Project Gutenberg's La prigione - Acqua sul fuoco, by Ercole Luigi Morselli

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Title: La prigione - Acqua sul fuoco

Author: Ercole Luigi Morselli

Release Date: July 9, 2019 [EBook #59878]

Language: Italian

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LA PRIGIONE

ACQUA SUL FUOCO


ERCOLE LUIGI MORSELLI

LA PRIGIONE

DRAMMA IN TRE ATTI

6º migliaio

MILANO
CASA EDITRICE VITAGLIANO


DELLO STESSO AUTORE:

«IL TRIO STEFANIA»

Casa Editrice Vitagliano — L. 6.


PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

I diritti di riproduzione, di traduzione e di rappresentazione sono riservati per tutti i Paesi, compresi i regni di Svezia, Norvegia e Olanda.

Per la rappresentazione delle presenti opere occorre il permesso della Società Italiana degli Autori — Milano, Corso Venezia, 6.

30-11-20-5

Copyright by CASA EDITRICE VITAGLIANO, 1920

Dalle Officine Grafiche SAITA & BERTOLA — Milano, Corso Romana, 113


[5]

LA PRIGIONE

[7]

PERSONAGGI:

In Siena, nel palazzo dei marchesi Della Lizza, sul morire del secolo XIX.

[9]

ATTO PRIMO

LA SCENA

Un grande salotto rettangolare: mobili dorati del miglior Settecento. Nella parete di fondo due bifore, di bel disegno del Rinascimento, si aprono alla luce di uno splendido pomeriggio di settembre, in cui ridono case senesi parate a festa, di giallo, di rosso e di verde. In ciascuna delle pareti laterali, una porta a due battenti verniciati di bianco, con stemma dorato. Presso le porte due piccole consolles sormontate da specchi. Tra le due finestre del fondo un divano e poltroncine. Sedie lungo le pareti. Nel mezzo un tavolino col piano di porfido, vicino al quale sono altre due poltroncine. Portiere e tappezzerie di una seta chiarissima, verde, bianco e celeste. Sulla consolle di sinistra sono vassoi di dolci e un grande servizio per cioccolata, elegante porcellana del Settecento. Ai davanzali delle bifore sono esposti ricchi damaschi verdi. Appesi alle pareti ritratti di antenati in parrucca. Quello appeso sulla porta di sinistra, deve essere d'uomo.

[10]

SCENA PRIMA

Buonincontri, Sassetto, Serdoni in gruppo presso la finestra di sinistra parlano, bevendo la cioccolata. Gaia e Piero nel vano della finestra parlano tra loro. Roberto, stando più sdraiato che può su una delle poltroncine presso il tavolino di mezzo, segue con maliziosa compiacenza i movimenti di Selvaggia. La quale, sapendosi guardata, si studia d'esser procace, mentre riempie una tazza di cioccolata, alla consolle di sinistra.

SELVAGGIA

(offrendo con un inchino scherzoso)

E lei, mister Ricotti, si degna d'essere servito da me?

ROBERTO

Bada che ti appiccico un bacio che fa epoca!

SELVAGGIA

Dopo! Quando passa la processione (via da destra).

SERDONI e BUONINCONTRI

(scoppiando a ridere)

Oh, bella, bella, bella!... Questa non la sapevo [11] proprio! (si stringono attorno a Sassetto che continua a parlare sottovoce).

(Da destra il rumore di un moderato battimani, misto a un confuso suono di voci femminili).

MATTEI

(entrando da destra, soffiando)

Roberto. Si va via?

ROBERTO

Nemmeno per sogno!

MATTEI

Tu ti diverti eh? briccone! Ma io crepo se sto un altro quarto d'ora in questo museo vivente!

ROBERTO

Come? L'inno sacro della contessa Buonincontri non ti è piaciuto?!

MATTEI

Adesso c'è di peggio! C'è un poema e di quella spaventa-passeri svizzera! Un po-e-ma! «Les amours de Psyché et Cupidon»!... Capisci? che cosa ha avuto il coraggio di scrivere?... Con quel muso!

(Roberto abbocca un grosso pasticcino ridendo).

[12]

SCENA SECONDA

Luisa entra da destra seguìta dalla Contessa Buonincontri, Chiara, Marta, Pia, Selvaggia, madame George e da altri invitati; ultima donna Fulvia, la cui modernità risplende in quello stuolo di anticaglie.

LUISA

(traversando la scena)

No, no,... vi prego!... onoriamo le nostre belle costumanze!... trasportiamoci nel salottino rosso... L'eco di quella poesia sacra non deve esser turbata dall'aurea classicità dei vostri poemetti, madame George!

Madame GEORGE

Oh! io sono molto profana!...

Contessa BUONINCONTRI

L'arte ha tutta in sè del sacro, illustre amica. (Il gruppo esce da sinistra).

Donna FULVIA

(passando, con ironia)

Buon appetito, signor Ricotti.

[13]

ROBERTO

(senza scomporsi)

Grazie mille, donna Fulvia!

MATTEI

È caustica. Segno che non ti ha ancora sostituito? (sbadiglia).

ROBERTO

Perchè non ci provi tu, invece di sbadigliare?

MATTEI

Proprio?...

ROBERTO

Che cosa vuoi che me ne importi!

MATTEI

Eh! capisco!... Ti sei dato a una caccia ancora più proibita...

ROBERTO

(alzandosi e minacciandolo fra il riso e il serio)

Linguaccia!

MATTEI

(lo prende a braccetto e lo conduce verso la porta di sinistra)

Vai a gonfie vele con la marchesina... Eh!... Ho visto... Ho visto!... (escono).

[14]

SCENA TERZA

BUONINCONTRI e SERDONI

(a una voce)

Eeeeeh?

SASSETTO

(venendo avanti verso destra)

... È grossa! lo so anch'io che è grossa... Ma ne ho colpa io se le nostre più antiche casate ruzzolano tutte così nel brago?... È scritto lassù...

BUONINCONTRI

(sospirando)

Dio ci abbandona! È stanco di noi!...

SERDONI

... perchè troppa gran parte di noi ha abbandonato Lui... vilmente!... come dice sempre Monsignore...

SASSETTO

(scorgendo Tondi sulla soglia di destra)

Oh! avvocato!... E così? Ha visto? (guardando di non essere udito da altri) Le nostre previsioni erano dunque fondate!

BUONINCONTRI

Più fondate del suo ottimismo!

[15]

TONDI

Perchè?

BUONINCONTRI

Il marchese non scende...

SASSETTO

Si è dato indisposto per non incontrar lei, naturalmente.

TONDI

Ma niente affatto: discendo ora dal suo studio... Mi ha fatto chiamare.

SASSETTO, BUONINCONTRI, SERDONI

(ad una voce)

Eeeeeh?

TONDI

Sicuro! e ho anche una buona lezione da portare alla Banca da parte del marchese!

BUONINCONTRI, SERDONI

(c. s.)

Come? come?

TONDI

Io ve l'avevo detto che non avrebbe accettato una condizione simile... era un'offesa...

SERDONI

Ritira la cambiale?

[16]

BUONINCONTRI

Paga quindici mila lire?!!

TONDI

Le ha pagate già! Senza chiacchiere, senza frasi. Non vi pare una lezione da gran signore?

SERDONI

(tra sè inebetito)

Quindici mila lire?

BUONINCONTRI

(come Serdoni)

Quindici mila lire?!!...

SASSETTO

(ghignando)

Sfido io che è indisposto, allora!... Quindici mila lire così... su due piedi...

TONDI

Oh! no... Un po' di stanchezza. Lavora troppo. (Roberto viene da sinistra verso il gruppo).

SASSETTO

Ahi! ahi! ahi! Lavora sempre a quel benedetto «Quattrocento senese»?

TONDI

Già... credo... Perchè?... Le dispiace?

[17]

SASSETTO

Stiamo freschi!... Chi sa, come ce li concerà quei poveri antenati nostri! (con intenzione). Che cosa ne dice l'egregio signor Ricotti?

ROBERTO

(con ostentazione)

Li compatisco! Non tutti possono aver la fortuna di discendere da un nonno ciabattino, come me!

TONDI

Lui, gli antenati, se li porta qua!... (accennando il portafogli).

ROBERTO

Vedete un po'! Se invece di essere nato in questa miserabile Italia, fossi nato negli Stati Uniti, mio padre lo avrebbero chiamato il Re delle scarpe... e io sarei stato Principe!...

SASSETTO

... delle scarpe! già già. Verissimo! Verissimo! (tutti ridono).

SELVAGGIA

(affacciandosi da sinistra)

Signor Ricotti!

ROBERTO

Marchesina Selvaggia!

[18]

SELVAGGIA

E la zia?

ROBERTO

Non l'ho vista.

SELVAGGIA

Adesso vado a prenderla io! (esce correndo da destra).

ROBERTO

Brava! (esce dietro a lei guardandola con compiacenza di conquistatore).

BUONINCONTRI

(a Sassetto)

Si vogliono un gran bene, è vero, quei due?

SASSETTO

Uh! un bene straordinario!!... specialmente lei... credo!

BUONINCONTRI

Eh! eh!... La ragazza è saggia!... Quel calzolaio potrebbe rialzare le sorti economiche del «grande patriziato dei Della Lizza», come lo chiama la marchesa Luisa!

(Serdoni e Tondi escono parlando da destra. Incomincia uno scampanìo lontano).

SASSETTO

Pare assodato però che il nostro marchese professore non voglia neppure sentir parlare di lui.

[19]

BUONINCONTRI

Già... Già... Ma... perbacco!.., questo colpo delle quindici mila lire... farebbe credere...

SASSETTO

Ma no! Perchè andare a strologar misteri quando la verità è così semplice!... Si sa battere, prima di tutto... e poi... gli vogliono bene insomma! gli vogliono bene tutti! Ecco il gran mistero! Non vedi l'avvocato Tondi? «Se chiede denaro vuol dire che lo può restituire»: ecco che cosa dicono tutti. E seguitano a prestargliene!

CHIARA

(di fuori, poi affacciandosi da sinistra seguita da Marta e Pia).

Ma sì! vedrete! adesso lo chiedo a papà... Papà!

SASSETTO

(voltandosi)

Tesoro!

CHIARA

È questo il segnale dell'uscita?

SASSETTO

Eh?... che uscita? Ah! Ah!... Sono sempre così distratto!... (ascoltando le campane) Scusate!... [20] Sì... sì... sicuro, figlia mia.., in questo momento la processione esce dal Duomo.

MARTA, CHIARA, PIA

Uh! che bellezza!... Avete visto!... È questo! È questo! (via tutte da sinistra).

SASSETTO

È così. È così, caro Buonincontri!... Vuoi che ti riveli da che parte vengono quelle quindici mila lire?

BUONINCONTRI

Tu lo sai?

SASSETTO

Semplicissimo: dal Banco Fiorentino.

BUONINCONTRI

Eh? Dal Banco Fiorentino?! Così ostico sempre!

