*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 43356 ***

ROBERTO BRACCO


TEATRO


VOLUME SESTO


LA PICCOLA FONTE — FOTOGRAFIA SENZA....
NOTTE DI NEVE — LA CHIACCHIERINA

2ª EDIZIONE.

REMO SANDRON — Editore
Libraio della Real Casa

MILANO-PALERMO-NAPOLI


PROPRIETÀ LETTERARIA

I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia.

È assolutamente proibito di rappresentare queste produzioni senza il consenso scritto dell'Autore (Art. 14 del Testo Unico 17 Settembre 1882).

La Piccola Fonte — Original edition published June, 10, 1906 with the privilege of copyright in the United States reserved under the approved March 3, 1905, by Roberto Bracco and Remo Sandron, and English translation copyright 1907 by Dirce St. Cyr.

Notte di Neve — Copyright in the United States Jul. 10, 1908, by Roberto Bracco.

Copyright 1909 by Roberto Bracco.

Off. Tip. Sandron — 132 — I — 081113.


[5]

a Matilde Serao

Signora,

la vostra sensibilità di grande interprete dell'anima vi ha messa in diretta e immediata comunione coi miei personaggi, sicchè voi avete scritto di questa opera mia con quello stesso fervore spirituale che, facendo passare l'altrui vita a traverso il vostro temperamento, crea le palpitanti opere vostre. Scrivendo de La piccola fonte, voi, quasi per iscusarvi presso i vostri lettori d'una effusione che non vi consentiva un'analisi molto minuta del mio lavoro, avete dichiarato di non possedere le fredde ragioni della critica. Ma io credo che la chiaroveggenza della critica debba essere fatta, soprattutto, di sensibilità profonda. E, invero, nella prosa, con cui voi avete legato, dopo la rappresentazione di Napoli, il vostro nome illustre a una delle più liete vicende del mio dramma, sono condensati i pensieri, le impressioni e le ragioni dei critici che meglio mi hanno compreso. In voi come in loro i segni sintetici e significativi, che io ho sostituiti alla prolissità del metodico e formale svolgimento psicologico, da cui sono deturpate così spesso le visioni dell'arte, hanno avuto il potere di determinare [6] quella virtù di penetrazione, che è il principio d'ogni più vivo godimento intellettuale. A voi, come a quei critici, Stefano Baldi non è parso un personaggio inventato da me per ottenere una facile vittoria contro i famosi precetti egoarchici, che una moda passeggera ha confusamente divulgati e screditati, ma soltanto è parso uno dei non pochi moderni giovani megalomani, che, miserelli e impotenti, si agitano e declamano inseguendo una chimera e che il disquilibrio tra la vanità esuberante e l'ingegno limitato, tra l'egoismo crudele e la debolezza congenita, rende grotteschi, simili a caricature, in mezzo alla società, e talvolta tragici e deleteri nell'intima cerchia degli affetti domestici. Voi, come tutti i critici che mi hanno compreso, contemplando Stefano Baldi, avete sùbito riconosciuto in lui uno di quei pigmei che si guardano in uno specchio d'ingrandimento, uno di quei rachitici che esaltano la crudeltà, l'ambizione, l'estetica della forza, il diritto della conquista, il culto della grandezza, e che poi traballano e tramazzano annientati al primo urto. E come tutti i critici che mi hanno compreso, voi, restando nell'àmbito della mia concezione, non vi siete occupata del personaggio di Stefano Baldi se non per il significato di correlazione ch'esso ha accanto alla mia Teresa. Voi, Signora, avete scritto che tutte le verità morali formanti la coscienza del mio dramma emanano da Teresa, [7] «da questa creatura patetica, capace di fare il bene anche con la sua morte». Voi avete scritto che la morale bellezza dell'opera mia «è racchiusa in quell'anima muliebre», e la vostra fantasia gentile si è piaciuta di avvicinarla «alle più pure e soavi anime del teatro, da Ifigenia a Desdemona». Voi avete saputo vedere che intorno a lei, intorno alla «piccola fonte», si stringono, in armonia o in antitesi, tutti gli altri personaggi del dramma. Voi non avete dubitato che da quella piccola fonte — per una realtà flagrante, che pur sembra un prodigio, perchè nessuna indagine può precisarne gli elementi e nessun linguaggio può definirla — sgorghi l'acqua salutare di cui Stefano disconosce il beneficio e di cui Valentino, deforme, negletto e rassegnato, sugge furtivamente qualche goccia in una specie di estasi che solleva dalla miseria quotidiana la sua povera esistenza. Voi avete intuita l'affinità che unisce tra loro Teresa, Valentino e il Vecchio marinaio mendicante — ingenuo rapsodo della saggezza e del fato — , i quali sono tre anelli della eterna e tenace catena di umile e dolorosa bontà che sostiene il mondo squassato dalla superbia, dalla tracotanza e dalla perversità. E voi avete, infine, intuìto il segreto dell'estremo sagrifizio che la dolce Teresa, nella sua veggente follia, compie sparendo in quel mare di cui il mendicante verseggiatore ha suggestivamente decantata la fida amistà. Le parole vostre, che compendiano [8] tutta l'essenza di quell'ultima scena, non da me costruita, bensì dallo spirito stesso di Teresa chino sull'uomo addormentato nel primo riposo di sua vita, sono la formula concreta d'una divina legge di punizione e di soccorso trasparita ai vostri occhi dall'inconscio sagrifizio della demente. E, come per una creatura che sia davvero vissuta, io ben vorrei fissare a guisa d'epitaffio sopra una lapide, piuttosto che su questa carta destinata forse all'oblio, le parole con le quali la vostra sensibilità ha pianta e celebrata la sparizione della salvatrice:

«Quella morte era necessaria, e in quell'uomo che Teresa lascia dormente noi vediamo, nel tempo, la resurrezione d'una coscienza. Se Ella non muore, non può Stefano risorgere puro e forte, perchè non ci sono resurrezioni senza morti.»

Quand'anche, Signora, questo mio dramma non fosse stato sorretto dal plauso di tanti pubblici, quand'anche non avesse ispirato a tanti critici di altissimo valore pagine così belle e vibranti e a me così care, il commento vostro, offertomi non per dovere di giudice, ma per una genuina emozione di artista, sarebbe bastato a non farmi disamare l'opera mia. E per ringraziarvene ho scritto queste poche righe di prefazione.

Roberto Bracco.

Napoli, gennaio del 1906.

[9]

LA PICCOLA FONTE

Dramma in quattro atti

rappresentato per la prima volta al teatro Manzoni di Milano dalla Compagnia Talli-Gramatica-Calabresi, nel febbraio del 1905.

[11]

PERSONAGGI:

Epoca attuale.


Note per gli attori.

Stefano ha trent'anni. È di aspetto bello e piacente.

Teresa è bellina, esile, senza alcun connotato notevole. Può avere dai ventiquattro ai venticinque anni.

Valentino è quasi gobbo, bassotto. Faccia piuttosto smunta e ossuta. Mustacchietti scarsi. Occhi piccoli e scintillanti. La sua età è poco visibile: avrà un trentacinque anni.

La principessa Heller ha passata la trentina. È una donna affascinante.

[13]

ATTO I.

Un lembo di parco a Posillipo. Un'ala del villino di Stefano Baldi — d'un'architettura semplice e aristocratica — si profila a destra, di sbieco, sopra una specie di terrazzino rettangolare senza ringhiera, fatto di mattoni patinati, che, dal livello del terreno battuto, si eleva per l'altezza di due o tre gradini, i quali sono di marmo ben levigato. L'entrata principale del villino non si vede, perchè è alle spalle di quest'ala. Si vede bensì un'altra porta, che dà sul terrazzino e sulla quale è una tenda piegata, che, distesa, la ombreggerebbe. Al di sopra della porta, sono tre finestrette graziose. Dal lato opposto del villino, dirimpetto all'uscio, è una breve aiuola, nel centro della quale si erge una magnifica musa con le sue immense foglie lievemente ricurve dal peso. L'aiuola è fiancheggiata, a sinistra, dagli alberi d'un boschetto. Di là dall'aiuola, sale e si perde, dietro questi alberi, un viale carrozzabile. In fondo, la linea d'un parapetto di pietra taglia l'orizzonte. Una striscia di mare d'un azzurro chiarissimo e brillantato quasi si confonde col cielo. Del Vesuvio si [14] scorge, a sinistra, il declivio che dal vertice scende dolcemente sino al golfo.

Nello spazio rettangolare del terrazzino, sono comode seggiole a sdraio di paglia e di bambù. Tra il margine dell'aiuola e il terreno battuto, è un sedile di legno.

Il sole spande dovunque un biancore abbarbagliante.

L'aria è piena di gaiezza.

SCENA I.

TERESA, VALENTINO, ROMOLO.

Valentino

(la cui testa brutta sporge fra le spalle prominenti ed arcuate, è a una delle finestrette — la più visibile — intento a ravvivare una gran quantità di rose che sono in un orciuolo, sul davanzale. Giù, Romolo regge per il bavero una giacca, e Teresa con grande cura la spazzola.)

Teresa

Meglio qui. È inutile impolverare la casa.

Valentino

Signora Teresa! Che diamine fate? [15]

Teresa

Non lo vedete? Spazzolo i panni di Stefano. Tenete su, Romolo, tenete su.

Valentino

Ma potrebbe pensarci Romolo a spazzolare i panni del padrone.

Romolo

La signora non vuole.

Valentino

Perchè con quella tua prosopopea non fai mai nulla di buono. Si sa. Un servo che si chiama Romolo non può abbassarsi a spazzolare i panni d'un padrone che si chiama semplicemente Stefano. Come se poi il tuo padrone fosse uno Stefano qualunque!...

Romolo

(brontola:) Abbaia, abbaia, cagnaccio della malora!

Teresa

(redarguendolo) Romolo! (Piega attentamente la giacca.) [16]

Valentino

(toglie le rose dall'orciuolo, vi muta l'acqua e ve le rimette a una a una.) Hanno vita corta queste rose, signora Teresa. Ho un bel mutar l'acqua! Cominciano già ad afflosciarsi.

Teresa

Le avete lì da due giorni.

Valentino

E che sono due giorni?

Teresa

(ponendo la giacca piegata, sopra una seggiola — a Romolo) Il gilet, ora.

Romolo

(prende un panciotto che penzola da una spalliera e lo porge a Teresa.)

Teresa

(continua a spazzolare.)

Valentino

Voi, qualche volta, le avete per una settimana, sempre fresche. [17]

Teresa

Ma se la notte ve le chiudete in camera....

Valentino

Mi piace di dormire tra i profumi, signora Teresa!

Teresa

E questo nuoce a voi e nuoce alle vostre rose. (Piega il panciotto.)

Valentino

In altri termini, esse fanno male a me ed io faccio male a loro.

Teresa

Così è, caro Valentino. (Consegnando i panni spazzolati al servo) Tutto questo nello spogliatoio.

Romolo

(si avvia verso la porta, che è chiusa.)

Teresa

Per dove andate, Romolo?!... Entrare e uscire sempre per l'altra porta. E nello studio del padrone [18] non dovete metterci il piede se non quando vi si chiama. Non dimenticatelo.

Romolo

Sono in questa casa da dieci giorni e nessuno me l'ha mai detto.

Valentino

Te l'ho detto proprio io che mi pregio di essere il tuo immediato superiore.

Romolo

(facendo spallucce, va verso il fondo e svolta dietro l'ala del villino.)

Valentino

Come si fa, signora Teresa? Tutta l'umanità mi disprezza.

Teresa

Io, per esempio, no.

Valentino

Be', ma voi non fate parte dell'umanità. [19]

Teresa

(ridendo) Ah ah!... Questa poi è nuova. (Da un cestino di lavoro, che è presso il sedile, tira fuori della stoffa di poco conto e l'occorrente per cucire.)

(Un silenzio.)

Valentino

(sempre alla sua finestra, carica una pipetta, l'accende, e fuma. Poi, scorgendo qualcuno) Ehi brav'uomo! Chi cercate?

Teresa

Se è qualche seccatore di Stefano, non lo lasciate passare. Non è ora, questa. Intanto, io me la svigno. (In fretta, prima che l'uomo giunga, vorrebbe rimettere la roba nel cestino.)

Valentino

Lasciate lì, ci bado io.

Teresa

(scappa per dietro il villino.)

[20]

SCENA II.

VALENTINO, DON FAUSTO.

Don Fausto

(che non ha udito, discende il viale, appoggiandosi al suo bastone, con l'aria autorevole della persona molto panciuta.)

Valentino

(chiama forte:) Brav'uomo!... Signore!... Signore col bastone!

Don Fausto

(ha udito un poco e si volta a destra e a sinistra.)

Valentino

Qui! qui! Alzate la testa.

Don Fausto

(finalmente alza la testa.)

Valentino

Oh! Don Fausto! Che venite a fare in questi paraggi? Aspettate: scendo subito. (Dopo un istante, ricomparisce dal fondo.) [21]

Don Fausto

Guarda, guarda! Siete proprio voi! M'era parso e non m'era parso. Di giù, non vi vedevo le spalle. Io vi conosco meglio di spalle che di faccia.

Valentino

Io, invece, vi conosco da tutti i lati.

Don Fausto

Come siete capitato qui?

Valentino

Ma io non ci sono mica capitato: io ci sto sempre. Sono impiegato presso Stefano Baldi. Sono il suo segretario, il suo maggiordomo, il suo copista, il suo galoppino.... È vero che, in sostanza, non faccio mai niente, ma poichè egli mi fa mangiare, mi fa dormire, mi fa fumare e mi fa prendere aria, io ci resto volentieri. Non è poi scritto che si debba a forza lavorare. (Comicamente) Soltanto voi vi eravate fitto in mente di non pagarmi se non a condizione ch'io lavorassi. E una persona come me avrebbe dovuto fare il contabile nella vostra meschina fabbrica di saponi?... Vedete quella finestra dove sono quelle rose?... È la finestra della mia stanza, e lì... me la godo! Quando siete giunto, vi ho guardato dall'alto [22] in basso. Caro don Fausto, voi non potrete mai immaginare fino a che punto io me ne infischi di voi.

Don Fausto

... Io non ho udito quasi nulla del vostro discorso. Fatemi il favore: passate alla mia sinistra. Con l'orecchio destro non ci sento più.

Valentino

(passando alla sinistra di don Fausto) E io dovevo sapere che avete perduto un orecchio?

Don Fausto

Mi meraviglio. Tutti sanno dell'avaria che ho sofferta.

Valentino

Ma perchè? Siete stato dichiarato monumento nazionale?

Don Fausto

Monumento nazionale un corno! Tutti furono edotti di quel che mi accadde, perchè io misi un comunicato nei giornali. [23]

Valentino

Un comunicato nei giornali?

Don Fausto

Contro il dottore specialista che mi aveva rovinato l'orecchio.

Valentino

In onor del vero, vendicativo siete stato sempre.

Don Fausto

Ah sempre! Questo sì. Canagliate io non ne voglio. Dunque, ripetetemi tutto quello che mi avete detto.

Valentino

Ma io non ricomincerò certo da capo. Il succo è che io sono impiegato presso Stefano Baldi.

Don Fausto

(mettendogli una mano sulla spalla) Forse, potreste essere l'uomo che mi ci vuole. Avete influenza su questa bestia rara? [24]

Valentino

Bestia rara siete voi.

Don Fausto

Insomma, avete influenza su questo sedicente poeta?

Valentino

Se non ritirate il «sedicente», non possiamo andare avanti.

Don Fausto

Ritiro il «sedicente».

Valentino

Tutte le persone che campano a spese di qualcuno hanno un po' d'influenza sul medesimo. Io, poi, oltre a campare a spese di Stefano, gli sono anche parente. Sissignore! Discendiamo dallo stesso ceppo.

Don Fausto

Da Adamo ed Eva? [25]

Valentino

(contraffacendolo) «Da Adamo ed Eva!» (Carezzandogli il mento) Quanto siete grazioso!

Don Fausto

Giù le mani!

Valentino

Gli sono cugino in terzo grado, e cavatevi il cappello!

Don Fausto

Io me lo caverò se riescirete a farmi dare le mille e settecento lire che mi deve.

Valentino

Stefano ha preso da voi mille e settecento lire di saponi?!

Don Fausto

Ma che saponi! Sono cinque anni che ho smessa la fabbrica perchè insieme con mio cognato — quello che perdette il posto al Museo — aprii in via Costantinopoli [26] un magazzino d'antichità. Neppure questo sapete?

Valentino

Chi volete che si dia la pena di parlarmi di voi?!

Don Fausto

Io misi un comunicato nei giornali.

Valentino

Un altro!

Don Fausto

Che c'è di straordinario? Per questo ci sono i giornali: per metterci i comunicati.

Valentino

Bel concetto che avete del giornalismo!

Don Fausto

Veniamo al fatto. [27]

Valentino

Veniamo al fatto.

Don Fausto

La bellezza di otto mesi fa, il vostro signor cugino in terzo grado prese da noi una cornice e due sedie.

Valentino

Una cornice e due sedie, mille settecento lire?!

Don Fausto

La cornice, settecento; e le sedie, cinquecento ognuna.

Valentino

Dio sa quante volte mi sarò seduto su cinquecento lire e non me ne sono mai accorto!

Don Fausto

Gli avrò scritto più di venti lettere. [28]

Valentino

E lui?

Don Fausto

Lui, niente! Come se non ne avesse ricevuta nemmeno mezza.

Valentino

(cacciandosi in tasca la pipetta spenta) Non ci badate: è un po' distratto.

Don Fausto

(scaldandosi) Un po' distratto?

Valentino

Del resto, la distrazione, si sa, è la malattia di tutti i poeti.

Don Fausto

(alzando la voce) Ma lo guarisco io di questa malattia! [29]

Valentino

(toccandogli la pancia come si fa carezzando un cavallo) Buono, buono, don Fausto!

Don Fausto

Giù le mani!

