Title: Le piante utili dell'Eritrea
Author: Georg August Schweinfurth
Release date: January 7, 2025 [eBook #75054]
Language: Italian
Original publication: Napoli: Sede della Società, 1891
Credits: Galo Flordelis (This file was produced from images generously made available by the HathiTrust Digital Library/Harvard University)
SOCIETÀ AFRICANA D’ITALIA
D.R GIORGIO SCHWEINFURTH
(Estratto dal
Bollettino della Società Africana d’Italia)
Anno X — N.º XI-XII — Nov.-Dic. 1891
NAPOLI
SEDE DELLA SOCIETÀ
Via Medina,
63
1891
Napoli — Stabilimento Tipografico dell’unione — Vico Salata ai Ventaglieri, 37
[3]LE PIANTE UTILI DELL’ERITREA
Le discussioni sul valore o non valore delle possessioni africane hanno avuto largo sviluppo, e d’ordinario si è notato che ai pessimisti restava, nella discussione, campo libero; perchè questi affidavano tutti i loro argomenti ad una sola domanda, che mostrava avere una certa importanza, chiedendo semplicemente: cosa v’è laggiù?...
I territorî delle colonie europee in Africa, non furono fondate od acquistate come le antiche colonie storiche, in paesi che già contavano una relativa civiltà. Perciò meno poche eccezioni, l’Africa tropicale non offre, fin oggi, al commercio europeo che prodotti naturali del suolo, senza che la mano dell’uomo vi abbia positivo concorso; desso, l’uomo, non fa che raccogliere questi prodotti, imballarli e mandarli via.
Questi prodotti naturali del suolo in molti paesi africani, che fanno tanto giuoco nel commercio europeo, riescono alla maggioranza dei negozianti od industriali europei ignorati, e per questi la parola Africa non è che l’ignoto; al più un’espressione geografica.
Ecco donde la domanda a cui ho accennato: cosa vi è laggiù?... e se non vi si risponde, se non v’è chi sappia rispondere, d’un subito l’ira dell’ignoranza si scatena nella sua forma più umile e più terribile, e con l’oltraggio peggiore all’attività umana, griderà: «Nulla, niente, non vi è niente!...»
Per l’Eritrea poi in particolare, vorrei che alla corrente pessimista, al coro dei gridatori del niente, facessero loro barriera quelli che sanno, la gente pratica che sa e conosce, e questa gente, che mi si permetta di chiamarla positivista, vorrei, che parlasse, scrivesse, facesse conoscere nel modo più semplice e pratico, quello che vi è nei possedimenti italiani del Mar Rosso, cosa può farsene, cosa dovrebbe farsene, facesse il confronto dei possedimenti[4] italiani con le altre colonie africane, ed indicasse infine all’Italia quali benefici e vantaggi potrebbe e dovrebbe trarre dai tanti sacrifizi che ha fatto e sta tuttora facendo per i suoi possedimenti coloniali del Mar Rosso.
Non volendo però lasciarmi dire che io, pur qualche cosa potendo dire e fare, non lo dico e non lo faccio, cosi è che mi accingo al mio modesto compito, per quello che io ne posso sapere nel regno vegetale, dando una descrizione di quelle piante che appartengono alla Flora selvatica dell’Eritrea, e che hanno valore per l’industria e pel commercio europeo.
In questa mia enumerazione, ho preso in considerazione solamente le specie, la di cui esistenza è accertata dentro il limite della colonia Eritrea, cioè nella parte dell’Abissinia settentrionale, di cui l’Italia prese possesso di fatto e delle quali è facile trovare presso i collezionisti della materia i campioni che si desiderassero.
Quasi tutte le specie enumerate, le ho raccolte io medesimo nella primavera di quest’anno, durante i cento giorni che ho passato in quelle terre; solamente per qualche specie isolata mi sono avvalso delle indicazioni lasciate da altri cultori di botanica, i quali mi hanno preceduto in quella contrada[1].
Se avessi voluto parlare anche di tutte le altre piante utili dell’Abissinia, già conosciute, il volume del lavoro sarebbe riuscito dieci volte maggiore del presente: oppure se anche solo avessi detto delle piante che troverebbero facile coltivazione in Eritrea e che si potessero raccomandare, avrei dovuto scrivere oltre il credersi.
Dunque, non parlerò che delle piante che Madre Natura Africa offre spontaneamente col suo migliore sorriso, e senza che la mano dell’uomo si dia altra pena che di raccoglierle dal suolo, e che poi nel tempo medesimo, come ho detto, possono e debbono riuscire utili all’europeo nei suoi traffichi.
Da molte di quelle piante il colono europeo trapiantato in Eritrea potrà trarre profitto per proprio uso e consumo personale, e per le altre, le mie informazioni sull’uso che ne fanno gl’indigeni, contribuiranno vieppiù a far conoscere quella regione, anche in rapporto agli usi e costumi delle popolazioni che l’abitano.
Dell’uso economico di certe specie di vegetali più conosciuti non ho creduto far menzione di tutto quanto si riferisce al loro uso domestico, per non fare inutili e noiose ripetizioni di cose conosciute a tutti ed intorno a certi speciali quesiti, ho creduto dovermi limitare a farne parola nell’interesse generale, tanto da poter orientare con faciltà così il profano che il conoscitore. Dove[5] le mie cognizioni non bastavano sono ricorso volentieri alle indicazioni di persone competenti e sopratutto del compianto Wilhelm Schimper, il quale per 45 anni dimorò in Abissinia e durante questo lunghissimo spazio di tempo, con immane lavoro raccolse pregevolissime collezioni, facendo importantissime osservazioni.
Le sue interessantissime note si trovano manoscritte sulle schede[2] unite alle singole piante che ora possiede il Museo Botanico di Berlino.
Per facilitare anche ai non botanici ad identificare le piante descritte ho creduto di aggiungere ai nomi scientifici quelli che sono nel dominio della generalità cioè i nomi in vernacolo; beninteso però che questa latitudine me la sono accordata in certi limiti del possibile, attenendomi alle sole denominazioni volgari usitate negl’idiomi delle popolazioni della regione abissina.
La massima parte della nomenclatura tigrina o trigrigna delle piante da me descritte, è stata da me personalmente controllata sul posto. Per i nomi poi in amarìco, che appartengono agli idiomi camitici di Agau e Bilen, (Bogos), li ho per la maggior parte controllati con le indicazioni che forniscono Schimper e Steudner.
Fra poco non mancherò di pubblicare un completo elenco di tutte le specie di piante della intera Flora abissina delle quali si conoscono i nomi dati dagl’indigeni.
La nomenclatura delle piante sarà scritta in maniera che un italiano potrà leggerla e pronunciarla senza difficoltà veruna.
Avrò cura di separare ed assegnare a ciascuna pianta la sua categoria, secondo l’uso che nella pratica vi è designato: dividendo il mio lavoro in 8 categorie, così che quelli che s’interessano in modo speciale ad una di queste, troveranno subito il proprio conto.
Piante medicinali
Comprendono tutte le specie di piante con virtù sanativa, nonchè le piante velenose.
Piante aromatiche
In grazia alla ricchezza di oli eterei che contengono, sono atte alla distillazione delle essenze.
[6]III.
Piante resinose e gommifere
Quelle che producono diverse specie di resina, caucciù o gomma così al tronco che alle ramificazioni.
Piante tessili e fibrose
Atte alla lavorazione dei tessuti in genere, nonchè di utensili d’uso domestico come corde, graticci, panieri, stuoie ecc. ecc.
Piante coloranti e concianti
Ricche di sostanze coloranti, oppure che contengono, nelle parti legnose, tannino abbastanza, tanto da essere adatte per conceria.
Legnami
I principali legnami buoni per le costruzioni in genere, nonchè legnami fini per lavori d’ebanisteria.
Non posso naturalmente dare qui un elenco di tutti i combustibili, nonchè delle piante legnose che formano circa la quarta parte della flora dell’Eritrea.
Piante commestibili
Legumi e verdure per la cucina, frutti mangerecci, tuberi, semi e nocciuoli, che in tempo di cattivo raccolto si riducono in farina, confezionandone poi del pane, erbe e pianticelle da pascolo.
Piante ornamentali
Comprende tutte le specie che per bellezza di fiori o di foglie possono essere bene accette nei nostri giardini. In prima linea vi si presenteranno le numerose piante bulbose.
*
* *
L’industria italiana potrà trarre grande profitto da ognuna delle otto categorie di piante sopra enumerate.
Il compito principale, però secondo il mio modo di vedere, che si debbono prefiggere le colonie e possedimenti d’oltremare verso la madre patria, è quello di cercare un equivalente pei prodotti esteri di importazione.
Sarebbe, ad esempio, davvero deplorevole e più che incomprensibile, se le industrie, come la profumeria e la drogheria, non sapessero trarre direttamente profitto dell’Africa che è per eccellenza il paese degli aromi!... continuando ad essere tributarie delle Indie e di altre lontane regioni, quando si ha vicino una terra aromatica per eccellenza: l’italiana colonia Eritrea!...
Giorgio Schweinfurth
1. Capparis persicaefolia Rich. — Syn. C. tomentosa Lam. var.(Capparidaceae)
in Tigrigna[3] «andel».
Questa pianta ha un frutto della grandezza di una mela, di un gusto senaposo ed è considerata dagl’indigeni per velenosissima; specialmente sarebbero mortifere le foglie per animali cornuti che ne mangiassero; ad eccezione delle capre, che ne possono mangiare. Secondo Schimper nel Tigrè le foglie si adoperano seternamente contro l’oftalmia. Pare che questa pianta abbia delle proprietà medicinali che bisognerebbe ancora esaminare perchè in generale le Capparidae non sono velenose. La sola Capparidacea velenosa era finora la C. frondosa L. della Columbia, ove il frutto temuto chiamasi frutta de burro, cioè frutto dell’asino.
2. Caylusia abyssinica F. Mey.(Resedaceae)
in Tigrigna «merrerêt».
I semi di questa erbaccia si mischiano facilmente al grano quando lo si batte, e danno alla farina un sapore amarissimo ed ingrato.
La pianta secondo Schimper sarebbe molto nociva, anzi mortifera, alle capre.
[8]3. Silene macrosolen Steud.(Caryophylleae)
in tigrigna «Sar-sari»
in amarigna «ogkert».
Trovai questa pianta nel 1868 sulla più alta cima dei monti di Erkauit a S.O. di Suakim ed a 1700 metri sul livello del mare, e fu trovata dal Penzig ancora nelle alture dell’Eritrea, sul m. Sabber e ad Asmara. La radice si usa, nell’Amhara, contro i vermi. La dose è un pezzo di radice della lunghezza di circa 4 cm. e della grossezza di un dito (Schimper).
4. Oxalis anthelmintica A. Br.(Oxalidaceae-Geraniaceae)
in tigrigna «habbe-ciacco»
in amarigna «mitsciamitscio»
Trovai questa specie, rimarchevole per un grazioso fiore lillà, nella gran vallata di Ghinda, ed essa sarà al certo altrettanto sparsa nei distretti vicini, come nell’altipiano abissino. Porta piccoli bulbi che triturati e mescolati con acqua di miele, birra ecc. servono a distruggere la tenia.
Dopo il «kousso» (Brayera anthelmintica Kth.), che non ancora è stato trovato nel territorio italiano, questa pianta è la più adoperata, nell’Abissinia, contro il verme solitario.
5. Celastrus serratus H.(Celastraceae)
in tigrigna «add add».
È un arbusto che trovasi in abbondanza nel territorio Bogos.
Secondo Schimper le foglie di questa specie sarebbero un eccellente surrogato della corteccia di china contro la febbre intermittente, ciò che gli Abissini ignorano.
6. Celastrus senegalensis Lam. (Syn. Gymnosporia montana Roxb.) var.(Celastraceae)
in tigrigna «arguiti»
in tigrè (mensa) «erghitte».
Uno degli arbusti spinosi più sparsi in tutta la regione montuosa. Secondo Schimper, nel Tigrè si servirebbero delle foglie pestate contro la diarrea del bestiame bovino.
7. Trianthema pentandrum L.(Ficoideae)
È una erba delle più comuni presso alle case, e che fornisce a Ghinda agli indigeni una medicina favorita contro le malattie interne, dolore di capo, stitichezza etc., e si raccoglie in massa.
Secondo Schimper, qualche volta fanno cuocere le foglie come verdura.
[9]8. Mollugo Glinus R.(Ficoideae)
in tigrigna «Kóssala»
Quest’erba cosmopolitica, sparsa nei paesi caldi e tropicali, è un rimedio efficacissimo contro il verme solitario. Trebbiata e crivellata dà un piccolo seme nero lucente di cui si prende semplicemente un cucchiaio con acqua. Causa il suo uso facile e la sua insipidezza è, secondo il caso, molto raccomandabile; ed io stesso fui testimone della sua efficacia.
9. Citrullus Colocynthis Schrad.(Cucurbitaceae)
La coloquintide non manca, ovunque trovasi un terreno sabbioso nella Samhar dell’Eritrea. Non ne vidi veramente tanta copia come nelle vallate della Tebaide egiziana, ma in compenso la forma eritrea a Dessi, Sciacat-Cai etc. si distingue per la grandezza straordinaria del suo frutto. Raccolsi colà esemplari che sembravano dei piccoli melloni d’acqua (anguria) e che avevano un diametro di 15 cm. Simili esemplari, che, come ho detto, trovansi in quantità, si possono vendere, mondati e seccati, in Europa al dettaglio; oppure si possono esportare all’ingrosso, perchè la merce, così preparata, ha un aspetto splendido e sorpassa quella di altre provenienze.
10. Cucumis dipsaceus Ehrbg.(Cucurbitaceae)
Trovasi dappertutto nelle vallate montuose all’altitudine di 1000 metri ed anche in siti più elevati.
I suoi frutti gialli, simili ai zucchini, coperti di folte setole, trovansi in quantità enormi in tutti i luoghi erbosi.
Il frutto contiene un principio intensamente amaro simile alla coloquintide e potrebbe raccogliersi in quantità più grandi che quest’ultima. Il principio amarissimo si presterebbe specialmente per la denaturazione daziale dell’alcool, avendo il vantaggio di essere senza colore e senza odore. Sarebbe per ciò assai più raccomandabile che l’Etere metilico, generalmente usato dai governi per l’alterazione dello spirito a scopo industriale, perchè quella sostanza riesce sgradevolissima ed anche malsana per il suo fetore insopportabile. Siccome l’amaro della coloquintide e del Cucumis dipsaceus non si può eliminare mediante la filtrazione, l’alcool che se ne impregna non si può assolutamente gustare.
11. Foeniculum capillaceum Gil.(Umbellatae)
in tigrigna «silân»
Nell’altipiano dell’Eritrea e dell’Abissinia si trova il finocchio dappertutto selvatico, come pure nei monti dell’Arabia Felice.
[10]In nessun luogo lo si coltiva. Il seme è assai vantato come carminativo.
12. Helminthocarpus abyssinicus Rich.(Papilionaceae)
in tigrigna «Fosi-Korzet».
La radice di questa erba, che trovasi sparsa nell’altipiano sarebbe, se preparata in piccole dosi, un emetico potente ed efficace, che si potrebbe usare contro i dolori di stomaco, come già lo indica il nome tigrino.
13. Abrus precatorius L.(Papilionaceae)
arab. Offrus; ain-lahla; Kolkol.
Questa pianta (di cui negli ultimi tempi parlavano tanto i giornali, come pianta che predice il tempo, in seguito alle speculazioni fantastiche dell’inglese Nowak) trovasi in tutte le parti dell’Eritrea, come pianta rampicante nei boschetti. Essa è cosmopolita in tutti i paesi tropicali.
In molti paesi si fa uso della radice e dello stelo, come della liquirizia: generalmente conosciuti però sono i semi di un bel rosso che trovansi in commercio, si adoperano come ornamenti e si chiamano piselli da paternostri.
Questi sono molto apprezzati nei Bazar di Drogherie dell’Oriente (arabo: sciscim ahmar), specialmente quelli che vengono dal Sudan i quali sono di un rosso vivissimo. Quando il Sudan era inaccessibile, qualche volta si pagavano al Cairo fino a 25 Centesimi il granello.