SASSETTO

Così stanno le cose, amico mio! Quest'uomo rovinato gode una di quelle fiducie... che noi a mala pena riusciamo a sognarci di notte... e... quando la digestione è in regola!... (ride. Escono da destra).

[21]

SCENA QUARTA

PIERO

(avanzando nel vano della finestra)

Tu sei un angelo, Gaia... tu non hai occhi fuor che per il bene!

GAIA

Il babbo soffre... è vero... me ne son avvista anch'io...

PIERO

E dunque?

GAIA

Ma non le dice nulla... mai... Non si lamenta mai con lei di questa vita di città... Con lei fa finta d'esserne beato!

PIERO

(con dolce rimprovero)

Ah! Gaia! Se io soffrissi per causa tua... dovrei dirtelo... perchè tu te ne avvedessi?

GAIA

No!... Piero!! L'indovinerei subito!!... Ma credi pure che li ho sentiti io tante e tante volte rallegrarsi tra loro d'aver salvato questo palazzo, che chi sa in quali mani sarebbe caduto...

[22]

PIERO

Di questo non dubito. Ma salvare il palazzo è una cosa, e viverci è un'altra. Lui, mia cara, aveva sognato di poter vivere con tua madre come vivremo noi, nella pace di una campagna, tra studio e amore... Unica felicità del mondo!!... Lui non parla, Gaia... Lui non dice nulla... Ma basta guardarlo!... Quando noi col nostro egoismo di ragazzi innamorati gli riempiamo la testa delle nostre felicità future... Oh! non piange, no! Ride!... Ma è più che se piangesse! Io giurerei che rivede quella sua antica «Villa Speranza» dove gli sei nata tu... e che non è più sua... che non ritornerà più sua!... Pensa se dovessimo rinunziar noi al nostro sogno, alla nostra piccola «Villa Gaia»...

GAIA

No!

PIERO

Se per un qualche destino avverso... non la potessimo più avere...

GAIA

(prendendogli un braccio con terrore)

No! Piero!

PIERO

(ridendo)

No! No! Non aver paura, mia reginotta dalle [23] trecce d'oro!... Le fate guardano la nostra casetta... e ottobre è vicino... (stringendole forte la mano, poi baciandogliela) vicino! vicino! vicino!

MADDALENA

(entra da sinistra, posa un grosso bricco di rame sulla consolle)

Signorina, c'è una bella nuova!

GAIA

(scendendo)

Che c'è Maddalena?

MADDALENA

Indovini un po' chi è arrivato?

GAIA

Chi?

MADDALENA

Il signor ingegnere!

GAIA

Lorenzo?! (felice) Senti, Piero? è arrivato Lorenzo (a Maddalena) E dov'è?

MADDALENA

(mettendosi il dito sulla bocca)

Zitta!... Per carità! è salito subito subito su dal signor Marchese, e m'ha detto: Non lo dire a nessuno che son venuto.

[24]

GAIA

(diventando seria)

Perchè avrà detto così?

PIERO

Eh! non mi par difficile indovinarlo! Avrà fretta di ripartire... vorrà parlar d'affari col babbo... Sai che questi ricevimenti sono sempre stati un incubo per tuo fratello.

SCENA QUINTA

MOLTE VOCI

(da destra)

Ooooh! Finalmente! Oooh!

Piero riconduce Gaia alla finestra. Maddalena vuota il bricco di rame in quello di maiolica, poi esce da sinistra.

SELVAGGIA

(entrando da destra)

Di qua, di qua, zia! È arrivata la cioccolata calda calda!

Rosa, vestita molto antiquata e buffa, entra al braccio di Sassetto. Seguono Roberto, Buonincontri, Serdoni.

[25]

ROBERTO

(a Selvaggia che è corsa alla consolle di sinistra)

Poca poca! Mi raccomando! Non si va in paradiso, a bere molta cioccolata!

ROSA

(col suo fare da scema di mente)

Che ne sa lei del paradiso? ereticaccio! Chissà quanta cioccolata bevono anche lassù, oggi! dico io!

SASSETTO

Sicuro! bisognerebbe essere scomunicati per non bere la cioccolata in questa ricorrenza!

BUONINCONTRI

(offrendole)

Qualcuno di questi pasticcini? (continuando a tenerle dinanzi il vassoio anche dopo che Rosa ha preso con ambe le mani e mangia avidamente).

SERDONI

(offrendole un vassoio di biscotti)

Questi son «riccioli d'angiolo»... non si possono rifiutare, contessa!

ROBERTO

Sarebbe un peccato mortale!

[26]

ROSA

(a bocca piena, ingegnandosi a prendere)

Uh! grazie... troppo buoni!

SASSETTO

Noi... o i pasticcini?

ROSA

(risponde con un mugolìo espressivo, avendo la bocca piena).

SELVAGGIA

Ecco la cioccolata, zia; ci ho messo cinque cucchiaini di zucchero. Va bene?

ROBERTO

Troppo poco! diavolo! cinque soli! (prende una zuccheriera e gliene mette qualche altro).

ROSA

(schermendosi)

No!... No!... No!...

Giunge da sinistra il suono di un battimani come il primo.

CHIARA, MARTA, PIA

(entrando da sinistra)

Oh! oh! La contessa Rosa! Buon giorno! Come sta? L'aspettavamo! Perchè si è fatta aspettar tanto?

[27]

ROSA

(risponde con dei mugolii a bocca piena e con dei gesti ai saluti, ai complimenti).

CHIARA

Si ricorda la sua promessa, contessa Rosa? Ci deve recitare la morte di Poppea!

MARTA

Sicuro!

PIA

Subito allora! Madame George ha finito il suo poema.

CHIARA

Si, sì, sì! Venga, contessa Rosa. Sia buona! (spingendola verso sinistra).

ROSA

Pronta! Pronta! (mettendo in bocca gli ultimi biscotti che ha in mano e avviandosi).

SELVAGGIA

Oggi è in vena!

MARTA, PIA e CHIARA

Evviva la Contessa!

SELVAGGIA

Evviva la zia!

[28]

ROBERTO

Evviva Poppea!

SCENA SESTA

Luisa, con madame George, appare alla porta di sinistra.

LUISA

Ma che cosa c'è dunque, di così bello?

ROSA

Ci sono io!! (facendo una goffa riverenza).

Rosa esce da sinistra in mezzo al gruppo che ride. — Sassetto e Buonincontri vanno a stringere la mano alla George in segno di rallegramento. — Serdoni si avvicina a Luisa.

LUISA

(a Serdoni)

A mia sorella piace di scherzare sempre... Il contrario di me... che perdo il tempo... è vero?... a filosofeggiare alla maniera dei nostri nonni!...

SERDONI

Oh! non dite così, marchesa Luisa.

MARTA

(riaffacciandosi)

Madame George! Venga a vedere la contessa Rosa! Venga!

[29]

Madame George esce gesticolando con Sassetto e Buonincontri da sinistra dietro a Marta.

LUISA

(sospirando)

Che cosa è lecito a noi miseri nepoti, fuorchè vagheggiare sogni di bellezze passate?!... Qualche volta però mi sembra che sorridano questi avi, delle mie fatiche...

SERDONI

Eh!... perchè mai?

LUISA

Sì! sì! Non m'illudo, Serdoni. Lo so bene che il salotto... il vero salotto nostro è morto. L'abate Chiari non torna qui a inghirlandare dei suoi madrigali il piedino della mia prozia Della Lizza, nè la vostra bisnonna s'imporpora più alle galanterie di questo famoso Lorenzo... (indicando il ritratto sopra l'uscio di sinistra) a cui nessuna, si dice, sapeva resistere...

SERDONI

Fama meritata quant'altra mai!

Mattei e donna Fulvia entrano da sinistra parlando sottovoce e ridendo: vanno alla finestra di sinistra.

LUISA

Era un logico invincibile.

[30]

SERDONI

(distratto dal duo di sua moglie con Mattei)

Dicono... già...

LUISA

Io credo che precisamente con la logica seducesse le donne...

SERDONI

Con la logica?!... Dio mio!... marchesa!... con logica sola?... mi sembra impossibile!...

LUISA

Mah!... Non sognamo troppo!... Contentiamoci di quella pallida visione che io mi sforzo di rievocare intorno a queste Cose... che hanno visto e udito!... che son tutta la nostra gloria... tutta la nostra grandezza!

SERDONI

Voi compite un vero miracolo!

LUISA

Oh! no! Non mi lusingate, Serdoni. Solo la viltà del secolo nel quale viviamo può esser di scusa alla mia impotenza!

SERDONI

Ah! i tempi! i tempi!... non ne parliamo, marchesa Luisa!... Non vi so dire quanto mi sia rincresciuto [31] che Romano non sia sceso!... Almeno con lui si parla sempre di cose vecchie!...

LUISA

Se non fosse ormai così vicina la processione, vi direi di salire da lui... a distrarlo un poco. Lavora troppo!...

SERDONI

Sempre a quel benedetto «Quattrocento Senese». Eh? Eh?

LUISA

Precisamente. Io faccio di tutto per indurlo a riposarsi... Non vuol capire che gli anni passano!... In questa settimana due notti intere studiando!...

SERDONI

Per Bacco! Per Bacco! fino a disertare il letto matrimoniale! Non credevo mai!... Lo redarguirò! Lo destituiremo dalla carica di sposo modello! Eh! Eh!

LUISA

(sorridendo, ma con mestizia)

Povero Romano!

Da sinistra scoppia un battimano condito di risate.

[32]

La voce di ROBERTO

Giurabbacco! Sembra morta davvero! È un'altra Sara Bernard!

LUISA

Questo sguaiatissimo signor Ricotti si permette confidenze, che nessuno gli ha mai concesso!... Ecco i regali del gran '79! Ecco il veleno di cui muoiono i nostri salotti, Serdoni!... La volgarità! la volgarità che sale come un flusso di fango... fin dentro queste nostre torri!... e inquina... inquina!...

SERDONI

(distratto sempre dal duo della moglie con Mattei)

Terribile! Terribile!

LUISA

Volete venire al balcone?... La processione dev'essere per svoltare.

SERDONI

Volentieri. (Escono da destra).

MATTEI

Vostro marito m'ha lanciato una terribile occhiata di sfida!

FULVIA

Proprio a voi?

[33]

MATTEI

Perchè no?... Vi pare che non me la meriti ancora?

SCENA SETTIMA

Si ode una lontana musica di banda che si avvicina, poi cessa.

GAIA

Ecco la processione!!... Quante bambine! Vedi Piero?...

Madame George sbuca da sinistra e si slancia in mezzo ai due fidanzati per vedere. — Rosa traversa di corsa.

FULVIA

Contessa Rosa! Qua! qua! Vede che bel posticino le abbicano serbato!

ROSA

(affacciandosi tra Fulvia e Mattei)

Oh! Guardino! guardino! ecco don Giacomino con le sue figlie di Maria... uh!!! m'ha visto! m'ha visto!... (salutando con goffo entusiasmo).