Valentino

Uno di questi giorni, gli parlo io.

Don Fausto

Oggi ho delle scadenze e mi necessita il contante per fare onore alla mia firma. Per mezzogiorno al più tardi, il mio conto dev'essere saldato.

Valentino

Per mezzogiorno, è un po' difficile. Questa è l'ora in cui Stefano è chiuso nel suo studio, e guai a disturbarlo!...

Don Fausto

Chiuso o non chiuso, se fra un'ora non sono soddisfatto, mando al vostro signor parente uno sveglierino per atto d'usciere e metto.... [30]

Valentino

(continuando subito) Un comunicato nei giornali.

Don Fausto

(fermamente) Nè più nè meno.

Valentino

Così Stefano vi risponderà in versi.

Don Fausto

E io lo chiamerò imbroglione in prosa.

Valentino

Ma, dico: che modo di parlare è questo?!

Don Fausto

E voi perchè mi stuzzicate?

[31]

SCENA III.

DON FAUSTO, VALENTINO, TERESA.

Teresa

(venendo dal fondo) Che c'è, che c'è, Valentino?

Valentino

(a Don Fausto) Questa è sua moglie. Fate il gentiluomo con lei. (A Teresa) Non c'è niente, signora Teresa. Niente di serio. C'è soltanto il signor Fausto Cantajello, qui presente, il quale avrebbe un conticino di mille e settecento lire da farsi saldare. Una cornice e due sedie.

Don Fausto

Due sedie a bracciuoli, Errico Quarto puro....

Valentino

(a Teresa) Devono essere quei due seggioloni con quella spalliera... (fa dei gesti descrittivi.)

Don Fausto

A servirvi. Su quei due seggioloni pare certo sia stato seduto Errico Quarto in persona. [32]

Valentino

E diamine! (Gesto analogo) Se ne vede ancora l'impronta.

Don Fausto

La cornice, poi, ha contenuto il primo ritratto a olio di Napoleone I.

Valentino

Ho capito: è per questo che Stefano ci ha messo il ritratto suo.

Teresa

(che si trova alla destra di don Fausto) Sì, ma io non credo che per oggi mio marito abbia disponibile questa somma. Dovreste avere la bontà di pazientare.

Don Fausto

(che ha udito poco, — a Valentino) Dovrei avere la bontà... di che?

Valentino

A sinistra, a sinistra, signora Teresa. [33]

Teresa

A sinistra!?...

Valentino

A destra è sordo. Parlategli a sinistra.

Teresa

(passando alla sinistra di don Fausto) Dicevo che dovreste avere la bontà di pazientare.

Don Fausto

Ah no, signora mia. Ho già spiegato al cugino in terzo grado di vostro marito le ragioni per cui non posso più pazientare.

Teresa

(deviando involontariamente) Valentino!

Valentino

(accostandosi con zelo) Comandate. [34]

Teresa

(piano) Lo sapete che Stefano non vuole che vi si conosca come suo cugino....

Valentino

È vero, sì, ogni tanto me ne dimentico.

Teresa

(affettuosamente) Ha i suoi principii.... Dobbiamo rispettarli....

Don Fausto

Dunque, signora, che si decide?

Teresa

Che volete che vi dica?... Io non ho l'abitudine d'incomodare mio marito per simili faccende. E oggi, meno che mai. Tutt'al più, quando saprò che ha dei quattrini....

Don Fausto

Quando saprete che ha dei quattrini, cara signora, sarà troppo tardi. Per fortuna, (cavando una [35] carta da una tasca) il conticino è firmato da vostro marito a mo' di obbligazione. Ecco qua. (Lo mostra) Il termine è trascorso da un pezzo; e quindi io ricorro ai ferri corti.

Valentino

Intimazione per atto d'usciere e pubblica denunzia nei giornali della città.

Teresa

(spaventata) Dio mio! Che dite mai!?

Don Fausto

D'altronde, io ragiono così, cara signora: chi possiede un villino a Posillipo, costruito, per giunta, a bella posta con parecchie decine di migliaia di lire, e va in carrozza invece d'andare in tram o a piedi come vado io....

Valentino

(interrompendolo) Poveretto! Con quella pancia!

Don Fausto

(inalberandosi) Con questa pancia vado a piedi, e ci vado a fronte alta. Ciò che mi stupisce è che il signor Stefano Baldi.... [36]

Valentino

... vada in carrozza a fronte bassa.

Don Fausto

A fronte bassa dovrebbe andarci, visto che non mantiene i suoi impegni!

Teresa

Ma, signore, voi vi permettete di dire delle enormità!

Don Fausto

A me non piace di offendere nessuno; ma se mi si tocca in quel poco che ho fatto coi miei sudori, non transigo.

Valentino

La cornice di Napoleone l'avete fatta con i vostri sudori?!

Don Fausto

(con energia) Precisamente! [37]

Valentino

E allora è un altro paio di maniche!

Don Fausto

Breve breve, signora mia. I tempi sono tristi. Con l'abbondanza di antichità che c'è sulla piazza e con la moda dello stile libertino, io a stento mi tengo a galla. C'è qualcuno che gioca a farmi affogare? E io lo tiro giù con me, e ci si affoga insieme. Quando vostro marito, dopo otto mesi di preghiere, non si fa vivo, male parole, saette, uscieri, comunicati, scandali, senza misericordia!

Teresa

(tremando) No, per carità! Piuttosto... sentite... sentite, signore: cercherò di provvedere io.

Don Fausto

Un'ora di tempo avete.

Teresa

Valentino mio, soltanto voi potete aiutarmi. [38]

Valentino

Per voi, qualunque cosa, signora Teresa; ma io non so veramente...

Teresa

Conoscete qualche agenzia di pegnorazione?

Valentino

(con prosopopea faceta) Vi prego di credere che io le conosco tutte!

Teresa

Forse, però, qui, a Posillipo, non ce ne sono.

Valentino

V'ingannate. In queste aure balsamiche esse fioriscono benissimo.

Teresa

E dite: dagli orecchini che porto quanto si potrebbe ricavare?

Valentino

Ma come! Voi vorreste....?! [39]

Teresa

È la sola risorsa che ho.

Valentino

Ecco poi un altruismo che mi urta i nervi.

Don Fausto

(s'accorge che l'affare è in via di soluzione e si apparta per dar loro agio di confabulare liberamente.)

Valentino

(osservando gli orecchini) Si arriverebbe appena alle mille e cento, alle mille e duecento...

Teresa

Altre centodieci lire le ho di economie....

Valentino

E ne mancano ancora parecchie! [40]

Teresa

(animandosi) Un'idea!... Me le faccio prestare dalla zia Matilde. Sì, sì! E andrete proprio voi a chiedergliele da parte mia. Le siete molto simpatico e non si negherà.

Valentino

E voi credete che per le mie attrattive la zia Matilde vi aprirà la sua borsa?

Teresa

È stata sempre affettuosa con me. Mi ha fatto da mamma quando sono rimasta orfana.

Valentino

E ha sperperato quel poco che avevate di vostro.

Teresa

Per la mia educazione.

Valentino

Già, voi siete d'una buona fede meravigliosa... [41]

Teresa

Insomma, Valentino, non divaghiamo adesso. La presenza di quell'uomo mi agghiaccia il sangue nelle vene. Sbrighiamoci. Prima di tutto, gli orecchini. (Se li toglie e glieli consegna.) Le cento e dieci lire sono queste. (Le prende da un portafogli che ha in petto.) Le avevo raggranellate per fare una bella sorpresina a Stefano; mah!.. pazienza! (Le unisce agli orecchini.)

Don Fausto

(guarda con la coda dell'occhio.)

Valentino

(intascando tutto) E per il resto, speriamo nel miracolo della zia.

Teresa

Madonna santa, con la vostra diffidenza mi scoraggiate!

Valentino

Perchè diffidenza? Ho detto: «speriamo». (A don Fausto, con un cenno della mano) A voi! Accidente d'un antiquario! Venite con me. [42]

Don Fausto

(gli si accosta offrendo l'orecchio sinistro.)

Valentino

Vi pagheremo.

Don Fausto

Sono a voi. (A Teresa, cavandosi il cappello) Tanti complimenti.

Teresa

Buon giorno, signore.

Valentino

Per questa volta, farete riposare i giornali e l'usciere, caro il nostro Don Fausto.

Don Fausto

Non lo giurerei ancora.

Valentino

(sbadatamente, se lo prende a braccetto dal lato destro) Siete un animale! (Si avviano per il viale.) [43]

Don Fausto

(che non ha udito) Sono... che cosa?

Valentino

(passando subito alla sinistra di lui e riprendendoselo a braccetto) Siete un animale!

Don Fausto

Mi pare che per dirmi questo potevate restare a destra.

Valentino

(allontanandosi con lui) No! a sinistra, mio diletto amico! A sinistra! (Spariscono.)

Teresa

(cercando di farsi sentire pur moderando la voce) Tornate presto, Valentino. Sono sulla corda.

La voce di Valentino

Il tempo materiale ci vuole. [44]

Teresa

La zia è qui presso. E poi, un po' di sveltezza!

La voce di Valentino

(che s'allontana) A sinistra, caro il mio bestione!

Teresa

(tuttora pensosa per questo incidente, siede sul sedile di legno e sospira, preparandosi pazientemente ad agucchiare.)

SCENA IV.

TERESA e STEFANO.

Stefano

(facendo capolino dall'uscio che era chiuso) Teresa!

Teresa

(con un lieve sussulto) Stefano?

Stefano

Ho sentito un borbottìo... un vocìo... [45]

Teresa

Ah sì... era Valentino che parlava animatamente con un uomo...

Stefano

Con chi parlava?

Teresa

... Con un suo amico, credo.

Stefano

Valentino potrebbe fare a meno di ricevere i suoi amici in casa mia. Sono quasi sempre degli straccioni. T'incarico di dirgli, senza mitigare, che io non voglio.

Teresa

Glie lo dirò.

Stefano

(s'avvicina a Teresa e con una certa vanità dissimulata le mette sotto il naso una busta aperta che ha tra mano.) [46]

Teresa

Che profumo!

Stefano

È una lettera della principessa Heller.

Teresa

Chi è la principessa Heller?

Stefano

Tu non sai mai nulla di ciò che accade fuori del tuo guscio. La principessa Heller è una gran dama, che s'è stabilita a Napoli da qualche anno ed è già rinomatissima perchè ha il salone più fiorente, più elegante e più intellettuale.

Teresa

Che potevo saperne, io? (Intenta al lavoro) Se qualche volta tu mi avessi parlato di lei....

Stefano

Io, personalmente, non l'ho conosciuta che ieri, nello studio del pittore Ferrantino, che lei era andata a visitare. [47]

Teresa

(semplice) Ieri l'hai conosciuta e oggi ricevi una sua lettera?

Stefano

Mi scrive per invitarmi a frequentare il suo salone.

Teresa

(sincerissima) Mi fa piacere. Questo potrà giovarti molto.

Stefano

(con una punta di risentimento) Ti prego di credere che gioverà molto a lei.

Teresa

(mortificata) Io dicevo che potrà giovarti perchè... ti divertirai un poco, ti distrarrai...

Stefano

(con buonumore) Non cercar di rimediare, sai, che è peggio. Hai fatta una gaffe e non parliamone [48] altro. Tanto, ne fai per lo meno cinquanta al giorno: mi ci sono abituato.

Teresa

(con rammarico) Poi finirai con l'esserne stufo.

Stefano

Ma no, non temere. Come moglie, va bene. (Graziosamente) Mi sei sempre piaciuta così.

Teresa

Davvero?

Stefano

Davvero.

Teresa

(ha un'espressione d'ingenua fierezza.)

Stefano

(sedendole accanto con un'affettuosità lievemente sensuale) Dimmi un po', mogliettina: cosa lavori di bello? [49]

Teresa

Dei grembiuli.

Stefano

Per la cameriera?

Teresa

Per me.

Stefano

Per te!?

Teresa

Sì, perchè quando si è in faccende per la casa...

Stefano

Ma questo è ciò che io non approvo. Abbiamo un segretario, una cameriera, un servo, un cocchiere, un cuoco....

Teresa

Quanti più sono, meno c'è da fidarsi. E, anzi, proprio quel cuoco si dà un'importanza insopportabile! [50] Stamane — per raccontarne una — io sono andata in cucina a controllare il peso della frutta comperata per la colezione, e lui....

Stefano

(mettendole una mano sulla bocca) No, Teresa! Le gesta del cuoco poi no!

Teresa

Me l'hai nominato tu, altrimenti non te ne avrei detto nulla. Ti parlo mai di qualche cosa se non cominci a parlarne tu?

Stefano

(torturandole un po' il collo carezzosamente) Ma che sciocchina che sei!

Teresa

(ridendo con bonarietà) E che posso farci io?

Stefano

Non capisci nemmeno che in questo momento vorrei che tu smettessi di lavorare. [51]

Teresa

Subito, amor mio! (Ripone immediatamente nel cestino la stoffa, l'ago, le forbici.) Tu, intanto, hai lavorato finora.

Stefano

Con qualche differenza, se non ti dispiace.

Teresa

Hai lavorato bene?

Stefano

Ahimè, no! Per ora, sono condannato a un lavoro di transazione che non mi piglia tutto. I bisogni quotidiani mi ci costringono per l'insufficienza del mio patrimonio assottigliato, e io ne soffro, ne soffro... Ma così non potrà durare a lungo. No, no! Io sento già che l'angusto involucro della vita pratica e gretta si sfascia sotto le pulsazioni violente della mia forza. E scriverò appunto il Poema della forza. Perdio! Sarà un'opera di battaglia contro gli esseri inferiori, contro i deboli, contro i vili, contro gl'inutili, contro gli sciocchi....

Teresa

Anche contro di me?! [52]

Stefano

(interrompendo il suo volo lirico e sorridendo) Naturalmente!

Teresa

E che me ne importa che scrivi contro di me? Sempre mio marito sei.

Stefano

(celiando) E che vuol dire?

Teresa

Vuol dire che sei tutto mio.

Stefano

Domando scusa: tutto, no.

Teresa

Però, iersera, quando stavi per prendere sonno, con la testa appoggiata alla mia spalla, non dicevi così. [53]

Stefano

Se stavo per prendere sonno, non sapevo quel che mi dicessi.

Teresa

Sì che lo sapevi.

Stefano

Mi pare che diventi pretensiosetta!

Teresa

Io?

Stefano

(facendosi abbastanza serio) E questo non mi garba.

Teresa

Ricordavo una tua espressione tanto cara!

Stefano

L'unico mezzo per farmene pentire. [54]

Teresa

(dolorosamente colpita, con mitezza) Stefano!

Stefano

O i grembiuli della cameriera e le gesta del cuoco, o le solite melensaggini sentimentali!

Teresa

Ma Stefano!

Stefano

E non allungarmi il muso per giunta. Cos'hai? Ti ho fatto un avvertimento. Me ne vuoi per questo?

Teresa

No. Mai!

Stefano

E allora, su, su, Teresa!

Teresa

(si rianima, suggestionata dall'animazione di lui.) [55]

Stefano

Oggi voglio una giornata tutta bella e benaugurante. L'ho desiderata sin da stanotte, dopo che un sogno di terrore mi ha bruscamente destato; e al mio desiderio già sono stati docili il sole e il mare. L'uno difatti mi largisce oggi tutti quanti i suoi raggi, e l'altro non minaccia, non rumoreggia e non mormora neppure la nenia dei suoi riposi malinconici. Tace in un sorriso di bellezza infinita e in questo sorriso la sua immensità non ha più insidie e mi chiama col dolce silenzio d'un'amante! (Festoso, vibrante, prendendola per una mano e conducendola verso il mare) Vieni, vieni, Teresa! Vieni a vedere, vieni a sentire com'è grande e com'è tranquillo! (Presso il parapetto) Di': lo ami tu il mare, Teresa?

Teresa

Molto lo amo! (Si affaccia. — Le sue parole hanno una soavità concentrata e infantile.) Vedi la tinta smeraldina che ha l'acqua in questa minuscola insenatura!... E com'è limpida!... Mi piacerebbe di tuffarmici e andare diritta in fondo, sino a toccare l'arena con la mano!

Stefano

(scultorio e altisonante) Io, invece, vorrei, con una vela prodigiosa, solcare in un attimo solo tutta questa superficie sin dove arriva lo sguardo!

[56]

SCENA V.

TERESA, STEFANO, il VECCHIO MENDICANTE e la sua VECCHIA MOGLIE.

La voce del Vecchio

Chiudi gli occhi — sopra il mare.

Apri gli occhi — sulla terra.

Sulla terra — non far guerra:

guarda attorno — notte e giorno.

Stefano

(a Teresa) Chi è che verseggia in così buffa maniera?

Teresa

È un vecchio mendicante che viene due o tre volte al mese. Dice dei versetti per meritarsi l'elemosina.

Stefano

Io non l'ho mai visto.

Teresa

Per evitarti la noia, Valentino ed io lo mettiamo sempre in fuga prima che tu sopraggiunga. [57]

La voce del Vecchio

Fate la carità a un povero vecchio marinaio!

Senza barca — e senza rete

muore di fame — muore di sete.

Teresa

(andando verso il viale — al mendicante che non è ancora comparso) No, no, buon vecchio! Oggi, no!

Stefano

Perchè?... Fammi fare la conoscenza di questo bel tipo.

Teresa

Ah, sì?... (richiamando il vecchio anche col gesto) Puoi avvicinarti, sai! Puoi avvicinarti. Non aver paura!

Stefano

(raggiungendo Teresa) E quella vecchietta?

