Noturno è qui il corpo, & l'alma in fiamma
Giace appresso Pluton, per donna, ingrata
E se penando ben mai non sfiamma.
Gode che anchor sua fe' vien celebrata.
Strambotto.
Chi segue amor, mena sua vita in fuoco.
E inutilmente il tempo, e il danar spende.
Chi va dietro de dadi, & carte, il giuoco
Perderà al fine, la mercantia i rende.
Chi va, a caccia hor in questo, e hori quel luoco
Le reti invan, più de le volte tende.
Chi virtù segue, vince, e non mai perde.
Perho che con virtù tutto rinverde.
Impresso in Milano per Magistro Gotardo
da Ponte ad instantia.Do.Io.Iacobo &
fratelli da Legnano Anno.D.M.
ccccc.xyiii.adi.xii.de October.
Edizione del 1519
Impresso in Milano per Rocho & fratello da
Valle che sta in corduxo apreso a la speciaria
dal Moltone ad instantia de Miser
Nicolo da Gorgonzola nel.M.
ccccc.xviiij.adi.xi.de
Zenaro.
Nota del Trascrittore
La trascrizione di quest'opera è stata effettuata sulla base
dell'edizione pubblicata nel 1518. Si è cercato, pur modernizzando il
testo per alcuni aspetti, riguardanti essenzialmente le convenzioni
tipografiche dell'epoca, di mantenerlo il più possibile fedele
all'originale. Minimi errori tipografici sono stati corretti senza
annotazione; è stato aggiunto un indice essenziale. Si è fatto
riferimento anche a un'altra edizione (1519), della quale al termine
del testo è presentata l'illustrazione di copertina unitamente ai dati
di pubblicazione.
End of Project Gutenberg's Opera nova amorosa, vol. 1, by Nocturno Napolitano
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