SASSETTO

(entrando da destra, mentre Chiara è entrata da sinistra)

Vieni, vieni qua con me, cara... Signor Mattei! Vorreste cedere il vostro posto alla mia Chiaruccia?...

[34]

MATTEI

Immaginatevi!

SASSETTO

V'incomodo, donna Fulvia?

FULVIA

Anzi!

MATTEI

E dire che stamani pioveva!... e ora, che cielo smagliante!... eh?

ROSA

Bella meraviglia! Esce la Madonna, dico io! Non so se mi spiego!

SASSETTO

Infatti, egregio signor Mattei, non c'è memoria che in questo giorno abbia mai piovuto in Siena.

MATTEI

(venendo via dalla finestra, trova Roberto sulla soglia di sinistra)

Oh! Grazie, sai! Simpaticona davvero!

ROBERTO

Levati subito di tra i piedi... aspetto Selvaggia!

MATTEI

Di corsa!... (esce da destra correndo).

Roberto fa cenni dalla porta di sinistra per chiamare Selvaggia che è nel salotto attiguo.

[35]

GAIA

(dalla finestra di destra)

Ecco lo stendardo del Sacro Cuore... quello che ha ricamato la zia Rosa!

Madame GEORGE

(dalla finestra di destra)

Vraie merveille!!

SASSETTO

(alzandosi dritto sulla punta dei piedi dietro le donne)

Dov'è, dov'è il capolavoro della contessa Rosa?

ROSA

Uh! Indegna... indegna...

CHIARA

(indicando)

Quello, papà! Guarda! guarda come son fatti bene quei raggi d'oro!

SCENA OTTAVA

Roberto accoglie nelle braccia Selvaggia mentre un canto di bimbi passa lentamente nella strada.

ROBERTO

(con voce soffocata: baciandola sul collo, sul viso, sui capelli, sulla bocca)

Bella... bella... bella!...

[36]

ROSA

(inginocchiandosi per prima, con voce commossa)

Sembra proprio di essere in paradiso!

SELVAGGIA

Senti la zia?

ROBERTO

(baciandola)

L'ha detta giusta!!

SELVAGGIA

(respingendo con paura Roberto, pronta a fuggire)

Bada... qualcuno si è mosso... guarda!

ROBERTO

(guardando di sotto la portiera)

Ma che! Si sono inginocchiati... son tutti in estasi!

Al canto dei bimbi segue ora un solenne sommesso canto di preti.

SELVAGGIA

Non dovranno sempre esser rubati così... i nostri baci...

ROBERTO

Credi che sarebbero così saporiti?!

[37]

SELVAGGIA

Cattivo... cattivo... cattivo... (allontanando dal collo la bocca di Roberto) Così no! ci rimane il segno!...

ROBERTO

Selvaggia!... Lasciami riprovare questa sera...

SELVAGGIA

Non posso Roberto! Mi stanno con cent'occhi addosso.

ROBERTO

(appiccicandole un altro bacio)

Serpente! ti diverti a farmi penare! aprimi stasera... via!

SELVAGGIA

Non posso... te lo giuro che non posso... mi spiano...

ROBERTO

Storie!... Alle dieci precise sono alla porticina della scuderia... Se mi vuoi bene davvero, m'aprirai...

SELVAGGIA

Bada... si muovono... va' via! (sparisce da sinistra).

[38]

SCENA NONA

Si riode la musica, che ora lentamente si allontana col mormorio della folla. Tutti si sono alzati. Sassetto, che stando in ginocchio dietro le donne alla finestra di sinistra aveva fatto sforzi per intender le voci soffocate sotto la portiera, si alza in fretta e viene rapidamente presso la porta di sinistra.

ROBERTO

(avanzandogli francamente incontro)

Che bellezza eh, marchese? Che spiegamento di forze! (via da destra).

SASSETTO

(lo segue con gli occhi masticando male)

BUONINCONTRI

(entrando da sinistra e mettendo una mano sulla spalla a Sassetto)

Sassetto! il ricevimento dell'Arcivescovado è per le cinque, è vero?

SASSETTO

Perbacco! hai ragione, bisognerà licenziarci.

Vanno verso Luisa che entra da destra. Intorno a lei si radunano tutti gli invitati accomiatandosi. Gaia e Piero restan soli di nuovo alla loro finestra.

[39]

SELVAGGIA

Signor Ricotti! (Roberto lascia Mattei e corre) Senti: sai che c'è Lorenzo?... Mio fratello... È arrivato da un'ora. Me l'ha detto Maddalena.

ROBERTO

(per niente allegro)

Ah... l'ingegnere?

SELVAGGIA

Sì. Resta. Te lo faccio conoscere. Non ha mica le fisime della mamma e del babbo... è un uomo pratico... guai a chi lo chiama marchese...

ROBERTO

Lo so... purtroppo!

SELVAGGIA

Purtroppo?!

ROBERTO

Io non vado a genio ai lavoratori... Vedi mio padre? Non mi può soffrire!...

SELVAGGIA

Ma Lorenzo mi vuol bene... Lo persuaderemo... Pensa che bellezza... esser fidanzati... poter fare il nostro comodo, come quei due là... Dà retta a Roberto, resta... sento che... (Roberto fa di no col capo) Perchè Roberto?

[40]

ROBERTO

Non posso...

SELVAGGIA

Ma perchè?

ROBERTO

Perchè... c'è mio padre... che non sta bene...

SELVAGGIA

Non me l'avevi detto... Possiamo telefonare...

ROBERTO

Lascia che lo vada a vedere... ecco... Poi ritorno subito... Sei contenta?

SELVAGGIA

Bada!... Mezz'ora!

ROBERTO

Mezz'ora.

SELVAGGIA

(spingendolo verso sinistra)

Va' subito allora, non perder tempo a salutare... scappa... (Roberto esce. Selvaggia va nel gruppo del fondo).

[41]

SCENA DECIMA

LUISA

Al prossimo mercoledì, dunque, gentili amiche! (agli uomini con solennità) Presentate a Monsignore gli ossequi reverenti della famiglia Della Lizza, testimoniandogli l'indisposizione di mio marito.

BUONINCONTRI

Sarete ubbidita, marchesa!

Il gruppo si stringe presso la porta di sinistra.

LUISA

Non dimenticate il vostro poema, madame George, merita veramente d'esser conosciuto da tutti gli habitués dei miei piccoli mèrcrédits litéraires.

TUTTI

Davvero!... Davvero!...

Madame GEORGE

(mostrando la sua grande cartella)

Oh! niente paura! Io ho sempre i miei canti con me!

Escono. Marta e Chiara restano ultime.

MARTA

(guardando Piero e Gaia)

Si capisce fare all'amore... ma a quel modo è una esagerazione!

[42]

CHIARA

Oh!... è una cosa che non sta!... Ha proprio ragione Selvaggia! (forte) Madamigella Gaia. Ci concede di salutarla?

GAIA

(voltandosi con sorpresa)

Oh! Care!... Tutti via?! (stringe le mani di Chiara).

MARTA

(a Piero)

Dovevate dirvi delle cose molto interessanti!...

PIERO

(verso la porta di sinistra)

Oh!... Interessantissime! Interessantissime! Creda pure! (escono tutti ridendo).

Lunga pausa riempita dal chiacchiericcio degli invitati che se ne vanno e dalle ultime note della musica che si perde lontanissima. Silenzio.

SCENA UNDECIMA

ROMANO

(da destra trattenendo Lorenzo)

No, no, Lorenzo. Non così subito. Occorre ponderare ciò che le si dovrà dire...

[43]

LORENZO

Ecco qua... Parati... rinfreschi... La solita cuccagna!... Ma io domando fino a quando contavi di mandarla ancora avanti questa baracca sfasciata!... Fino al fallimento? Fino al fallimento!

ROMANO

Tu non sai!... Tu non sai che terribile cosa sia per me rivelare la verità a tua madre!... Che vergogna! che estrema vergogna dovermi mostrare a lei come un vile... vinto, stroncato... dopo aver tanto fatto, tanto fatto per evitare quest'ora mortale!...

LORENZO

Io non ti capisco, parola d'onore!

ROMANO

Meglio... meglio... che tu non mi possa nemmeno comprendere. Io sono un povero disgraziato che non ha saputo far altro che amare e soffrire.

LORENZO

Non basta, caro mio!

ROMANO

Non vorrai dirmi ch'io sia stato con le mani in mano, spero! Non ho mancato un sol giorno ai doveri della mia cattedra.

[44]

LORENZO

Sprecata bene la tua fatica! Ho veduto nei conti a che cosa è servito il tuo povero stipendio.

ROMANO

Non bastava per far questa vita, purtroppo! E per ciò son dovuto ritornare al credito...

LORENZO

Ma è questo che non capisco in una persona onesta! In che cosa speravi? In una quaterna al lotto?

ROMANO

Non lo so! Non lo so! Lorenzo mio! Ma certo ho sperato: altrimenti a quest'ora sarei morto. L'amore m'avrà nutrita la speranza. Perchè Luisa ha bisogno di questa vita!... Vedi come son ridotto: è stata l'atroce lotta quotidiana che m'ha ridotto così. La lotta tra la ragione che mi diceva ogni giorno: «Tu sai la verità, tu sai che laggiù c'è l'abisso, la rovina; tu devi gridarglielo, devi convincerla... piegarla, se occorre...» La ragione diceva così... Ma il cuore!...

LORENZO

Eh!... il cuore! il cuore!... Ce ne farebbe far delle belle se gli si desse retta!... Oh! Ecco là Antonio. Di', Antonio!

[45]

ROMANO

Aspetta, Lorenzo!... Non si può parlare a tutti insieme: a Gaia voglio parlare io solo... e anche a Piero eh?... a loro due ci devo pensar io.

LORENZO

Ma sì, ma sì! A Gaia e a Piero parlerai tu solo! Antonio! Di': se n'è andata tutta la gente?

ANTONIO

(entrando da sinistra)

Sissignore.

LORENZO

E la mamma e le sorelle son giù al pian terreno?

ANTONIO

La signorina Selvaggia è qua alla finestra del salotto rosso.

LORENZO

Ah! benone! Allora chiamala subito. (Antonio via).

ROMANO

Misura le parole con Selvaggia... usa politica se occorre. Bada. Non è più la Selvaggia di un tempo...

LORENZO

Quante paure! Lascia fare a me! Tu potresti [46] intanto scendere e preparare un po' la mamma... Ah! Carissima Selvaggia! (Romano esce a passi incerti).

SCENA DODICESIMA

SELVAGGIA

Lorenzo! Così all'improvviso! Bravo!

LORENZO

Ti trovo benissimo! Mi fa piacere... Vuoi che ti dica perchè son venuto così all'improvviso? Siediti qua.

SELVAGGIA

(guardando l'orologio poi correndo alla finestra)

Scusa eh?... (guarda nella strada da destra poi ritorna sorridente).

ROMANO

Aspetti qualcuno?

SELVAGGIA

Sì. Ti immagini chi?