Teresa

È sua moglie. Non si distacca mai da lui! [58]

(Arriva la coppia. Egli è nonagenario. Rugoso, curvo, lento, ma relativamente forte. Ha i piedi scalzi, grossi, piatti, nodosi. Indossa una giacca fatta di brandelli. Al collo nudo, porta un nastrino dal quale pende una borsetta votiva con l'immagine di Santa Lucia. In testa, porta un lungo berrettone di lana color tabacco, che, senza visiera, floscio, con la punta cascante sin quasi sulla spalla, ricorda l'origine marinaresca di lui. Agli orecchi porta gli orecchini, che sono due semplici cerchietti dorati. La Vecchia che lo accompagna è anche più rattrappita, più disseccata ed è molto meno vegeta. La veste logora covre un compassionevole rudero umano.)

Il Vecchio

Buongiorno a lor signori.

La Vecchia

(agitando le mascelle sdentate) Buon giorno all'eccellenze vostre.

Stefano

(sedendo sull'alto dei gradini) Vieni avanti, vieni avanti, gagliardo menestrello!... Chi ti ha insegnato a comporre questi bei versi? [59]

Il Vecchio

(con gaiezza) Eh eh!... La fame. Sono chiacchiere che vendo per dar pane a me e alla mia vecchia.

Stefano

Sicchè, tu con la poesia te la cavi? Quanto ti frutta al giorno? Sentiamo.

Il Vecchio

Non mi lamento. Sapete come dico, io?

«A chi ha cento, io cerco tre...

Tutto a voi e... un poco a me».

Stefano

E prima d'essere poeta e mendicante, eri marinaio?

Il Vecchio

Il pescatore facevo.

Stefano

E perchè abbandonasti il mestiere? Forse per qualche mal'azione che ti commise il mare? [60]

Il Vecchio

Nossignore. Fu la vecchiaia. (Indicando il mare) Quello lì male azioni non ne fa a nessuno.

Sopra il mare — non guardare:

chiudi gli occhi — e poi cammina.

C'è un'amica — a te vicina.

Chiudi gli occhi — e poi cammina.

Stefano

E chi sarebbe quest'amica che si trova a mare?

Il Vecchio

Sono chiacchiere, capite?

Stefano

L'amica, dunque, non c'è?

Il Vecchio

Come non c'è?!... È la morte.

Stefano

E ti pare che sia un'amica?! [61]

Il Vecchio

Sissignore. (Dolcemente) Perchè è Dio che ce la manda.

Teresa

Caro!

Stefano

(alzandosi) Va là! Sei ancora un codino? (Umoristicamente) Ciò non ostante, io compenserò la tua opera poetica. Vuoi del denaro?... Molto denaro? (Mettendogli a un tratto nella mano una gran quantità di soldi) Prendi.

Il Vecchio

(meravigliato e giubilante) Benedetto!... Benedetto!...

La Vecchia

(con espansione) Benedetto!

Teresa

Da me, solamente un soldo, perchè... non sono ricca come lui. (Lo cava da una tasca e lo dà al mendicante.) [62]

Il Vecchio

(con commossa umiltà) Eh! ma questa è un'elemosina che non manca mai. (Rivolgendosi vivamente alla compagna) Forza alle mani, vecchia! (Sollevando poi i piedi con pesantezza senile, abbozza una specie di danza sulla cantilena che brontola:)

llà, llà llà,

llà, llà, llà....

La Vecchia

(movendo il capo e battendo le mani, gli dà il tempo.)

Stefano

Cos'è?

Teresa

Poveretti! È la solita ballatina di ringraziamento. (Ai due vecchi) Basta, basta, adesso!

Stefano

(scoppiando a ridere) No... no... Lasciali fare. Sono così ridicoli!... [63]

Teresa

(senza dargli retta) Basta, vi dico!

(I due Vecchi obbediscono. Il balletto e la cantilena cessano, mentre arrivano le grida giocose di Valentino.)

SCENA VI.

STEFANO, TERESA, il VECCHIO, la VECCHIA e VALENTINO.

La voce di Valentino

Vittoria, vittoria, signora Teresa! Vittoria!

Teresa

(ha un soprassalto di gioia, ma subito si reprime e si turba per l'imprudenza di Valentino.)

Stefano

Ma è Valentino che strepita così?

Valentino

Vittoria! Vittoria! (Giunge precipitosamente tutto [64] scalmanato e, vedendo Stefano, si ferma, comprende d'aver fatto male a gridare, s'imbarazza.)

(Un breve silenzio.)

Stefano

(a Valentino) E poi?... Ci dirai qual'è l'azione eroica che hai compiuta.

Teresa

(alle spalle di Stefano, fa segno a Valentino di tacere.)

Valentino

(a Stefano) Perchè?... A che proposito?

Stefano

Andavi urlando a squarciagola: «vittoria, vittoria!».

Valentino

Io andavo urlando a squarciagola «vittoria, vittoria»? Ah! è verissimo. Hai ragione. Ero ancora eccitato per i discorsi fatti... con un coso... come [65] si chiama?... con un ex sottufficiale di cavalleria... Un bravissimo giovane... un mio amico intimo....

Stefano

Quello ch'era qui nel parco?

Teresa

(di nuovo, con un cenno raccomanda a Valentino di tacere.)

Valentino

Già, quello ch'era qui.... Avevamo parlato... di prodezze guerresche!

Stefano

Di prodezze guerresche?!

Valentino

Tu mi hai comunicata la passione per le grandi imprese militari, e io non parlo oramai che di armi, di battaglie, di sconfitte, di vittorie...

Stefano

Ma che frottole racconti, Rigoletto in sessantaquattresimo? Ti eserciti nell'arte della buffoneria? [66]

Valentino

Si fa quel che si può per ingraziarci l'animo di Vostra Maestà.

Stefano

Bada però che hai un concorrente. (Indicando il Vecchio) Questo tuo collega pocanzi mi esilarava di più.

Valentino

Collega mio in qualità di pezzente e di buffone, ma in qualità di poeta è collega tuo.

Stefano

(celiando) Non essere impertinente che ti piglio come un agnello e dall'altezza di trenta metri ti mando in acqua a nudrire i pesci cani.

Valentino

(celiando come lui) Chi lo sa! Oggi ho la vena bellicosa e potrebbe accadere invece che io ci mandassi te. [67]

Stefano

(con crescente buonumore) E tu saresti capace di mettere un dito addosso al tuo padrone?!

Valentino

Un dito no, ma tutte e due le mani sì.

Stefano

Ah, canaglia d'un segretario! Pèntiti della tua baldanza!

Valentino

Domani, forse: oggi è impossibile!

Stefano

E aspetta che voglio sperimentare il tuo ribelle ardimento.

Valentino

(atteggiandosi a gladiatore) Sono pronto!

Stefano

(corre in fondo, e siede sul parapetto con le spalle al mare.) [68]

Teresa

Sta attento, Stefano! Che fai?!

Stefano

(piega le braccia con spavalderia comica mista di sincerità) Avanti, millantatore!.. Vieni a mandarmi giù, se ne hai il coraggio!

Valentino

Sei spacciato! (Egli si slancia con apparente energia per continuare il giuoco.)

Teresa

(getta un alto grido di terrore.)

Valentino

(arrestandosi e voltandosi) Signora Teresa?!

Stefano

(correndo a lei) Che è stato?!

Teresa

(tramortita) No... no... Non li fate più questi [69] scherzi. (Sentendosi mancare il respiro e impallidendo) Oh Dio.... Che paura ho avuta!... Che cosa orribile!...

Stefano

Ma sul serio?

Valentino

(desolato) Io vi domando scusa, signora Teresa.... Vi domando mille volte scusa.... (Dandosi un pugno sulla testa) Sono l'ultimo dei cretini, ecco!

Stefano

Ho ragione sì o no di darti della sciocchina?

Teresa

(rivolge a Stefano gli sguardi pieni di tenerezza e si aggrappa a lui allacciandogli strettamente le braccia al collo.)

Valentino

(vedendo la coppia dei mendicanti, lì, stupidamente impalati, si sfoga un po' con loro) Ma, insomma, che state a fare qui? Volete onorarci per tutta la giornata? Volete accomodarvi in salotto? [70] Volete stabilirvi con noi?... Fuori, fuori dai piedi!... Sgombrate! Sgombrate!

(I due mendicanti, senza rispondere nemmeno con un gesto, stringendosi tra loro, conducendosi a vicenda, risalgono il viale e si perdono tra gli alberi.)

Stefano

(a Teresa, carezzandole i capelli) E se io corressi davvero un pericolo, che faresti?

Teresa

Morirei.

Valentino

(discretamente, entra in casa e sparisce.)

Stefano

E, intanto, perchè tremi ancora? Si direbbe che ancora hai paura. E di che, poi...? Sono qui.... Mi abbracci.... Mi tieni....

Teresa

Ho paura di annoiarti.... Ho paura di averti già disturbato con la mia fanciullaggine. [71]

Stefano

(affettuosamente) No, Teresa, questa volta non mi hai disturbato. (Con orgogliosa esultanza) E non mi disturbi mai quando riesci a darmi la misura di quello che valgo, di quello che sono, di quello che posso!...

Teresa

Oh! Stefano! Stefano!... Che buone parole mi hai dette! (Lo bacia in una infrenabile ebrezza di gratitudine.)

Valentino

(ricomparendo dalla sua finestra con la pipetta in bocca e rianimandosi simpaticamente) Ohè, ohè... Che roba è questa?

Stefano

(alzando gli occhi) Ah! sei lì, briccone?

Valentino

Fumo... sugli allori. (E mostra la pipetta.) [72]

Stefano

Giù quella pipa dinanzi al trionfo dell'amore!

Valentino

Giù l'amore innanzi al trionfo della pipa!

Stefano

A tuo marcio dispetto!... (Egli copre di baci la testa di Teresa.)

Valentino

E io vi fulmino con le mie rose! (Gettandole su loro a due, a tre, a quattro, con rapida violenza, come se fossero pietre, si sbraccia e sbraita:) Arrendetevi! Arrendetevi! Arrendetevi!

Teresa e Stefano

(sotto la crescente pioggia dei fiori, ridono, ridono e continuano a baciarsi.)

Valentino

(ridendo anche lui) Arrendetevi!...

(Sipario.)

[73]

ATTO II.

Lo studio di Stefano Baldi: d'una eleganza sopraffina e severa. Ha qualche cosa di solenne e di mistico. Una porta alla parete laterale sinistra: due porte alla parete laterale destra, di cui la seconda, presso l'angolo della stanza, è «la comune». Nel centro della parete in fondo, una molto più grande porta a due battenti che si aprono in dentro, la quale dà sul terrazzino del parco. (È quella che si vedeva al primo atto.) Dalla soglia, si entra discendendo un gradino[1]. La camera è fatta per il silenzio e per il raccoglimento. Ci sono degli austeri ampii scaffali pieni di libri. Parecchi altri libri ben rilegati sono disordinatamente sparsi su alcune sedie. Verso il lato sinistro, un'immensa scrivania finemente intarsiata. Quasi nel mezzo, un divano. Qua e là, qualche pianta pregevole, qualche snella statuina simbolica, qualche ninnolo prezioso.

È sera. Una sola lampada elettrica è accesa.

[74]

SCENA I.

VALENTINO e ROMOLO.

(Si apre la porta che dà sul parco e comparisce Valentino.)

Valentino

(in giubba e cravatta bianca, con un paltoncino leggero e miserello e in testa un vecchio gibus, affaccendatissimo chiama a destra e a sinistra:) Romolo! Romolino!... Romolone!... (Toccando reiteratamente il bottone del campanello) Vil servitore dall'augusto nome!... Signora Teresa!... Signora Teresa!...

Romolo

(dalla comune, con la sua aria indolente ed importante) Se la signora Teresa non risponde, è chiaro che non c'è.

Valentino

Non è possibile.

Romolo

È uscita, è uscita. [75]

Valentino

Quando?

Romolo

Dopo un'oretta ch'era andato via il signor Stefano.

Valentino

Oh, questa è curiosa!

Romolo

Perchè? Doveva domandare il permesso a te?

Valentino

Non fare lo spiritoso, e non darmi del tu. Ti proibisco di darmi del tu, e t'impongo di rispettare in me il segretario capo del sommo poeta.

Romolo

Buuum!

Valentino

Al tuo posto! [76]

Romolo

Va bene.

Valentino

Infilati la tua livrea di gala, mammalucco, apri la porta principale del villino, accendi tutti i fanali del parco e illumina il salotto. Son gli ordini del tuo padrone, che tra poco tornerà a casa con un personaggio della più alta importanza.

Romolo

E tu non te la metti la tua livrea?

Valentino

Continui a darmi del tu?!

Romolo

(dandogli le spalle per uscire) Ammàzzati!

Valentino

Questo non te lo posso promettere, perchè ho una paura matta della morte. [77]

Romolo

(va via dalla comune.)

Valentino

(tra sè togliendosi il gibus, — caricatamente) Nel santuario, faccio luce io. (Volta una chiavetta della luce elettrica. Molte lampadine scintillano.)

SCENA II.

VALENTINO e TERESA.

Teresa

(entra dal fondo, emozionata, col cappello un po' a sghimbescio, con un aspetto stralunato. Vedendo Valentino, va a lui premurosamente.) Dunque?... Dunque?... Raccontatemi... raccontatemi il successo...

Valentino

(un po' colpito dallo strano aspetto di lei) Che ne sapete che era proprio entusiasmo?

Teresa

Ne sono sicura come se io fossi stata lì. [78]

Valentino

Ma, a proposito!... La principessa Heller non vi aveva invitata?

Teresa

Direttamente no, perchè non ci conosciamo. Ma Stefano mi aveva avvertita che lei, gentilmente, aspettava anche me.

Valentino

Ebbene?

Teresa

All'ultimo momento, quando ero già vestita, egli non ha voluto condurmi.

Valentino

Non ha voluto?!

Teresa

La mia toletta non era abbastanza elegante, non era abbastanza alla moda. Gli sembravo una serva. [79]

Valentino

Vi ha detto che gli sembravate una serva?

Teresa

Me l'ha detto, sì.

Valentino

Quel benedettissimo uomo è verso di voi d'una indelicatezza imperdonabile.

Teresa

No, Valentino. Avete torto. Già, premettiamo che nessuno di noi ha il diritto d'essere severo con lui, perchè nessuno di noi è al caso di giudicarlo. Ma poi, come si potrebbe rimproverargli d'avermi impedito di fare una cattiva figura? La principessa, per rendergli omaggio, aveva dovuto riunire nel suo salone la gente più fine che lo frequenta. Che avrebbero detto di me e di lui se io avessi fatta la mia apparizione così mal vestita?

Valentino

Ma allora non state a lesinare il centesimo per tutto ciò che riguarda voi. Fatevi dare da Stefano dei biglietti da mille e ordinatevi delle tolette a Parigi. [80]

Teresa

A Parigi, no. Ma da una buona sarta, sì. E ho già provveduto. Mi sono ordinata una magnifica toletta! Ora che Stefano è lanciato nell'alta società, voglio essere preparata. Io non lo seccherò mai; ma se qualche volta mi condurrà con lui, capirete, ne avrò molto piacere.

Valentino

E quando ve la siete ordinata questa toletta?

Teresa

Stasera.

Valentino

Come, come?! Perciò siete uscita stasera?!

Teresa

Sì.

Valentino

E non potevate aspettare domani? Siete corsa dalla sarta con l'urgenza con cui si corre dal dentista [81] per farsi cavare un dente che dà degli spasimi?

Teresa

(mortificata, quasi volendo giustificarsi) Quando sono rimasta sola, mi son sentita così oppressa, così avvilita!... Quel brutto abito, che mi aveva vietata la gioia immensa di veder festeggiare il mio Stefano, mi pesava addosso, mi soffocava, mi faceva pensare alla mia pochezza, alla mia inettitudine.... Io me lo sono tolto rabbiosamente, stracciandolo, facendolo a brandelli, e poi... e poi, non so,... credo di aver pianto. Credo anche d'essere stata presa da un capogiro... da un deliquio.... Non ricordo. Il certo è che mi son trovata distesa a terra, diritta, supina, come stanno i morti sul cataletto. Avevo un gran peso alla testa, un gran dolore qui.... (Si tocca l'occipite.) Provavo una sensazione di curiosità confusa nel rivedere intorno a me le stesse cose di prima.... Mi pareva di tornare alla vita dopo una lunga assenza. E appena mi son potuta sollevare... ho avuto l'idea d'andare da una sarta. (Come intontita) Ci sono andata, ecco. Perchè ve ne meravigliate tanto?

Valentino

Più che meravigliarmene, me ne impensierisco. Da parecchi giorni, siete così eccitabile, così eccessiva in tutto quello che fate.... Gli è che vi accendete [82] troppo per questi primi successi di Stefano, e anche soffrite troppo per il contegno che egli ha con voi.

Teresa

(dissimulando) Chi ve lo dice che io soffra?

Valentino

Lo vedo, perchè la vostra salute deperisce; e senza volerlo voi stessa me l'avete detto col racconto di ciò che vi è occorso.

Teresa

Ma vi raccomando, veh! Che Stefano non sappia....

Valentino

State tranquilla. Vi pare che oserei di richiamare la sua attenzione sugli episodi di questa bassa terra dopo che la principessa Heller lo ha battezzato gran poeta?

Teresa

(togliendosi il cappello) E intanto non mi avete ancora raccontato nulla. Dite, dite: è... soddisfatto?... è felice?... [83]

Valentino

Lo credo bene. È stata un'apoteosi. Che cosa poteva volere di più?

Teresa

Un'apoteosi meritata!

Valentino

Non è improbabile. Io come io, i suoi versi non li ho capiti mai; e stasera, recitati da lui, li ho capiti anche meno del solito. Ma questo non significa niente!

Teresa

Non è nè da voi nè da me che Stefano vuole essere compreso. Se scrivesse per noi altri miserelli, non avrebbe quel genio che ha.

Valentino

Ma stasera, dalla principessa, ohè!, ce n'erano dei pezzi grossi! Perfino un ministro!

Teresa

Il ministro della Pubblica Istruzione? [84]

Valentino

Nossignora. Era il ministro della Guerra.

Teresa

Com'è possibile!?