In Egitto si attribuiscono al detto seme effetti speciali per la guarigione delle infiammazioni dell’occhio e se ne fa molto uso anche ora. Le sue proprietà velenose erano conosciute e temute nelle Indie da lungo tempo. Da qualche tempo si conosce l’Abrina, il veleno vegetabile il più forte conosciuto dopo la Ricinina.
Già nel 1582 fu osservato dal medico veneziano Prospero Alpino in Egitto (P. Alp. de plantis Aegypti, Venetiis — MDXCII p. 31 32) il fenomeno della sensibilità delle foglie riguardo alla luce solare, e che ha dato alla pianta il nome di profeta del tempo.
13. Cassia Absus L.(Caesalpiniaceae)
arab. «sciscim».
Un pianta che trovasi spesso nei siti erbosi. I semi sono neri e lucenti, di forma lenticolare, e si vendono in Egitto nei bazar di drogherie come un rimedio contro le infiammazioni croniche degli occhi, nello stesso modo che la specie menzionata più sopra. Questi semi si sono anche trovati tra gli oboli deposti nei sepolcri[11] antichi egiziani, da cui si può dedurre che l’uso ne era già noto agli antichi Egiziani, come lo era ai Greci e Romani.
14. Cassia acutifolia Del. e Cassia obtusifolia V.(Caesalpiniaceae)
in tigrigna: ente-entàro.
Il commercio delle foglie di Senna in Egitto è tutt’ora abbastanza vivo, essendo il territorio della produzione principale nella Nubia inferiore che trovasi attualmente nel dominio egiziano.
Tutti i paesi della costa del mare Rosso producono pure della Senna e se ne esporta. A Massaua nella Samhar (pianura littorale) la più abbondante, è quella nominata in seconda linea: essa non la cede in niente alla C. acutifolia D. Si può con tutta facilità raccoglierne delle grandi masse.
15. Tamarindus indica L.(Caesalpiniaceae)
Nome vernacolo in tutte le lingue della regione: «hommar».
Il Tamarindo si trova sparso nelle vallate montuose dell’Eritrea, ma non in quantità sufficiente per l’esportazione in grande.
Perciò il suo frutto, che qui certamente è di buona qualità, e che dovrebbe avere un valore maggiore, dacchè il commercio, con Dar Fur (da dove si ritirava la migliore qualità) è reso impossibile, non può aver importanza per l’esportazione.
Nondimeno la cosa è meritevole di attenzione, stantechè gli estratti italiani di tamarindo che hanno acquistato fama mondiale, hanno da qualche tempo perduto in qualità, dopo che i preparatori furono costretti a provedersi di frutti dalle Indie.
16. Albizzia anthelmintica Brogn.(Mimosaceae)
in tigrigna «Mussenna» oppure «Bessenna».
La fioritura di quest’albero è somigliantissima a quella dell’Albizzia amara Bov. ma le foglioline sono più grandi e meno numerose. Essa viene nelle vicinanze di Cheren, nella valle di Dangobas, sull’Anseba, e si troverà, probabilmente, anche in molti altri luoghi. La sua corteccia contiene uno dei più efficaci rimedi contro la Tenia. Negli scritti di Fournier «Sur les ténifuges d’Abyssinie» si trovano esatte indicazioni. Varrebbe la pena di ridurre il principio efficace della corteccia in forma di un alcaloide per poter somministrare il rimedio in modo sicuro. Siccome le corteccie di diverse età hanno proprietà alquanto diverse, e caricandone la dosa possono presentare dei pericoli per l’ammalato, non si prese più cura di questo importante medicamento, ed esso a torto fu dimenticato.
[12]17. Tarchonanthus camphoratus L.(Compositae)
in tigrè (Mensa) «ssarakána»
Secondo Schimper si pestano le foglie e si fanno fermentare per sette giorni nell’urina, e dopo se ne fa uso di bevanda medicinale per gli animali bovini.
18. Datura Metel L.(Solanaceae)
tigrino «thirufrâ» o «thrifrâh»; in arabo «bengjé»
Questa pianta velenosa, molto pericolosa pei suoi semi, cresce abbondantemente come erbaccia sia qui che in Arabia, in vicinanza dei villaggi o siti abitati. Questa specie, tra le dature, è la più vecchia pianta medicinale, che usavano già gli arabi del medio evo, e da essa provengono i «Semina Daturae» delle officine.
19. Vernonia amygdalina Del.(Compositae)
in tigrigna «grava»
È un arbusto di 3 metri, molto comune sulle sponde dell’Anseba. Il Dott. Steudner pretende che le foglie servono come un purgativo efficace.
20. Acocanthera Schimperi Hook. Bth. (Syn. Carissa Schimperi H.)(Apocynaceae)
in tigrigna: «Mptàh», muptà, o «maktàt».
È un cespuglio che trovasi in abbondanza al declivio ed alla base dell’altipiano, da 1000 a 2000 metri. Le foglie sono ellittiche, coriacee e lucenti. I fiori bianchi, che in forma ed odore molto rassomigliano al gelsomino son numerosissimi sui rami. Il frutto è una bacca simile ad una piccola ciliegia, è nero e ha un nocciolo piatto corneo.
Gli indigeni la ritengono per velenosa, ma non ne fanno nessun uso.
Dai frutti di una specie congenere, la A. venenata G. Don nel Sud dell’Africa gli indigeni traggono il veleno per le loro freccie.
Nel paese dei Somali trovasi una pianta simile a quella dell’Eritrea, che colà fornisce il temuto veleno per le freccie «Uabaio» o (in Ogaden) «Ghedulâjo» e che si trae dalla decozione delle radici sul quale veleno hanno scritto molti viaggiatori, specialmente Hildebrandt, Revoil, Paulitschke ed i fratelli James.
Questo veleno, preparato dal sugo della radice e del legno alburno, si chiama «Uabaïn» ed è uno dei più forti veleni vegetali che si conoscano. Gemell vuole aver usato l’Uabaïn con[13] successo contro il «chin-cough» (tosse canina, Keuchhusten, coqueluche).
La A. Schimperi Bth. H. è sparsa in tutta l’Abissinia ed in gran parte dall’Africa orientale, ove le radici danno, similmente alla specie del paese dei Somali, un veleno per le freccie molto temuto chiamato «Morio» o Morjo, accennato già da Hildebrandt e da Burton.
Hildebrandt identifica il veleno Morio col Uabaïn, ma gli esemplari da lui raccolti a Taita (Africa Orientale Britt.) sono della specie eritrea. Anche von Höhnel nella spedizione del conte Teleki ha raccolto sull’altipiano di Leichipia sul Chenia l’Acocanthera Schimperii Bth. H., come la pianta che dà il veleno Morjo. È probabilissimo che il principio contenuto in questa specie sia l’Uabaïn.
Una provvista di radice che ho portata meco da Ghinda, sarà esaminata e sperimentata a Berlino, dal Dott. L. Lewin.
Pare che questa pianta sarà chiamata, un giorno, a fare gran figura tra le piante medicinali importanti dell’Eritrea. Schimper pretende che le foglie seccate e pestate servono nel Tigrè qualche volta come tabacco da naso, e che i frutti vengono mischiati con la carne per avvelenare le jene[4].
21. Verbascum Ternacha Hochst.(Scrophulariaceae)
in tigrigna «Ternakha».
Di questa pianta, molto estesa nel territorio, gli Abissini, come si usa anche in Europa per una simile specie del genere, utilizzano i semi maturi per la pesca.
Questi se posti nell’acqua in luoghi tranquilli dei ruscelli e fiumi fanno sì che poco dopo i pesci, che vi si trovano, compariscono, storditi, alla superficie e si possano acchiappare con le mani.
Simile uso fanno in Abissinia della «Berreberra» (Milletia ferruginea Bak.) e nelle Indie della Dodonaea viscosa L. parimente indigena nell’Eritrea.
22. Verbena officinalis L.(Verbenaceae)
in tigrigna «seruftit»
Quest’erba cosmopoliticamente sparsa sul globo si trova anche sulle sponde dell’Anseba. Gli Abissini usano le foglie seccate[14] come un rimedio contro il mal di collo («fosi-hanât») e contro il rigonfiare delle ghiandole. Masticano anche la radice, come pretende lo Schimper.
23. Kigelia aethiopica Dcne.(Crescentiaceae)—(Bignoniaceae).
in tigrè (Mensa) «salasile»
in tigrino «mederba» o anche (Hamasen) jungula.
Questo bell’albero esteso in tutta l’Africa tropicale si trova frequentemente nella zona dell’Anseba.
I grossi frutti di forma cilindrica che pendono da lunghi peduncoli, contengono un succo con proprietà purganti. Secondo un manoscritto del viaggiatore francese Quartin Dillon, citato da A. Richard nella sua «Flora Abyssinica» (vol. II p. 60), il succo avrebbe una potenza afrodisiaca incredibile e terribile.
24. Meriandra benghalensis Bth.(Labiatae)
in tigrè: «mossogo».
Questa bella pianta, che in Asmara e nell’interno dell’Abissinia s’incontra nello stato selvatico, trovasi nelle Indie soltanto coltivata. Questa strana espansione di una specie di pianta selvatica dell’Eritrea nei giardini indiani non è un caso isolato. La Crossandra undulaefolia Roxb., una Acantacea con magnifici fiori di un rosso scarlatto, che spesso trovasi selvatica nell’Eritrea, trovasi pure nelle Indie soltanto come pianta di ornamento. Le foglie della Meriandra, che hanno un forte odore di canfora, si usano nelle Indie invece della Salvia officinalis L. come rimedio aromatico, vivificante e riscaldante (Royle, Wallich, Wight ecc.).
25. Buddleya polystachya Fres.(Loganiaceae)
in tigrè «mattari».
Un arbusto alto con spighe pendenti di fiori di un rosso aranciato. Le foglie e i fiori sono usati dagli Abissini contro il verme solitario.
26. Plumbago zeylanica L.(Plumbaginaceae)
in tigrino «Aftehe o aftah».
Questa pianta rimarchevole per i suoi fiori bianchi tubulosi, trovasi da per ogni dove nell’Eritrea. La radice fresca ha proprietà vescicatorie, e Schimper scrive che i Tigrini la impiegano come mezzo profilattico contro certe malattie. Dopo l’applicazione della radice si forma una piaga che lascia una cicatrice rilevata.
[15]27. Salvadora persica L.(Salvadoraceae)
in tigrino «addai»
in agau «scivelscia»
in arabo «aràk».
È un arbusto molto ramificato e allargato nella pianura (Samhar) vicino alla costa, copre grandi spazi e che trovasi non di rado anche nell’altipiano fino a 1500 metri sul livello del mare.
I ramoscelli forniscono le spazzolette pei denti, in arabo «messuâg» che nell’Oriente i musulmani usano generalmente e che sono raccomandate ai fedeli dal Corano, ove è prescritto di non adoperare altro mezzo, per pulire i denti, che i ramoscelli di questa pianta. Tali ramoscelli si vendono in quei paesi dappertutto.
Masticandone le punte si staccano le fibre, che formano una specie di spazzole. Il gusto è quasi come quello della senape e indica proprietà antiscorbutiche. È un miracolo che finora nessuno dei nostri specialisti in «Reclame» abbia avuto l’ispirazione, citando i bei denti degli arabi, di creare in Europa, con questi stuzzicadenti, un articolo di moda. Persone come Pear, Epp & Holloway avrebbero con essi potuto guadagnarsi i milioni, come li guadagnarono con i lorosaponi mediocri etc.
Il frutto è una piccola bacca, che seccata, ha la grandezza ed il gusto dell’uva passa di Corinto, e si può raccogliere in massa. Ne trovai posto in vendita sul mercato di Suachim.
Maesa lanceolata Forsk.(Myrsinaceae)
in tigrigna «Saoria».
È un rimedio apprezzatissimo dagli Abissinesi contro il verme solitario, e che anche in Europa venne sperimentato con successo. Le bacche si riducono in pasta e si mischiano a fagiuoli o fave ugualmente ridotti in pasta e si somministrano in quantità abbondante.
Questo arbusto, che anche nell’Yemen trovasi sparso, ha dei rami alti parecchi metri e foglie grandi.
Trovai questa pianta vicino Gheleb nel territorio dei Mensa.
28. Myrsine africana L.(Myrsinaceae)
in tigrigna Zaddsé o ssàhtso.
Le bacche di questo piccolo cespuglio, sparso nell’altipiano oltre 2000 metri sul livello del mare, si seccano, e ridotte in pasta si mischiano con un cibo qualunque adatto per servirsene come rimedio contro il verme solitario.
[16]29. Pircunia abyssinica H.(Phytolaccaceae)
in tigrè (Mensa) ssobêth o ssebbêt.
Questa pianta si presenta dappertutto nell’Altipiano in grandi masse e se ne usa in Abissinia così la radice come il frutto, come uno dei tanto numerosi rimedii contro i vermi intestinali.
Le bacche pestate danno una pasta saponaria, che produce molta schiuma, dando, come le bacche del Sapindus, un eccellente surrogato di sapone. Specialmente si lavano, col mezzo di queste bacche, le stoffe di lana, flanella ecc. Nella Missione Svedese in Gheleb mi si lavarono così bene dei costumi di flanella, che sembravano del tutto nuovi; mentre che le lavanderie chimiche di Berlino non erano al caso di fare altrettanto.
Considerando che queste bacche si trovano nell’Eritrea in grandi masse e sono facili a raccogliersi, si può sperare che questo prodotto un giorno possa essere di grande importanza per l’esportazione.
30. Celosia trigyna L.(Amarantaceae)
in tigrino «belbilda».
È sparsa tanto nelle regioni alte che basse nell’Eritrea. Le foglie, i fiori ed i frutti stritolati e mescolati danno un rimedio possente contro il verme solitario. È però, secondo Schimper, dagli Abissini temuta quanto la Celosia anthelmintica Asch. a causa dei suoi effetti secondarii pericolosi.
31. Amarantus graecizans L.(Amarantaceae)
in tigrigna «birnáheo»
in amarigna «aluma».
Impiegati in grandi dosi, i semi di questa malerba abbondantissima sarebbero, come dice W. Schimper, nel Tigrè un ottimo rimedio contro il verme solitario.
32. Ricinus communis L.(Euphorbiaceae)
in tigrigna: «vulleh»
in tigrè (Mensa) «Kellä».
Vi sono siti ove il Ricino si presenta in tale quantità, che raccogliendone il seme si potrebbe esportarlo ed averne grande vantaggio.
In questi semi che somministrano l’olio di Ricino, Kobert e Stillmark di Dorpat, nel 1889, scoprirono il Ricinino, il più potente dei veleni vegetali che si conosca.
[17]33 e 34. Aloe Schimperi Tod. e Aloe abyssinica Lam.(Liliaceae)
in tigrè «mathisso» in mensa, «zabber».
in Tigrigna, «àrrai o èrreh».
in arabo, «ssàbbr».
L’Aloe Abyssinica Lamk. è la specie che trovasi assai diffusa sull’altipiano e sulle pendici rivolte a Levante, sino a 1000 metri sul livello del mare.
Il viaggiatore la riconosce tra le altre specie, per le foglie lunghe concavo-convesse che in parte sono regolarmente verdi oscuro e segnate nella parte basale con delle macchie bianche molto fitte. I fiori sono ora gialli ora di colore rosso arancio. Questa, specie mi sembra senza valore per l’estrazione del succo. Invece nell’altipiano, a circa 2000 metri sul mare, specialmente vicino ad Asmara si trova una specie (A. Schimperi Tod.) con grandissime foglie molto più lunghe e più larghe, che sono sempre senza macchie.
Detta specie si distingue dal succo giallo bruno che scorre dalla pianta tagliandola e che ha quel forte odore di sudore che distingue le buone qualità di Aloe.
Il succo è ricco di resine solubili e disecca subito, rappigliandosi in massa.
Con questo prodotto varrebbe la pena di tentarne la raccolta all’ingrosso, perchè presumo, da ciò che ho osservato nell’isola di Socotra sull’Aloe Perryi, che la pianta in quistione potrebbe fornire una specie di Aloè pregevole.
Oltre le due specie accennate, ne ho trovato altre due sul territorio italiano, che pero non danno Aloe servibile.