LORENZO

Già; ma adesso bisognerebbe che tu avessi la compiacenza di dar retta a me per un momento... Si tratta di una cosa molto seria.

[47]

SELVAGGIA

(insospettita)

Oh! Dio!... Ti hanno fatto venir qua per farmi qualche predica?

LORENZO

Nessuno m'ha chiamato.

SELVAGGIA

Bada che ne sorbisco almeno due al giorno.

LORENZO

Male. Segno che ne avrai bisogno. Ma la mia è tutt'altro che una predica. A Torino, in un ritrovo di ufficiali toscani è corsa una voce...

SELVAGGIA

Ci siamo: sarà quel bellimbusto del baronetto che ha invidia dei quattrini di Roberto.

LORENZO

Che baronetto?

SELVAGGIA

Ci ho gusto a sapere, che cosa ha detto quell'affamato: ha detto che sono l'amante di Roberto forse?

LORENZO

Ma insomma! Lasciami parlare. Si è detto questo: [48] si è detto che quel signore che ti fa la corte, questo Ricotti, rattoppa le finanze tarlate di tuo padre.

SELVAGGIA

Ah! Ebbene?... non è vero niente!

LORENZO

Lo credo! Non ci mancherebbe altro!!... Ma il male si è che anche in questa, come in quasi tutte le maldicenze, una parte di vero c'è. Le finanze del babbo sono realmente in cattivo stato.

SELVAGGIA

Sì? Allora, ragione di più per mettermi fuori di casa... e per darmi un marito ricco. Non ti paure?

LORENZO

La ricchezza senza lavoro dura poco... Ma poi, ad ogni modo, tu dimentichi un particolare di qualche importanza. Che il signor Ricotti non ti ha chiesto in isposa.

SELVAGGIA

Puff! Sfido io! Il babbo e la mamma non si degnano di guardarlo in faccia!... Come se fosse un appestato!... Ma adesso gli ho detto che ci sei tu... Vien qui apposta per conoscerti... (bussano) È lui!... Avanti!!

[49]

ANTONIO

(entrando)

Ha telefonato il signor Ricotti.

SELVAGGIA

(rimasta malissimo)

Il padre sta peggio?

ANTONIO

Sì, signorina. Dice che lo deve assistere. Che non può assolutamente venire.

SELVAGGIA

Era lui al telefono?

ANTONIO

No, signorina. Era la cameriera.

LORENZO

Va bene; va bene. (Antonio esce).

SELVAGGIA

Che c'è da ridere?

LORENZO

Fortunatamente suo padre sta benissimo. È in viaggio per Londra. Figùrati!

SELVAGGIA

Non è vero.

[50]

LORENZO

Io so che è vero, e mi basta.

SELVAGGIA

(paonazza di rabbia)

Adesso gli vado a telefonare io!

LORENZO

(fermandola)

Per carità! Sarebbe peggio che mai!... Del resto io non parto questa sera, nè domani. Forse mi dovrò trattenere molti giorni per gli affari del babbo. Il signor Ricotti avrà tutto il tempo di ripensarci e di far le cose da onest'uomo se ne ha voglia. Quello che importa è impedirgli di farle da disonesto; bisogna sventar subito le brutte chiacchiere che si son fatte. E per questo ho il mio bravo progetto... Un progettino che ti dovrebbe piacere. Senti, Selvaggia. Domani mio suocero viene a Siena per l'assemblea del gas. Vuoi andar via domani sera con lui?... a Torino?... Farai compagnia a mia moglie. Avete un bel palco al Regio a vostra disposizione. Ti divertirai... Ti va?

SELVAGGIA.

Ma!... Se credete che sia bene...

[51]

LORENZO

Oh! Intendiamoci. Che il signor Ricotti non ti venga a ronzare attorno anche là. Devi esser tu a imporglielo. Se è vero che ti vuol bene, studi un po', prepari qualche esame per novembre chè in sei anni che è inscritto a legge ne avrà forse dati due! e si adatti per una quindicina di giorni a far la corte a me! Va bene?

SELVAGGIA

Va bene. Allora vado a scrivergli. (apre con impeto la porta di sinistra; si imbatte in Luisa che entra al braccio di Romano; appena lasciatili passare, fugge).

SCENA TREDICESIMA

LORENZO

Mamma! Ben trovata! Sta bene? (Luisa gli tende la mano. Lorenzo glie la bacia).

ROMANO

(sottovoce a Lorenzo)

Ebbene?

LORENZO

Fatto, fatto! Persuasa!

ROMANO

(con gran soddisfazione)

Va a Torino?

[52]

LUISA

(indugiando sulle parole)

Già... Purchè non trovi qualche altro calzolaio anche là...

LORENZO

(risentito)

Se lo trova in casa mia, avrà sempre il vantaggio di non essere un imbecille perdigiorno come questo! La gente che conosco io è tutta gente che lavora.

LUISA

Romano mi ha detto che tu desideri parlar di affari urgenti con noi. Io acconsento ben volentieri ad ascoltarti subito, ma ti avviso che tra mezz'ora attendo la visita forse più importante dell'annata. La duchessa d'Argenteuil mi ha fatto sapere che sarà qui alle cinque e mezza.

LORENZO

Io non desidero di meglio che esaurire presto l'argomento (la fa sedere, e le siede di fronte) Lei avrà ben presente che nel testamento del nonno questo palazzo...

LUISA

Ah! Si tratta del palazzo...

LORENZO

Precisamente. Non gliel'aveva detto il babbo?

[53]

ROMANO

(pronto ad attenuare)

Oh Dio! Del palazzo... in rapporto col resto...

LUISA

Quale resto?

ROMANO

Con tutto il nostro assetto economico... perchè lui... ha riveduto un po' i conti... già che era capitato qui ne ho approfittato per mostrarglieli... capisci?... È negli affari, lui... il suo consiglio può esserci prezioso...

LUISA

(a Lorenzo)

Sentiamo pure.

LORENZO

Dicevo dunque che il nonno aveva perfettamente compreso che soltanto i tre figli, con i loro redditi uniti, avrebbero potuto sostenere il peso di questo palazzo: per ciò aveva disposto che fosse usato e mantenuto in comune. Il povero vecchio non poteva indovinare che quello scavezzacollo di Andrea facesse quella fine che ha fatto...

LUISA

Rispetta i morti del nostro sangue.

[54]

LORENZO

Nè poteva indovinare che quell'altro farabutto...

LUISA

Lorenzo!

LORENZO

Questo non è morto. Si può anche chiamare col suo vero nome...

ROMANO

No... No... Veramente la parola di Lorenzo è stata un po' brusca, sì; ma in fondo... tu sai Luisa che purtroppo la vita che mena Jacopo non è esemplare.

LUISA

Nulla ci autorizza a credere alle voci calunniose che son corse sul suo conto. Nessuno intanto ha potuto minimamente intaccare il suo onore senza esser costretto a incrociar la spada con lui.

LORENZO

Questo non toglie che abbia barato e che bari per far la sua vita da milionario.

LUISA

(alzandosi)

Tu diventi ogni anno peggiore! Tu godi a denigrare la nostra famiglia come fossi nato nella [55] strada! Sembri venduto anima e corpo ai nostri nemici!

LORENZO

Mamma! Si risieda per carità! Parliamo dei nostri affari che sono importanti. Riassumendo: questo è positivo che, se il defunto Andrea e il vivo Jacopo fossero stati della stessa pasta del babbo, questo palazzo sarebbe stato comodamente usato e mantenuto da tutti tre, secondo il desiderio del nonno.

LUISA

È cosa vecchia e discussa. Suo padre (accennando a Romano) volle staccarsi dalle sagge usanze patrizie non riconoscendo la primogenitura di Romano e facendo parti uguali ai suoi tre figli. Certamente a fin di bene, ma errò.

LORENZO

Oh! Benissimo! Affermando che il nonno sbagliò, Lei riconosce implicitamente che per una sola delle tre parti patrimoniali il peso di questo palazzo era insostenibile; e che quindi fu anche errore il vostro di impiegare la Sua dote liquida e metà delle terre per riscattare questa pietra infruttifera, esponendovi inutilmente a un sacrificio superiore alle vostre forze. Era questo che volevo dimostrare!

[56]

LUISA

No, Lorenzo. Vedi?... Sei tu che commetti il solito errore di giudicar le cose nostre alla stregua di quelle del tuo nuovo parentado. Infatti, sarebbe pazzo un mercante che gettasse due terzi del suo capitale per costruirsi un palazzo. Questo è qua da quattrocento cinquant'anni! Gli fu imposto il Nostro Nome nascendo. Si chiama Della Lizza, come noi!!! Può diroccare, esser raso al suolo; ma non può cambiar nome. Ciò che per un mercante sarebbe stato errore, per il primogenito dei Della Lizza fu semplicemente Dovere. E noi lo compimmo.

LORENZO

Dovere?... Anche sapendo, come si sa che due e due fa quattro, che si andava verso la rovina?! Anche sapendo... Ma! lasciamo andare le discussioni filosofiche. Non ci si intenderebbe mai. Portiamo in tavola dei numeri. Sa lei, mamma, a quanto ammonta oggi il vostro passivo? Glie lo dico io: a cento novanta mila lire... E sa a che cosa è ridotto il vostro attivo reale? A questo palazzo e... allo stipendio del babbo.

LUISA

Conclusione tua: vendere il palazzo, non è vero?

[57]

LORENZO

Precisamente.

LUISA

Affittare un appartamentino al secondo piano di una di queste casette nuove, di carta pesta, fuori di porta Camollìa...

LORENZO

Perchè no? Una volta che è necessario!

LUISA

... Mettere un bel cartellino di stagno sull'uscio con scritto «Professor Lizza»... Ah! ah! ah!... Necessario!... Necessario!... Secondo la tua logica, ma non secondo la nostra.

LORENZO

Di logiche ce n'è una sola.

LUISA

Che ne dici, mio Romano?!

ROMANO

(stentando dapprima a trovar le parole ma poi animandosi)

Io... Mia cara Luisa!... È un'infamia... Chi ti potrebbe comprendere meglio di me?... Destarti da un bel sogno, a un tratto, e gettarti in faccia una simile realtà, è un'infamia! Ma se tu l'avessi [58] vista avanzare... come l'ho vista io!... avanzare da tanti anni... sicura, inevitabile, inesorabile... Ah! se ogni sera, invece di ridere... di fingere... t'avessi, sinceramente, versato nel cuore qualche goccia dell'amaro che avevo qui io... Avresti pianto!... Avremmo pianto insieme!... Ma chi sa! Chi sa, quale forza misteriosa, potente, ci sarebbe discesa dal Cielo, se avessimo pianto insieme!... Ah! Che infamia! Che infamia, Luisa! Quanto male ho fatto! Che stupida bestia sono stato! Oggi lo vedo! Oggi l'affronteremmo sorridendo questa sciagurata fine che ci tocca... l'accetteremmo come l'ultima tempra delle nostre anime... come l'ultima prova della bontà del nostro amore!... Invece no! Io ho rovinato tutto... Io!... per lo stupido egoismo di non vederti mai piangere! E son io che ti faccio impazzire di dolore in un giorno! (battendosi il capo, disperatissimo) Bestia! Bestia!... A che mi son valsi? A che mi son valsi vent'anni di lotta silenziosa, sempre più tenace, sempre più disperata... vent'anni di tortura!...