Valentino

Vi assicuro ch'era il ministro della Guerra. Quando Stefano ha finito di leggere il primo canto del poema che ora ha cominciato a scrivere e che s'intitola, mi pare, Il poema della forza, il ministro ha pronunziate queste precise parole: «Per una nazione civile, il vostro canto vale un esercito di cinquecentomila uomini!» Dunque, era il ministro della Guerra, che diamine!

Teresa

E raccontate il resto, Valentino. Molta gente, non è vero?

Valentino

Un pubblico straordinario. Questa principessa, venuta non si sa da dove, in due o tre anni, ha conquistato mezzo mondo. C'erano giornalisti, scrittori, artisti d'ogni sorta, un editore venuto apposta [85] da Milano, parecchie dozzine di principi e marchesi, un gruppo di giovani soprannominati esteti, che con le faccine sbiadite tirate a pulimento e gli occhi rivolti al cielo parevano delle fanciulle sedicenni, e poi un numero enorme di signore stupende, di signore scollacciate sin qui... (segna la scollacciatura esagerandola) che facevano venire le vertigini. E bisognava vedere come tutta questa gente farneticava intorno a Stefano....

Teresa

(inebriandosi al racconto e interrompendo) E lei, lei, la principessa?

Valentino

Figuratevi una regina inchinata al cospetto d'un imperatore!

Teresa

In fondo, dev'essere un angelo!

Valentino

Molto in fondo.

Teresa

Una grande bellezza, dicono. [86]

Valentino

O Dio, non c'è malaccio.... Del resto, giudicherete voi stessa, perchè tra poco (con importanza) la vedrete qui.

Teresa

Essa verrà qui stasera?! (Battendo le mani infantilmente) Che fortuna, che fortuna, Valentino!... (Mutando tono) Ma no, voi mi prendete in giro.

Valentino

Signora Teresa! Come vi salta in testa che io mi possa permettere di prendervi in giro? La cosa è semplicissima. La principessa Heller ha espresso il desiderio di ricondurre a casa nella sua carrozza il poeta e di visitarne lo studio in questa serata memorabile: egli ha acconsentito,... e non c'è altro.

Teresa

Dunque, è proprio certo che verrà?

Valentino

Certissimo. [87]

Teresa

E non gioite? Non gioite anche voi?

Valentino

(di mala voglia) Sì, sì gioisco. (Battendo le mani come ha fatto lei) Che fortuna! che fortuna!...

Teresa

(animandosi sempre più e dandosi da fare agitatamente) Sicchè, bisogna prepararsi?

Valentino

Io ho preso apposta il coupé di Stefano per venire a disporre il ricevimento.

Teresa

(guarda alla porta a destra e verso il parco, dove, tra il fogliame, una grossa lampada biancheggia.) Ah, bravo, avete già fatto illuminare....

Valentino

Triplicata illuminazione! [88]

Teresa

(affaccendatissima) Un po' d'ordine sulla scrivania. (Esegue) E questi libri... questi libri sulle sedie....

Valentino

Lasciate, lasciate.... Dànno più carattere.

Teresa

Avete avvertito Romolo?

Valentino

Gli ho imposta la livrea di gala.

Teresa

Qualche mazzo di fiori ci vorrebbe.

Valentino

Ma che è? Uno sposalizio?

Teresa

Ed io?... Con quest'abito dimesso!... [89]

Valentino

Voi siete in casa vostra.

Teresa

Che importa! Così non sono presentabile.

Valentino

Secondo me, state benissimo.

Teresa

Ricordatevi, Valentino, ch'io sono la moglie di Stefano Baldi!

Valentino

È un bel posto, ma io non lo accetterei.

Teresa

Voi non siete che il suo segretario, eppure stasera avete indossato il vostro frac.

Valentino

Se lo volete indossare voi, ve lo cedo volentieri. [90]

Teresa

Non scherziamo ora. Io devo mutarmi l'abito, vi dico.

Valentino

E mutatevelo.

Teresa

(in fretta per uscire) Un momentino, un momentino solamente, e sarò pronta.

Valentino

Ma non fate a tempo, sapete. Sento nel parco uno scalpitìo di cavalli. (Corre all'uscio in fondo) Ecco: è la carrozza della principessa.

Teresa

Poveretta me!... Come faccio?...

Valentino

Ma niente. Andate a riceverli alla porta principale, e siate cortese con lei senza preoccuparvi d'altro. [91]

Teresa

A riceverli, poi, non ci vado.

Valentino

Ma è vostro dovere.

Teresa

No! No!... Stefano potrebbe sgridarmi.... Non ci vado, non ci vado.

Valentino

Siete peggio d'una bambina!

Teresa

(spiando alla comune, in preda a una viva emozione) Che splendore di donna, Valentino mio!

Valentino

Ve l'ho detto che non è mica brutta. Per me, però, ha il difetto di odorar troppo. È una profumeria ambulante! [92]

Teresa

E a lui, come gli sorridono gli occhi!... E sembra, che so?, più snello, più alto....

Valentino

Precisamente. In queste tre ore è dimagrato e si è allungato.

Teresa

Vengono da questa parte.... (allontanandosi) Io mi nascondo.

Valentino

Finitela, Signora Teresa!

Teresa

Allora... restate anche voi. Avrò più coraggio. (Istintivamente si ritrae indietro e insieme con Valentino resta di là dalla porta in fondo.)

[93]

SCENA III.

TERESA, VALENTINO, STEFANO, MERALDA.

(Stefano sarà in giubba e cravatta bianca: correttissimo: con un gran fiore bianco all'occhiello. Meralda sarà d'un'eleganza luminosa.)

La voce di Meralda

In questo momento, vorrei avere le ali per oltrepassare questa soglia senza posarvi il piede. Mi parrebbe d'esserne più degna.

La voce di Stefano

Possa invece il marmo di questa soglia cedere al contatto del vostro piede per serbarne l'orma eternamente.

(Sulla soglia, Stefano si ferma per lasciar passare la principessa.)

Meralda

(entrando con vezzosa gravità signorile) Così sia! (Fa scivolare un po' dalle spalle il sontuoso mantello e guarda intorno. La sua attenzione è specialmente attirata dalla scrivania.) [94]

Stefano

(si affretta a toglierle il mantello e, gettandolo sopra una sedia, vede subito Teresa e Valentino, appartati. A Teresa, pianissimo:) Ti credevo a letto....

Valentino

(intervenendo per giustificarla e parlando a voce bassa) Gli è che ha voluto essere informata di....

Stefano

Non seccare tu. E non starmi tra i piedi!

Valentino

(dando a Teresa uno sguardo tra di compassione e d'incoraggiamento, esce a sinistra.)

Meralda

(al breve bisbiglio si è voltata.)

Stefano

(mal suo grado, è costretto a fare la presentazione) Principessa..., vi presento mia moglie. [95]

Teresa

(si avanza timida, e accenna una riverenza lievemente goffa) Principessa....

Meralda

(porgendole la mano con dignità affabile) Sono ben felice di conoscerla. Nell'aureola di suo marito ho spesso cercato qualche cosa che m'indicasse il profilo della donna fortunata ch'egli aveva eletta a compagna. (Fissandola con curiosità) La volontà e il destino di lui le hanno affidata, signora, una parte non facile di certo, ma che nessuna anima profondamente femminile saprebbe non invidiarle.

Teresa

(impacciata) Difatti... io sono... io sono molto contenta.

Meralda

E anche molto orgogliosa, immagino.

Teresa

Senza dubbio.... Anche molto orgogliosa. [96]

Meralda

(sorridendo involontariamente dell'impaccio di Teresa) O forse l'abitudine della convivenza diminuisce in lei il compiacimento del suo privilegio?

Teresa

No, no!... Anzi!...

Meralda

Non sarebbe neppure troppo strano che addirittura questo privilegio non fosse da lei apprezzato.

Teresa

... Che dice mai, principessa!

Meralda

Ella potrebbe aver desiderato un marito meno assorto nei suoi ideali, meno indipendente, più casalingo....

Teresa

Ma Stefano mi ha fatta sempre buona compagnia. Lei lo accusa ingiustamente.... [97]

Stefano

Teresa, tu non hai capito quel che t'ha detto la principessa. Non ti lanciare in una difesa superflua.

Teresa

Lo so che della mia difesa tu non hai bisogno; ma io parlo, vedi, perchè quando ti si accusa non posso tacere.

Stefano

(si sforza di non mostrarsi spazientito.)

Meralda

Io non l'ho accusato di nulla.

Teresa

Ma non vorrei....

Stefano

(interrompendola) Non insistere, Teresa!

Meralda

(in tono sottilmente beffardo) Lasciatela parlare, cattivo che siete! [98]

Teresa

(a Meralda) Ah, ecco! Lei diventa la mia alleata. (Prendendo coraggio) Segga, segga, principessa. Veramente, avrei dovuto pensarci prima.... Ma, cosa vuole!... una parola ne porta un'altra.... Prego... segga qui. (Le indica il divano.) Segga qui. (Meralda siede, e Teresa prende per sè una sedia più bassa e le siede vicino, continuando con animazione:) Lei s'interessa tanto al mio Stefano che io voglio dirle come stanno le cose. Io sono una sciocchina, è vero — e lui me lo ripete spesso — ma non sino al punto di non capire che egli non può essere un marito come un altro. E poi, sa, l'apparenza inganna. Egli, gira di qua, gira di là, ma sempre vicino alla sua mogliettina viene a riposarsi. E qualche volta — se lo vedesse! — accanto a me egli ride e scherza come un fanciullo allegro o si addormenta come un fanciullo stanco.

Stefano

Teresa!

Teresa

(senza dargli retta, un po' eccitata) Che potrei dunque desiderare di meglio? La sola contrarietà che mi ha amareggiata è di non avere avuto figli. Eppure, senta, se io ci rifletto.... [99]

Stefano

Insomma, basta, te ne prego!

Meralda

(a Stefano) Ma perchè?

Stefano

È per lo meno inopportuna.

Meralda

Io trovo invece che è divertente!

Teresa

(ha sùbito un'espressione di sorpresa dolorosa e agghiacciante. Guarda Meralda con la timidità che aveva pocanzi, mista a un mite rancore.)

(Una pausa.)

Meralda

Continui. [100]

Teresa

No, principessa... non continuo.... (Vorrebbe aggiungere qualche cosa, ma la gola le si stringe. Si alza.) Permetta....

Meralda

Così? Tutto a un tratto?

Teresa

Perdoni.... Non mi sento bene.

Stefano

(mordendosi le labbra, appunta su lei il suo sguardo severo.)

Meralda

S'accomodi.

Teresa

(tremando sotto lo sguardo di Stefano e sogguardandolo) Buona sera, principessa.... [101]

Meralda

A rivederla, signora.

Teresa

(continua a tremare, a tremare, indietreggiando. Si avvicina, così, alla porta a destra — ed esce.)

SCENA IV.

MERALDA e STEFANO.

Meralda

(dopo un silenzio) Povero Stefano!

Stefano

Vi prego, Meralda. Non ammetto di essere compatito.

Meralda

È caruccia, non dico di no. Deve essere anche molto affettuosa, molto buona.... Ma gl'inconvenienti d'una unione così ibrida saltano agli occhi.

Stefano

Parliamo d'altro, Meralda. [102]

Meralda

Non dovrei essere... la vostra migliore amica per non aver voglia d'indagare il mistero della vostra scelta.

Stefano

È stato semplicemente il caso.

Meralda

A cui un ribelle come voi ha voluto obbedire?!

Stefano

Ma io non mi sono data la pena di ribellarmi al caso per un episodio a cui ho annessa una importanza molto relativa.

Meralda

Era, per altro, un episodio che avrebbe presa gran parte della vostra vita.

Stefano

Non ho mai pensato di lasciar prendere da una donna una gran parte della mia vita. Se non da voi, [103] che siete la più completa ch'io abbia conosciuta, tanto meno dalla debole creatura che avete trovata presso di me. E poichè la vostra indagine non deve prescindere da quello che voi già sapete dei miei istinti, vi sarà facile scorgere nell'unione ibrida che deplorate una coerenza rigorosa. Quando sposai, io non avevo ancora la coscienza di me stesso. Se l'avessi avuta, avrei affermato forse dinanzi a una donna più forte e più altera il mio diritto di supremazia. Ma, intanto, anche allora i miei istinti agirono. L'umiltà di Teresa era per essi la calamita naturale. Il caso determinò l'incontro di lei ed essi la sentirono, vi si attaccarono, la tennero. Nella storia semplice di questo matrimonio è la prima impronta precisa del mio temperamento di uomo. E badate che non sono mutabile. Vi conviene?

Meralda

(come rassegnata) Mi conviene.

Stefano

In uno stato di guerra, o in un concordato di pace?

Meralda

La guerra, se mai, è già finita. Dopo aver cedute le armi, io sono qui con la bandiera bianca. In piena pace, io accetto da stasera il vostro regime, [104] e sarò per voi, se lo vorrete, (con una sfumatura di tristezza)... un altro episodio. Nell'artista che mi ha aperto solennemente le porte del suo tempio c'è per me quanto basta affinchè io mi rassegni fin da ora... all'indifferenza dell'uomo.

Stefano

(quasi celiando — galantemente) Ma chi vi ha mai parlato d'indifferenza? Sono ben lontano dal voler sacrificare all'imperialismo maschile le più belle energie dell'umanità: quelle, cioè, che hanno poi fatto credere all'esistenza dell'amore. Io voglio anzi risvegliare queste energie, e risvegliarle soprattutto infrangendo i ceppi di ciò che si chiama morale e i convenzionalismi di ciò che si chiama civiltà. Mi emancipo dall'una e dall'altra e tento di rinnovare almeno nel mio regno il culto della sincerità umana. Indifferenza, no. Sarebbe la negazione di questo culto. (Animandosi sinceramente) Io, per mio conto, dico bensì alla donna: — Se tu vieni a porre dei limiti alla mia indipendenza o a segnare alle mie azioni un confine che non sia quello del trionfo incondizionato, io ti respingo; ma se vieni ad alimentare con la tua sensibilità squisita la mia fantasia o a cercare in me la molecola che, proveniente da Dio o dal fango, è sacra, comunque, alla continuità delle cose terrene, oh! allora che tu sii la benvenuta! Io t'aspettavo — le dico — , mia gentile ospite preziosa, e finchè mia saprai essere, vorrò che tu non t'avveda neppure della legge ineluttabile che mi eleva al di sopra di te! [105]

Meralda

Ebbene... (con un piccolo sospiro) la più completa donna che voi abbiate conosciuta non vi chiede di più. (Lascia cadere il fazzoletto.)

Stefano

(si accinge a raccoglierlo. Mette un ginocchio a terra, indugiando in quell'atteggiamento.) E il più fiero uomo in cui voi vi siete imbattuta è... ai vostri piedi.

Meralda

Per averne almeno l'illusione ho fatto cadere il mio fazzoletto.

Stefano

Io, per averne il pretesto, l'ho raccolto. (Glie lo porge.)

Meralda

(lo prende.)

Stefano

(le trattiene la mano e glie la bacia.) [106]

Meralda

(ostentando un moto di meraviglia) Grazie.

Stefano

(si leva.)

Meralda

(con un bizzarro balzo del pensiero, levandosi anche lei) Avete mai domandato a voi stesso se nella mia persona non ci sia... un'altra persona, diversa da quella che la gente vede?

Stefano

Voi non siete per me che quale io vi vedo. E fuori della mia visione, per me, non esistete più.

Meralda

E... il mio passato?... Non v'intriga? Non vi dà a pensare?

Stefano

No. [107]

Meralda

Sicchè, voi vi accontentate di sapere quello che sanno tutti, cioè... che io sono nata in una piccola città del Veneto da una nobile famiglia decaduta, che adolescente sposai un gran signore tedesco....

Stefano

... e che a ventiquattro anni, in un vecchio castello della Selva Nera, rimaneste vedova, nobile, milionaria e sola. Mi pare che del vostro passato abbiate già reso conto più del necessario.

Meralda

(guardando con occhi scrutatori) Una cronaca così sommaria non suscita in voi nessuna diffidenza?

Stefano

Nessuna.

Meralda

Me ne duole.

Stefano

Per quale ragione? [108]

Meralda

Dovreste intendere che una donna come me è tormentata dalla curiosità di conoscere che cosa sarebbe lei per l'uomo preferito, se ella non potesse contare sulle sue qualità ufficiali. (Animata da un palpito di sincerità) Per un giorno, per un'ora, io vorrei che diffidaste dei miei blasoni o che mi credeste abbandonata dalla società decorativa che mi circonda di rispetto e d'ammirazione, e, in quel giorno, in quell'ora, io vorrei sperimentare soltanto le mie facoltà personali ed essere per voi quella che sono dentro di me senza la luce abbagliante del mio palcoscenico.

Stefano

Ma la mia lealtà, Meralda, vi farà rifuggire dal penoso esperimento. Davvero non comprendo come possa pungervi l'acre curiosità di cui mi parlate. Sarebbe lo stesso ch'io desiderassi conoscere che cosa sarei per voi se non fossi colui che questa sera, con la sua poesia, ha sollevato all'estasi dell'arte la folla varia che gremiva le vostre sale. Voi dite che vorreste separare, per un giorno, per un'ora, la vostra essenza di donna dal fulgore della principessa Heller? Orbene, voi sognate una separazione mostruosa: la distruzione d'un capolavoro. Restate, restate nella vostra regalità, Meralda! Non interrompete, nemmeno per un giorno, nemmeno per un'ora, il ritmo di questo inno che è la vostra esistenza, e non togliete a me, nemmeno per un [109] istante, rimpicciolendovi al mio cospetto, il convincimento d'aver conseguita una vittoria insigne!

Meralda

(un po' scossa e ferita, ma dissimulando) Rassicuratevi. Non lo farò. Le vostre parole sanno incidere il diamante.

Stefano

Per imprimere in esso il mio stemma di poeta....