35. Cyperus rotundus L.(Cyperaceae)
Molto frequente sulle rive dei fiumi nell’altipiano e sul pendio delle vallate verso il mare.
I tuberi aromatici sono della grandezza delle olive, sempre rosso bruni, e fanno grande figura nella Farmacopœa araba come sudoriferi e diuretici.
1. Hemprichia erythraea Ehrbg. (syn. Amyris Kafal Forsk.).(Amyrideae)
arabo «Kafal».
Questo arboscello è molto sparso al sud del tropico sulle isole e sulle coste del Mar Rosso, e così pure si trova sulle Isole Dhalac dell’Eritrea.
[18]Il legno è di colore rossigno simile al Sassafras, e strofinato emana un leggiero odore aromatico, e se si brucia spande un grato profumo alquanto balsamico.
Per questa sua proprietà se ne fa uso in Egitto per affumicare le giarre d’acqua nuove di creta, e le idre dette Gulla prima di metterle in uso.
Il legno Cafal è altresì sudorifero e diuretico, e se ne fa moltissimo uso tanto in Egitto quanto in Arabia. Lo si vende in tutti i bazar di droghe.
Questa specie non segrega della resina e non ha niente di comune coll’Opoponax, il quale come pretende Holmes nel Pharm. Journal 1081; verrebbe distillato dalla resina di questa pianta.
Il nome «Kafal» si dà però anche ad alcune specie di Commiphora (Balsamodendron) dalle quali si ricava probabilmente una parte della Mirra del commercio.
2. Commiphora Opobalsamum, Engl. (Syn. Amyris Opobalsamum L. — Balsamodendron Opobalsamum Kunth)(Burseraceae)
È un cespuglio od un arboscello, il quale dal sud del tropico al mar Rosso e nel Samhar Eritreo, ha la stessa diffusione della Hemprichia erythraea Ehr., però ascende più in alto su i declivi montuosi confinanti col mare. È noto generalmente che questa specie somministra la «mirra» del commercio odierno, come quella che si esporta dal sud dell’Arabia e dal paese dei Somali, da Aden, Hodeidah etc. Intanto io non ho nessuna prova per questa identificazione, perchè non mi è accaduto mai di osservare su i fusti di questa specie una secrezione resinosa, quantunque io abbia avuto occasione di studiare la pianta in tutti i tempi dell’anno e nei punti più differenti delle rive del mar Rosso. Soltanto alle estremità dei rami, che sovente si mostrano come verniciati, si trova una secrezione come di una massa vischiosa, a modo di vernice molto densa e di gradevole odore.
Nei bazar di droghe nei paesi Orientali troviamo conservate vicine due specie di balsami l’uno differente dall’altro, il «balasem» balsamo della Mecca e la «Mirra» (mur-heggiasi). Il primo è una specie di trementina liquida, il secondo è una resina solida difficilmente combustibile.
«La resina liquida, dice Figari, gode sempre grande stima come medicamento vulnerario, o come contravveleno al morso degli animali velenosi». Nell’Arabia felice questa specie chiamasi «bisciâm». Il Dr. E. Glaser, la cui autorità nella conoscenza dell’Arabia non si può in alcun modo mettere in dubbio, sostiene di aver veduto raccogliere da questa pianta la Mirra.
Il medico veneziano Prospero Alpino nel 1582 ha dato per la prima volta una perfetta figura di questa specie e la designa[19] col nome di «balsamum»[5]; il nome di Mirra non si rinviene affatto nella sua opera. Alpino trovò questa pianta coltivata al Cairo come residuo di antichi tentativi di acclimatazione, ed egli constata la tradizione che l’origine della provenienza sia a Mecca. Non cade dubbio che quello che in Egitto va sotto il nome di «balasem» sia il prodotto della Commiphora Opobalsamum Engl.
Forskal che nel 1761 esplorò come botanico l’Arabia Felice, a proposito di questa specie non fa menzione della Mirra; egli la chiama «Abuschâm» (più correttamente «bisciâm» e dice (Flora Aeg. Arab. p. 80): «Conosco ancora due altri alberi che si chiamano coi nomi di «Schadjaret el murr» (i.e Arbor Myrrhae) e «Chadasch»[6] i quali, se si deve prestar fede a quelli che lo garantiscono, devono essere molto simili alla specie descritta».
È ancora da notare che la denominazione di Balsamodendron Myrrha colla quale il botanico Nees von Esenbeck distinse una delle piante raccolte dall’Ehrenberg nell’Yemen, è fondata sopra un errore, nel quale si sono confuse le note di erbario dell’Ehrenberg[7] ed è stata distinta come Mirra per eccellenza una specie, che non è affatto aromatica, e meno ancora secerne una resina. Io ho dovuto denominare ciò non pertanto Hemprichia Myrrha Schwfth. questa specie inodora, circoscritta all’Arabia felice, per serbare la precedenza al nome più antico.
Però sulla quistione dei balsami e della mirra non è stato peranco detta l’ultima parola, a cagione della sconfinata letteratura, accumulatasi su di ciò da qualche secolo. Per quanto ci consta, è solo permesso di ammettere:
1º che il Balsamo degli arabi deriva dalla Commiphora Opobalsamum Engl.
2º che non conosciamo come si ricava.
3º che il balsamo è un aroma.
4º che la mirra è una resina non molto aromatica, disgradevolmente olezzante, difficilmente combustibile, che si adopera come medicina (la nostra tintura di mirra) e mai come profumo.
5º Nella antica letteratura, specialmente nella letteratura biblica, il balsamo e la mirra sono spesse volte confusi insieme, donde questo continuo «qui pro quo».
3. Sclerocarya Birrea Hochst.(Anacardiaceae)
In tigrigna «abóngul».
Un grande albero con legno leggiero e morbido che nella stagione[20] della siccità fiorisce dopo aver perduto le foglie. I fiori di un giallo cereo sono riuniti insieme alle estremità dei rami in spighe dense disposte a fascetto, e spirano un intenso profumo come di gelsomino, o ciò che torna più esatto, come i fiori del Philadelphus. Specialmente nei monti che fanno corona alla Conca di Cheren, questo albero è assai copioso, in egual modo in tutta la vallata dell’Anseba e nelle vallate che scendono giù verso il Barka.
4. Ochna inermis (Forsk.) Schwf. (Syn. Ochna parvifolia Vahl)(Ochnaceae)
in tigrè (Mensa) «abgamá».
Questo arbusto è assai diffuso nelle alture e nelle pendici verso l’Oriente.
I fiori color giallo d’uovo, coprono in grande quantità nella stagione secca il fusto spoglio di frondi ora dritto e a foggia di un albero, ora di storto sulle rupi come un arbusto nano, ed hanno un forte e magnifico profumo di Syringa.
L’aroma è quasi così forte come quello della Syringa vulgaris L. e colle regole della profumeria si può facilmente fissare per mezzo di grassi ecc., e forse ancora per mezzo della distillazione.
5. Ximenia americana L.(Olacaceae)
in tigrinna «mell’au»
in tigrè (Mensa) «mellhétta».
È uno tra i più frequenti arbusti od alberetti, dell’altipiano dell’Eritrea. I fiori hanno un fortissimo odore di fior d’arancio, e sarebbero da mettersi in prima linea come materiale da impiegarsi, in grande, nella profumeria. Questi fiori si possono raccogliere a quintali, per modo di dire, nelle vicinanze di Cheren.
6. Jasminum abyssinicum R. Br.(Oleaceae)
in tigrigna «habbe-selîm»
in amarigna «uembelel»
Le compatte masse di fiori di questo frutice scandente che s’arrampica sopra i grandi alberi, tramandano un intenso odore e si trovano in più che sufficiente quantità (a Ghinda, Cheren, Gheleb etc.) per poter essere adoperati per la profumeria.
Ancora più comune della detta specie nei piani alti e fra i contrafforti è il Jasminum floribundum R. Br. il cui profumo però è meno intenso ed i fiori non sono cosi numerosi ed in tale quantità, come nella specie precedente.
[21]7. Premna resinosa Schauer.(Verbenaceae)
Un frutice largamente diffuso nell’Eritrea coi rami lunghi e ritti, le cui foglie contengono un’aroma molto simile a quello del limone, e che per la abbondanza della pianta si può facilmente distillare in grandi quantità.
8. Ocimum menthaefolium H.(Labiatae)
in tigrè «ciomâr o ciommer»
in tigrigna (Adua) «sessak-süvvi» (Hamasen «ssahmar».
Abbondante in tutti i luoghi soleggiati ed erbosi dell’Eritrea, l’erba che talora raggiunge 1 m. di altezza, è diffusa in prodigiosa quantità, sovente a perdita di vista, nelle vicinanze di Ghinda, dove se ne può raccogliere in quantità strabocchevole.
L’attività vegetativa della pianta dura per tutto l’anno, senza distinzione di stagione.
Il suo aroma è molto forte. Secondo Schimper gli Abissini mischiano le foglie triturate e secche col burro e se ne servono come pomata per la testa. L’odore è molto simile a quello della menta piperita.
Tra tutte le piante selvatiche dell’Eritrea questa potrà, per la sua abbondanza, molto probabilmente essere adatta alla distillazione in grande, e un impiegato della Casa V. Bienenfeld, il Sig. Brunetti, in Ghinda, ha di già preso di mira con tutta serietà e di moto proprio un tale piano.
9. Micromeria abyssinica Benth.(Labiatae)
È un’erba diffusa nelle alte regioni abissine sopra i 2000 metri. Io la trovai abbondante nelle pendici del Ssabber sopra Gheleb, terr. Mensa. Le foglie hanno forte odore di menta piperita e potranno fornire quest’olio colla distillazione.
10. Kyllingia triceps L.(Cyperaceae)
in tigrè (Asùs) «Krît-asmûd».
I rizomi di questa pianta che raramente supera i 30 centim. di altezza, hanno un distinto aroma, che in qualche maniera ricorda quello dell’Andropogon Schoenanthus; però è molto più fino e gradevole.
L’aroma, molto intenso nella pianta fresca, è fugace e però dovrà distillarsi sul posto; poichè la pianta disseccata dopo qualche mese lascia sentire soltanto un debole odore.
Nelle Indie orientali si somministra la pianta nella dissenteria, nel diabete ed in altre malattie. Essa nasce in grande quantità nei luoghi aperti ed erbosi delle boscaglie presso Ghinda, dove i rizomi si possono raccogliere a quintali. Non manca però in nessuna parte del territorio al di sopra della zona di 800 metri.
[22]Io sono con certezza convinto che questo aroma, se si introdurrà nel commercio europeo, non mancherà di eccitare una sensazione come alta novità; probabilmente ancora in miscuglio (con altri aromi) darà splendidi risultati.
11. Andropogon laniger Desf., ed Andropogon Jwarancusa Blane, (syn. Andr. proximus H.).(Graminaceae)
Ambedue queste specie di graminacee molto affini fra loro hanno una larga diffusione in tutta la zona dell’Anseba. Dove il pascolo si raddensa in steppa, esse coprono per lunghi tratti ed esclusivamente il terreno; non mancano però neppure sui declivii montuosi. Esse sono molto somiglianti all’Andropogon Schoenanthus L., che del pari appartiene alla Flora abissina e che, insieme all’A. Nardus L. nell’India, è tra le droghe officinali più anticamente usate; in talune regioni, inoltre, è coltivato in grande.
Tutte le suddette specie di Andropogon contengono, a preferenza nei loro rizomi e radici, un olio etereo, il quale si conosce in commercio sotto i differenti nomi di Verbena, Citronelle, Ingwergras, Lemongras, o semplicemente come «grasoil», cioè «olio di gramigna». È esportato da Ceylan e dal Malabar e ultimamente ancora in grande quantità dall’isola della Riunione[8]. Quest’olio forma una parte integrante dell’attuale commercio delle droghe.
L’abbassamento del prezzo (ad un decimo del primitivo, secondo che riferisce il Pharm. Journ. of London 1891, pag. 928) è stato occasionato specialmente dalla falsificazione di quest’olio, praticata nell’India su larga scala. Quest’olio, però, non si deve confondere col vero «olio di Geranium» che si ricava, per distillazione, dalle foglie del Pelargonium Radula L., e che si prepara nel sud della Francia ed in Turchia. Quest’ultimo serve specialmente per falsificare l’olio di rose, mentre che l’olio d’Andropogon serve solamente quale ingrediente ai prodotti numerosi della profumeria ed a varii miscugli, nei quali trova larga applicazione.
È facile da comprendere che un prodotto che il commercio mondiale si procura perfino col mezzo costoso di colture artificiali nel Malabar, nelle Isole di Ceylan, di Réunion, ed altre dell’Oceano Indiano, nell’Eritrea dove cresce spontaneo deve riuscire molto meno costoso, dacchè la Natura nel paese dei Bogos p. es. ed altrove ci offre milioni di quintali della materia prima, di facilissima raccolta.
1. Boswellia papyrifera H.(Burseraceae)
in tigrino «maggher».
Quest’albero trovasi in Abissinia qua e là in grande quantità e si distingue pei suoi magnifici fiori a forma di mazzetti, i quali nel tempo della siccità spuntano dai suoi rami sfogliati. La corteccia di un giallo color cuojo è stranissima, perchè si sfoglia dal tronco a guisa di carta da lettera sottilissima.
Tutti i rami abbondano di un succo aromatico lattescente che certamente si potrebbe impiegare per incenso, come tutte le altre specie congeneri se si volesse prendere la pena di raccoglierlo.
2. Commiphora abyssinica, Engl.(Burseraceae)
Questa specie sparsissima in Abissinia e nei d’intorni di Cheren dà una sorta di Mirra da utilizzare probabilmente nel commercio, se già non lo è.
3. Commiphora Schimperi Engl.(Burseraceae)
Syn. C. resiniflua Martelli in Fl. Bogos.
in tigrigna e Tigrè «ankua».
Questo arboscello è molto sparso nell’Eritrea, in Abissinia e nell’Arabia Felice; produce in abbondanza della resina simile alla mirra che trovasi in commercio, così che sono certo che questo prodotto almeno in parte trae la sua origine dalla surriferita specie.
Varrebbe quindi la pena di raccogliere questa droga su vasta scala.
4. Commiphora quadricincta Schwf.(Burseraceae)
in tigrè (Habab) «bsciámed».
Questo arboscello generalmente sparso nella pianura della costa Eritrea (Samhar) come pure nella regione inferiore delle colline secerne dai punti ove la corteccia è lesa, della resina in abbondanza, simile per odore e sapore alla mirra del commercio.
E pare di fatti che questo prodotto sia messo in commercio perchè a Sciacat Cai trovai molti tronchi intaccati evidentemente a quello scopo.
Questa specie ignorata finora dai botanici ed in parte scambiata[24] con la C. abyssinica Engl. trovasi in massa sulla costa tra Suakin e Massaua.
La si riconosce facilmente alle sue fogli ovali con picciuoli lunghi ed al nocciuolo quadrangolare del frutto che trovasi attorniato dal mesocarpo soltanto ai quattro spigoli e non su tutti i lati.
5. Commiphora africana Engl.(Burseraceae)
in tigrigna «oanka».
in tigrè «ankua».
Questa specie è maggiormente sparsa nell’Africa nord-orientale dall’Abissinia sino a Dar Fur.
Sulle alture di Digdigta tra Saati e Sabarguma, presso Cheren nonchè in altre parti dell’Eritrea non è rara.
I rami molto aromatici promettono nella stagione propizia una ricca secrezione, e W. Schimper era del parere che questa specie potrebbe fornire al commercio un prodotto utile.
In effetto gli Agau nei monti di Semen, raccolgono da questo albero la Mirra, e la vendono secondo Schimper a Massaua.
Il legno, che si distingue per la sua leggerezza e che mercè la resina che trovasi nella corteggia, non assorbisce facilmente l’acqua si adopera nel Tigrè a preferenza per la costruzione di zattere per traversare i fiumi e i ruscelli, sempre secondo Schimper.
6. Acacia Senegal W.(Mimosaceae)
in tigrigna «Kantab».
in tigrè (nome generico) «cia’a».
Questa specie sparsa nella zona dell’Anseba, specialmente vicino a Cheren fornisce nel Cordofan al commercio la miglior qualità di Gomma eccellente per la sua bianchezza e purezza, denominata «Hasciàb».