LUISA

A che ti son valsi?!

ROMANO

Sì! (quasi piangendo).

[59]

LUISA

Lo domandi?!... Credevo che lo sapessi. Non ti basta che ti sien valsi a esser degno del Nome che porti? (dolcemente) E poi... È nulla per te che io t'abbia veduto e ammirato in segreto...

ROMANO

(attonito)

Tu? Sì!?...

LUISA

... Che il mio cuore si sia inorgoglito, indovinando la tua battaglia muta, per salvar queste mura sacre dal fango del secolo... Sono forse come la povera nostra Rosa, che non vede al di là delle sue ghiottonerie?!...

ROMANO

(come illuminandosi di beatitudine)

Tu... indovinavi!... Tu sapevi, è vero, Luisa?... Tu sapevi che ogni mia giornata era una battaglia vinta!

LUISA

(semplice e sincera)

Povero Romano!... E tu hai avuto proprio bisogno di sentirtelo dire dalla mia bocca... come il bimbo che domanda alla mamma se sia vero ch'ella gli vuol bene... e sa che è vero... e sa che la mamma non può rispondergli altro che «sì»!

[60]

ROMANO

(prendendole la mano e baciandogliela con indicibile affetto)

Luisa mia!

LORENZO

(contrariato da questo impreveduto idillio)

Dunque non le giunge inaspettata la cosa? Nonostante il silenzio del babbo, lei aveva intuito il suo disagio, le sue pene quotidiane. Tanto meglio. Le dovrà parer meno duro il sacrificio che le chiediamo...

LUISA

Oh! non si tratta di questo. Le mie parole erano per lui... E lui le ha capite... Forse... non ha più bisogno di noi... Forse l'ora di accasciamento in cui ti ha gridato «aiuto!» è passata, Lorenzo...

LORENZO

Non si illuda, mamma.

LUISA

Ecco. Vede già nuovi piani per la sua guerra. Risente nelle vene il suo Gran Sangue!!... Ah!!! tu non sai che cosa voglia dire!... non lo sai ancora... ma lasciami sperare, lasciami chiedere a Dio che un giorno una sola goccia se ne ridesti, anche in te, di quello che da nove secoli è sangue [61] dei Della Lizza, e tu saprai allora, oh! tu saprai che cosa possa colui che l'ebbe in retaggio!... Vieni, Lorenzo. Non gli disturbiamo quest'ora che forse è sacra per il nostro destino!... Lasciamolo solo.

LORENZO

Ma nemmeno per sogno!... Babbo! Ma dille di restare! Ah! per Dio! Ma io non son mica venuto qui per far della poesia. Mamma, la prego di capire che qui si tratta di un affare.

LUISA

L'affare? È semplicissimo, mi sembra. Il palazzo è per metà di tuo padre per metà mio, come sai. Orbene, nè io nè lui vogliamo venderlo...

LORENZO

Ma non è vero niente...

LUISA

(alzando la voce)

Quando noi saremo morti, se così sarà la volontà di Dio, tu lo venderai, ne farai una filanda, una conceria... Tu sarai padrone.

LORENZO

Ma io non sarò padrone di un fischio... I vostri creditori saranno padroni di tutto... e dovrò farci [62] una bella giunta di tasca mia! Questa è l'eredità dei Della Lizza!

LUISA

(fulminandolo con gli occhi)

E tu non l'accettare. Accetta soltanto quella di tuo suocero che è un buon arrosto. Questa è gloria. Nient'altro che gloria... fumo!... Rifiutala... E rifiuta anche il nome. Abbi coraggio fino in fondo... prendi il nome di tua moglie che è ricca. Chiamati il signor Levi... e il Nostro gettalo via! gettalo via! gettalo via!

LORENZO

Si calmi, mamma, si calmi. Non dica pazzie.

LUISA

Volesse il cielo che quel che son condannata a vedere fosse sogno della mia pazzia!

LORENZO

Ma è così, è così, per Dio!... Perchè nessuno dice o fa delle cose strane qua dentro all'infuori di lei. Noi le parliamo di un affare deciso tra me e mio padre, deciso perchè necessario... e necessario proprio per l'onore di quel nome al quale Lei dice che io non tengo...

LUISA

Per l'Onore Nostro?... Ebbene: io non riconosco [63] il diritto di difendere il Nostro Onore ad altri che a mio marito. Dica lui... Romano! È vero che è necessario far fallimento volontario per salvare l'Onore dei Della Lizza?

LORENZO

Ma le ripeto...

LUISA

Taci.

LORENZO

Babbo!

Silenzio.

LUISA

(sorridendo trionfalmente)

Non mi sembra del tuo parere.

LORENZO

(in furia)

Ah! È impazzito anche lui!!!... Ma ci sono dei luoghi di cura per gli ammalati... E ci sono anche dei tribunali, per Dio!...

LUISA

Lo-ren-zo! Voglio ancora dirti di non dimenticare che se mai, valendoti del debole che tuo padre ha per te, tu riuscissi ancora una volta a imporgli la tua volontà, io son qua sempre, io non muto. Io dico no.

Mentre Lorenzo sta per rispondere entra Antonio da sinistra.

[64]

ANTONIO

(confuso)

Avevo bussato due volte...

LUISA

Dite pure, Antonio.

ANTONIO

(molto compreso dell'importanza della cosa, ma pronunziando assai alla buona il nome francese)

È arrivata la signora Duchessa d'Argenteuil.

LUISA

(ripetendo con gran tono e ricercata pronunzia)

La Duchessa d'Argenteuil? (una rapida occhiata allo specchio) Precedetemi (esce preceduta da Antonio).

FINE DEL PRIMO ATTO.

[65]

ATTO SECONDO

LA SCENA.

Lo studio di Romano in una stanza, al secondo piano. Fa parte di un resto, lasciato intatto, di costruzione anteriore, sul di dietro del palazzo. Se ne vedono quattro pareti; le due laterali hanno uguale misura; le due che formano il fondo sono: quella di sinistra più lunga, quella di destra più corta, e si incontrano tra loro ad angolo retto. Nella parete laterale di sinistra, un usciolo a battente di vecchio legno, con stemma dipinto: nella parete fondo sinistra un altro usciolo simile posto vicinissimo all'angolo retto. La parete fondo destra è tutta occupata da una bassa trifora gotico-romanica di pietra forte, da cui si scorge il cielo stellato, in mezzo a qualche rosa bianca di una pianticella che si arrampica attorno alle brevi e robuste colonnine, partendo da una piccola cassetta posta sul davanzale. Nell'angolo ottuso di sinistra, coperto da due grandi antiche librerie, un pesante banco da studio quattrocentesco è messo di traverso; e sopra vi sono accatastati libri e carte; due seggioloni di legno e cuoio, con stemma [66] dipinto, sono uno dietro al banco, uno davanti. Nel mezzo due o tre sgabelli di legno scolpito, carichi di grossi volumi. Lungo la parete laterale di destra, una bella cassa da corredo del Rinascimento, sulla quale sono, alla rinfusa, corazze, elmi, spade, mazze e altri pezzi d'antiche armature. Nell'angolo retto del fondo una bella armatura montata. Sopra i due uscioli due ritratti di antenati. Quello appeso sull'usciolo di fondo è di guerriero. Alle pareti una grande quantità di stemmi e di alberi genealogici dipinti a oro e a colori. Una grande lucerna ad olio, a campana verde, illumina assai il banco sul quale è posata, e pochissimo il resto della stanza.

SCENA PRIMA

Romano è seduto al suo banco, coi gomiti sulle carte, il viso nascosto tra le mani. Bussano leggermente alla porticina del fondo. Romano non sente, tanto forte è preso dai suoi pensieri. Bussano più forte.

ROMANO

(riscuotendosi)

Chi è?

GAIA

(di fuori, timidamente)

Io!

[67]

ROMANO

(con rapida mossa prendendo la penna in mano, il volto come per incanto rasserenato)

Ah!... sei tu!... Vieni, Gaia!

GAIA

(entrando con una cartella da disegno e posandola sul banco)

Sei solo, babbo?

ROMANO

Sì, cara. La mamma?

GAIA

Calma! Tanto calma questa sera! Pareva quasi che volesse dormire ora...

ROMANO

L'hai persuasa a coricarsi?

GAIA

Ma vestita... sai... Oh non s'è voluta levar nulla... ripeteva come ier sera «bisogna vegliare» «bisogna vegliare»... ma lo diceva così dolce, così buona!... m'ha carezzato tanto!...

ROMANO

Povera Luisa!

GAIA

Ma che cos'ha, davvero, babbo? Perchè non chiamate il medico?

[68]

ROMANO

Non lo vuole!...

GAIA

Ha chiesto se è ritornato Lorenzo. È ritornato?

ROMANO

Ancora no, cara.

GAIA

Beato lui! Si sarà divertito! Deve averla trasformata in un regno di fate, quella villa, il signor Harlem!

ROMANO

Povera vecchia villa Serdoni!

GAIA

Come... Non è più bella adesso con tutte quelle aiole? Quando si passa davanti al cancello si sente un profumo da impazzire!... Perchè non ci sei andato anche tu, babbo?

ROMANO

L'Harlem ha invitato solamente Lorenzo, Del resto non ci sarei andato lo stesso.

GAIA

Perchè?

ROMANO

Ma!... che vuoi?... in mezzo a tutto quel museo d'anticaglie false...

[69]

GAIA

Oh! ma fa tanto bene un po' d'odore di fiori... sotto il sole!

ROMANO

Povera bambina mia!... Fiori... fiori... sole!.., tu non pensi ad altro!

GAIA

Però, non credere che invidii nessuno! Sarà tanto carina anche la villetta di Piero, quando l'avremo ricoperta di quelle rose là! (indica la finestra).

ROMANO

(con finto rimprovero)

Già! già... Però, sembra che tu non ti contenti di questo famoso rosaio... Ieri Piero mi ha detto che le tue pretese crescono ogni giorno...

GAIA

Perchè voglio due altre serre piccole?... Non ho ragione forse?... è lui che mi aveva ingannata. Ma sì!!!... Non me l'aveva detto che quella serra grande che c'è, tra due mesi si riempie coi limoni del viale!... Ma ieri mattina l'ho messo alle strette... non me l'ha potuto negare!

ROMANO

Ah! Ah! Ah!... Allora hai tutte le ragioni tu!

[70]

GAIA

Lo credo!... Di' babbo; ci verrai davvero tutte le estati da noi?

ROMANO

(coprendo con un sorriso la interna ferita)

Certo... che ci verrò...

GAIA

E mamma anche?

ROMANO

Perchè no?

GAIA

In campagna... lei...