Meralda

(continuando)... e la vostra volontà! (Mutando tono) Mi accompagnate sino alla carrozza, mio vincitore?

Stefano

(dolcemente) Come uno schiavo.

Meralda

(ha, di nuovo, un moto di ostentata meraviglia graziosa.) [110]

Stefano

E talvolta anche più docile d'uno schiavo mi piacerà sembrarvi.

Meralda

(sorridendo un poco, gli colpisce lievemente il viso col ventaglio.) Il mio mantello, vi prego.

Stefano

(prende il mantello e, mettendoglielo addosso, dopo aver gettato attorno uno sguardo prudente, le sussurra all'orecchio:) Siete mia?

Meralda

(a fior di labbro) Ahimè, sì.

Stefano

Ed io?... Sono vostro?

Meralda

(con gentile umorismo) Ahimè, no. [111]

Stefano

(le offre il braccio, ch'ella accetta, e la conduce verso il fondo.)

Meralda

(indicando la porta a destra, dalla quale sono entrati) Non di qui?

Stefano

V'insegno la via più corta.

Meralda

Per uscire....

Stefano

Per ritornare.

(Spariscono nel parco.)

[112]

SCENA V.

VALENTINO, STEFANO, TERESA, poi ROMOLO.

Valentino

(dopo qualche istante, scherzosamente di dentro) La Dea se n'è andata, signora Teresa! (Fregandosi le mani entra, e, non trovando Teresa, esclama con comicità chiassona:) Mi sparisce sempre questa moglie del grand'uomo! (Esce per la prima porta a destra chiamando:) Signora Teresa!... Signora Teresa!...

Stefano

(dal fondo — vede Valentino che infila la porta) Dove vai tu? Dove t'avvii?

Valentino

(tornando) Avevo visto dal mio osservatorio che accompagnavi la principessa alla carrozza, ed ero venuto qui per fare quattro chiacchiere di commento con la signora Teresa. Non ce l'ho trovata, e sono andato a chiamarla.

Stefano

Se credi che adesso io abbia voglia di assistere alla vostra conversazione, t'inganni a partito. [113]

Valentino

Non converseremo.

Stefano

Ma che c'era da commentare? Io non ne posso più di tutte le piccinerie che ingombrano la mia casa!

Valentino

Quali sarebbero le piccinerie?

Stefano

(senza rispondergli, in un fremito di aspirazione) Ah! la gioia di vivere solo!

Valentino

(con zelo pietoso) Senti, ora che viene la signora Teresa, non trattarla troppo male. Il suo corpicino e il suo cervello sono già sgretolati dalle continue scosse.

Stefano

Tu fantastichi sopra ogni inezia. [114]

Valentino

Ma se tu sapessi ciò che ella ha fatto stasera, ti allarmeresti come me!

Stefano

Cos'è che ha fatto?

Valentino

(vedendola venire) Zitto, è qui!

Teresa

(entra, e ha gli occhi rossi di pianto. Un silenzio. Poi, a Stefano, con voce trepida) Hai incaricato Valentino di chiamarmi?...

Stefano

(cercando di contenersi per non essere brusco) No, Teresa.

Teresa

E allora, vuoi che me ne torni in camera mia? [115]

Stefano

È superfluo anche il domandarmelo. Non abbiamo nulla da dire, Teresa; e questa tua irrequietezza... mi addolora moltissimo. Preferisco evitarti.

Teresa

La mia irrequietezza?!...

Stefano

Anche Valentino mi faceva osservare che stasera sei in uno stato poco normale.

Valentino

(ha un moto di fastidio per la sciatta imprudenza di Stefano.)

Teresa

Ero così felice del tuo successo!...

Stefano

E che è accaduto da farti mutare? Devi avere perfino pianto! Io ti domando se è bello che tu venga a rattristarmi proprio stasera. [116]

Valentino

(brontola tra sè:) Se non me ne vado, io scoppio. (Esce dal fondo per prendere aria nel parco.)

Teresa

... Quella parola mi ha turbata, mi ha offesa....

Stefano

Quale parola?

Teresa

Quella che mi ha detta la principessa.

Stefano

La principessa non ha avuta nessuna intenzione di offenderti. Dio buono, tu eri un pochino grottesca, e lei, involontariamente, ha lasciato scorgere la sua impressione. D'altronde, così imparerai a non uscir mai fuori della tua nicchietta. Non è neppure delicato da parte tua il mettere me in certi imbarazzi. E dire che in fondo tu hai l'illusione d'essere una moglie perfetta! [117]

Teresa

Non ho questa illusione, Stefano. Anzi, sospetto sempre di sbagliarmi. Ma correggimi. Insegnami. Io non chiedo di meglio.

Stefano

Ah! se devo passare il mio tempo a correggerti e a insegnarti!...

Teresa

Ma sarà per me un martirio senza nome il riuscirti molesta.

Stefano

Ingègnati a modificarti da te.

Teresa

Vorrei sapere almeno con precisione in che cosa non ti accontento.

Stefano

Stasera, per esempio, questi occhi rossi e questa voce piagnucolosa mi sono insopportabili. Non ci vuol molto a intenderlo. [118]

Teresa

Ebbene, cercherò d'essere allegra.... (Sforzandosi) Ecco, ecco, lo vedi!... Sì, è verissimo, ero grottesca parlando con la principessa. Adesso, anche a me sembra d'essere stata grottesca. E non me ne dolgo. No. No. Ne rido.... Ne rido adesso... (Comincia a ridere.)

Stefano

(irritandosi) Va bene.... Capirai che questa finzione è un rimedio peggiore del male.

Teresa

(ridendo forte) No, no.... T'assicuro che rido.. T'assicuro che rido di cuore....

Valentino

(dal fondo) Ah! il buon umore ritorna quando non ci sono io?

Teresa

(il cui riso, nello sforzo doloroso, diventa convulso) Se sapeste, Valentino, se sapeste come sono stata buffa!... [119]

Valentino

(allarmato) Ma, perbacco, questo non è un riso che fa buon sangue!

Stefano

(prorompendo) Mi fate il favore di non importunarmi più oltre? È mai possibile che non sentiate il dovere di rispettarmi come si conviene?!

(Il riso di Teresa cessa a un tratto quasi ella fosse un automa di cui si sia spezzato il congegno. Si piega nelle ginocchia, e automaticamente siede.)

(Un lungo silenzio.)

Valentino

(timidissimo) A me pare d'averti sempre rispettato, Stefano.

Stefano

Non è di te che più mi lamento.

Teresa

Dunque,... sono io che ti manco di rispetto? [120]

Stefano

(seguendo il filo delle sue idee con sincero convincimento) Per poter serbare il fosforo che mi abbisogna, io debbo concentrarmi nella mia ispirazione, nel mio lavoro; debbo sfuggire, senza aver pietà di nessuno, allo sfruttamento, sia pure affettuoso, d'ogni vita altrui che voglia abbarbicarsi alla mia! Se la donna che tiene a chiamarsi mia moglie non fosse una piccola creatura qualunque, saprebbe stare al mio fianco, amorevole e vigile sì, ma vivendo della propria vita. Così come ella è, non ha che un solo mezzo per rispettarmi nel senso intero e nobile della parola: quello di rassegnarsi ad esistere il meno possibile!

Teresa

(credendo di celare lo strazio infinito che la consuma) Se è per il tuo bene, io cercherò di sparire addirittura.

Stefano

Brava! Per maggiore consolazione, ora mi minacci la tragedia del suicidio.

Teresa

No, Stefano! No. Non intendevo parlarti di questo. Il suicidio... non è per me. Io ti dicevo solamente che potrei... che potrei andarmene. [121]

Stefano

(fermandosi sull'idea da lei espressa) Dove?

Teresa

Che so?... In un convento.

Stefano

Ma che convento!

Teresa

Oppure dalla zia.

(Breve pausa.)

Stefano

Io,... naturalmente,... te lo impedirei. Nondimeno, convengo che se tu volessi andartene da tua zia, non per sempre, beninteso, ma per un po' di tempo..., avrei torto d'impedirtelo. Ella abita qui vicino.... Ci potremmo vedere spessissimo.... Intanto io lavorerei un poco nella solitudine per terminare almeno l'opera che ho promessa; e tu, temprata dalla lontananza di qualche mese, ritorneresti più disposta ad essere come io ti desidero. [122]

Teresa

(scoppiando a piangere) Per sempre, per sempre, Stefano!... Io ti sono di peso.... È da un pezzo che lo vedo e mi sono affaticata a negarlo a me stessa.... Io sono il tuo incubo.... È meglio che me ne vada per sempre!

Stefano

Teresa, per carità! Non tormentarmi anche con le tue lagrime!

Valentino

(che finora ha taciuto a stento) Ma santissimo cielo, stai per mandarla via e non vuoi permetterle nemmeno di piangere?!

Stefano

(fa un gesto di esasperazione) Oh!... (E, uscendo per la prima porta a destra, con violenza la chiude.)

Teresa

(piange, ora, dirottamente) Per sempre, per sempre, perchè egli non può sopportare più la mia presenza. [123]

Valentino

Ma no. È una serata di burrasca eccezionale. Credete a Valentino.

Teresa

(con un'angoscia più intima, più chiusa, a cui il suo pianto cede) Io non sono degna di essere sua moglie. Questa è la verità. Perciò è necessario... che lo liberi di me.

Valentino

Domani, a mente calma, ci rifletterete. E sono sicuro che....

Teresa

Ma io non aspetterò sino a domani. Perderei il coraggio che ho in questo momento, e non saprei più muovermi di qui.

Valentino

È appunto questo che deve accadere.

Teresa

(lenta nella voce piena di terrore) E così, dopo avergli guastata tutta la vita, io mi struggerei, mi struggerei di rimorso, e sarei da lui odiata e maledetta come una nemica! (Poi, scatta stranamente [124] vibrante) No!... Non voglio, non voglio!... Non voglio!

Valentino

(impressionato) Ecco che vi lasciate prendere ancora da quella frenesia ingiustificata, che mi dà i brividi!

Teresa

(senza badargli, in una crescente sovraeccitazione) No, no.... Voi non sapete.... Voi non vedete come vedo io.... (Alzandosi) Presto!... Presto!... Fuori, sulla strada, ci deve essere il coupé con cui siete venuto qui. È una circostanza propizia e io ne approfitto. (Si mette il cappello che era sopra una sedia, tremando in tutta la persona.)

Valentino

Per amor di Dio, per amor di Dio, signora Teresa, rientrate in voi! (Nel più vivo orgasmo, si avvicina urgentemente alla porta a destra.) Stefano!... La signora Teresa vuole andarsene adesso! (Un silenzio.) Stefano!...

Teresa

Lo vedete che non risponde.

Valentino

(chiamando più forte) Stefano! [125]

Teresa

(guarda intensamente l'uscio.)

Valentino

(è tuttora lì in attesa, ma non osa più chiamare.)

(Un più lungo silenzio.)

Teresa

(come se avesse ascoltata la sua condanna) Non risponde.

Valentino

(risoluto a secondarla) Orsù, dopo tutto, visto che non andate che dalla zia, io ho torto di preoccuparmi tanto. Voi dite: «per sempre», e io sono convinto che sarà «per un giorno solo». (Prendendo il paltò e il mantello) Vi accompagno.

Teresa

No, Valentino. Al contrario: io desidero che restiate presso di lui. Egli è così nervoso, stasera....

Valentino

Ma fra venti minuti sarò di ritorno.... [126]

Teresa

Io mi sentirò tranquilla soltanto se restate. (Si avvia.)

Valentino

(ostinatamente va per seguirla.)

Teresa

(si volta, energica) Vi supplico di non venire!

Valentino

(fermandosi desolato) È destino che io non debba mai agire a modo mio!

Teresa

(appoggiata con una spalla allo stipite della porta centrale — lasciando in ogni parola un pezzo del suo cuore) E dite a Stefano... che io... anche lontana da lui... vivrò sempre con lui... e che se egli, un giorno, mi perdonerà... d'averlo importunato per tanto tempo... avrà fatto per me... molto più di quanto io avrò sperato.... Vi saluto, Valentino (Esce.)

Valentino

(solo, asciugandosi qualche lacrima) E no!... Così non va!... (Quasi inconsciamente, corre verso [127] il parco; ma si ferma poco di là dalla soglia e mormora con rassegnazione:) Sparita. (Torna indietro, lento, scoraggiato. Tocca il bottone del campanello.)

Romolo

(dalla comune, assonnato.)

Valentino

Hai chiuso tutto dall'altra parte?

Romolo

Ho chiuso.

Valentino

Qui chiudo io. Puoi andare a letto.

Romolo

(via.)

Stefano

(entra turbatissimo, lugubre. Indossa una elegante e semplice giacca da camera.) [128]

Valentino

Troppo tardi vieni. La signora Teresa se n'è già andata.

Stefano

Lo so. L'ho sentito.

Valentino

Ha preso il tuo coupé, per farsi condurre da sua zia. (Chiude l'uscio in fondo, e mette la spranga ai battenti.)

Stefano

Credevo che tu l'avresti accompagnata.

Valentino

Non ha voluto. (Dopo una breve pausa, non potendo comprimersi) Sei un ingrato!

Stefano

(nervosamente) Ingrato perchè? Ingrato a chi?! Non debbo nulla a nessuno. E nessuno mi è stato e mi sarà mai indispensabile! [129]

Valentino

Neanche lei?!

Stefano

Lei meno di ogni altro!

Valentino

Ah sì? Ed è per questo che sei così turbato?

Stefano

Ciò che mi turba è solo il pensiero che ella soffra molto. Non ho nell'anima tanta cattiveria quanta ne mostro in certi momenti. (Severo e tagliente) Ma che Teresa mi sia indispensabile, è falso ed è inverosimile!

Valentino

(con un accento insinuante) La più umile donna può essere indispensabile all'uomo più orgoglioso.

Stefano

(asprissimo) Tu sei il filosofo degli inetti. Va' al diavolo!

(Un silenzio.)

[130]

Stefano

(siede alla scrivania.)

Valentino

Ti disponi a lavorare?

Stefano

... Sì.

Valentino

E potrai lavorare?

Stefano

(con alterigia non sincera)... Sì.

Valentino

(accende la lampada elettrica che è sulla scrivania e spegne tutte le altre lampade.)

Stefano

(coi gomiti sulla scrivania, pensoso, abbattuto, poggia la testa tra le mani.) [131]

Valentino

Buona notte. (Si avvia per uscire a sinistra. Di botto si arresta.) Stefano!... Qualcuno raschia alla porta.

Stefano

(come a sè stesso, in ansia) Chi è?

(Tutt'e due ascoltano.)

Valentino

Il rumore continua... (Si slancia per aprire.)

Stefano

(in fretta lo raggiunge, lo scosta, toglie la spranga e spalanca i due battenti.)

Teresa

(che era lì, aggrappata ai battenti, col corpo stecchito, le braccia erette, la capigliatura strappata dal cappello perduto nella corsa precipitosa, all'aprirsi della porta, perde il sostegno, dall'alto del gradino si piega su lui, e scivola ai suoi piedi come in ginocchio.) [132]

Stefano

(dà un grido:) Teresa! (La solleva, la trascina sino a una poltrona e ve l'adagia.)

Valentino

(resta appartato, temendo d'essere di troppo, ma è intento, palpitante, trepidante.)

Teresa

(senza parola, senza fiato, immobile, dilata le pupille che non hanno più lucentezza. Il suo volto è cadaverico.)

(Qualche istante di solenne sospensione.)

Stefano

Teresa!... Tu non parli?... Perchè non parli?...

Teresa

(in una specie di risveglio confuso) Ho visto... ho visto... un bimbo sperduto nel bosco.... (Con subitaneo mutamento la sua fisonomia ha un'espressione di tremebondo stupore.) E come infuriava il [133] vento!... (Indi, con voce carezzevole) Ma tutte le cose del mondo sono belle!...

Stefano

(scattando nel tumulto delle emozioni) Valentino!... Che è questo?...

Valentino

(inorridito, con le mani nei capelli, in una intensa invocazione spasmodica) Dio mio!

Teresa

Tutte le cose del mondo sono belle!

(Sipario.)

[135]

ATTO III.

(La stessa scena dell'atto precedente. È il pomeriggio. L'uscio del fondo è aperto.)

SCENA I.

VALENTINO, poi il VECCHIO MENDICANTE.

Valentino

(è solo, fumacchiando la sua pipetta, intento ad incollare della carta sopra un gran pezzo di cartone quadrato che è a terra. È inginocchiato, spalmando di gomma il cartone. Poi vi stende su dei fogli bianchi e appiana con la mano per toglierne le pieghe. Borbotta celiando con sè stesso:) Il lavoro nobilita l'uomo: e siccome, tutto sommato, io sono un uomo.... (S'interrompe sollevando un po' il cartone e guardandolo.) Per la grandezza mi pare che vada bene. Ma viceversa va male, perchè non ci sta tutto. (Rimette a terra il cartone e accenna col dito indice le parole che dovrà dipingervi, pronunziando [136] le sillabe a una a una:) «Si ven-de sin da og-gi que-sto vil-li-no con tut-ti i mo-bi-li». .... No, non ci sta. Omettiamo il «sin da oggi», chè, tanto, il lettore intelligente lo legge tra le linee. (Si leva e prende di su la scrivania un grosso calamaio.) Qui dentro dovrebbe esserci dell'inchiostro. (Torna a mettersi ginocchioni e mediante un pennellaccio che ha sotto mano comincia a dipingere con l'inchiostro, continuando a celiare.) Una «esse» portentosa!...

La voce del Vecchio

A chi ha cento io cerco tre...

Tutto a voi e un poco a me.

Valentino

Oh oh!... Il mio collega è ancora vivo!

La voce del Vecchio

(più vicina) Fate la carità a un povero vecchio marinaio. (Egli comparisce nel parco. È più logoro, più curvo, più stanco.)