Per ragioni ignote la secrezione della gomma nell’Eritrea non si presenta negli alberi di questa specie; pertanto la sua identità con quella cordofana e senegalese è fuori dubbio, ed io cito questa specie soltanto per rendere l’enumerazione completa e per la numerosa presenza o espansione della pianta.
7. Acacia Seyal Del.(Mimosaceae)
in Tigrè nome generico «ciâa».
Questa specie fornisce in gran parte la gomma conosciuta sotto il nome Gedaref o Sennaar e che è chiamata in Arabo Talh. Quest’albero trovasi spesso nella valle dell’Anseba ove forma di tanto in tanto dei boschetti.
Per quanto riguarda la secrezione della gomma, la specie si mantiene in questa zona negativamente come è A. Senegal.
[25]Altre specie di Acacie gommifere finora non si sono osservate nell’Eritrea.
8. Albizzia amara Boiv.(Mimosaceae)
in tigrigna «igjano o cigôno, o hamassérau»
in tigrè «hamasserau»
in bilino «ssobkána».
È uno dei più frequenti e più grandi alberi dell’Altipiano.
Nel mese di marzo trovai nella vallata dell’Anseba presso Cheren, tutti i tronchi con ricca secrezione di gomma, che pareva molto simile alla gomma arabica ma che liquefatta nell’acqua prendeva per lo più un colore rossigno come la qualità di gomma ordinaria «Sennaari».
Esso potrebbe essere un surrogato conveniente per quest’ultima specie che è molto ricercata ed aumentata di prezzo in seguito dell’inaccessibilità del Sudan, e quindi essere per l’Eritrea di un certo valore.
9. Euphorbia abyssinica, Raeusch.(Euphorbiaceae)
in tigrigna «Kolkuall».
in tigrè (Mensa): «galangâll».
Entro le alture da 1500 a 2000 metri, questa specie di albero simile ad un cactus, ed alto sino a 10 metri è tanto sparsa nell’Eritrea che per lunghi tratti le foreste non si compongono di altro.
Tutte le parti di questo albero abbondano di un sugo bianco latteo, e deve contenere oltre le resine drastiche, purganti, corrosive vescicatorie, che sono pericolose per l’uomo, specialmente per gli occhi, puranche un 5 % di caucciuc secondo gli sperimenti che ne hanno fatto in fabbriche milanesi.
Ferendo una pianta, il succo latteo ne scorre in massa in modo che se ne possono con faciltà empire bacili interi.
A causa delle sostanze secondarie del succo, pericolose all’uomo si è abbandonata l’estrazione del cautciuk, poichè gli operai si ammalarono. Sarebbe però un peccato se un prodotto che la libera natura offre in così grande quantità non potesse essere utilizzato per il commercio e l’industria.
Il tempo verrà in cui la raccolta di questo sugo, che disseccato presenta una massa bianca porosa quasi simile al formaggio, sarà ritenuta vantaggiosa.
Nell’India Orientale si adopera il sugo disseccato di specie simili, Euphorbia antiquorum L., ed Euphorbia Cattimando El., per masticare coltelli, scope, spazzole ed altri istrumenti nei rispettivi manici e si vende col nome di Catimando nei bazar della provincia di Madras.
[26]Riscaldandolo si ammollisce ed indurisce poi in grado superiore come quello del Kolkuall.
Se si mette il sugo diseccato in acqua bollente, diventa plastico, raffredandosi però si fa nuovamente duro.
Già nel 1853 Roberto Wight (Icones plant. Indiae VI No. 1993) accennava a questa proprietà del Catimando considerandolo degno dell’attenzione degli Industriali.
Nelle Indie orientali si adopera il Catimando come pittura anticorrosiva della chiglia delle nave.
Quest’uso forse avrà pel commercio di Massaua un avvenire e io non posso raccomandare abbastanza agli industriali in materia di fare degli esperimenti colla resina del Colqual.
10. Ficus vasta Forsk (Syn. F. Dahro Del).(Urticaceae-Moreae)
in tigrigna e tigrè «dàro»
in tigrigna «ciogonte» o «ciorhonte»
in tigrigna: come i precedenti.
Fra le numerose specie di Fichi selvatici di Abissinia e dell’Eritrea le tre suaccennate e Ficus sycomorus L. (tigrigna e tigrè: «sciagla») formano gli alberi i più grandi. I due primi spesso hanno una crescenza gigantesca tanto per altezza quanto per circonferenza. —
Tutti e tre abbondano nelle corteccia di sugo latteo che dà un ottimo cautciùk, che al primo taglio scorre in grande quantità. — Nella maggior parte dei siti però gli alberi non saranno abbastanza numerosi per permettere di raccogliere questo prodotto prezioso su vasta scala, ma il sugo di cautciùk di queste specie si raccomanda per vari usi domestici.
Sul luogo non appena raccolto e fresco, lo si può mediante un pennello spandere sopra tela o carta e così ottenere un imballaggio morbido lucente, impermeabile ed ermetico, ottimo per avvolgere degli oggetti da preservarsi dall’umidità ed anche contro gli insetti. È altresì adattatissimo per foderare le casse. L’applicazione è facilissima e molto raccomandabile. Colla fermentazione il cautciùk si deposita e non lo si può più spandere col pennello.
1. Gossypium anomalum Ky. Peyr.(Malvaceae)
Una delle poche specie di cotone constatata allo stato selvaggio che nella Valle di Dagobas vicino a Cheren venne trovata già da Beccari e da Steudner e che si ritrova anche nella parte S.O. dell’Africa tropicale. — La presenza di questa pianta nelle vicinanze di Cheren può considerarsi come un cenno della natura che la coltura del cotone trova in queste contrade le condizioni naturali favorevoli al suo sviluppo.
2. Abutilon longicuspe H.(Malvaceae)
in tigrigna «Zada bauakh».
Secondo Schimper gli steli battuti si adoperano in tutta l’Abissinia a guisa di stoppino per torcie. Si avvolgono le fibre con cera e si ottengono candele. Così pure si adoperano gli steli battuti della
in tigrigna «dàsos»
in amarigna «kittkitta»
e la Vernonia Leopoldi Vtke.
4. Hibiscus cannabinus L.(Malvaceae)
in arabo «tîl».
Questa pianta che ha spesso un’altezza di tre metri e che trovasi frequente sui pendii dell’altipiano, contiene nella sua corteccia, facile a distaccarci, una della più forte qualità di fibra che si conosca.
Nell’Egitto, ove questa pianta, che nell’Eritrea cresce selvaggia, è oggetto di coltura, si fa uso delle fibre specialmente per unire le zattere, perchè questa specie resiste nell’acqua per lungo tempo alla putrefazione.
5. Hibiscus macranthus H.(Malvaceae)
in tigrigna «sugôtt».
Schimper dice di questa specie, che si distingue dai suoi fiori grandissimi di colore giallo chiaro, che al secondo giorno si coloriscono in rossiccio: «gli steli manipolati come il lino danno un magnifico filo forte come lino e lucente come seta». Gli Abissini non ne fanno che delle corde, ma Schimper era di parere[28] che se ne potrebbero fare i più belli tessuti, per cui forse la introduzione della coltura di questa pianta sarebbe utile come quella della Ramiè (Boehmeria) ora tanto apprezzata.
6. Grewia salviaefolia Juss.(Tiliaceae)
in tigrino «âba» o «ôba».
Un grosso arbusto con rami lunghi, sui quali le foglie sono ordinate in due file. Trovasi spesso nell’altipiano.
La corteccia si può togliere in strisce lunghe un metro; la sua fibra è molto consistente e si adatta per legare qualunque cosa. Rassomiglia molto al libro di tiglio.
7. Adansonia digitata L.(Malvaceae)
in tigrigna «dümma».
La corteccia di quest’albero gigantesco, conosciuto in Europa sino da Prospero Alpino (1582) sotto il nome di Baobab, che si trova spesso tra Cheren e Cassala, si adopera dai Bogos (ridotta a fibra) per farne dei cordami.
Le fibre si portano in grandi masse sul mercato di Cheren e potrebbero divenire un articolo di esportazione non disprezzabile, ciò che sono da anni su vasta scala nel paese di Angola, destinate per la fabbricazione di carta.
Anche nell’Africa orientale tedesca (Usambara) se ne fa molto uso per farne delle corde.
Siccome da questi immensi tronchi la corteccia non si toglie che proporzionalmente volta per volta in piccola quantità, la corteccia si forma nuovamente e così gli alberi non vengono distrutti.
8. Lanneoma velutina Del.(Terebinthaceae)
in tigrè «abde».
Un piccolo arbusto o arboscello che tanto nel territorio dei Mensa quanto a Cheren si trova dappertutto.
La corteccia supera le altre simili per forza della fibra e si raccomanderebbe specialmente come materiale da cordame come lo usano gli abitanti di quei luoghi.
9. Acacia spirocarpa H.(Mimosaceae)
in tigrè «cia’à»
in arabo «ssamr o ssammorr».
Questo albero è sparsissimo nelle vallate del Samhar e nelle pianure della costa. Sotto la corteccia trovasi uno strato di fibre che è molto forte e resistente e di cui si fanno ottime corde.
[29]Questo articolo, potendosi raccogliere in massa, sarebbe vantaggioso per l’esportazione.
10. Daemia extensa R. Br.(Asclepiadaceae)
Un erba tenera avviticchiante gli alberi, sparsissima nell’Abissinia, Eritrea ed anche nell’India Orientale.
Le fibre contenute nello stelo, che non è più grosso di un cannoncino di penna, sarebbero secondo il rapporto della «Calcutta Exhibition» (Vol. I, Economic products of India) adattatissime per la fabbricazione della carta come dei tessuti, e si distinguono per forza e finezza.
Il tessuto fatto con tali fibre fu premiato nella Madras Exhibition del 1855 con una medaglia.
11. Calotropis procera R. Br.(Asclepiadaceae)
in tigrigna (hamasen) «akkàlo»
in arabo «ósciar, o úsciar».
Un arboscello o arbusto sparsissimo qua e là nei tratti della zona calda. La sua estensione comprende la maggior parte dei paesi tropicali dalle Indie sino a Senegambia.
I frutti della grandezza di un pugno sono verdi e vescicosi, e posano sempre a due tra le foglie che sono piene di sugo latteo. I numerosi semi in essi contenuti portano un ciuffo di lunghi peli sericei, come apparecchio areostatico, e che si possono raccogliere in grande massa.
Queste fibre belle e lucenti come l’argento non si prestano per tessere, essendo corte e di poca resistenza. Invece danno in questo paese povero di pollame un ottimo materiale per imbottire i guanciali, e vengono generalmente adibite a quest’uso dagli arabi.
12. Ficus capreaefolia Del.(Urticaceae-Moreae)
Questo arbusto s’incontra spesso sull’Anseba ed altri corsi d’acqua ove simile ai nostri salici forma sulle rive dei fitti boschetti. Esso è adatto per rimpiazzare i salici per tutte le specie di lavori da canestrajo; essendo i suoi ramoscelli lunghi di una grande flessibilità e resistenza.
in arabo «athâb»
È un arbusto o albero che trovasi anche nelle vicinanze di Cheren, ha foglie puntute a forma lanceolata.
Dalle fibre della corteccia, gli Arabi nell’Yemen e nella costa orientale tra Aden e Mascate in generale fanno le miccie dei fucili colà in uso.
[30]14. Phoenix reclinata Jacq.(Palmae)
in tigrè «bellâsa».
Trovasi sul Lalamba vicino a Cheren, nella vallata d’Anseba ed in quella di Gheleb (Mensa) come pure in vari luoghi di Hamasen ed è finalmente molto sparsa nell’Abissinia (Gondar, Debra-Tabor, Adua e nei monti di Semien) da 1800 a 2000 metri sul livello del mare. Questa specie selvatica di palma di datteri che si distingue pel suo tronco svelto e gracile dell’altezza di 5 a 6 metri, ha un aspetto molto elegante. I Beni-Amer portano le foglie alla vendita sul mercato di Cheren, e se ne fanno delle ottime stuoje.
15. Hyphaene thebaica Mart.(Palmae)
in arabo del Sudan «dôm».
La palma Dôm è un albero che trovasi a formar dei boschetti nella media vallata del Barca e più in là al ponente nelle vallate del Gasc (Mareb) etc.
Le foglie sono un articolo di commercio molto ricercato per farne stuoje, sacchi etc. e se ne spediscono anche in Europa.
Le foglie di questa palma sono più forti e più tigliosi di quelle della palma di datteri.
Differiscono da queste ultime per le piccole glandole piatte e tonde che si trovano disperse sulla superficie, mentre quelle della palma dattifera sono perfettamente liscie.
Si può facilmente estendere la coltivazione della palma dôm, come hanno praticato nelle vicinanze di Hodeidah, per avere il materiale necessario pei sacchi di caffè.
La coltivazione rende già nei primi anni vantaggio colla raccolta delle foglie. Varrebbe la pena di seminare in tutta l’Eritrea la palma Dôm e di proteggere la sua crescenza.
Già da diversi anni le foglie della palma Dôm si importano in Italia, utilizzandola con vantaggio nella fabbricazione dei cappelli di paglia.
16. Sanseviera Ehrenbergiana Schwf.(Haemodoraceae)
in arabo «Selleb».
Questa specie che si distingue per le foglie a forma cilindrica della lunghezza di 1/2 metro terminate a punta, cresce in grande quantità vicino a Gheleb sui pendii verso oriente e nella vallata di Ghinda. Verso Sud diventa più rara in questa zona, invece tutta la regione degli Habab ne è piena sino ai monti di Suachim. Come nella Nubia orientale e nelle pianure dell’Arabia Felice, si adopera anche qui la fibra forte, che battendo e sciacquando le foglie si ritira facilmente per farne delle corde che ovunque alla costa[31] del Mar Rosso formano un articolo di commercio molto ricercato. Anche al Cairo la si lavora.
Come articolo di esportazione all’ingrosso pare che non abbia ancora preso la via dell’Europa, quantunque si potessero raccogliere con facilità annualmente migliaia di tonnellate di questo materiale sui monti della costa del Mar Rosso al sud del 19° lat. Nord.
In quanto alla forza può pareggiare con la Juta indiana ed ha anche le stesse qualità, cioè è bianca e scolorata.
In base di questo prodotto della natura, si dovrebbe promuovere sui luoghi la fabbricazione di sacchi per grano e cotone, per farne un commercio lucrativo col vicino Egitto.
17. Sanseviera Guineensis L.(Haemodoraceae)
Molto sparsa sull’altipiano e nei contrafforti. Le foglie larghe della lunghezza di quasi un metro danno spesso nell’occhio all’ombra dei cespugli ove crescono di preferenza.
La fibra è meno forte di quella della specie precedente, ma ha altri pregi.
È un fatto che la fibra di questa molto estesa pianta tropicale forma un articolo ricercatissimo che viene esportato in vari paesi.
18. Dracaena Ombet Heugl.(Liliaceae)
in to Bedaui «to-omba o t’ombet».
Questa specie sparsa sui monti degli Habab ed al nord di Erchauît presso Suakim trova presso Gheleb sul monte Adhamet (a circa 2200 metri) il suo confine di Sud.
I beduini fanno con le foglie di questo albero di drago del cordame eccellente.
Le infiorescenze molto ramificate si raccogliono e si danno come cibo prelibato ai cammelli, mentrechè alle capre sarebbero mortifere.
La raccolta del sangue di drago che scorre sui tronchi della specie di Socotra è ignorata dagli abitanti.
Asparagus retrofractus Kth.(Liliaceae)
Arbusto spinoso che trovasi sparsissimo nel territorio vicino alla costa del Mar Rosso.
Secondo Hildebrandt i Somali fanno con le fibre della radice dei recipienti (panieri) impermeabili per l’acqua.
19. Eleusine floccifolia F.(Graminaceae)
in tigrè «erghehé».
Trovai questa gramigna in massa vicino alla maremma detta «Amba» al nord di Gheleb (Mensa) che forma la propria sorgente[32] della vallata del Lava a 2200 metri sul livello del mare. In simili alture lo si trova anche in Abissinia, nell’Arabia Felice, nel Paese dei Somali, nell’Harrar etc.