ROMANO

Oh!... Ma per te, ci verrà! per te, ci verrà!

GAIA

Però... non gli devi voler bene nemmeno tu ai campi!... Altrimenti non li avresti venduti i tuoi!... Bel cambio! prendere del denaro, invece di terra, di verde, di luce, di fiori, di frutti, di cinguettii... Sai che hai fatto molto male, babbo?

ROMANO

(col pianto in gola)

Ho fatto molto male? Anche tu pensi così?...

[71]

GAIA

Come! Mi prendi sul serio?!... Piero ride sempre quando parlo d'affari io!... Povero babbo!... Mi perdoni eh? (abbracciandolo).

ROMANO

Io sì... Ma tu... mi perdonerai?

GAIA

(spaventata)

Che hai babbo?!...

ROMANO

(prendendole una mano, con tutta l'anima)

No, no, no!... Gaia. Non è vero! No! Non è vero niente!!

GAIA

Ma che cosa? Babbo?

ROMANO

Tu devi essere felice! Tu sei senza colpa... Tu devi essere felice!

GAIA

Sono già felice... Sono già... Ma perchè piangi?

ROMANO

Non mi guardare! Guarda le stelle là! Che meritano d'essere guardate!

[72]

GAIA

(girando gli occhi lucidi di lagrime)

Come son grandi!!

ROMANO

Vedi? vedi che fa bene piangere?... Dopo, si vedono le stelle più grandi!...

GAIA

(a un tratto con sùbita gioia)

Oh!

ROMANO

Che?

GAIA

N'è caduta una! Hai veduto?... di settembre... è raro!

ROMANO

Meglio! Segno che è caduta proprio per te!... A che pensavi?... di' la verità...

GAIA

A niente... guardavo là... le rose...

ROMANO

... e pensavi al rosaio?... Di' la verità che pensavi al tuo gran rosaio! Al tuo nido di rose?!...

[73]

GAIA

Questo che viene è mese buono per il trapianto... lo sai?

ROMANO

(con infinito strazio)

Lo so!

GAIA

Sono una gran chiacchierona eh? Non ti lascio scrivere... Ti volevo far vedere il mio lavoro... guarda! (apre la cartella e mostra a Romano due stemmi dipinti ad acquarello).

ROMANO

Ah, benissimo! Lo stemma dei Piccolomini. Ed il nostro.

GAIA

Perchè ridi? Ho messo qualche errore nel latino nel nostro?

ROMANO

No, no, cara. Va benone. (Ridendo con sarcasmo) «Semper invictus»! «Semper invictus»!... Non ti pare un po' troppo pretendere... da un povero professore di storia, come me?

GAIA

(senza dar peso alle parole di lui)

Babbino mio! (lo bacia in testa)... E questa è la settima tavola, sai?

[74]

ROMANO

Brava... brava...

GAIA

Altre quattro, poi ho finito... quindici giorni al massimo!... E tu?... (guardando le cartelle scritte da Romano).

ROMANO

(confuso)

Eh!... Io sono un po' pigro...

GAIA

(impressionata)

Più nulla?... da una settimana?... Anche tu?... Dal giorno che è partita Selvaggia!...

ROMANO

Eh?!... ma tu sbagli!!! (alzandosi e camminando) Assolutamente sbagli.

GAIA

Tutti quei telegrammi...

ROMANO

Affari!... Affari di Lorenzo!...

GAIA

M'hanno detto che il signor Ricotti non è in Siena...

[75]

ROMANO

(turbato)

Lo so!... è... a Napoli... ebbene?

GAIA

Davvero?!... Ma io ho paura, babbo!

ROMANO

Paura di che?

GAIA

Che stia male... e che non me lo vogliate dire...

ROMANO

(con sollievo)

Male? Selvaggia?... Ma nemmeno per sogno! Ma perchè?... Perchè non ti risponde?... Vuol dire che non ti vuol bene!...

GAIA

No, babbo!

ROMANO

(con grande strazio)

Sì! Perchè non vuol bene a nessuno! A nessuno!

GAIA

No, babbo! Non lo dire! Non lo posso sentir dire... Non è giusto... Perchè è partita, poverina, proprio per accontentar te!

[76]

ROMANO

(da sè, mentre cammina agitato)

Sgualdrina!

GAIA

Perchè l'hai fatta partire?... Se non potesse resistere lontano dalla persona che ama?

ROMANO

Ma non la vuoi capire che sta benone?

GAIA

Non è vero dunque, che sta male?

ROMANO

Ma no! Povera Gaia mia! Ti dico di no!

GAIA

Sareste andati a vederla? È vero?

ROMANO

Ma sicuro! Vedi? Questa è la prova migliore che non è successo nulla di quello che pensi... diamine!...

GAIA

Hai ragione.

ROMANO

Va, va a dormire, creatura mia... va a sognare!...

[77]

GAIA

Il bacio! (Romano la bacia sulla fronte) Buon lavoro!... Addio! (esce dall'usciolo di fondo).

SCENA SECONDA

Romano la guarda uscire, poi va alla finestra; prende tra le sue mani una rosa, aspira fino a empirsi i polmoni del suo profumo.

LORENZO

(entrando da sinistra)

Buone notizie!

ROMANO

(precipitandosi verso di lui)

Li hanno trovati?

LORENZO

Oh! No!... Di quelli là, ancora niente, purtroppo.

ROMANO

(con un gesto di sdegno)

E di che cosa allora, per Dio!... Che diavolo di buone notizie vuoi portare!... Che cosa ci può essere di buono per noi finchè non sappiamo dove ce l'ha portata quel mascalzone?

[78]

LORENZO

Non ti fidi delle ricerche di mio suocero?

ROMANO

Se non me ne fidassi, chi m'avrebbe tenuto qua?

LORENZO

E dunque?

ROMANO

Dunque che cosa?

LORENZO

Poichè abbiamo la certezza che tutto il possibile si fa per ritrovarli, mi pare che sia precisamente inutile di buttarsi tutti sdraiati a piangere su questo guaio, e non pensare più agli altri.

ROMANO

Qualche volta, Lorenzo, la tua praticità... ha ragione Luisa... è inumana!

LORENZO

È più umano, per lei, far finta di non capir più niente; perchè non le si mostrino più i conti, perchè non si riparli più del palazzo...

ROMANO

(con gran fuoco)

Finta!... Finta!... Ma chi ti autorizza a credere [79] che tutto sia finto qua dentro, per Dio! È una vergogna che un figlio non creda al dolore della madre!

LORENZO

Io non ho detto che sia finto il dolore. Non ammetto che un dolore debba impedire di ragionare...

ROMANO

Dio non te lo faccia mai provare!

LORENZO

... Non posso ammettere che, per esempio, a causa di Selvaggia, non si debba poter discutere subito l'offerta che m'ha fatto l'Harlem, oggi! Un'offerta enorme.

ROMANO

Ah! Ci siamo!... Credi che non l'avessi capita la manovra di questo invito a pranzo... a te solo?... Ha già sentito odor di morto... Il corvo?

LORENZO

Il corvo... il corvo!... Ma siete buffi, per Dio! Vi riducete alla fame dentro queste gabbie di pietra, e poi, se qualcuno ve le cambia con del pane, lo chiamate corvo!

ROMANO

Perbacco! Che difesa calda! Si vede proprio che la ricchezza è cosa sacra per te!... Guai a toccartela!

[80]

LORENZO

Ma se la nobiltà non è buona ad altro che a vendere, per Dio, bisognerà pure che... la borghesia comperi!

ROMANO

Hai ragione. Infatti Serdoni non s'è vergognato di vendergli la villa dove i suoi antenati avevano accolto i Medici...

LORENZO

Sfido io! È un corvo che paga bene quello!

ROMANO

Diventa un piacere farsi spolpare!... eh? (ridendo convulso) Compra anche la vergogna!... che?... Ma Romano Della Lizza non è Pippo Serdoni!...

LORENZO

Babbo: (avvicinandoglisi) Tre-cen-to-mi-la lire!

ROMANO

Ah! Ah!

LORENZO

Assai più del valore reale... in fondo!... Io stesso son cascato dalle nuvole!

ROMANO

(ridendo c. s.)

Vorrebbe dire... una cinquantina di mila lire per la vergogna?!

[81]

LORENZO

No, babbo... non scherzare... è una cosa seria!...

ROMANO

Ma insomma gli hai sì o no detto che il palazzo non si vende?

LORENZO

Nemmeno per sogno! Ma non son mica matto io...

ROMANO

(violento)

Gli hai detto di sì?!

LORENZO

Di sì!... Di sì!... Non mi gli son mica buttato al collo!... Ma come si fa a nascondere la propria soddisfazione di fronte a un'offerta simile?... Ma babbo! Via!... Dimentica per un momento le utopie della mamma... Facciamo un po' di conto all'ingrosso. Con duecentomila lire cassi la partita passiva e ti sistemi... Ti restano la bellezza di centomila lire!... un patrimonietto perbacco!... Oggi il denaro ha degli impieghi che tu non ti sogni nemmeno!... Prendo io impegno di farteli fruttare il sette per cento nella mia industria... 7000 lire all'anno! più le 6000 del tuo stipendio!... [82] senza la piaga di questo palazzo! senza altro pensiero che quello del tuo lavoro... Oh! Vivaddio! Non rispondi!... Segno che ci pensi: eh?... segno che rientri in te!... Vogliamo buttar giù una bozza di compromesso?... Eh?... Poche righe!.. tanto perchè le parole non se ne vadano al vento!.. Penserò poi io a farle firmare presto dall'Harlem... (guardando l'orologio) Guarda. Son le nove. Abbiamo giusto mezz'ora, chè alle nove e mezza devo veder Piero.

ROMANO

Piero? perchè?

LORENZO

Oh bella! non siamo amici da ragazzi? Ci troviamo al «Centrale» per fare due chiacchiere.

ROMANO

M'hai promesso di non parlargli della faccenda della dote!... Siamo intesi eh?

LORENZO

Intesi... intesissimi!... (ironico) Glie ne parlerai tu... quando compirà cinquant'anni!...

ROMANO

Glie ne parlerò più presto di quel che tu non creda!

[83]

LORENZO

(guarda un po' fisso Romano per penetrare il vero senso delle sue parole)

Come sarebbe a dire?

ROMANO

Ho detto che glie ne parlerò presto... (finto) Meglio... Non è vero?... (pentendosi a un tratto di fingere) Ma insomma... poi... alla fine! È o non è un debito anche questo? Ho dato o non ho dato la mia parola per quest'ottobre? Una volta che i denari ora ci sono, chi può negarmi il diritto di dotare mia figlia?

LORENZO

(contenendo un impeto di contrarietà)

Mah... Questo... del resto... si vedrà... è una questione secondaria... L'importante è non fare sfumare l'offerta... Non ti pare?

ROMANO

Ebbene, avanti per Dio!... (correndo, quasi, verso il suo banco) Gettiamo questo maledetto dado!... Che non sia più possibile tornare indietro!... Vendiamo!... Vendiamo! Vendiamo!... Succeda quello che vuol succedere! (cerca febbrilmente un foglio) Che cosa debbo scrivere?