Valentino

Favorisca, caro collega. Io non posso venire a ossequiarla nel parco, perchè sto lavorando: cosa che lei non fa mai! Se vuole concedermi l'onore [137] della sua fiorita conversazione, si avanzi, si appropinqui!

Il Vecchio

(entrando lentamente)

Senza barca, e senza rete.

Muore di fame, e muore di sete.

Valentino

Ma questa è roba stantia, perbacco! Lei manca di qui da più d'un anno, mi pare.

Il Vecchio

(senza rendersene conto) Da più d'un anno, sissignore.

Valentino

E, in tanto tempo, non ha composto niente di nuovo? Le stesse strofette, le stesse parole....

Il Vecchio

Eh!

Valentino

Ho capito. Non soffia buon vento per i poeti. Anche lei, signor mio, non ha corrisposto all'aspettativa. [138] Quando poi si dice: «i giovani di belle speranze!» (Dopo aver guardato attorno) E la sua illustre consorte?... Cosa ne ha fatto lei di sua moglie?

Il Vecchio

È morta.

Valentino

O diavolo! Perciò hai quell'aria malinconica. Del resto, non c'è che fare!... Tua moglie era meno forte di te, e ti ha preceduto.

Il Vecchio

Eh, no. Non è morta di morte naturale.

Valentino

E come è morta?

Il Vecchio

Sotto un tram.

Valentino

Davvero!? [139]

Il Vecchio

Laggiù, alla svolta di Mergellina.

Valentino

Questo poi non è giusto.

Il Vecchio

Se Dio se la fosse chiamata, pazienza! Ma così.... (Piange un poco) No, no! Così, no!

Valentino

E perchè non sei più venuto da queste parti?

Il Vecchio

Quello stesso giorno, mi presero e mi portarono in prigione.

Valentino

In prigione?!

Il Vecchio

Sissignore. Non è una prigione l'ospizio? [140]

Valentino

Ah, all'ospizio ti portarono. E poi, te ne hanno scacciato?

Il Vecchio

Nossignore. Di nascosto... sono fuggito.

Valentino

Hai fatto male. Lì un letto e una minestra ce l'avevi.

Il Vecchio

La libertà, signore! La libertà prima di tutto!

Valentino

Lo so, ma si ha anche da campare.

Il Vecchio

Campare, si campa sempre. La gente di buon cuore c'è. Se uno dice di no, un altro dice di sì. Ci sono delle persone che a me non hanno detto mai di no. [141]

Valentino

(si alza frugando nelle saccocce) Io, in generale, dico di no, perchè quella del buon cuore non è una faccenda che mi riguarda. Ma visto che oggi, per continuare un'antica consuetudine... non mia, voglio dirti sì, approfitta. (Gli dà un soldo.) E march! (Torna alla bisogna.)

Il Vecchio

(senza averne la forza, cerca di abbozzare il suo balletto:)

llà, llà, llà,

llà, llà, llà....

(Ma non può.)

Valentino

Non darti pena, non darti pena. Ti dispenso.

Il Vecchio

Non posso, capite, perchè non c'è più quella che mi portava la battuta.

(Una pausa.)

[142]

Valentino

Ma se stai lì ad aspettare degli altri proventi, vecchio mio, sprechi il tuo tempo. Perchè quell'altro tuo collega — il collega in letteratura — non è in casa; e, quanto alla signora, non sperare che ti dia retta. Se ti vede, non avrà neppure la più vaga idea d'averti conosciuto.

Il Vecchio

(sorridendo un po') Eh eh!... Vi piace di scherzare.

Valentino

Questo è probabile; ma provvisoriamente non ischerzo.

Il Vecchio

Mi voleva tanto bene, la signora!

Valentino

Senonchè, sotto il sole, le cose non vanno sempre allo stesso modo. Ne accadono di tutti i colori. Laggiù, a Mergellina, ti muore la moglie sotto un tram, e qui, a Posillipo, la signora che ti voleva bene impazzisce. Non c'è da fidarsi, mio caro amico. [143]

Il Vecchio

Sempre vi è piaciuto di scherzare.

Valentino

E dàgli!

SCENA II.

VALENTINO, il VECCHIO MENDICANTE, TERESA.

Teresa

(di dentro) Chi è che mi calpesta lo strascico?... È l'abito bello questo!... Me lo sciupate.

Il Vecchio

(contento, a Valentino) Adesso lo vedrete se ancora mi vuole bene!

Teresa

(entra dalla prima porta a destra. Indossa assai disordinatamente un magnifico abito da festa di color chiaro. Ha le braccia e il collo nudi. Ha i capelli scompigliati, stranamente annodati un po' sulla nuca, e tra essi, quasi sulla fronte, spicca un qualche enorme fronzolo bizzarro di color vivo. Porta [144] ai piedi delle vecchie scarpe sbottonate, e cammina piano piano con una ingenua compiacenza di bambina ben vestita, guardandosi lo strascico. È pallidissima. I suoi lineamenti hanno una immobilità di statua marmorea, senza alcuna traccia di sofferenza.)

Il Vecchio

(inchinandosi) Il povero vecchio marinaio....

Valentino

Taci, che è inutile. (A Teresa, cercando di farsi intendere) State attenta, signora Teresa. Qui c'è dell'inchiostro. (Tra sè) Ma sarà meglio traslocare la baracca. (A lei, raccogliendo gli oggetti e alzandosi) Così non correrete il rischio d'insudiciare il vostro abito.

Teresa

Sei molto gentile, tu. Da chi hai imparato?

Valentino

Ho imparato da voi, signora Teresa.

Teresa

E dove mi hai incontrata? [145]

Valentino

Un po' dovunque, credo.

Teresa

E come ero vestita?

Valentino

(facendo spazio sulla scrivania fra i libri, le carte e i giornali) Non come oggi. Oggi, siete più elegante.

Teresa

(soddisfatta) Sì, sì! Certamente!

Valentino

Siete vestita con più lusso.

Teresa

Grazie! (Guarda minutamente la sua veste.)

Il Vecchio

(insistendo per attirare l'attenzione di Teresa e dando un accento d'implorazione ai suoi versetti)

Chiudi gli occhi — sopra il mare,

Apri gli occhi — sulla terra...

[146]

Teresa

(che a queste parole si è voltata, dopo una breve pausa, compie la strofa con una intonazione monotona, che è come l'inconscia reminiscenza della voce del vecchio mendicante:)

Sulla terra — non far guerra;

guarda attorno — notte e giorno.

Valentino

(ha un moto di sorpresa e dice tra sè:) È strano!

Il Vecchio

(felice d'esser da lei ricordato) Evviva! Evviva!

Teresa

(gli si accosta, curiosa, esaminandolo.)

VALENTINO

(s'interessa al fenomeno del ricordo inatteso e va a lei come per fare un altro esperimento.) Signora Teresa, volete dare questi soldi al vostro mendicante? (Le offre dei soldi.)

Teresa

(macchinalmente, li piglia. Poi fa un passo avanti con l'aria di cercare qualcuno che non vede.) [147]

Valentino

(indicando) A lui, a lui!

Il Vecchio

(stende la mano, ansioso.)

Teresa

(gli sorride. Tituba.)

Valentino

E dunque?

Teresa

Più tardi.

Il Vecchio

(ritirando la mano scoraggiato) Da quando ho perduta la mia vecchia, non ho più fortuna!

Valentino

Se ti ha promesso «più tardi», puoi essere sicuro che te li darà. (A Teresa) È vero che glie li darete? [148]

Teresa

(dolce) Non so.

Valentino

Sì, glie li darete, perchè voi siete una di quelle tali persone che non gli hanno mai detto di no.

Teresa

... Sono così piccola!...

Valentino

(indugia un istante a contemplarla) Già! (Indi si scuote, si sottrae vivamente a sè medesimo, torna alla scrivania, riprende il pennellaccio e continua a dipingere il cartellone, ripetendo sotto voce:) «Si vende questo villino con tutti i mobili».

Teresa

(al Mendicante come per rassicurarlo) Anche tu sei gentile!

[149]

SCENA III.

VALENTINO, TERESA, il VECCHIO MENDICANTE, STEFANO.

Stefano

(entra dal fondo, emaciato, accigliato. Passando, ha per Teresa, di sfuggita, uno sguardo più bieco che pietoso, e, senza badare al Mendicante, che s'inchina al suo passaggio, siede.)

Valentino

Hai girato molto?

Stefano

Sì.

Teresa

(vedendo entrare Stefano ha avuto l'atteggiamento della scolaretta che teme la presenza del maestro severo, e ora, sommessamente, portando il dito indice alla bocca, consiglia al Mendicante di tacere:) Sss!... zitto!... Vieni! Vieni con me. (Lo prende per un braccio, quasi gli si aggrappa come per farsene difendere, e lo conduce verso il parco, bisbigliando:) Cammina piano piano.... [150]

Stefano

(con la coda dell'occhio, osserva Teresa e il Mendicante che escono.)

Stefano

Da quanto tempo era qua?

Valentino

Chi? La signora Teresa?

Stefano

Lei, s'intende.

Valentino

Da qualche minuto.

Stefano

(con una vaga diffidenza) S'intratteneva.... col mendicante?

Valentino

Un po' con lui, un po' con me. [151]

Stefano

E se ne è andata perchè sono venuto io?

Valentino

Bada che a voler cercare un nesso qualunque fra le sue azioni o fra le sue parole, ci sarebbe da impazzire peggio di lei.

Stefano

E no. Fa sempre così. Quindi un certo nesso c'è.

Valentino

(per mutar discorso, terminando il suo lavoro) Lo appiccichiamo al cancello che dà sulla strada questo affaruccio o su, a una finestra del piano superiore? Io direi meglio al cancello. È più in vista. Te l'ho eseguito con la mano del cuore. E sono sicuro che appena sarà letto le richieste pioveranno. Qui, a Posillipo, non c'è mai da comperare un palmo di terreno. E se comparisce il forestiero quattrinaio....

Stefano

Non t'incomodare. Il villino è venduto. [152]

Valentino

Ecco! Per una volta che avevo lavorato sul serio! Ih! (Ha un gesto sgarbato pel cartellone.) Sicchè, quando hai preso la risoluzione di vendere avevi già il tuo uomo?

Stefano

C'era già una richiesta importante.

Valentino

Allora, non c'è dubbio: il tuo uomo... era una donna.

Stefano

Non fare basse insinuazioni, imbecille!

Valentino

Imbecille quanto vuoi, ma la principessa Meralda Heller era entusiasta di questo villino e tu, dopo tutto, vendendolo a lei non ti saresti macchiato di nessuna indelicatezza. Il solo vantaggio extra di cui avresti goduto sarebbe stato quello di poterlo rivedere spesso e di trovarci una lapide commemorativa in tuo onore. (Va a mettere sull'alto di uno scaffale il cartellone. Si legge anche da lontano: «Si vende questo villino con tutti i mobili».) [153]

Stefano

Non sono più in relazione con lei da quando scoppiò lo scandalo che ne rivelò l'origine e la carriera equivoche. Tu lo sai e fingi d'ignorarlo per il gusto di lanciarmi delle frecciate.

Valentino

Questa si chiama, se non mi sbaglio, mania di persecuzione. Io parlavo in buonissima fede, perchè della suddetta signora non mi sono mai occupato più che dell'Imperatore delle Pampas, che non ho avuto ancora il piacere di conoscere. Ci fu lo scandalo? Ti rompesti con lei? Non vi rivedrete mai più? Mi congratulo, e passo all'ordine del giorno. Quello che vorrei è che tu non avessi venduto a rotta di collo.

Stefano

Il compratore è molto ricco.

Valentino

Chi è?

Stefano

Un certo signor Marcolini. [154]

Valentino

Banchiere?

Stefano

No. È un negoziante di pelli.

Valentino

O Dio!... Avrei voluto per lo meno un banchiere. E mi stupisce poi che tu conosca di questa gente volgare.

Stefano

È un cliente del mio notaio.

Valentino

È quell'omaccione che, munito appunto d'una commendatizia notarile, venne ieri a braccetto di sua moglie? Lui era una foca marina; ma lei aveva un nasino all'insù abbastanza promettente. Glie ne farà delle belle in questo piccolo eden. E ciò mi consola.

Stefano

In conclusione, sei allegro oggi? La mia liquidazione ti diverte? [155]

Valentino

(facendosi serio) Che ho da risponderti? Sarebbe forse verosimile se non fossi tu che mi dài a mangiare.

Stefano

E tu speri che potrò permettermi ancora lungamente il lusso di darti a mangiare?

Valentino

Intanto, avrai del denaro dal signor Marcolini.

Stefano

Ho dei debiti, e devo soddisfarli.

Valentino

Se hai venduto a un prezzo ragionevole, un margine ci sarà. E poi... è vero, sì, sono più di due anni che non imbrocchi a scrivere una parola, perchè purtroppo nella libertà assoluta che tu invocavi e che fatalmente ottenesti non hai trovato che il vuoto. Ma chi sa! (Come per incoraggiarlo) Secondo me, nello stesso rimpianto del bene che hai perduto, potrai rifarti. (Riordinando sulla scrivania carte, libri, giornali) E non sarà mica necessario che tu ti ostini a scrivere l'opera da stordire [156] l'umanità, l'opera immortale. Anzi! Se ti decidi una buona volta a gettare alle fiamme purificatrici il manoscritto di questo maledetto primo canto, (lo indica sulla scrivania, rabbiosamente) che è il tuo incubo, ti rappacerai col calamaio; e gli altri quattrini, allora, dovranno venire. (Sincero) Col nome che hai!...

Stefano

Ah ah! Col nome che ho!

Valentino

Non l'hanno mica dimenticato, sai. Nonostante il tuo silenzio, io lo leggo spesso nei giornali, nelle riviste....

Stefano

Lo ricordano soltanto per denunziare che non ho dato ciò che da me aspettavano; lo ricordano per rinfacciarmi la mia prosopopea, per sanzionare la mia impotenza, per inseguirmi anch'essi come creditori inesorabili!

Valentino

Lasciali sbraitare, e bùttati a qualche cosa di pratico.

Stefano

A che? [157]

Valentino

Sento dire che col giornalismo si guadagna bene. Vada per il giornalismo. Non deve essere nemmeno una professione molto difficile.

Stefano

È la professione della menzogna scritta: e per scrivere la menzogna ci vuole dell'ingegno.

Valentino

Tu ce n'hai tanto!

Stefano

Ti credi in obbligo di adularmi? Smettila. Una volta ti pagavo anche per questo. Ora, no! L'adulazione m'irrita, mi avvelena, m'inasprisce tutte le piaghe. Dov'è più il mio ingegno? Dov'è? Dov'è? Non lo ritrovo nè per creare l'opera immortale, nè per abbassarmi ad imbrattare vilmente un pezzo di carta. (In una sovraeccitazione dilaniatrice) Ho passate le notti intere, qui, qui — e tu non lo ignori — presso questa scrivania, cercando un'immagine, cercando un'idea qualunque, martellandomi la testa inutilmente, spasimando nella impossibilità di pensare, assistendo all'agonia del mio spirito, e sentendo, poi, come per una postuma sensibilità, le lacerazioni di questo cadavere divorato [158] dai corvi! (Pausa. Indi, lugubre, con gli occhi fissi) Il mio cervello non funziona più. Ecco la verità terribile. Esso pare una macchina a cui sia mancata per sempre la forza motrice!

(Un silenzio)

(Si ode la cantilena del Mendicante che ora nuovamente ballonzola.)

La voce del Mendicante

Llà, llà, llà,

llà, llà, llà...

(Si ode che Teresa ripete la cantilena, battendo le mani per dargli il tempo, come usava la Vecchia, che è morta.)

La voce di Teresa

(lievissima, col rumore egualmente lieve delle mani:)

Llà, llà, llà,

llà, llà, llà...

Valentino

(sorpreso) Ma è lei! (Va alla porta in fondo per vederla. La voce di Teresa si allontana.) [159]

Stefano

(senza voltarsi, ma tutto preso da quella voce) Che fa?

Valentino

S'inoltra nel boschetto insieme col mendicante, e batte le mani in cadenza mentre egli accenna il solito balletto in segno di gratitudine. (Compiacendosi molto, quasi tra sè) Evidentemente, essa glie l'ha fatta l'elemosina.

(La voce di Teresa si spegne.)

Stefano

Batte le mani?!

Valentino

Sì, come faceva la vecchierella. Ti ricordi?

Stefano

(col pensiero vagante) No.

Valentino

Come faceva quella donnetta tutta rattrappita che accompagnava il mendicante. [160]

Stefano

E quella donnetta non lo accompagna più?

Valentino

Visto che è morta... (Pausa. Continua a guardare con viva compiacenza, e intensamente osserva.) Ora, il ballo è cessato. Il vecchio piagnucola, e lei gli parla.

Stefano

Che gli dice?

Valentino

Sono così lontani! Vedo e non sento. Lei lo invita a sederle accanto sotto la grande quercia.... Ma qualche cosa di molto affettuoso deve avergli detto adesso, perchè il vecchio non piange più. Seggono tutti e due a terra, e sembrano quasi lieti.

Stefano

(con durezza) Valentino, vieni qua!

Valentino

(accostandosi a lui) Che c'è? [161]

Stefano

Niente. Mi davi noia.

Valentino

Ti davo noia col riferirti ciò che faceva la signora Teresa?!

Stefano

Mi davi noia stando lì con quel tuo atteggiamento d'intenditore.

Valentino

Io avevo un atteggiamento d'intenditore?!

Stefano

Non pesare ogni parola che mi esce di bocca.

Valentino

Ma, scusa, tu mi hai domandato: «che cosa fa?» Io ti ho risposto. E poi mi dici che ti davo noia. [162]

Stefano

Evvia, come la fai lunga! Non pretenderai d'essere tale un personaggio importante ch'io debba sempre renderti conto di quello che ti dico.

Valentino

Io non lo pretendo certo d'essere un personaggio importante.