In questi due ultimi territori, quantunque non abbia che una lunghezza di 1/3 di metri, la si adopera esclusivamente per quei lavori graziosi di canniccio in cui i Somali sono maestri.
Questa gramigna si riconosce per la peluria singolarissima di cui è ricoperta, e che si trova forse esclusivamente in questa specie: le foglie fortissime (anche quando sono secche sono molto consistenti) portano ai due lati a tratti determinati dei ciuffi pelosi, da cui il suo nome botanico.
20. Cyperus Schimperianus St.(Cyperaceae)
È la migliore qualità di Ciperi per la fabbricazione delle stuoje. Le così dette stuoje di Calcutta che si chiamano «mudarktai» provengono di questo materiale. Fanno oggetto di esportazione per l’Europa. Informazioni precisi sull’oggetto si trovano nel Vol. II del gran Dizionario di George Watt, pubblicato a Calcutta nel 1889.
21. Rhus abyssinica H.(Anacardiaceae)
in tigrè «sciamût», o «sciamût-offrûs».
Il legno di colore bruno carico o quasi rosso sangue di questo alberetto diffuso nell’altipiano possiede una intensa sostanza colorante e può essere usato, insieme alla corteccia, come un buon mezzo conciante.
22. Impatiens tinctoria R.(Geraniaceae)
in tigrigna: «enssesella», o «ellame», anche: «gurelile»
in amarigna: «grescierred»
Secondo le relazioni del Dott. Quartin Dillon, gli abitanti del Tigrè si servono dei grossi e carnosi tuberi di questa pianta, dopo averli lasciati fermentare nell’acqua, per tingersi le mani ed i piedi nello stesso modo che in tutto l’Oriente si pratica coll’«Henna» (Lawsonia inermis Lam.) Le parti colorate presentano da principio un’aspetto nerastro, quindi diventano rossastre.
Schimper in alcune sue note manoscritte descrive minutamente il modo con cui le donne si tingono le mani. I tuberi[33] pestati si mettono in un sacchetto od in una zucca e questa si attacca alla mano. Dopo 12-20 ore la mano è colorata in rosso. I tuberi pestati sogliono somministrarsi, con sale, alle bestie bovine, come medicina.
23. Indigofera argentea L.(Leguminosae-Papilionaceae)
Questa pianta comune così negli altipiani che nelle vallate del Samhar, è tanto nell’Egitto come nelle Indie orientali oggetto di cultura per la produzione dell’indaco. Essa fornisce la prova che per questo ramo dell’Agricoltura l’Eritrea è fatta a posta. Il numero delle specie congeneri diffuse nel territorio è in generale assai grande e pare che la natura abbia voluto richiamar l’attenzione dell’uomo sulla coltivazione dell’indaco.
in tigrigna «dik-indik».
Questa specie copiosa nei luoghi selvaggi del territorio, produce molto indaco. Io la vidi anni fa coltivata presso Khartum; non pertanto il suo impiego come la preparazione dell’indaco è sconosciuto in Abissinia.
25. Pterolobium lacerans R. Br.(Leguminosae-Caesalpiniaceae)
in tigrigna «gondeftafe» o «gundaftaffè»
Questo frutice, il più temuto in tutte le strade dell’altipiano, a cagione delle sue terribili spine ed uncini, contiene nelle sue foglie una sostanza tannica molto forte.
La polvere delle foglie trattata con ossido di ferro, serve ad annerire il cuoio. W. Schimper scriveva con un eccellente inchiostro, che una volta seccato non si scioglie più nell’acqua e che era fatto per mezzo del solfato di ferro e delle foglie.
Sarebbe cosa molto utile di studiare le proprietà dei legumi e dei loro semi che somigliano alle fave, poichè essi certamente possono riuscire di una economica utilità per la quantità cui si trovano.
26. Cassia goratensis Fres.(Leguminosae-Caesalpiniaceae)
in tigrigna: «hambe-hambe» o (Hamasen) «bûss»
Gli Abissini si servono della corteccia di questo frutice, distinto per i magnifici grappoli di grandi fiori gialli, insieme con quella del «gheraz», per colorare in rosso il cuoio. Le pelli bovine rosso brune, che in generale sono in uso nel paese, vengono apparecchiate con questa corteccia.
Il frutice è copioso specialmente nelle valle dell’Anseba e nelle alture vicine a Cheren.
27. Acacia etbaica Schwf.(Leguminosae-Mimosaceae)
in tigrigna «sserrau»
È uno degli alberi più abbondanti dell’altopiano e dei suoi contrafforti. La corteccia è un buon mezzo conciante.
[34]28. Terminalia Brownei Fres.(Combretaceae)
in tigrino: «voiva», o «uèba, o «veiba»
in Ghinda: «zahàtt»
Colla corteccia di quest’albero sparso in tutti i luoghi elevati al di sopra di 800 m. sul mare si può tingere il cuoio in giallo (Schimp.) ed io ho veduto presso Ghinda molti tronchi decorticati, di cui la corteccia doveva essere stata impiegata per un simile scopo.
Pertanto mi è stato detto che serve anche come medicamento per le malattie del petto e dello stomaco. Nell’Arabia Felice dove quest’albero si chiama «gàh», o «goh», si porta la corteccia, per tingere in giallo, sul mercato in grandi pacchi.
29. Phelipaea lutea Desf. (Syn. Cistanche tinctoria)(Orobanchaceae)
in tigrè (Mensa) «ssàât-lâli»
Questa pianta parassita assai vistosa per i suoi racemi di fiori giallo-citrini che si elevano fino ad 1 metro dal suolo, si trova frequente presso i villaggi e nei luoghi abitati dell’altopiano p.e. specialmente abbondante presso Gheleb (Mensa).
Essa fornisce una sostanza colorante giallo aranciata, la quale è adatta per colorare le stoffe di lana e di cotone. In Egitto si adopera la pianta anche come emetico (sec. Figari).
30. Osyris abyssinica H.(Santalaceae)
in tigrigna «gheraz»
La corteccia di questo frutice, abbondantissimo nell’altopiano, serve per conciare e secondo Schimper e Heuglin, con essa si può tingere il cuoio in rossastro.
31. Babbeya oleoides Schwf.(Urticaceae-Ulmeae)
in tigrè: «leisciamm»
in tigrigna: «harumtäh»
Quest’albero trovato da me nell’altopiano dell’Eritrea in due luoghi presso Azzaga e presso Gheleb a circa 2200 metri di altitudine, e già prima nell’Arabia Felice in simili luoghi elevati, ha un bel legno simile all’Olmo, di color rosso bruno. La corteccia grossa quasi un dito è notevole per la intensità della sua sostanza colorante bruno-carica, per cui può servire come uno dei migliori mezzi per conciare il cuoio. L’albero molto copioso nei detti luoghi somiglia all’ulivo selvaggio, col quale si confonde facilmente: per ciò è stato trascurato e rimasto sconosciuto ai botanici che mi hanno proceduto.
32. Aloe abyssinica Lamk. (conf.: piante medicinali N.º 34).
I Somali, secondo Hildebrandt, adoperano un decotto delle[35] foglie di quest’Aloe per ottenere un colore, col quale tingono in nero-violetto le stuoje fatte con le foglie della palma Dum. Questa sostanza colorante, che come sembra, si adopera frequentemente anche per altri prodotti, per corbe etc. si esporta altresì; e a cagione d’esempio, gli Afar, che non la preparano da loro, l’adoperano per le loro stuoie.
1. Eugenia ovariensis, Pal. Beauv.(Myrtaceae)
in tigrè «rôr-az».
in tigrigna (Adua) «lehamm».
Molto abbondante in alcune valli della zona dell’Anseba e nel territorio dei Mensa, questa mirtacea è uno dei più grandi alberi e dopo il Mimusops, il più prezioso legno della colonia. Quest’albero aggiunge l’altezza di 20 m. o più.
Dagli individui più alti si possono ricavare travi molto grosse. Il legno ne è resistente e duro.
2. Balanites aegyptiaca Del.(Simarubaceae)
in tigrigna (Adua) «kuasa, guasca o mogah».
in arabo «heghelîg».
Il bel legno giallo chiaro è molto tenace e duro, è adoperato nell’Abissinia per la costruzione degli aratri. Nel Sudan (Nubia) si fanno con questo a preferenza le selle per asini e per camelli corridori.
3. Trichilia emetica L.(Meliaceae)
in tigrè «Kôta o gôta».
in tigrigna «gummeh».
È uno dei più grandi alberi dei contrafforti e dell’altipiano del territorio da 1000 a 1500 metri sul livello del mare; presenta un’altezza fino a 20 metri e tronchi del diametro di più di un metro. Il legno rossastro chiaro e leggiero, molto omogeneo nella struttura è abbastanza solido; dal tronco si possono ricavare grosse tavole per costruzioni. Tra tutte le altre piante legnose questa si presta maggiormente per la formazione delle tavole.
4. Gyrocarpus Jacquini Roxb.(Combretaceae)
È un albero assai grande che durante la stagione secca rimane completamente spogliato di foglie; è molto abbondante nelle valli che verso l’oriente scendono giù da Cheren verso il Barka e forma una specialità della Flora di Cheren. Del resto si fa molto uso del suo legno nell’India, a cagione della sua sorprendente leggerezza.
[36]Esso si lascia molto bene dipingere e verniciare. Meriterebbe di essere esportato per l’Europa per tutte quelle industrie che adoperano il legno di oppio e che vogliano procacciarsi un materiale più solido e più leggiero di questo.
5. Combretum trichanthum Fres.(Combretaceae)
in tigrigna «sessoï, o (Cheren) hathîba».
in tigrè (Ghinda) «amferfâro».
6. Terminalia Brownei Fres. (cfr. piante coloranti n. 28).
in tigrigna «hansse».
Queste tre Combretacee sono molto diffuse nell’altipiano e fra i contrafforti. Sono molto utili per scopo di costruzione, avendo un legno tenace e solido, che però facilmente si lascia lavorare.
8. Erythrina tomentosa R. Br.(Leguminosae-Papilionaceae)
in tigrigna «soaué o suauéh».
Il legno molto tenero di questo alberetto, il quale colpisce l’occhio durante la stagione secca per i suoi racemi di fiori di color rosso di fuoco sul fusto privo di foglie, è adoperato dagli Abissini per farne tamburi. Lo stesso legno può ancora servire, al bisogno, per tappare le bottiglie, le ghirbe od altro.
9. Lonchocarpus laxiflorus G. P. R.(Leguminosae-Papilionaceae)
in tigrigna «zangaréfia».
Il legno pesantissimo e solidissimo di quest’albero che arriva ad un’altezza di 7-8 metri, presenta nella sezione trasversale una disposizione ondulata degli strati legnosi annuali e rendesi perciò di grande pregio per la fabbricazione di mobiglie, potendo ricevere una bella pulitura.
La specie trovasi dispersa nelle vallate della zona dell’Anseba, e si fa rimarcare durante la stagione secca per i racemi di fiori lillà di cui è sopraccarico l’albero, mente è completamente sfogliato.
10. Virgilia aurea Lamck.(Papilionaceae)
in tigrigna «hezauz».
Il legno oltremodo forte è adoperato dagli Abissini per farne manichi di martelli e di scuri.
11. Dalbergia melanoxylon G. P. R.(Papilionaceae)
in tigrino: «sibbe».
in arabo: «babanûss».
«L’Ebano del Sudan» è conosciuto da tempo remoto senza che però mai diventasse oggetto di esportazione pel[37] commercio come lo è quello delle Indie orientali, e più recentemente quello provveniente dall’Africa occidentale.
Quest’albero arriva all’altezza di 6 a 10 metri; e non sono rari i tronchi del diametro di mezzo metro. Esso trovasi, in grande abbondanza, nella zona dell’Anseba, specialmente nel circondario di Cheren; quindi anche nel territorio degli Habab ed in tutte le vallate della regione del Barca.
Il governo della colonia ha posto una forte ammenda sull’abbattimento non autorizzato di quest’albero, considerandolo come proprietà governativa: per l’abbondanza dell’albero e per la grande estensione delle terre su cui si diffonde, luoghi estremamente spopolati, non v’ha timore che possa venir distrutta la specie, si potranno caricare ogni anno molte grosse navi con questo pregevole prodotto.
Questa specie di ebano è caratterizzata dall’alburno di color giallastro e dal cuore del legno che pel suo color bruno oscuro o nero spicca nettamente sul primo. Questa circostanza stabilisce per l’arte dell’intaglio non nuovo problema, vale a dire la formazione di un rilievo scolpito in bianco sopra un fondo nero, secondo l’arte dei Cammei.
Nel Sudan questo legno è impiegato sopratutto per farne impugnature di sciabole e di pugnali.
12. Acacia glaucophylla St.(Leguminosae-Mimoseae)
in agau «zelloa».
Il legno durissimo di questo arbusto diffuso dapertutto nel territorio, è di grande utilità per la costruzione di tetti e simili a cagione della lunghezza e regolarità dei rami.
in tigrigna «memmena, o mamana».
Esemplari singolarmente belli di questa specie, che forma uno dei più grandi alberi dell’interno della colonia dell’Eritrea, si rinvengono presso Cheren e nella valle dell’Anseba.
Dai grossissimi tronchi si possono, come fanno gli Abissini, ricavare tavole per porte, mortai ed altro. È uno dei migliori legni da costruzione.
(Riscontrisi a piante coloranti e concianti N. 27).
Il legno di questa specie, qui particolarmente degna di considerazione a cagione della sua abbondanza è molto da raccomandarsi per lavori artistici a riguardo del suo bellissimo disegno: sul taglio trasversale appariscono le sue zone annuali macchiate gialle e brune, ciò che unito alla tessitura fina e ad una[38] grande resistenza rende questa qualità di legname molto raccomandabile per l’ebanisteria.
I fusti di tutte le Acacie danno un carbone molto utile per le fucine, e dagli Abissini sono adoperati per questo scopo.
15. Albizzia amara Boiv.(Mimoseae)
in tigrigna «igjàno o cigòno, o (Hamasen) hamassèrau».
in bilin (Bogos): «ssobcàna».
Quest’albero molto diffuso nel territorio tra 1300 a 2000 metri d’altitudine è molto adoperato per lavori di costruzione e di carpentiere pel suo legno chiaro, resistente, a disegni marmoreggiati.
16. Tarchonanthus camphoratus L.(Compositae)
È un frutice o alberetto, con foglie lanceolate e molto aromatiche, con odore di canfora. Si estende cominciando dalla terra del Capo di Buona Speranza per le alte montagne dell’Africa orientale fino all’altopiano dell’Yemen.
Si trova abbondante sulle pendici del Ssabber, sopra Gheleb, da 2000 metri in sopra. Il suo legno molto duro è distinto, inoltre, per una fina tessitura, ed ha un’alburno chiaro, il quale risalta fortemente sul colore bruno carico del cuore del legno, con strati di accrescimento di color bianco. Il legno acquista una magnifica pulitura; e nell’Africa meridionale, dove è chiamato «sagewood», è adoperato per la confezione degli strumenti musicali.
17. Olea chysophylla Lamck.(Oleaceae)
in tigrè (Mensa): «voggre».
in tigrigna «aule o aulea».
in amarigna «vóghera».
Il legno di ulivo selvatico dell’Eritrea rappresenta la principale ricchezza del paese quale oggi è. Colla breve distanza dalla costa, essendo i boschi di ulivi più vicini a Gheleb lontani appena 40 chilometri dal mare, la possibilità di una esportazione per l’Europa si presenta alla vista con tutta serietà. Il legno di ulivo selvatico dell’Abissinia si distingue da quello di Europa per il colore molto chiaro, quasi bianco e per maggiore pesantezza e durezza. I carpentieri italiani i quali per i ponti stradali sul Dancollo, hanno sgrossato fusti di 4 metri di lunghezza, mi dicevano che il legno di ulivo europeo è assai più facile a lavorarsi e che in Italia nessuna specie di legno presenta così grande resistenza.
Questo legno merita d’essere messo in opera per lavori di intaglio. Negli opifici europei di macchine agricole, di artiglieria ed altro saranno bene accolti ceppi e tavole di circa mezzo metro[39] di diametro e di 4-5 metri di lunghezza, e che sarebbe difficile ottenere uguali in altri paesi e ad un prezzo inferiore all’ulivo selvatico dell’Eritrea.