[84]

LORENZO

(chinandoglisi vicino)

La solita formola: «Tra i signori Romano Ferruti Della Lizza, e Tommaso Harlem»...

A un tratto Romano tende l'orecchio all'usciolo del fondo, impallidendo.

Che c'è?... Qualcuno per la scaletta... vero?

ROMANO

(coprendo in fretta la carta con un grosso volume e quasi tremando)

Luisa? Sei tu? (bussano).

LORENZO

Avanti. (Entra Maddalena) Ooh!

ROMANO

Si risente male?

MADDALENA

No no, signor Marchese. Stia tranquillo. Anzi, questa sera, pare proprio che vada benino, grazie a Dio, la signora Marchesa!

LORENZO

Che c'è, insomma? Di' presto.

Maddalena fa per levar qualcosa dalla tasca del grembiule.

ROMANO

Un telegramma?

[85]

MADDALENA

No, no, signor Marchese. Un biglietto. Scusi eh? Non ho trovato il piattino... Me l'ha dato la portinaia... Dice che è un signore in automobile...

Romano leggendo ha un gran sussulto: poi resta lungamente con gli occhi fissi sulla carta da visita.

LORENZO

Chi è? (guardando) Eh?! Alla larga!!... (a Maddalena) Digli che il padrone non è in casa. Subito.

MADDALENA

(tentennando)

Devo dire che il signor Marchese non è in casa?

LORENZO

Sì, sì, sì! Va!... (Maddalena esce) Al diavolo! Ci mancherebbe questo!... Non te l'avrei voluto dire, ma... anche a Torino è venuto. Quest'aprile. Reduce dalla Russia... Albergo Europa... Amante... Automobile al portone... A fine di Maggio allontanato dal Club! Vinceva troppo, anche là!... Le solite spavalderie, le solite sfide, il solito giurì che non osa... Due duelli... e poi via!... partenza per altri lidi!...

[86]

ROMANO

(alzando finalmente gli occhi)

Maddalena! Dov'è Maddalena? Maddalena!

LORENZO

Ma l'ho mandata giù io, a dirgli che non ci sei.

ROMANO

A chi? A mio fratello? Dopo cinque anni che non lo vedo? Ma tu sei matto! (Precipitandosi fuor dell'usciolo del fondo) Maddalena!

MADDALENA

(dal fondo della scaletta)

Signor Marchese?

ROMANO

Fallo salire!!

LORENZO

Lo vuoi ricevere?... Credi che lui venga per rivederti. Ma quello viene per bussare a danaro: ci scommetterei la testa!

ROMANO

Non aver paura che io possa dargliene: non ne ho.

LORENZO

Non importa. Quella gente lì sa cavarne anche dalla sabbia! Sta in guardia!... Non ti scappi [87] detto di questa fortuna che ci offre l'Harlem. Se quello sente odor di quattrini siamo fritti! Ci vuole un reggimento di cavalleria per metterlo fuori di qua!... Pensa a quello che fai! E spiccialo presto, chè tra un'oretta ritorno... Giudizio! (esce in fretta da sinistra).

ROMANO

(andando, agitato, incerto, poi decidendosi a sedere al suo banco)

In fondo... dopo tutto... siamo uguali!... Siamo due disgraziati!... Niente altro che due disgraziati.

MADDALENA

(entrando dal fondo)

Il signore ha voluto salire per la scaletta. È pratico della casa!... S'accomodi. (esce).

SCENA TERZA

Jacopo entra in abito da automobilista. Si scopre il volto. Dà un rapido sguardo in giro attraverso un monocolo, poi, spalancando occhi e braccia teatralmente, va verso Romano.

ROMANO

(alzandoglisi incontro con cordialità non molta, ma sincera)

Jacopo! Come mai?

[88]

JACOPO

Io?... Sempre la solita salute indecente, come vedi! (facendo le corna per scongiuro) Quest'inverno in Russia mi ero imbiancato un po' troppo... la gran neve, forse... Ma, non mi son dato per vinto. Ho preso del buon caviale!... (mostrando i pochi capelli nerissimi e pettinatissimi) Ah! io poi sono di parere che non bisogna prestarsi a questi scherzi da villana che suol fare Madre Natura. Niente, niente. Ognuno al suo posto. Madre Natura a casa sua. Noi a casa nostra. (Romano ride) Tu, per esempio, fai malissimo! «Shocking» andarsene con la testa come se ce l'avessero infarinata di carnevale!... Che cosa ne dice madonna Luisa?

ROMANO

Povera Luisa... Ha altro da pensare!

JACOPO

Che cosa c'è?

ROMANO

Oh! niente... niente... dico così... perchè è un pochino indisposta da qualche giorno.

JACOPO

Mi dispiace. Contavo di baciarle la mano in questa breve sosta... Sempre bella, eh?... Sempre [89] regale!... E tu sempre innamorato morto... eh? Bravo, bravo. È un modo anche questo di farla in barba alla Natura; fare l'eterno sposino. O fermarsi al giorno prima delle nozze, o fermarsi al giorno dopo, è question di gusti. Purchè un bel giorno ci si fermi là, su due piedi! e si dica al Tempo: «tira pure quanto ti pare; io sto bene qui, e non mi muovo!»... Altro che paroline dolci: «Attimo fuggente, arrestati, sei bello!»... Bisogna farsi sentire per Dio!

ROMANO

Sempre allegro tu!

JACOPO

Questo credo che dipenda dall'essermi fermato al giorno prima delle nozze!... Ba!... Ba!... Ba!... Jacopino!... (parlando al ritratto di guerriero e mirandolo con il monocolo) Comment ça va, donc? Che faccia!! Ti secca un po' d'essere dipinto eh?... Capisco; costretto a star così fermo dopo averne fatte tante!... Però consolati!... Se sapessi com'è difficile oggi la vita!... La tua famosa impresa di Serravalle, sai come te la chiamerebbero: quadruplo assassinio, premeditato, a scopo di furto e di ratto di minorenne!... Galera a vita!!! Galera a vita!

[90]

ROMANO

(che ha levato dalla libreria una bottiglia di cognac e due bicchierini; riempiendoli)

Devi sapere che quei Tolomei di Serravalle erano nipoti di quelli fuorusciti e traditori che nel '232 avevano osato prendere le armi contro Siena, d'accordo col vescovo d'Arezzo!...

JACOPO

(vuota d'un fiato il suo bicchierino e lo tende a Romano perchè lo riempia)

Per Bacco!... Che belle ragioni per rubarsi le ragazze c'erano a quei tempi!! (sospira profondamente) Ba, ba, ba! Qua un altro bicchierino!... Io non so come tu faccia a studiar storia dalla mattina alla sera, senza diventar matto furioso! Io, basta che mi ci accosti un momento, è fatta!... Mi sento subito sfumare il raziocinio. Sarei capace d'uscirmene fuori vestito di ferro, con lancia in resta, come Don Chisciotte! A rimettere il mondo a posto! per Dio (beve c. s.) Poi ci bevo sopra, e mi passa!... E ritorno alle battaglie del baccarat!

ROMANO

Giuochi ancora? Giuochi sempre?

JACOPO

Che cosa vuoi che faccia?! Certo, qualche [91] volta, sarebbe meglio che non giocassi. Ieri sera a Firenze m'hanno vuotato il portafogli!... E pur nonostante... vedi ironia del Destino!... ho dovuto noleggiare una maravigliosa Rénault 60 HP., per venir qui, a caricare un imbecille d'un mio amico, e portarmelo a Roma!... Ragione per cui... non mi sentirei la forza di rifiutare... semprechè al munifico mio maggior fratello piacesse di largirmeli (nell'orecchio)... nemmeno cinque miserabili fogli da cento.

ROMANO

Jacopo mio, dimmi tu se ti ho mai rifiutato!...

JACOPO

Mai! Mai! Verissimo... Però ti piacerebbe incominciare da stasera...

ROMANO

No!... Non è questa la verità!...

JACOPO

... Bene, bene! «Niente di fatto!» Fratelli lo stesso! Passiamo ad altro.

ROMANO

Ma no! Voglio che tu sappia la verità. Non ce n'ho. In tutto questo palazzo ci sono cento lire.

JACOPO

Capisco... capisco... Sono capitato in un contrattempo...

[92]

ROMANO

Ma che contrattempo! è la miseria, per Dio! la miseria!

JACOPO

Romano?!

ROMANO

Ho voluto fare la mia smargiassata anch'io; ho voluto dare una lezione al Monte de' Paschi che m'è costata quindicimila lire! Le ultime!... avute, Dio sa come, dal Banco Fiorentino.. Gli ultimi spiccioli! Chi vuoi che me ne dia più! Non ho più un metro di terra al sole chi mi frutti uno staio di grano! Come la vuoi chiamare, se non la chiami miseria?

JACOPO

Romano?!... Ma lascia che ti guardi bene in faccia!!... Sei tu che parli così?!... Sei tu che, finalmente, mi credi degno di sapere un po' dei fatti tuoi dalla tua bocca?... Mi elevi alla tua confidenza?... Bisognava proprio che ti venisse addosso la miseria nera, per ricordarti che siamo fratelli!...

ROMANO

Io non l'ho mai dimenticato.

JACOPO

M'hai dato dei pranzi e dei denari...

[93]

ROMANO

T'ho anche parlato da fratello..

JACOPO

No! M'hai fatto delle noiose paternali, da precettore!... Niente altro. Questo sarebbe stato parlar da fratello; dimmi: sotto la severa apparenza d'amministrare un patrimonio, io amministro una rovina...

ROMANO

È questa la verità, Jacopo!

JACOPO

E perchè non dirmela?... Che cos'era quell'aria di superiorità che hai sempre usato con me! Perchè non dirmi: «Le forze non mi bastano: Aiutami! Sacré Nom!» Perchè negarmi la dignità e la gioia d'esser buono a qualcosa, su questo mondo?...

ROMANO

Forse sarebbe stata diversa la tua vita?...

JACOPO

O diversa o uguale; non è questo che m'importa! Qualunque vita è abietta se è fatta al solo scopo di vivere!... e qualunque vita è santa se un fine l'illumina!... Passare sul mondo, inutili, come [94] una pioggia sul mare: questo è indegno! questo è vile! questo è disonesto!... Romano! (stringendogli una mano con ambe le sue) Due minuti fa t'ho chiesto 500 lire... Ma tu sai che, per me, è come per i marinai! dopo il mal tempo viene il buono!... Io son qua, pronto a mettere tutte le mie forze a tua disposizione...

ROMANO

Eh?... Oh! No, no, no!...

JACOPO

Con tutto il cuore, bada!

ROMANO

Troppo buono, Jacopo... ma: no... no!... Non è il caso... ecco!

JACOPO

Incomincerò col renderti le quattro o cinque mila lire che ti debbo. Fra tre giorni al massimo, saranno qua; per telegrafo, se vuoi...