Stefano

E dunque taci.

Valentino

(paziente) Tacerò.

Stefano

(alzandosi e man mano esaltandosi) Sotto la scorza dell'umiltà o nella lepidezza del buffone ti prefiggi continuamente lo scopo di farmi rilevare la mia inferiorità al paragone degli altri!

Valentino

Se pocanzi mi accusavi di adularti! [163]

Stefano

(parlando concitatamente) Come lo schiavo disutile adula la persona a cui appartiene per accaparrarsene l'indulgenza. Che altro sono io per te? Per te che altro sarei se tu non fossi costretto alla sottomissione? Perfino quel vecchio scimunito che chiede l'elemosina ti desta maggiore simpatia; e tu ti compiaci di riferirmi che la demente ne conforta i dolori e ne asciuga le lagrime. Alla tua ignoranza, quel pezzente appare una creatura più interessante e più eletta di me. È lui, è lui che merita d'essere conservato all'umanità! È lui che merita ogni consolazione! È lui che merita la pietà di tutti!...

Valentino

(energico) Ma la pietà, tu non la vuoi.

Stefano

Non la voglio, no! E voglio avere invece, fino all'ultimo, il diritto di ripetere che non devo niente a nessuno. Ah! l'avete tutti desiderata ed affrettata coi vostri voti la mia caduta? Il vostro tenero cuore, timoroso dei pericoli della tirannia, ha anelato il momento dalla mia resa a discrezione? Ma io non m'arrendo. Io non cedo, perdio! Io non cedo e non chiedo! Io sopprimo piuttosto me stesso. Mi distruggo... (avventandosi sulla scrivania, prendendo il suo manoscritto e lacerandolo con violenza) [164] Mi distruggo senza che nemmeno la pietà mia me lo impedisca, e vi rido in faccia, disprezzandovi ancora!... (Pausa. — Si sorregge alla scrivania, affranto, annientato, e come se parlasse alla sua coscienza, con voce tremola dice sommessamente:) No!... Non è così!... Non è più così!

Valentino

(triste, calmo, circospetto, curando di non fargliene accorgere, raccoglie da terra i pezzi di carta, e, alle spalle di Stefano, apre un cassetto della scrivania e ve li ripone.)

La voce di Teresa

(in lontananza) Vedi, vedi quella fata che va verso la mia casa! Cammina sulle aiuole e non le guasta.

Stefano

(a Valentino) Chi è che viene?

Valentino

(corre all'uscio e ha un sussulto di meraviglia e di allarme) La principessa Heller! [165]

Stefano

(sdegnosamente meravigliato anche lui) E che viene a fare qui?

Valentino

Se ti secca di riceverla, te ne sbarazzo io.

Stefano

(là per là è titubante; ma poi fermamente si decide) La ricevo!

Valentino

(stringendosi nelle spalle) Come ti accomoda. (Esce a sinistra.)

Stefano

(Si avvia per andarle incontro.)

SCENA IV.

STEFANO e MERALDA.

Meralda

(giunge alla soglia prima di lui e vi si ferma, seria e riservata.) Mi concedete, Stefano, il permesso di farvi una visita? [166]

Stefano

Prego.

Meralda

(si avanza.)

Stefano

(dopo di aver chiuso la porta) Ma permettetemi voi alla vostra volta di non celarvi la mia profonda sorpresa.

Meralda

Se io vi avessi chiamato, sareste venuto voi da me?

Stefano

Non ci sarei venuto.

Meralda

Non dovreste quindi sorprendervi che, prevedendo ciò, io sia venuta da voi. Mi premeva molto di chiedervi un favore... e di parlarvi prima di partire.

Stefano

Partite? [167]

Meralda

Sì, lascio Napoli.

Stefano

Per sempre?

Meralda

Per sempre.

Stefano

Dove andate?

Meralda

Chi lo sa! Dove mi condurrà il mio capriccio o quello del caso.

(Breve pausa.)

Stefano

Il favore che vi premeva di chiedermi?

Meralda

Voi avete delle lettere mie. Volete avere la bontà di rendermele? Io vi rendo le vostre. (Gli consegna un piccolo pacco di lettere.) [168]

Stefano

(apre un cassetto della scrivania, vi lascia cadere il pacchettino, ne prende un altro e lo dà a Meralda.)

Meralda

Non mi domandate una spiegazione?

Stefano

È così naturale tutto questo! Noi avevamo stretto un contratto di vanità. Voi eravate la dama, che, circondata di strane leggende, aveva saputo col suo fascino mettere un argine alla curiosità degli indiscreti e riunire nel fastigio della sua casa tutte le aristocrazie e tutti i poteri; ed io ero l'uomo del gran successo imminente, che pareva dovesse imporsi alla stessa folla che egli disdegnava. Io potevo servire alla vostra vanità, come voi alla mia. Era l'alleanza di due egoismi, e ciascuno di noi sapeva il significato della menzogna reciproca. Ma abbiamo mancato alle condizioni del contratto tutti e due. Io sono piombato nell'avvilimento: e voi, lasciandovi raggiungere da uno dei vostri amanti d'altri tempi che per vendetta ha svelati i misteri delle vostre avventure, siete precipitata ad [169] un tratto dal piedistallo d'oro. Voi partite in cerca di altre avventure e di altre menzogne; io, incapace di qualunque energia, resto a contemplare la verità della mia catastrofe. Quale spiegazione dovrei chiedervi e per quale ragione? Non c'è più nulla che ci leghi, e non c'è più nulla che ci possa legare!

Meralda

(sedendo) A me pare invece che, costretti a non guardarci più a traverso le nostre maschere, noi dovremmo essere legati per lo meno dalla sorte comune. E anche... qualche altra cosa potrebbe legarci.

Stefano

Cioè?

Meralda

Non nego che il nostro sia stato un contratto di vanità. Ma dietro la vanità mia si nascondeva ed aspettava una donna ansiosa e vibrante, pervertita forse, ma non perversa, la quale tentò spesso, e inutilmente, di farsi comprendere da voi sino ai più intimi segreti del suo spirito. Voi dite che andrò alla ricerca di altre menzogne? No. V'assicuro che le menzogne mi hanno stancata. Non ho forse restituite a voi le vostre lettere e riprese le [170] mie per sopprimere dei documenti che mi parevano falsi? Cercherò altre avventure. Questo, sì. Ma cercherò, soprattutto, come ho fatto sinora, quella, che forma l'aspirazione di ogni donna non ancora inaridita, sia pure una donna corrotta: la grande avventura dell'amore!

Stefano

Avreste torto di rivolgervi a me, che non ho ammesso l'amore nemmeno quando la mia vita era tutta una festa d'illusioni.

Meralda

Ma è appunto di questo che volevo parlarvi. Adesso, voi siete un disilluso, siete un sofferente. Soffrite perchè la fiamma che ardeva dentro di voi è stata soffocata non so come e non so da che; soffrite perchè il cammino dell'ambizione vi è chiuso. Ebbene, prendetene uno diverso. Cominciate con l'ammettere quel prezioso elemento di gioia che prima escludevate, e così darete un'altra direzione alla febbre di godimento che vi animava.

Stefano

No, Meralda. Tutto è finito per me!

Meralda

Voi v'ingannate. E se avrete la fermezza di secondarmi, io ve lo proverò coi fatti. [171]

Stefano

Secondarvi... in che modo?!

Meralda

Io vorrei che voi voltaste le spalle allo spettro della gloria da cui foste tradito e da cui siete torturato; vorrei sottrarvi a questa oziosa tetraggine che vi macera; vorrei liberarvi da questo sepolcro, dove forse pregustate la sciocca voluttà del suicidio....

Stefano

(con repulsione) Non vi capisco. Non vi posso capire!

Meralda

(vivissimamente) Insomma, io v'invito ad associarvi a me per guardare la vita sotto un altro aspetto. Correre il mondo spensieratamente senza ambizioni e senza chimere, senza applausi e senza omaggi; romperla sul serio con tutte le asfissianti leggi sociali; soddisfare fin quando sarà possibile, giorno per giorno, la sete di nuove sensazioni: ecco, Stefano, ciò che io vi propongo.

Stefano

Rifiuto! [172]

Meralda

Sicchè... voi sperate di rimettervi al lavoro?... Sperate di risollevarvi?

Stefano

No!

Meralda

E allora?!... (Facendogli penetrare nell'anima, con una cupezza misteriosa, le acri parole) Sopporterete voi tranquillamente il mormorio della compassione e dello scherno?

Stefano

(in uno scoppio di furore angoscioso) Ah, dunque, per questo siete venuta qui? Voi siete venuta per infliggermi le sferzate che devono far sanguinare il mio volto! Voi siete venuta per raccontare a me l'ebrezza di coloro che una volta m'invidiavano e per poter raccontare ad essi il piacere infinito di avermi visto umiliato! (Recisamente) Se credete d'aver compiuta la vostra missione, lasciatemi al mio sepolcro, e andatevene!

Meralda

(si alza di scatto. Breve pausa.) Quando sarete solo, vi pentirete d'avermi scacciata. (Poi, stranamente [173] commossa: in una tenerezza contenuta) Voi sapete bene che, a modo mio, vi ho molto amato, e che ora sono qui perchè vi amo, malgrado tutto, più che mai! Una momentanea allucinazione vi ha fatto dire, oggi, di me, quello che non pensate; ma domani mi richiamerete.

Stefano

(affannosamente) Non potrò richiamarvi, no, perchè i vostri progetti mi spaventano, mi fanno orrore!

Meralda

Non dispongo di altri mezzi per soccorrervi davvero.

Stefano

(abbassando la voce piena di ribrezzo) Voi mi consigliate in sostanza la più disonorevole delle fughe, la più losca delle transazioni! Voi mi proponete di fuggire chi mi sfida col suo riso; voi mi proponete di associarmi a voi, che non siete povera come oramai sono io!...

Meralda

(violenta) Vi dibattete ancora fra gli avanzi dell'orgoglio che vi ha distrutto! [174]

Stefano

Ma voi mi proponete anche di abbandonare la povera demente che mi fu moglie devota; e questo, a prescindere dal mio orgoglio, convenitene, è raccapricciante!

Meralda

(ribellandosi fieramente) Non è a me che spetta quest'accusa di cinismo feroce, perchè il mio egoismo non si è mai veramente alimentato come il vostro del sacrificio altrui. Ciò che avete chiamato raccapricciante a me sembrerebbe iniquo se io non sapessi che per quella infelice voi non siete più nessuno. Essa non vi vuole, non vi parla, non vi riconosce! E visto ch'eravate disposto ad abbandonarla brutalmente quando aveva bisogno di voi più che dell'aria, è molto strano ed è superfluo che insorgiate al pensiero di separarvene adesso che la vostra presenza non le arreca alcun beneficio. Voi vorreste rimanere qui per difendervi dalle trafitture tardive della vostra coscienza? Ma una suora di carità o un paziente infermiere sarebbero per lei certamente più utili e più benefici di voi, che potreste offrirle soltanto i fiori di morte dei vostri silenzi!

Stefano

(siede accasciato e parla con voce cupa e segreta:) Non c'è una sola parola vostra che non sia inesorabile [175] e giusta. Voi m'inchiodate alla realtà, — e fate bene! Inutile agli altri e a me stesso, io devo oramai cercare molto in basso un'altra qualunque ragione di vivere. Sempre più giù... sempre più giù... vergognosamente... fino all'abiezione!... Forse fino all'infamia!

(Breve pausa.)

Meralda

(pacata e secura, alle spalle di Stefano, curvandosi un po', affettuosamente, su lui) Il vostro animo agitato non vi dà ancora la tregua necessaria affinchè possiate riflettere con serena sincerità. Io vi prego di astenervi oggi dal prendere una decisione; e vi avverto... che ritarderò la mia partenza.

Stefano

(sommesso ed inerte) Ho inteso.

Meralda

(quasi interrogandolo) A rivederci, Stefano...?

Stefano

(tace chinando la fronte.)

Meralda

(si avvia verso il fondo.)

[176]

SCENA V.

STEFANO, MERALDA, TERESA.

(Quando Meralda è per giungere alla porta, i battenti si aprono, ed entra Teresa, estatica. Stefano ha un brivido: si leva: e i suoi sguardi sono irresistibilmente attratti dalla demente. Meralda, turbata, vorrebbe affrettarsi; ma Teresa le è davanti e inconsciamente le arresta il passo.)

Teresa

(con dolcezza) Dove vai?... (Avvicinandosele di più e contemplandola tutta.) E di che sei fatta?... Spandi nell'aria un così buon profumo!... Come vorrei prendermene un poco! (Con ambo le mani sta per toccarla.)

Stefano

(sùbito, impetuosamente) No, Teresa!

Teresa

(ritira le mani. Poi, come addolorata, a Stefano) Perchè?

Meralda

(sogguardandola, quasi tremandone, lentamente arriva alla soglia, e poi, sottraendosi all'incubo, fugge.) [177]

Teresa

Perchè?

Stefano

(con un atto di disperazione frenetica) Teresa!... Teresa!... Non te ne accorgi tu di quello che accade?... Non mi vedi?... Non vedi che cosa sono io da quando mi hai lasciato?... (Slanciandosi a lei, afferrandola e scotendola) Dì, dì: non vedi che mi perdo?... Non hai nessun barlume di chiaroveggenza per trattenermi almeno con una parola di malaugurio che mi faccia paura?...

Teresa

(risponde con uno scoppio di riso che stride sinistramente.)

Stefano

(distaccandosi da lei) Nulla! Nulla!... (Avvilito, si lascia cadere sopra una sedia.) Nulla!

Teresa

(un altro scoppio di riso, più clamoroso)

(Sipario.)

[179]

ATTO IV.

Lo studio di Stefano Baldi ha un aspetto squallido. — È sera. Non è accesa che la lampadina elettrica della scrivania. — I grandi scaffali sono vuoti e sembrano grandi nicchie mortuarie. Le piante pregevoli, le statuine, i ninnoli preziosi non ci sono più. Sulla scrivania, nè giornali, nè manoscritti: soltanto un piccolo rimasuglio di carte d'affari. Nella penombra, si vedono a terra alcune casse di legno contenenti dei libri, le quali spiccano per il colore bianchiccio, e una valigia, un baule, e anche degli altri libri tolti dagli scaffali.

SCENA I.

STEFANO, VALENTINO, poi un DOMESTICO e un FACCHINO.

Stefano

(seduto alla scrivania, pallido, curvo, scrive delle lettere.) [180]

Valentino

(aggiusta attentamente i libri in una cassa.)

(Il triste silenzio si prolunga per qualche minuto.)

Stefano

(senza cessare di scrivere) Chiudi quel baule e quella valigia, e dammi le chiavi.

Valentino

Hai altro da riporvi?

Stefano

No.

Valentino

(chiude, e mette le chiavi sulla scrivania.)

Stefano

(conservando in tasca le chiavi) Manda via.

Valentino

(alla comune, chiama) Voi!... Favorite.

(Entrano due uomini: uno è un DOMESTICO, l'altro un FACCHINO.) [181]

Valentino

(indicando) Questi due colli. (A Stefano) Direttamente alla stazione?

Stefano

Sono persone che sanno quel che devono fare. (Al domestico) Tonio, direte alla principessa che verso le undici sarò alla stazione. Il treno parte alle undici e quindici.

(Il FACCHINO si carica sulle spalle il baule; il DOMESTICO prende la valigia.)

Valentino

(aprendo la porta in fondo) Per di qua.

(I due uomini escono.)

Valentino

Sicchè, partite tutti e due stasera?

Stefano

Se lo hai capito, perchè me lo domandi?

(Ancora silenzio.)

Valentino

(accovacciato, incassa i pochi libri che sono ancora a terra.) E tutta questa letteratura? Tutti questi libri? [182]

Stefano

(continuando a scrivere lettere) Te li piglierai tu. Te li porterai a casa.

Valentino

Il problema sarà di averla una casa.

Stefano

Li venderai. Li brucerai.

Valentino

Domani, quando quel buon signor Marcolini verrà a prendere possesso, glie li offrirò a un soldo l'uno. Non sarà troppo caro. È vero ch'egli mi ha dichiarato di avere per i libri la stessa antipatia che ha per le scimmie; ma c'è sua moglie.... Quella lì dice che ama le bestie.... Potrà amare anche la letteratura. (Prendendo l'ultimo libro rimasto fuori, borbotta:) La cassa è riempita.... Dove lo metto questo? (Legge sul dorso:) Nietzsche. (Riflette:) Morto?... Per i morti c'è sempre posto. (Lo ficca dentro alla meglio.)

(Pausa.)

[183]

Stefano

Avrai poi la cortesia di far recapitare queste lettere. Bada: sono quattro.

Valentino

(si avvicina alla scrivania.)

Stefano

(gli consegna cinque buste chiuse.)

Valentino

Sono cinque.

Stefano

No. In questa busta più grande c'è un po' di danaro per te. Finchè non avrai trovata un'occupazione, potrai cavartela.

Valentino

Ti ringrazio.

Stefano

Quanto al resto, ogni cosa è a posto. Tu avevi ragione quando mi dicevi che, pure acquietando i creditori principali, ci sarebbe rimasto un margine dalla vendita del villino. Non è gran cosa; ma ho messo tutto nelle mani del notaio Zino e il reddito [184] annuo basterà a pagare la Casa di Salute. Ho cercato di escludere l'intervento della zia, perchè quella donna non mi affida. Col direttore della Casa ho preso gli accordi necessarii; ed egli mi ha promesso che Teresa avrà un trattamento eccezionale. (Pausa. Dissimulando l'angoscia) Domani, alle otto del mattino, sarà qui una carrozza chiusa con una infermiera. Tu ti unirai a lei per accompagnare Teresa sin là. Al direttore ho già detto che sei un nostro parente e come tale sarai da lui considerato. Se non ti parrà inutile per Teresa, di tanto in tanto... ti sarà permesso di visitarla. Va bene?