Il legno è di tale resistenza, che i tronchi morti si mantengono eretti per lunghi anni, come si può osservare in modo sorprendente nelle vicinanze di Ghinda.
18. Canthium Schimperianum H.(Rubiaceae)
in tigrigna «zahak».
in tigrè (Mensa) «atjázallah».
Quest’albero diffuso nei boschi lungo il pendio orientale dell’Eritrea, tra i 1000 e 2000 metri, somministra agli Abissini un legno pregiato per la costruzione degli aratri.
19. Calotropis procera R. Br.(Asclepiadaceae)
In tutti i paesi del più lontano Oriente il legno di questo frutice o piccolo alberetto (di cui si tenne di già parola tra le piante, tessili), è tenuto in conto perchè specialmente adatto alla fabbricazione del carbone per la preparazione della polvere da sparo.
20. Avicennia officinalis L.(Verbenaceae)
in arabo «sciora».
L’albero «mangrove» si trova in tutti i luoghi della costa Eritrea; ed i suoi cespugli di color verde carico somiglianti all’alloro, dell’altezza di 5-6 metri, i quali nel tempo della alta marea sono bagnati dall’acqua, danno alla contrada un aspetto caratteristico.
Il legno dei rami e del tronco irregolarmente conformato, dà alle capanne dei naturali, delle quali forma il principale materiale di costruzione, quell’aspetto di così bizzarro ed inesprimible disordine che tanto torna sgradevole agli occhi degli Europei.
Il legno Mangrove, quantunque abbia apparenza tenera e fragile, ed anche giovane sembri sempre marcio e corrotto, ha però una grande prerogativa: esso resiste in queste località caldissime in modo sorprendente all’azione distruttrice tutta particolare delle acque del mare; e si adopera perciò a fare argini ed altre costruzioni acquee per quanto in generale possa essere usato.
Le radici aeree singolarissime, che si vedono scorgere in grande abbondanza dritte dal fondo sabbioso, quali stoppie di frumento in un campo mietuto, avendo una scorza sugherosa, possono servire come turaccioli e si possono mettere in commercio per un simile impiego. La corteccia può servire ancora per conciare, come si pratica attualmente nell’America del Sud.
[40]21. Coleus igniarius Schwf.(Labiatae)
in agow «Baja».
Questo frutice, che comparisce ancora nelle montagne dei Habab (Th. v. Heuglin 1875) produce un legno molto leggiero, il quale, secondo che riferisce Schimper, è adoperato dagli Agow per procacciarsi il fuoco. A tale scopo essi incastrano nel legno un piccolo cuneo aguzzo e lo fanno girare con grandissima velocità.
22. Nuxia dentata R.(Loganiaceae)
in tigrè (Mensa): «methamer-auitât».
» (Ghinda): «sciummaï».
in tigrigna «atkiro, o mattàri».
Uno dei più abbondanti e grossi alberi di bosco, nelle vallate che conducono all’alto piano, al di sopra di 1000 metri sul livello del mare; specialmente abbondante presso Ghinda. Dai fusti che raggiungono spesso il diametro di 1 metro, si possono segare delle tavole e pezzi dritti, di circa 3 metri di lunghezza. Il legno è molto chiaro, di uniforme densità e di fibre sottili, per cui somiglia al legno di tiglio, col quale ha ancora in comune presso a poco la densità e la durezza.
22. Mimusops Schimperi H.(Sapotaceae)
in tigrè «ssaracäna».
in arabo (Jemen) «lebbakh».
Tra gli alberi di alto fusto e con legno duro che esistono nel territorio Italiano, questa specie conviene che sia notata al primo posto. Se un giorno sarà praticata una strada maestra che mette in comunicazione le vallate coll’altopiano, potranno ancora questi tronchi essere adoperati per tutte le più grandi costruzioni della Colonia.
Questa specie si rinviene abbondantemente nelle valli sul declivio dell’altipiano sotto Gheleb e sotto Maldi fra 1500 e 1800 metri sul livello del mare.
Gli alberi non formano boschi intieri, ma si presentano riuniti in piccoli gruppi, rimarchevoli per la loro altezza che raggiunge i 20 o 25 metri. Il fusto che si innalza semplice senza ramificazioni sovente all’altezza di 10 metri, è dritto e somiglia alla quercia, per la corteccia nerastra profondamente screpolata. Il legno è rossiccio bruno, lucido, con belle marezzature, solido e duro; però non molto pesante.
Questa specie è la famosa «Persea» degli autori greci e latini, la quale, nell’antico Egitto, come sacro ad Iside, era coltivato[41] nei giardini dei tempii ed in epoca antichissima probabilmente, dovette essere introdotta dall’Arabia Felice dove essa anche oggi si trova nello stato selvatico; rinvienesi pure nella Abissinia propriamente detta.
23. Diospyros mespiliformis H.(Ebenaceae)
in tigrigna «aije».
Frequente sui monti di Cheren e nelle convalli dell’Anseba, quest’albero non raggiunge l’altezza solita come nei luoghi più bassi verso ponente, verso il Sudan. Il legno è dei più duri e resistenti.
I vecchi tronchi presentano al centro del legno un durame nero, specie di ebano simile a quello congenere delle Indie. Però raramente si sviluppa nell’Eritrea. Le nere mazze dei selvaggi della parte superiore del Nilo Bianco, sono fatte di questo legno.
24. Euphorbia abyssinica Rausch.(Euphorbiaceae)
in tigrè «Kalankâl». (conf. Piante resinose)
Il legno Colqual è molto leggero, e nelle varie industrie può rimpiazzare presso a poco il nostro legno di pioppo. I fusti raggiungono un’altezza di 4-5 metri con un diametro di circa settantacinque centimetri.
25. Croton macrostachyum H.(Euphorbiaceae)
in tigrigna «tambo».
Questa pianta abbondante in tutta l’Abissinia, così come nell’altipiano dell’Eritrea presenta fusti molto dritti, della lunghezza di 3-4 metri, i quali per la grande tenacità del legno bianco giallastro, per altro facile a lavorarsi, si potrebbero adoperare per costruzione e mobili di valore.
26. Claoxylon Deflersianum Schwf.(Euphorbiaceae)
Questa nuova specie, copiosa ancora nell’altopiano dell’Arabia Felice, forma un frutice od un alberetto di 3-4 metri di altezza, con fusti della grossezza di un braccio. Il legno è molto uniforme, d’una struttura finissima, dura e di un bel colore giallo chiaro. Si può paragonarlo al legno di bosso e può per taluni scopi prendere il posto di questo legno costoso.
La specie abbonda nella valle superiore del Lava sotto Gheleb, a 1800 metri sul livello del mare.
27. Ficus vasta Forsk. (Syn. Ficus Daro Del.)(Urticaceae Moreae)
in tigrigna e tigrè «Dâro».
Il più grande albero del territorio; si trova da circa 1000 metri sul livello del mare in su, specialmente nell’altipiano.
[42]Mentre presentano una certa faciltà di lavorazione del loro legno forte e abbastanza solido, i fusti sono preziosi, perchè raggiungono talvolta un diametro superiore a 2 metri e permettono di segarne delle tavole molto grandi. Gli Abissini lavorano grosse assi di questo legno con lo scalpello per farne porte di un sol pezzo, per grandi scodelle e cose simili.
in tigrigna «cioghonte».
Uno degli alberi più alti, che si distingue dai quattro grandi fichi selvatici del territorio per le foglie piccole lanceolate, pel tronco duro e per la chioma più cilindrica, non molto allargata. La specie comincia nelle valli dell’altopiano all’altezza di 1300 metri. Il legno può servire agli stessi usi come il precedente, parimenti che il legno del Ficus Sycomorus L. (Vedi piante resin. N. 11) e del Ficus glumosa Del. (N. 12).
29. Juniperus procera H.(Coniferae)
in tigrè «Ssahedi» o «zähäddi».
Il ginepro dell’Abissinia si trova nell’altopiano al di sopra di circa 2000 metri. Non è raro presso Asmara e sulle falde del monte Ssabber sopra Gheleb. Il suo legno aromatico ha tutte le qualità per poter essere impiegato nella fabbricazione dei lapis. Io lo credo superiore alle specie americane e consiglio perciò di farne esperienza.
Dalle provincie nordiche dell’Abissinia si possono certamente ricavare a poco prezzo, grandi quantità di questo legno.
30. Oxytenanthera abyssinica Munro. (Syn. Bambusa abyssinica Rich).(Graminaceae)
in tigrigna (Hamasen) «arkaï».
in Amarigna (Scîoa) «scimât».
Il bambù africano presenta un culmo più debole delle vere specie Asiatiche, e quantunque non presenti nello interno cavità, pure è meno consistente. Però può servire per fabbricare leggiere bacchette, e specialmente è impareggiabile per fare, con faciltà e prestezza, tende pel sole, palchi etc. Esso cresce in grandi quantità compatte nelle vallate che conducono al Barca ed al Mareb.
1. Maerua angolensis D. C.(Capparidaceae)
in tigrigna «gherimmo»
È un arbusto che si presenta spesso in forma di liana a foglie ovali alquanto carnose, le quali cotte con della farina danno una specie di verdura di cui si cibano i Tigrini. Secondo Schimper, se queste foglie cotte si adoperano a grandi dosi, possono servire come purgante.
2. Gynandropsis pentaphylla D.(Capparidaceae)
in tigrigna «Bôkhbeha»
Come mal’erba sui campi, questa pianta cosmopolitica si fa rimarcare facilmente per i belli fiori lillà. In molti paesi, ed anche nell’Abissinia si fa uso delle foglie come di verdura.
3. Nasturtium officinale L.(Cruciferae)
Il crescione, questa ottima erba da insalata che è sparsa in vari paesi del globo in istato selvatico, trovasi altresì nell’Eritrea. Ne ho trovato in quantità sulla via di Asmara vicino alla sorgente di Maihinzi.
4. Malva parviflora L.(Malvaceae)
in trigrigna «angheffteha», o «lekhti».
in amarigna «lutt»; in agow «luttena»
Trovasi spesso in luoghi coltivati dell’Altipiano. Nei paesi orientali si sminuzzano le foglie, come quelle del Corchorus oppure come da noi gli spinacci e si mangiano come pappa o piatto di contorno con la carne.
5. Corchorus trilocularis L.(Tiliaceae)
in arabo: «melokhía»
Quest’erba sparsa specialmente nei valloni che conducono all’altipiano puossi benissimo mangiare come il C. olitorius L., specie affina coltivata in Egitto, Arabia e nelle Indie.
Le foglie si tagliano come quelle degli spinacci e si mangiano unitamente alla carne.
6. Dregea abyssinica Benth et Hook.(Asclepiadaceae)
in tigrigna: «sciangok»
[44]Secondo Schimper le foglie di questa liana si mangiano cotte dagli Abissini come verdura. Questa pianta si trova sparsa nelle vallate all’oriente dell’Altipiano dell’Eritrea.
in tigrigna «abbu-meddia»
Schimper dice di aver usato in mancanza di vero tè, per molti anni le foglie disseccate di questa pianta per farne del tè eccellente. È molto sparsa nella vallata e sulle sponde dell’Anseba.
8. Oxygonum atriplicifolium, Bth. et Hook.(Polygonaceae)
in tigrina «gagûme» o «giau-mirahàt»
Quest’erba è sparsa nell’altipiano, e si può far uso delle foglie per prepararne una verdura simile ai cavoli.
Dei frutti in tempo di carestia invece che del grano si farebbe del pane.
9. Rumex abyssinicus Jaq.(Polygonaceae)
in amarigna «mókmoko»
Le foglie sono leggermente agre e di tenera tessitura come gli spinacci. Si possono usare come l’acetosa nostrana, come una verdura eccellente. La radice disseccata e polverizzata si usa come purgante.
10. Hydnora abyssinica A. B.(Balanophoreae)
Come nell’Africa orientale tedesca e nell’Arabia del sud, questo strano parassita carnoso di colore rosso sangue che trovasi spesso vicino a Cheren, è mangiato anche in Abissinia dagli abitanti malgrado il suo cattivo odore.
11. Amarantus graecizans L.(Amarantaceae)
in tigrigna «birnaheo»
in amarigna «aluma»
Le foglie di questa sparsissima malerba possono cuocersi come verdura, ed i grani del frutto si riducono a farina per unirla a quella d’altri cereali per farne pane. (Vedi piante medicinali).
12. Commelina subulata Roth.(Commelinaceae)
in tigrigna «zada mascill»
Secondo Schimper i tigrini mangiano questa specie, ed altre congeneri, cotte come legumi.
Un altra specie congenere, la C. benghalensis L., si trova egualmente sparsissima nell’Eritrea. Nelle Indie orientali gli indigeni ne mangiano dappertutto le foglie cotte come pietanza.
[45]13. Asparagus abyssinicus Hochst.(Liliaceae)
in tigrigna (nome generico) «gastân—esto», o «attatt»
Nel mese di Marzo e Aprile si trovano quasi in tutti i boschetti dell’altipiano degli sparagi freschi appartenenti a diverse specie, che sono tutte mangiabili e che rassomigliano in parte a quelli selvatici che si vedono sui mercati in Italia, ma sono più tenere e gustose. Con faciltà se ne può fare una raccolta abbondante.
14. Adansonia digitata L.(Malvaceae)
in tigrigna «dümma».
(cfr. Piante tessili n.º 7)
Di già Prospero Alpino nella sua opera più volte citata ha fatto conoscere il frutto di questo albero. Il nome usuale «Baobab», o più propriamente «bab-hab» si riferisce ai numerosi semi contenuti in un frutto grosso, fusiforme, molto polposo e con una buccia dura.
Da tempo antico il frutto allo stato secco esportato dal Sudan si vende sui mercati di Egitto; poichè riprendendo con acqua la polpa disseccata si può preparare una limonata molto gustosa della quale gli Egiziani anche oggi vantano la virtù antifebbrile.
15. Grewia membranacea R.(Tiliaceae)
in tigrigna «sciahátt»
in angow: «ghibben-mâda» e
in tigrè «Khafûle», o «Hafûle».
Le bacche molto dolci, però secche e membranose, tanto nell’Arabia che nell’Abissinia si mangiano senza danno dai fanciulli.
17. Ximenia americana L.(Olacaceae)
in tigrigna «mel’-au»
in tigrè (Mensa) «melhetta»
Questo piccolo albero o frutice arborescente (v. piante aromatiche n.º 5) che è specialmente abbondante presso Cheren, ha un frutto ovale di color giallo citrino della grossezza di una piccola «Mirabella» il quale si può mangiare con tutto il seme. La polpa che è rivestita da una sottile buccia, è soda, sugosa e molto acida, ma però di gusto gradevole. Il seme ha una buccia[46] molto sottile e contiene una mandorla bianca gustosa come una nocciuola. È uno dei migliori frutti selvatici dell’Africa. Questa pianta merita di essere ingentilita colla cultura e potrebbe diventare, col miglioramento del frutto, una specie interessante.
18. Zizyphus Spina-Christi W.(Rhamnaceae)
in tigrigna «ghevva» o «ghebba»
in arabo «Ssidr» o «nabk».
Uno degli alberi più diffusi nel Sudan e nell’Abissinia. I frutti gialli arrivano alla grossezza di una piccola ciliegia, ed hanno un sapore piacevole dolciastro-acido di mela. Esso è lo stipite selvatico dell’albero abbondantemente coltivato nell’Egitto e nella Siria.
19. Sclerocarya birrea Hochst.(Anacardiaceae)
in tigrigna «abogbul» o «abúngul».
Quest’albero, già nominato tra le piante aromatiche (n.º 3), ha un frutto sferico, saporito, della grossezza di una prugna o di una noce. È di color giallo chiaro allorchè è maturo, la polpa fibrosa, dolce e nel tempo stesso acida ha un piacevole sapore.
Il nocciuolo lapideo contiene 2-3 caselle, in ciascuna delle quali è racchiuso un seme come una noce. Si trovano questi nocciuoli nei luoghi selvaggi ordinariamente aperti dai babbuini (per mezzo di pietre!?) poichè essi sono ghiotti del loro contenuto.
Nella Senegambia (Flora Seneg. p. 157) gli abitanti per mezzo della fermentazione, ricavano dal frutto un liquore molto alcoolico.
20. Balanites aegyptiaca Del.(Simarubaceae)
in tigrigna (Hamasen) «guasa»
in tigrigna (Adua) «mogäh»
in Agow «guossa»
in arabo «heglîgh», o «hegelig» (il frutto «lalôb»).
I frutti di questo albero comune, oblunghi, grossi come piccole prugne, contengono un nocciuolo che è racchiuso in una polpa che disseccata ha il sapore del pan pepato. La buccia del frutto è secco e sottile, come quella del frutto del Tamarindo. Vi sono delle regioni del sud della Nubia, specialmente sulle sponde del Setît (Mareb inferiore) dove i frutti vengono molto bene. Essi qui, come ancora nel Cordofan, sono raccolti in grandi quantità, e se ne fa una specie di conserva, che somiglia a quella dei Datteri, e si chiama «agueh».
Facendo largo uso del frutto si producono facilmente vomito[47] e diarrea. La corteccia di questa pianta, polverizzata fornisce un terribile purgante. (Vedi ancora al n.º 2 delle piante legnose).
21. Tamarindus indica L.(Leguminosae)
(V. sotto piante medicinali n.º 15).
22. Lagenaria vulgaris Ser.(Cucurbitaceae)
in tigrigna «hamm-hamm».
Le zucche da fiaschi crescono affatto spontanee nell’Eritrea, specialmente nelle valli della zona dell’Anseba; i frutti sono spesso della forma più elegante. Quantunque non mangiabili tuttavia sono utilissimi, perchè per mezzo dell’acqua si svuotano e si puliscono dalla polpa, e se ne possono ottenere così degli eccellenti vasi.
Questi frutti presso Cheren arrivano ad una capacità poco minore di un litro; secondo Schimper però nel Tigrè possono trovarsene di quelli che superano i dieci litri.
23. Coccinia Moghad Asch.(Cucurbitaceae)
in tigrigna «ikikki»
in Agaw «Amballa Losa».
Molto diffuso presso Ghinda e specialmente nella zona superiore fino a 2000 metri. I frutti della grandezza di un’uovo, di color rosso vivo se maturi, sono mangiabili e somigliano nel sapore al pomodoro. Si possono benissimo mettere in aceto come «mixed-pickles».
24. Cucumis metuliferus E. Mey.(Cucurbitaceae)
in tigrigna «nevvera-bária»
in bilino «jambúllu»
in Somal «ghalfón».
I frutti di questi citriuoli selvatici assai comuni nella valle dell’Anseba, sono ovali, lunghi centim. da 6 a 12 e si distinguono da lontano pel loro colore aranciato. Essi sono coperti di lunghe apofisi dello stesso colore, molli e carnose. Il loro sapore è quello del citriuolo. Quantunque io non fossi in grado di gustarli a cagion del loro sapore estremamente amaro, pertanto la mia guida mi assicurava che gli indigeni non di rado ne mangiavano senza danno. W. Schimper osserva giustamente in alcune note manoscritte che questi frutti belli e curiosi meriterebbero d’essere perfezionati per mezzo della cultura.
[48]25. Vangueria edulis V.(Combretaceae)
in tigrigna «gurra-maile».
È un alto frutice con grandissime foglie opposte che si rinviene in tutte le contrade montuose al di sopra di 1000 metri. Il frutto è della grossezza di una piccola noce e contiene da 2 a 5 caselle legnose che sono ripiene di una polpa gustosa, ma molto asciutta. I babbuini sono molto ghiotti di questo frutto.
26. Mimusops Schimperi H.(Sapotaceae)
in tigrè «ssarakâna».
Il frutto di quest’albero simile al nespolo si porta, nell’Yemen, al mercato allo stato cotto. Esso è identico alla «Persea» degli antichi autori, che hanno scritto sull’Egitto.
Nelle antiche tombe egiziane si trova frequentemente questo frutto offerto ai morti come piatto funerale, donde si conchiude che desso anche in quel tempo costituiva un cibo prelibato.
27. Diospyros mespiliformis H.(Ebenaceae)
in tigrigna «aije»
I frutti globosi, per sapore e per forma simili al nespolo, della grossezza di una ciliegia, si trovano spesso in quantità sotto gli alberi, e si possono mangiare senza inconvenienti. Gli elefanti li ricercano con molta predilezione, e sembra che l’abbondanza di quest’albero in determinate valli sia decisiva per la via seguita dagli elefanti medesimi.
28. Carissa edulis V.(Apocynaceae)
in tigrè e tigrigna «agamm».
Le nere bacche di quest’albero, il più sparso nei paesi montuosi dell’Arabia e dell’Abissinia, sono, forse, più abbondanti di ogni altro frutto e somigliano per l’aspetto e pel sapore al nostro mirtillo (Vaccinium Myrtillus L.). Esse si trovano in quantità nella stagione delle piogge e sono mangiate dovunque.
(Vedi sotto piante medicinali n.º 27).
30. Dobera glabra Juss.(Salvadoraceae)
in tigrè «gherssa».
Un albero dell’altezza di non più di 10 metri, che si rinviene soltanto al di quà degli scoscendimenti dell’altipiano, principalmente nei valloni inferiori dei contrafforti. Il frutto della grossezza e forma di un’oliva, racchiude un seme oleoso, che è usato come cibo. Secondo Hildebrandt (Zeitsch. Berl. 1872. Bd. VIII pag. 459) presso gli Habab si conservano i semi disseccati[49] che somigliano a quelli del caffè e si mangiano stufati con burro ed acqua; spesso insieme con cavallette fritte nel burro.
31. Hyphaene thebaica Mart.(Palmae)
Il frutto della palma Dôm, spesso grosso come un pugno, per lo più non è mangiabile: vi sono però in molti luoghi degli alberi i cui frutti hanno una consistenza meno fibrosa ed invece sono più sugosi e si possono masticare ed hanno l’aspetto ed il sapore del pan forte (pain d’épice). Forse il frutto per mezzo della coltura e della selezione si potrebbe migliorare (v. piante tessili n.º 67).
Sulla fabbricazione del vino di palma dall’Hyphaene, riferisce Hildebrandt estesamente nella Zeitschr. d. Gesellsch. f. Erdk. Bd. X 1875. p. 30.
32. Pachyrrhizus angulatus Rich.(Papilionaceae)
in tigrè: «Kharreg»
Questa leguminosa rampicante distinta da grandi foglie trifogliolate e dai racemi di piccoli fiori violetti ha dei tuberi sotterranei sorprendentemente grandi e massicci, i quali raggiungono il peso di parecchi chilogrammi. Tutta la massa si lascia tagliare allo stato fresco, a guisa di formaggio, ed è di una tessitura unitamente tenera, assolutamente bianca sotto una corteccia bruna, senza punto di fibre. Questo tubero contiene una gran quantità di ottimo amido senza traccia di amarezza e potrebbe essere raccolto all’ingrosso per articolo di commercio in grande. Nelle Indie orientali i tuberi si mangiano crudi e cotti[9] e sono ordinariamente coltivati a tale scopo. La pianta si trova allo stato selvatico in diversi luoghi dell’Africa tropicale. Io l’ho trovata in quantità sul Dongollo tra Ghinda e Saberguma a circa 800 metri sul livello del mare. Questa specie insieme colla Crossandra undulaefolia Roxb. e colla Meriandra benghalensis Benth. è notevole per la sua distribuzione geografica. Si trovano selvatiche, in Africa e nell’India solamente in istato coltivato: per conseguenza ci indicano cosi l’origine e la derivazione di numerose specie di piante orticole indiane.
33. Cyphia glandulifera H.(Campanulaceae)
in trigrigna «tocur-alam», o «han harro»
Una delicata erba rampicante con fiori azzurro pallidi, che abbonda nei luoghi ombreggiati delle boscaglie, per esem. presso Ghinda. Il tubero lungo 3-5 cent. è bianco tenero, di sapore insipido e si può mangiare crudo senza timore.
[50]34. Cyanotis hirsuta F. Mey.(Commelinaceae)
in tigrigna «burco», o «burgo»
È un’erba perenne a fiori di color rosse, con stami coperti da peli azzurri, la quale si trova molto abbondante nei luoghi erbosi delle colline (presso Ghinda). I piccoli tuberi si mangiano, nel Tigrè, cotti come le patate.
35. Cyperus esculentus L.(Cyperaceae)
in tigrigna «meggiughere»
Questo Cyperus che proviene selvatico e coltivato anche nell’Europa meridionale e nei campi di alcune contrade dell’Oriente, cresce pure in diverse parti dell’Abissinia e dell’Eritrea, p. e. presso. Cheren. I piccoli tuberi delle radici si mangiano cotti ed hanno il sapore come le avellane.
in tigrigna «guandi»
È una piccola erba che è specialmente diffusa nei campi di «Tocusso» (Eleusine) dell’altipiano. Essa produce delle piccole cipollette della grandezza di un grosso pisello, di sapore dolce, rivestite di tuniche dure ed indigeste. Gli Abissini ne mangiano in quantità impunemente; così crude, come cotte in poltiglia. Io vidi nelle vicinanze dell’Asmara centinaia di Abissini mezzo morti di fame, i quali emigrati per la carestia che affliggeva il loro paese, si sforzavano di prolungare la loro esistenza raccogliendo con fatica questo scarsissimo e misero cibo.
37. Cassia occidentalis W.(Leguminosae-Caesalpinieae)
Una pianta abbondante specialmente nei luoghi abitati e nei villaggi. I semi che si possono facilmente raccogliere in quantità servono nell’America del Sud come surrogato del Caffè e sono conosciuti col nome di «Negro coffee». Tra i molti surrogati del caffè che nei casi di bisogno la Natura offre spontanea, questa è uno dei migliori.
38. Beckeropsis nubica De Net.(Graminaceae)
in tigrigna: «Mucchia», o «heggo»
Questa tenera erba diffusa in tutto l’altipiano e particolarmente in grandi masse, nelle valli che ne discendono sul versante orientale, arriva all’altezza di un uomo e somministra, secondo Schimper nel Tigrè, un grano che si usa come ingrediente nel cibo detto «Bosso» il quale consiste principalmente di orzo abbrustolito.
[51]39. Beckera petiolaris, H.
in tigrigna: «Mukkia»
In tempo di fame gli Abissini raccolgono il seme simile al grano e ne fanno pane. Esso si adopera anche a preferenza, per la fabbricazione della birra (Schimper).
40. Panicum (Setaria) glaucum L.(Graminaceae)
in tigrigna «hoggo», od «hocco»
Secondo Schimper, il seme di questa graminacea diffusa dapertutto come un’erbaccia di prato è molto apprezzato come ingrediente del cibo detto «Bosso». In caso di carestia se ne fa pur anche pane.
41. Oxytenanthera abyssinica (Rich.) Munro (Syn. Bambusa abyssinica Rich.)(Graminaceae)
(Conf. Legni N. 30)
Il Bambù dell’Africa come ancora tutte le specie indiane, produce il frutto soltanto in età molto avanzata, ed in località rare ed isolate. Le cariossidi somigliano a grani di segale ed hanno il sapore di quelli, così che, quando si trova, se ne può fare un ottimo pane, come io ebbi occasione di assicurarmene, nel territorio del Nilo superiore.
42. Acacia spirocarpa H.(Leguminosae Mimoseae)
43. Acacia flava (Forsk.) Schwf. (Syn. A. Ehrenbergiana Heyne)
Queste due Acacie sono le più abbondanti tra le quattro o cinque specie della pianura littorale del Samhar e delle prime colline. La prima ha i capolini di fiori bianchi ed i legumi a spirale; a seconda ha fiori gialli e legumi dritti e sottili. La prima è un albero con chioma ad ombrello; la seconda è un arbusto con rami molto lunghi e coperti di corteccia lucente bruna. Queste specie sono un fattore non di poco conto pel mantenimento dei cammelli, poichè le cime dei rami e le foglie sono mangiate da questi animali e bastano al loro sostentamento.
Frequentemente si vedono ancora i rami dei più grandi alberi intagliati, affinchè essi si pieghino sino a terra e così siano accessibili agli animali. In luoghi ed in tempi in cui ogni altro foraggio manca o è diseccato, o dove lo sviluppo dell’erba è andato a male e la maggior parte dei frutici è già spogliata di foglie, le acacie verdeggiano ancora. Ancora per le capre di cui la pelle costituisce, attualmente, un così importante articolo di[52] esportazione, le acacie frondose costituiscono una sufficiente pastura. Scuotendo la pianta si possono raccogliere anche i bacelli che si danno a mangiare agli animale da latte.
Per la copia delle acacie quasi impossibili a sradicare nella pianura della costa e nelle vallate del littorale si può immaginare che qui ancora l’allevamento dei cammelli possa avere un grande sviluppo, poichè la loro quantità presente in seguito alla precedente poca sicurezza e scarsezza in numero degli uomini, nemmeno lontanamente corrisponde al numero di animali, che il paese potrebbe nutrire.
44. Cordia gharaf (Forsk.) Asch. Schwf. (Syn. Cordia subopposita DC.)(Boragineae)
in tigrigna «Kurrnàkh»
Un frutice che è molto sparso nella Nubia e nell’Arabia, altresì nel Samhar come nelle valli che conducono alla regione sottoposta all’altipiano p. e. in quella del torrente Lava, dove si trova in grande quantità. La foglia è coriacea, però succolenta e non amara. Le capre e pecore la mangiano con predilezione ed egli sembra che possegga un effettivo potere nutritivo. Possono, in caso di bisogno, essere mangiate senza danno anche dagli uomini. Sulle strade che conducono da Cordofan e da Dar Fur verso mezzodì, attraverso regioni inabitate, è avvenuto che i viaggiatori per mancanza di vettovaglie non si siano nudriti, per molti giorni che solo di queste foglie.
45. Cenchrus montanus Nees.(Graminaceae)
Una delle graminacee più frequenti nel Samhar e nelle valli della regione più bassa, che abbonda e prevale esclusivamente per lunghi tratti di terreno e somministra un foraggio tenero di cui volentieri si cibano gli animali. Questa e le due seguenti specie meritano una considerazione speciale pel fieno, poichè la provvisione di erba fresca in queste regioni calde, ha soltanto brevissima durata, si dissecca rapidamente ed è dispersa senza utilità dal vento. Colla preparazione del fieno, che gli abitanti di queste contrade ignorano del tutto fin adesso, il numero del bestiame delle vallate della bassa regione si può per lo meno raddoppiare.
Sulle sponde dell’Indo, nel Pengiab il Cenchrus montanus è considerato come la erba più nutritiva da foraggio ed il suo fieno è molto apprezzato.
in tigrigna «hoggo»
[53]Queste due graminacee colla precedente sono tra le più copiose nelle valli della regione inferiore e formano insieme specialmente quei prati, che in Marzo ed Aprile si possono ammirare nelle valli che scendono dall’altipiano. Dessi però, se non si utilizzano per produzione del fieno, in breve tempo spariscono senza profitto e senza lasciar vestigio, e vanno in perdita.
46. Panicum amplexicaule H.(Graminacee)
in Agow «mélvessa»
Questa specie di erba è tenuta nell’Abissinia come una biada particolarmente nutritiva.
47. Panicum muticum F.(Graminacee)
in tigrigna «sari-zaba» cioè «Erba da latte»
Un’erba molto diffusa nella regione inferiore, cui nell’Arabia si attribuisce uno speciale valore come foraggio. Gli Abissini la considerano come una dei migliori foraggi per le vacche onde il suo nome che significa: erba di latte.
Questa pianta conosciuta sotto il nome di «Guinea-Gras» ed in diverse contrade tropicali coltivata appositamente si tiene come una delle migliori erbe da foraggio, specialmente pei cavalli. Questa specie viene selvatica in gran copia nelle boscaglie montuose dei contrafforti.
in Amharigna «afhissa», o «afsisso», o «assandavô»
Queste due graminacee sono un buon foraggio per ogni genere di bestiame e si rinvengono nei luoghi non troppo secchi in grande quantità.