Valentino

Vedo, difatti, che hai pensato a tutto.

Stefano

E a tutti! Anche a te, se non mi sbaglio.

Valentino

Io ti ho già ringraziato.

Stefano

Per il danaro.

Valentino

Naturalmente: per il denaro che mi hai favorito [185]

Stefano

E adesso, di niente altro mi ringrazii?

Valentino

Scusa... non saprei....

Stefano

(guardandolo fiso) Non ti ho dato forse il mezzo di visitarla, di vederla?...

Valentino

(con un po' d'incosciente imbarazzo) Ah sì! Di questo ti ringrazio specialmente per lei. Non dubito che lì le saranno prodigate tutte le cure possibili. Ma saranno sempre le cure di persone pagate, di persone estranee. E giacchè su quella vecchia fanatica, che ancora dovrebbe farle da madre, non c'è da contare, meglio io che nessuno. Chi sa che la povera pazza non ne abbia davvero qualche sollievo! Si afferma che ella non distingua più un individuo da un altro? Fino a un certo punto, dico io. Da te, per esempio, è lontana come se fosse morta; e si direbbe quasi che ci tenga a essere morta per te. Io ci scommetterei che in quella completa oscurità di coscienza si nascondano dei ricordi perenni che sono come... come gli avanzi d'un naufragio conficcati nell'arena in fondo all'abisso del mare. (Accalorandosi) E difatti, se non fosse così, in che modo si spiegherebbe il [186] fenomeno per cui ella ripete continuamente i versetti che il vecchio mendicante recitava all'epoca dei vostri giorni felici? In che modo si spiegherebbe che ella si compiace spesso d'indossare o d'avere tra le mani l'abito che ordinò in quella sera indimenticabile?... (Quasi pentendosi d'aver parlato con troppo acume) Del resto, lo so... c'è poco da raccapezzarsi. La pazzia ha misteri grandi e impenetrabili e chiude la sua porta di ferro in faccia a ogni presuntuoso che pretenda di penetrarli.

Stefano

(levandosi e fissandolo più da vicino) Intanto tu parli come uno che li abbia penetrati senza trovare ostacoli.

Valentino

Io?!...

Stefano

Non lo dichiari apertamente, ma sei convinto d'esserle di sollievo. Sì, sei convinto che tra i ricordi perenni nascosti nell'abisso ci sia quello della tua devozione. Cosicchè, oltre ad avere l'opportunità d'appagare il desiderio di vederla, avrai pure il privilegio di farle del bene, di esserle prezioso: avrai pure la speranza... ma che dico «la speranza»!... avrai la sicurezza d'essere da lei preferito fra tutti. E ciò ti riempirà di gioia, ti riempirà d'orgoglio, ti renderà felice!... [187]

Valentino

(difendendosi e supplicando) Ma Stefano!

Stefano

(con amara violenza) Lasciami gridare ciò che penso e ciò che sento! Lasciami gridare che t'invidio!

Valentino

Io sono stato il tuo servo, Stefano! Non mi mortificare così.

Stefano

T'invidio, sì, t'invidio per quello che sarai domani e anche per quello che sei stato sinora! Che t'importava di trascinare la misera persona fra le miserie naturali della tua vita? Eri un deforme? Ma sapevi di esserlo. Eri un debole? Ma sapevi di esserlo. Eri il mio servo? Ma te ne accontentavi. E quando potevi rivolgere la parola umile e affettuosa alla donna dalla quale io ero idolatrato, quando, più tardi, dopo che la demenza l'ebbe distaccata da me, potevi guardarla lungamente dalla tua finestra, nel silenzio della sera, sola, smarrita nel giardino dove tante volte mi aveva coperto di baci, a te pareva di conseguire un premio immeritato e dovevi senza dubbio averne delle estasi profonde! [188]

Valentino

(in una specie di avvilimento, piega la testa sul petto.)

Stefano

Cos'è? Abbassi la fronte, adesso?! Non t'era mai passato per il cervello che io ti avrei indovinato?... che io t'avrei fatto l'onore di spiare le tue contemplazioni per sorprendere il tuo più intimo pensiero?

Valentino

Non ne avevi il diritto!

Stefano

Perchè?

Valentino

(animandosi) No, non ne avevi il diritto, e, trattandosi d'una meschina creatura come me, non dovresti essere così ferocemente crudele.

Stefano

Ah! Tu sei, dunque, il mio rivale sacro e inviolabile?! [189]

Valentino

(con uno scatto audace) Ciò che tu fai in questo momento è una viltà!

Stefano

Ed osi anche di giudicarmi, tu, che stai lì, in agguato, per pigliarti quel poco che resta di quanto fu solamente mio?!

Valentino

(ancora implorante) Stefano, non tormentarmi di più!

Stefano

(prorompendo con asprezza) Sii maledetto per tutto quello che mi fai provare e per tutto quello che sai farmi dire! (Si copre il viso con le mani. Dopo un silenzio, si sforza di recuperare un po' d'energia. Va alla scrivania per prendervi ancora delle carte.)

Valentino

(siede annichilito.)

[190]

SCENA II.

STEFANO, VALENTINO, TERESA.

Teresa

(entra dalla destra. È vestita dimessamente, in disordine; ma ha tuttora nei capelli scompigliati l'ornamento che le cade sulla fronte e porta in una mano il suo abito prediletto lasciandolo strascicare per terra. Porta poi sulle spalle molti merletti e nastrini di vario colore, che le pendono da tutte le parti.)

Stefano

(al suo apparire, come di solito, si paralizza e vorrebbe quasi nascondere la sua ansia scrutatrice.)

Teresa

(si accosta a Valentino) Di': hai mai visto il mio abito nuovo? (Glielo mostra) Guarda che magnificenza!

Valentino

(non osa più alzare gli occhi a lei, e si confonde ed arrossisce) Sì... sì... lo conosco, signora Teresa.

Teresa

E lo sai che ci metterò anche tutti questi nastri e tutti questi merletti?... Ma tu non guardi. Fai [191] male!... (Ha un gesto ammonitore) «Apri gli occhi sulla terra»!...

Stefano

(per sottrarsi a quella voce che gli entra nell'anima e nella carne come una vite, affretta bruscamente la partenza) Non più, non più!... Tronchiamo!... (Va per prendere il cappello di su una sedia.)

Valentino

(avvicinandosi a lui, energicamente) Ma làsciati vincere, invece. Non ti ostinare.

Stefano

(si ferma.)

Valentino

(abbassando la voce e parlando concitatamente) Vai a correre dietro a una donna che disprezzi, soltanto per l'ubbriachezza della disperazione. E quando l'ubbriachezza sarà svanita, ti sentirai nauseato del fango in cui quella donna t'avrà fatto precipitare.

Stefano

(frenando lo spasimo con rude caparbietà) No! [192]

Valentino

Ti sentirai avvilito dai suoi milioni, accumulati Dio sa con quali turpitudini!

Stefano

No!

Valentino

Resta qui, resta qui, tu, e pensa piuttosto... che spetta a me oramai di prendere il volo!

Stefano

A te?!

Teresa

(intanto, si è seduta sopra una delle casse piene di libri ed è tutta dedita ad ornare di merletti il suo vestito.)

Valentino

Sì, sì, a me! Alla malora gl'intrusi!... (Ridiventando umile) D'altronde, dopo la mortificazione che mi hai inflitta, io non saprei adempiere a quello che io credevo fosse un dovere... e nemmeno saprei profittare del tuo denaro. Se te ne meravigli, non ti do torto, no, perchè la malattia della fierezza io non l'ho mai avuta. Ma ecco che essa mi capita [193] addosso all'improvviso e viene ad aumentare i miei guai!... Si vede che non sono fortunato. (Cava dalla tasca la busta contenente il danaro e la pone sulla scrivania.)

Stefano

(raddolcito, commosso) Quel po' di danaro che ti dovevo per i servigi che mi hai resi non ti vieterà di essere fiero. Riprendilo, te ne prego. E quanto al resto, dimentica le parole che per un istante ti hanno frugato nell'anima. Esse non erano che il vaniloquio d'un uomo che tra breve... sparirà.

Valentino

(facendo un estremo vivace tentativo di persuasione) Non lo capisci, dunque, non lo capisci che solamente in questa sventurata puoi trovare ancora la tua salvezza?

Stefano

Ella è da me lontana come se fosse morta. L'hai detto tu stesso.

Valentino

Ma le persone migliori, Stefano, muoiono forse appunto per esercitare su noi, da lontano, quella influenza benefica a cui durante la loro vita ci ribellammo. [194]

Stefano

Non è vero! Restando qui morirei anch'io.... Mi consumerei di crepacuore! (Un'ultima pausa di perplessità angosciosa. Poi dolorosamente, quasi abbracciandolo) Addio, Valentino!

Valentino

(con un groppo alla gola) Addio!

Stefano

(piglia il cappello e impulsivamente va verso la pazza.)

Teresa

(si leva subito per scostarsi un poco, e interroga con una intonazione di curiosità diffidente) Che vorresti?

Stefano

(in un impeto di profonda commozione, gli occhi pieni di lagrime, la stringe al petto in un lungo amplesso e le bacia la fronte) Vorrei che tu vedessi... che io piango. (Si distacca da lei, ed esce rapidamente.)

[195]

SCENA III.

TERESA e VALENTINO.

Teresa

(impassibile, prende i nastri che le scendono dalle spalle e accuratamente ne sceglie uno. L'abito è rimasto sulla cassa.)

Valentino

(dopo qualche minuto di tragico sbalordimento, immobile, siede e si accascia sotto il peso dei suoi pensieri.)

Teresa

(tenendo per un capo il nastro che ha scelto, lo fa svolazzare nell'aria seguendo con lo sguardo il piccolo volo frenato. Poi, con maggiore slancio, lo lascia a sè stesso, gettandolo in alto. Vorrebbe afferrarlo; ma il nastro cade. Ella ha un moto di dolore.) Oh!... (Si rivolge a Valentino e lo chiama:) Ei!... Tu!... (Indicando il nastro caduto) Non vedi?... Aiutami.

Valentino

(si scuote; si alza; lo raccoglie e glielo porge con un lieve tremito nel braccio, evitando di guardarla e d'esserne guardato.) [196]

Teresa

(riprendendo il nastro) Hai paura di me?

Valentino

No, signora Teresa.

Teresa

... Hai ribrezzo?

Valentino

Mi addolora molto che vi corrano alle labbra dei dubbii di questo genere.

Teresa

... Non so nemmeno chi sei.

Valentino

E chi volete che io sia!... Sono... un gobbo.

Teresa

E poi?

Valentino

E poi sono... un triste parassita. [197]

Teresa

Perchè?

Valentino

Perchè specialmente dal male degli altri cavo quello che mi occorre per vivere. Non posso negarlo. Poco fa egli aveva ben ragione di colpirmi. Io anzi ho arrossito. M'è parso perfino che non avrei avuto più il coraggio di avvicinarmi a voi, di rivolgervi la parola.... Ma, invece, no. Sono peggio di prima. Essendo adesso sicuro che nessuno mi spia, io mi avvantaggio più che mai del fatto che voi non mi vedete e non mi ascoltate. Vi sto vicino, vi guardo, vi parlo liberamente, e vivo l'ora più dolce della mia vita. Se voi non foste la vittima d'una grande sciagura, quest'ora non mi sarebbe concessa.

Teresa

Ecco: tu mi convinci. E credo che fra noi due c'intenderemo perfettamente. Parliamo,... parliamo di tutto. (Lo tira a sè, e se lo fa sedere molto dappresso.) Parliamo come se fossimo due amici.

Valentino

(animandosi molto, — con gli occhi luminosi) Sì, sì, parliamo come se fossimo due amici.

[198]

SCENA IV.

VALENTINO, TERESA, STEFANO.

La voce di Stefano

(lontana) Valentino!... Valentino!...

Valentino

(sobbalzando di meraviglia e di timore, quasi gli paresse di esser sorpreso in flagranza) Lui!

la voce di Stefano

Sono qua, sono qua, Valentino!...

Valentino

(scosta la sua sedia da Teresa, e in preda a una viva emozione corre alla porta.)

Teresa

(si alza allarmata e riprende in fretta il suo abito, agitandosi e gridando:) No! No!... Non farlo entrare! Per carità, non farlo entrare! Son vestita come una serva.... Non è così che debbo ricevere questo signore!

Valentino

(è sotto l'arco della porta.) [199]

Stefano

(arriva di corsa, trafelato e gli getta le braccia al collo, abbattendosi su lui.)

Teresa

(si rifugia paurosamente in un angolo, cercando di nascondersi, e, senza più gridare, continua, supplichevole:) No!... No!... Mandalo via... Mandalo via....

(Una pausa.)

Stefano

(ansimando) Non ho potuto! (Si solleva per prendere fiato.)

Valentino

(gli toglie di mano il cappello e lo getta sopra una sedia.)

Stefano

Per allontanarmi da qui... ho lottato... ho lottato... come una belva che vuole spezzare i ferri della sua gabbia.... E questa lotta terribile... mi ha esaurito. Non reggo più. (Affranto, annientato, appoggiandosi a Valentino, si trascina sino al divano e vi si abbandona.) [200]

Valentino

Avevi anche passate tante notti insonni.... Càlmati, ripòsati.... Lo potrai, perchè i narcotici ai quali invano sei ricorso finora agiranno, stasera, beneficamente. E ti garantisco che ti sveglierai sano e forte, come non sei stato mai.

Stefano

Non lo spero ancora.... (Con gli sguardi irrequieti, cerca Teresa, e la vede lì rincantucciata e paurosa.)

Valentino

Chiamala a te.

Stefano

Non verrebbe.

Valentino

(si accosta a lei affettuosamente) Volete parlare con quel signore?

Teresa

(accennando alla sua veste dimessa) Chi sa che cosa avrà pensato di me!

Valentino

Tentate di farvi scusare. [201]

Teresa

E come?

Valentino

(la prende per una mano e quasi senza fargliene accorgere la conduce a Stefano piano piano, esortandola confidenzialmente:) Ditegli che avete un altro abito. Mostrateglielo, anzi. E se proprio egli aveva pensato male di voi, si ricrederà. È vero, Stefano, che ti ricrederai?

Stefano

Sì, certo.

Teresa

(gli mostra l'abito) Ti piace?

Stefano

(trasognato, ravvivandosi in viso) È bello!

Valentino

(con una serena voce suggestiva) Sedetegli accanto.

Teresa

(siede automaticamente accanto a Stefano.) [202]

Valentino

Fategli capire che sarà anche più bello.

Stefano

Sì, spiegatemelo bene.

Teresa

Aspetta, e vedrai. (Prende qualcuno dei suoi nastri, e s'industria a infilarlo nei trafori del merletto di cui ha adornato l'abito.)

Valentino

(sommessamente, alle spalle di lui) Io me ne vado su, nella mia camera, Stefano. A rivederci.

Stefano

(a Teresa) Ma, a questa luce fioca, non bisogna lavorar troppo. Ne soffrirete.

Teresa

(sorridendo) Non importa.

Valentino

(curando di non far sentire il rumore dei suoi passi, esce a sinistra.) [203]

Stefano

Riposiamo insieme, adesso. E domani poi tutti e due torneremo al lavoro. Io sarò paziente... come voi. E voi mi consiglierete.... Voi mi darete l'esempio.... Voi sarete la mia Virtù.

Teresa

Io sono piccola piccola....

Stefano

(ripete con vaga tenerezza pensosa:) Piccola piccola.... (Timidamente, la circonda con le braccia.)

Teresa

(non oppone alcuna resistenza e cessa di lavorare.)

Stefano

(stringendosi a lei, e posando il capo sulla spalliera del divano) Così.

Teresa

Perchè sei stanco?... Hai fatto un lungo cammino?

Stefano

Assai lungo. [204]

Teresa

Vuoi dormire?

Stefano

Sì.

(Un silenzio.)

Stefano

(socchiude gli occhi, e mormora:) Ecco: a poco a poco, tutto mi sparisce intorno.... Non vedo che voi... come se foste la mia anima.... Vi vedo tranquilla.... Tanto tranquilla!... Finalmente, è il riposo.

(Un silenzio.)

Stefano

(dorme.)

Teresa

(delicatamente, si svincola dalle braccia di lui. — Si leva. — Come per una impercettibile intenzione gentile lascia cadere l'abito sulle ginocchia e sui piedi di Stefano. Sorride un'altra volta, e si allontana guardandolo. A un punto, comincia a ripetere, lentissimamente, [205] con un accento lieve monotono e melodico, una strofetta del vecchio mendicante:)

Sopra il mare — non guardare.

Chiudi gli occhi — e poi cammina....

(Ella dilegua nel parco; ma la strofetta giunge ancora, fievolissima:)

C'è un'amica — a te vicina.

Chiudi gli occhi — e poi...... cammina....

La voce di Valentino

(urgente e spaventosa, ma quasi dispersa dalla lontananza) Accorri, Stefano! La signora Teresa è in piedi sul parapetto, e tende le braccia al mare!

(Valentino entra dalla sinistra, si precipita verso il parco e sparisce.)

(Si ode il suo grido di terrore.)

(Sipario.)

Fine del dramma.

Avvertimenti per gli Attori.

Per maggior chiarezza scenica, Valentino potrà dire: — «Accorri, Stefano! La signora Teresa è in piedi sul parapetto, e sta per gettarsi in mare!» L'autore consente, benchè mal volentieri, a questa modificazione.

— Queste che seguono son le note che deve cantare al primo atto [206] Il Vecchio mendicante ballando pesantemente. Le medesime note deve accennare all'atto terzo, e le medesime note, in tono minore, deve ripetere Teresa, facendogli eco, quando si rifugia con lui tra gli alberi del parco:

spartito musicale

NOTA:

1. Nota per l'allestimento scenico. — Si badi. Questo gradino è indispensabile, e deve essere immediato alla porta, di là dai due battenti.

Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.

Copertina elaborata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.

*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 43356 ***