51. Panicum turgidum Del.(Graminaceae)
in arabo sudanico «sciûkh»
in arabo yemenico «boccum»
Quest’erba abbondantissima nelle steppe e pianure della regione costiera sul Mar rosso, che per i suoi culmi rigidi è solo mangiato dai cammelli offre a questi però una inesauribile pastura. È l’erba più abbondante di questa regione. Nell’altipiano e nelle montagne non si trova.
52. Eleusine flagellifera Nas.(Graminaceae)
in arabo sudanico «homra»
Facile a riconoscersi pei suoi lunghi stoloni con foglie a ciuffetto[54] e con spighe disposte a stella, questa pianta erbacea è una delle poche della calda regione costiera, che vengono mangiate dai cavalli. È largamente diffusa sulle coste del Mar Rosso ed in molti luoghi (Suachin, Gedda ecc.) si porta al mercato come fieno.
53. Rottboellia hirsuta Vahl. (Syn. Coelorrhachis hirsuta Brogn.)(Graminaceae)
in arabo sudanico «lukh»
in arabo yemenico «ta’âm»
Tra le erbe che nel Samhar ed in tutte le pianure sulle coste del Mar rosso si possono trovare in massa, va notata questa specie, che è una delle migliori erbe da pascolo specialmente pel bestiame bovino ed in caso di necessità anche pei cavalli.
1. Vitis erythrodes Fres.(Ampelideae)
in tigrè «Habbel’insit».
È una specie che mercè i suoi pampini legnosi, fra le congenere del territorio rassomiglia di più alla vite nostrana.
Perciò sarà forse adattata a ricevere l’innesto della vite nostra. Mercè i suoi magazzini sotterranei di acqua ed amido, offre la resistenza durante i lunghi mesi di siccità, diversamente non potrebbe sopportarla.
2. Calanchoe grandiflora R.(Crassulaceae)
Il territorio possiede varie specie del genere con bellissimi fiori tra le quali si distingue specialmente la suddetta per i suoi fiori rossastri di 5 cm. di lunghezza.
Le foglie ed i steli succulenti che si ritrovano nelle fessure delle roccie resistono per mesi alla siccità ed al calore senza alterarsi.
Questa pianta si può raccogliere in grande quantità e si trova abbondante sulle rocce granitiche presso Asmara e sul Lalamba vicino a Cheren.
3. Tritonia Schimperi Asch. Kl.(Liliaceae)
Un bel fiore bianco sopra lo stelo slanciato. Fu raccolto dal D.r Steudner a Cheren e si raccomanda per gli amatori di giardini.
[55]4. Acidanthera tricolor H.(Irideae)
Un bellissimo fiore bianco con fondo violetto, sopra stelo alto con foglie, fiorisce a Cheren nell’estate.
5. Cyanotis hirsuta F. Mey.(Commelinaceae)
in tigrigna «burco»
(Vedi sotto la rubrica «Commestibili, Tuber.» n.º 34).
6. Gladiolus Quartinianus R.(Iridaceae)
Si trova a fiori rossi, aranciati, gialli e macchiati, specialmente nei mesi di febbraio e marzo sui monti intorno a Ghinda.
7. Montbretia laxiflora Klatt.(Irideae)
Sul Ssabber vicino a Gheleb a 2200 metri nel mese di aprile frequentissimo nell’erba tra le roccie.
I fiori sono di un rosa chiaro, parecchi uniti in fila sullo stelo di un piede alto.
Una specie con fiori violetti-rossi, più piccoli che nella specie precedente, che fiorisce nell’estate nei dintorni di Cheren.
9. Antholyza abyssinica H.(Irideae)
in tigrigna «enserrazé»
in amarigna «enserass».
Si distingue dai fiori di colore rosso fuoco, che sono più grandi di quelli della A. aethiopica L. dei nostri giardini; fiorisce nel febbraio in grandi masse nella foresta del Dongollo vicino a Ghinda.
10. Haemanthus abyssinicus Herb.(Amaryllideae)
Trovasi in grande quantità sopra Gheleb nelle pianure secche dell’altipiano al di sopra di 2000 metri. I fiori formano una palla color rosso fuoco del diametro di 10 cm. che termina uno stelo bassissimo, afillo, sicchè i fiori sembrano sorgere direttamente dal suolo.
11. Crinum yuccaefolium Bak.(Amaryllideae)
in tigrigna «sciugrertu-ssubi, o ssciuggurte-ssibi»
in bilino «vokedûde».
È una pomposa pianta di ornamento con grandi fiori simili al giglio strisciati in rosso e bianco i quali sono disposti in ombrella vistosa sopra uno scapo elevato. La fronda forma una rosetta composta di 7 a 9 grandi foglie lanceolate.
[56]La cipolla è la più grande che esista in questo territorio, ha la doppia grandezza di un pugno. La si trova spesso sul Dongollo vicino a Ghinda, e verso Cheren, nella valle dell’Anseba ecc. La pianta rassomiglia all’Amaryllis vittata Ait. del Sud-Africa, che trovasi sparsa nei nostri giardini, ma la supera in pienezza e grazie.
12. Gloriosa abyssinica R.(Liliaceae)
Ha fiori stupendi di color scarlatto con 6 segmenti stellati su di uno stelo svelto e grazioso.
Le punte delle foglie sono terminate da un viticcio. Questa specie fiorisce in marzo nelle vallate boscose sotto il declivio dell’altipiano (Ghinda, Gheleb).
Giorgio Schweinfurth
[1]Ehrenberg e Hemprich 1825 — Steudner 1861 — Beccari 1870 — Hildebrandt 1872 — Heuglin 1875.
[2]In questo mio lavoro sono stato gentilmente coadiuvato dal Sig. Dr. Volkens, il quale allorquando metteva in ordine le collezioni dello Schimper pel Museo di Berlino, prese copia di tutte le note che lo Schimper aveva alligato alle singole piante.
[3]I nomi vernacoli si pronunciino esattamente come sono scritti, cioè come se si leggessero parole italiane.
Il Tigrigna è la lingua della provincia del Tigrè, Hamasen ecc. («lisan Tigray» come chiamano la loro lingua).
Il Tigrè, da non confondersi col Tigrigna, è la lingua degli Habab e dei Mensa; è la lingua predominante nella regione fra il mare e l’altipiano.
L’Amarigna è la sola lingua scritta ed ufficiale dell’Etiopia.
Il Saho, Belen ed Agau sono dialetti camitici, mentrechè i precedenti appartengono alle lingue semitiche.
[4]Sull’ Ubaïn hanno scritto (secondo L. Lewin):
Arnaud. Comptes rendus de l’Acad. tom. 106.
Gley. Comptes rendus de la Société de Biologie 1888, V, p. 42.
De Varigny. Comptes rend. de la Soc. Thér. 1888 V. 421.
Gemell. Brit. med. Journ. 1890 I, p. 950.
Panas. Bull. Acad. Med. 18 febb. 1891.
[5]Prospero Alpino, De Plantis Aegyptis, de Balsamo dialogus p. 78.
[6]Questa è una forma molto diffusa e non ancora descritta, la C. abyssinica Engl. var. simplicifolia Schwf.
[7]L’etichetta di Ehrenberg apposta agli esemplari dice «fortasse etiam Myrrham praebens, sed non satis constat».
[8]La produzione dell’Isola della Riunione nel 1890, è stata di 18,000 kil. di olio. La sola Casa Schimmel e C.º di Lipsia nell’aprile di quest’anno aveva 4000 kilogr. di questo prodotto in deposito.
[9]Hooker Flora of Brit. India II. 208.
Abrus precatorius | §1 nº 13. |
Abutilon longicuspe | §4 nº 2. |
Acacia albida | §6 nº 13. |
Acacia etbaica | §5 nº 27., §6 nº 14. |
Acacia flava | §7 nº 43. |
Acacia glaucophylla | §6 nº 12. |
Acacia Senegal | §3 nº 6. |
Acacia Seyal | §3 nº 7. |
Acacia spirocarpa | §4 nº 9., §7 nº 42. |
Acidanthera tricolor | §8 nº 4. |
Acocanthera Schimperi | §1 nº 20. |
Adansonia digitata | §4 nº 7., §7 nº 14. |
Albizzia amara | §3 nº 8., §6 nº 15. |
Albizzia anthelmintica | §1 nº 16. |
Aloe abyssinica | §1 nº 34., §5 nº 32. |
Aloe Schimperi | §1 nº 33. |
Amarantus graecizans | §1 nº 31., §7 nº 11. |
Andropogon laniger | §2 nº 11. |
Anogeissus leiocarpa | §6 nº 7. |
Antholyza abyssinica | §8 nº 9. |
Asparagus abyssinicus | §7 nº 13. |
Asparagus retrofractus | §5 s.n. |
Avicennia officinalis | §6 nº 20. |
Babbeya oleoides | §5 nº 31. |
Balanites aegyptiaca | §6 nº 2., §7 nº 20. |
Beckera petiolaris | §7 nº 39. |
Beckeropsis nubica | §7 nº 38. |
Boswellia papyrifera | §3 nº 1. |
Buddleya polystachya | §1 nº 25. |
Calanchoe grandiflora | §8 nº 2. |
Calotropis procera | §4 nº 11., §6 nº 19. |
Canthium Schimperianum | §6 nº 18. |
Capparis persicaefolia | §1 nº 1. |
Carissa edulis | §7 nº 28. |
Cassia Absus | §1 nº 13. |
Cassia acutifolia | §1 nº 14. |
Cassia goratensis | §5 nº 26. |
Cassia occidentalis | §7 nº 37. |
Caylusia abyssinica | §1 nº 2. |
Celastrus senegalensis | §1 nº 6. |
Celastrus serratus | §1 nº 5. |
Celosia trigyna | §1 nº 30. |
Cenchrus montanus | §7 nº 45. |
Citrullus Colocynthis | §1 nº 9. |
Claoxylon Deflersianum | §6 nº 26. |
Coccinia Moghad | §7 nº 23. |
Coleus igniarius | §6 nº 21. |
Combretum trichanthum | §6 nº 5. |
Commelina subulata | §7 nº 12. |
Commiphora abyssinica | §3 nº 2. |
Commiphora africana | §3 nº 5. |
Commiphora Opobalsamum | §2 nº 2. |
Commiphora quadricincta | §3 nº 4. |
Commiphora Schimperi | §3 nº 3. |
Corchorus trilocularis | §7 nº 5. |
Cordia gharaf | §7 nº 44. |
Crinum yuccaefolium | §8 nº 11. |
Croton macrostachyum | §6 nº 25. |
Cucumis dipsaceus | §1 nº 10. |
Cucumis metuliferus | §7 nº 24. |
Cyanotis hirsuta | §7 nº 34., §8 nº 5. |
Cyperus bulbosus | §7 nº 36. |
Cyperus esculentus | §7 nº 35. |
Cyperus rotundus | §1 nº 35. |
Cyperus Schimperianus | §4 nº 20. |
Cyphia glandulifera | §7 nº 33. |
Daemia extensa | §4 nº 10. |
Dalbergia melanoxylon | §6 nº 11. |
Datura Metel | §1 nº 18. |
Diospyros mespiliformis | §6 nº 23., §7 nº 27. |
Dobera glabra | §7 nº 30. |
Dodonaea viscosa | §4 nº 3. |
Dracaena Ombet | §4 nº 18. |
Dregea abyssinica | §7 nº 6. |
Eleusine flagellifera | §7 nº 52. |
Eleusine floccifolia | §4 nº 19. |
Erythrina tomentosa | §6 nº 8. |
Eugenia ovariensis | §6 nº 1. |
Euphorbia abyssinica | §3 nº 9., §6 nº 24. |
Ficus capreaefolia | §4 nº 12. |
Ficus Dekdekena | §3 nº 11., §6 nº 28. |
Ficus glumosa | §3 nº 12. |
Ficus Salicifolia | §4 nº 13. |
Ficus vasta | §3 nº 10., §6 nº 27. |
Foeniculum capillaceum | §1 nº 11. |
Gladiolus Quartinianus | §8 nº 6. |
Gloriosa abyssinica | §8 nº 12. |
Gossypium anomalum | §4 nº 1. |
Grewia membranacea | §7 nº 15. |
Grewia salviaefolia | §4 nº 6. |
Grewia villosa | §7 nº 16. |
Gynandropsis pentaphylla | §7 nº 2. |
Gyrocarpus Jacquini | §6 nº 4. |
Haemanthus abyssinicus | §8 nº 10. |
Helminthocarpus abyssinicus | §1 nº 12. |
Hemprichia erythraea | §2 nº 1. |
Hibiscus cannabinus | §4 nº 4. |
Hibiscus macranthus | §4 nº 5. |
Hydnora abyssinica | §7 nº 10. |
Hyphaene thebaica | §4 nº 15., §7 nº 31. |
Impatiens tinctoria | §5 nº 22. |
Indigofera argentea | §5 nº 23. |
Indigofera arrecta | §5 nº 24. |
Jasminum abyssinicum | §2 nº 6. |
Juniperus procera | §6 nº 29. |
Kigelia aethiopica | §1 nº 23. |
Kyllingia triceps | §2 nº 10. |
Lagenaria vulgaris | §7 nº 22. |
Lanneoma velutina | §4 nº 8. |
Lonchocarpus laxiflorus | §6 nº 9. |
Maerua angolensis | §7 nº 1. |
Maesa lanceolata | §1 s.n. |
Malva parviflora | §7 nº 4. |
Meriandra benghalensis | §1 nº 24. |
Micromeria abyssinica | §2 nº 9. |
Mimusops Schimperi | §6 nº 22., §7 nº 26. |
Mollugo Glinus | §1 nº 8. |
Montbretia abyssinica | §8 nº 8. |
Montbretia laxiflora | §8 nº 7. |
Myrsine africana | §1 nº 28. |
Nasturtium officinale | §7 nº 3. |
Nuxia dentata | §6 nº 22. |
Ochna inermis | §2 nº 4. |
Ocimum menthaefolium | §2 nº 8. |
Ocimum suave | §7 nº 7. |
Olea chysophylla | §6 nº 17. |
Osyris abyssinica | §5 nº 30. |
Oxalis anthelmintica | §1 nº 4. |
Oxygonum atriplicifolium | §7 nº 8. |
Oxytenanthera abyssinica | §6 nº 30., §7 nº 41. |
Pachyrrhizus angulatus | §7 nº 32. |
Panicum amplexicaule | §7 nº 46. |
Panicum colonum | §7 nº 50. |
Panicum crus-galli | §7 nº 49. |
Panicum glaucum | §7 nº 40., §7 nº 47. |
Panicum maximum | §7 nº 48. |
Panicum muticum | §7 nº 47. |
Panicum turgidum | §7 nº 51. |
Pennisetum ciliare | §7 nº 46. |
Phelipaea lutea | §5 nº 29. |
Phoenix reclinata | §4 nº 14. |
Pircunia abyssinica | §1 nº 29. |
Plumbago zeylanica | §1 nº 26. |
Premna resinosa | §2 nº 7. |
Pterolobium lacerans | §5 nº 25. |
Rhus abyssinica | §5 nº 21. |
Ricinus communis | §1 nº 32. |
Rottboellia hirsuta | §7 nº 53. |
Rumex abyssinicus | §7 nº 9. |
Salvadora persica | §1 nº 27., §7 nº 29. |
Sanseviera Ehrenbergiana | §4 nº 16. |
Sanseviera Guineensis | §4 nº 17. |
Sclerocarya Birrea | §2 nº 3., §7 nº 19. |
Silene macrosolen | §1 nº 3. |
Tamarindus indica | §1 nº 15., §7 nº 21. |
Tarchonanthus camphoratus | §1 nº 17., §6 nº 16. |
Terminalia Brownei | §5 nº 28., §6 nº 6. |
Trianthema pentandrum | §1 nº 7. |
Trichilia emetica | §6 nº 3. |
Tritonia Schimperi | §8 nº 3. |
Vangueria edulis | §7 nº 25. |
Verbascum Ternacha | §1 nº 21. |
Verbena officinalis | §1 nº 22. |
Vernonia amygdalina | §1 nº 19. |
Virgilia aurea | §6 nº 10. |
Vitis erythrodes | §8 nº 1. |
Ximenia americana | §2 nº 5., §7 nº 17. |
Zizyphus Spina-Christi | §7 nº 18. |