ROMANO

Oh! Non c'è questa fretta. Il 27 devo riscuotere due mesi di stipendio...

JACOPO

C'è da stare allegri!... Ci vuol altro per rialzare una casa che crolla!... Su via, Romano. Approfittiamo [95] di questo sportello di sincerità che si è aperto fra i nostri due cuori. Dimmi un po' bene come stanno le tue cose.

ROMANO

No, Jacopo! No, Jacopo!... È inutile... credi... ormai...

JACOPO

Più le cose son difficili e più mi piacciono anzi!

ROMANO

È impossibile!

JACOPO

Meglio!! È quello che cerco: l'impossibile!!

ROMANO

Insomma; no! no! Io m'ammazzerei piuttosto che... imporre dei sacrifici ad altri!

JACOPO

Sacrifici? Ma non capisci che lo faccio per la superbia di essere buono a qualche cosa?... E poi, per Dio, mi chiamo Della Lizza come te!... La rovina tua è anche mia! Se io porto a spasso la mia miseria in automobile, se io son diventato un acrobata del vuoto... se meno colpi di spada a destra e a sinistra... e qualcuno ne piglio anche!... (scoprendo l'avambraccio e mostrando una [96] lunga cicatrice) ... non lo faccio per me solo: lo faccio per il nome che portiamo!... Che credi?... Perchè t'ho venduto da ragazzaccio che ero, la mia parte di palazzo, ch'io non ci senta sempre un po' di casa mia, qua dentro? La tua rovina vuol dire la rovina di tutta questa roba che è gloria tua, come mia... e abbiamo uguale diritto di salvarla!... E tu che vai dicendo di sacrifici?

ROMANO

Parlo di sacrifizi materiali; tu non ne puoi fare per me, come io non ne posso fare per te...

JACOPO

Ma io posso... invece!

ROMANO

Ma io non voglio, insomma! Jacopo: parliamo d'altro... sii ragionevole...

JACOPO

Devo riscuotere una bella sommetta in Borsa... a fin di mese... Sarò quasi ricco!

ROMANO

Anch'io!... anch'io!...

JACOPO

Cosa, anch'io? Sarai ricco anche tu?...

[97]

ROMANO

Sì! Sì!...

JACOPO

Mi rallegro!

ROMANO

Oh Dio!... Ricco!... Rimedierò... rimedierò alla meglio...

JACOPO

E come?... Se tu stesso m'hai detto che non puoi trovare più una lira di prestito?

ROMANO

Oh! Insomma! Insomma! Insomma!... Se ti dico che rimedierò, vuol dire che rimedierò...

JACOPO

E il come non si può sapere?... Un mistero?... (Romano tace) Si riserra lo sportello delle confidenze fraterne!... Soit! Rien de fait encore!... (pausa) E... così... tolta la lieve indisposizione di madonna Luisa, che auguro definitivamente guarita domani, mentre io volerò verso Roma... tutti bene in casa?

ROMANO

Tutti... sì, sì... tutti benissimo.

JACOPO

E... sarebbe lecito... non dico vedere, il che [98] fia troppo per uno zio cotanto indegno!... ma almeno... sapere alcunchè di quella angelica creaturina bionda che, credi Romano... m'è rimasta qui negli occhi... da cinque anni... come la più bella cosa che abbia visto nella vita?...

ROMANO

(tutto illuminandosi)

Gaia?!

JACOPO

Sì! la nostra Gaia! Il fiore del nostro sangue!... L'ultimo fiore!... Perchè dal tuo Lorenzo, tutto quel che può venire... sarà un passabile mezzo sangue... arabo!

ROMANO

Ah! La mia Gaia!...

JACOPO

Che cosa fa? Che cosa fa, quell'angelo?... Gioca?... gioca ancora?...

ROMANO

Ah sì! Altro che giocare!...

JACOPO

Non aspetta più il suo Orlando innamorato che la liberi dagli Infedeli, facendo far da tenda saracena [99] alla portiera del salone... e da Orlando a quell'affare là! (indicando l'armatura montata).

ROMANO

È venuto, il suo Orlando!... in carne ed ossa!...

JACOPO

Ah, sì?

ROMANO

Piero Della Turrita... il figlio del povero colonnello Ugo...

JACOPO

Oh! guarda! I Turrita?... Gli antichi nemici della nostra casata!

ROMANO

Già, già!...

JACOPO

Giulietta e Romeo, dunque!

ROMANO

Già, già!... (sempre più beandosi) Ma tu sapessi che miracolo d'educazione ha saputo compiere in quell'unico figlio la sventurata marchesa Orsola!... Non si poteva incontrare in un'anima più ben fatta, la mia Gaia! E non è solamente buono; ha un ingegno raro per le discipline filosofiche. Arriverà in su!... purchè possa lavorare [100] in pace e in solitudine!... Non è nato per le lotte corpo a corpo della vita. Un po'... come ero io...

JACOPO

Ah!!! i tuoi sogni!... I tuoi sogni arcadici!... Me li rammento bene! Andavamo tutt'altro che d'accordo, allora!... Ma com'è poetico ripensarci adesso, in questa bella sera, in quest'angolo di reggia che è nostro! vero Romano?... dove tutto odora della nostra antichità, e non ci arriva il puzzo pestifero del nuovo!... Una vera ora di porto, per me, dopo tante burrasche!... Racconta, racconta, Romano... Dimmi ancora della nostra Gaia?

ROMANO

Si amano! Si amano! è tutto detto!... Quello che sogna lui, sogna lei. Hanno un cervello solo, un cuore solo! Piero ha una villetta e qualche podere in Valdelsa, carichi di ipoteche... ma, per bellezza, un vero paradiso! Riscattare quel poco, vivere di quel poco, là, in quella verde pace!... lavorare e amarsi!... Tutto il loro sogno!

JACOPO

Ha fatto qualche eredità, Piero?

ROMANO

Ma che! Non ha un soldo. Guadagna qualche cosa scrivendo... ma... capirai...

[101]

JACOPO

La marchesa Orsola?

ROMANO

Che vuoi che abbia! vive della pensione del marito... Tu vuoi sapere, insomma, chi è che paga le ipoteche?... chi è che riscatta il nido a questa coppia di allodole?... Sono io!

JACOPO

Tu?

ROMANO

Sicuro! Bastavano cinquanta mila liracce per tingere di rosa tutta la loro vita. Avrei dovuto negargliele? Io le ho promesse per dote a Gaia. Le ho promesse per quest'ottobre; e quest'ottobre le darò.

JACOPO

Bravo!! Sacré Nom!... Qui ti riconosco il segno della razza!!

ROMANO

Mi dai ragione. Tu mi dai ragione. Tu non mi dici, come Lorenzo, che son matto...

JACOPO

Che matto!... Che vuoi che capisca Lorenzo dell'anima nostra... lui che l'ha venduta alla tribù [102] dei Levi!... Hai fatto mille volte bene! Mille volte il tuo dovere, di padre, e di Della Lizza!!

ROMANO

Tu mi capisci, dunque?

JACOPO

Ti capisco e t'invidio!... Fabbricare la felicità d'un angelo come quello... Farla ridere! ridere in eterno!

ROMANO

(fissando lo sguardo in una visione di paradiso)

Ridere... ridere in eterno!..

JACOPO

(avvicinandoglisi)

Tuttavia... Io parlo per mia lunga esperienza... La promessa, in noi, si sa, è come l'immagine, l'ombra sopravvissuta di quello che fu il più vivo bisogno della nostra razza: Dare! Dare! Dare a piene mani!... Ma per dare... bisogna avere. Per avere, bisogna prendere. Dove prendi le cinquantamila lire, tu?

ROMANO

Lo so ben io!... Lo so ben io! A che mi sarebbe valso, dunque, conservare fino adesso, a prezzo... del mio sangue, tutta questa roba morta? [103] queste mura fredde!... Se oggi non mi servissero a dar vita al sogno di Gaia... a darle i fiori vivi!... il sole... il gran Sole?

JACOPO

(scattando)

Eh?

ROMANO

(come tra sè)

Sì! sì! sì!... Ne vada la ragione di Luisa! ne vada la vita mia!... perchè se lei impazzisce, io m'ammazzo!... ma Gaia dev'essere felice... Vendo tutto... tutto... fino all'ultima seggiola... Ho deciso! Ho deciso!

JACOPO

Carina, carina, carina!

ROMANO

Che cosa dici?

JACOPO

Dico: carina, carina, carina. Ingegnosa!... L'uovo di Colombo! L'uovo di Colombo!... Come si fa a maritare una figlia? Si vende un palazzo. Semplicissimo. E per maritarne due?... Poichè, se non erro, ne hai due da maritare. C'è anche Selvaggia.

[104]

ROMANO

Selvaggia! (tutta la persona si accascia, come sotto un tremendo peso).

JACOPO

Che cos'è?... Romano?... Che disgrazia c'è stata in casa, senza che io l'abbia saputo?... Maledetta la mia vita randagia! Selvaggia?!... così sana, così robusta!!... Ma quando, per Dio?... Se due mesi fa me n'ha parlato il barone di Monbello a San Remo!...

ROMANO

Ma non è morta! Jacopo!... È scappata di casa!

JACOPO

(facendo un salto indietro)

Eh?... Ah!... Me lo dici così? per caso!... dopo mezz'ora che parliamo?!... Un fatto di questa gravità! Una ferita così atroce al nostro onore!!! Romano! per Dio!

ROMANO

Io so che non ne ho colpa...

JACOPO

E io so che questa sola è peggio di tutte le mie messe insieme!... So, che fino ad oggi, bene o male, il nostro nome nel fango non c'era caduto; [105] e sei tu che ce lo butti! Tu che la pretendevi a monopolista del nostro onore!...

ROMANO

La mia coscienza è tranquilla!...

JACOPO

Ma, per carità, Romano! non ci perdiamo in chiacchiere; è tempo di agire. Spero che non metterai in dubbio il mio sacrosanto diritto di saper tutto e d'intervenire... La cosa si sa in Siena?

ROMANO

Ancora no, per fortuna. L'hanno vista partire una settimana fa per Torino col suocero di Lorenzo... Credono che sia là.

JACOPO

Ah! Col fabbricante di passamani?... E perchè?

ROMANO

Perchè volevamo levarla di qui; distrarla da un amoraccio che non ci piaceva... Credevamo che a Torino...

JACOPO

E invece?...

ROMANO

Alla stazione di Genova è sparita... il signor [106] Levi ha messo sossopra mezzo mondo... ha fatto miracoli... credi...

JACOPO

Eh, si vede! Dopo una settimana non sa ancora dove sono!... Con chi è scappata insomma?

ROMANO

Con un calzolaio!...

JACOPO

Sangue bleu!... Quattrini almeno?

ROMANO

Il figlio di quel tal Ricotti, che ha messo negozi in tutt'Italia...

JACOPO

Quello delle «Washington Shoe»?

ROMANO

Quello, sì.

JACOPO

L'amante della moglie di Serdoni, allora?

ROMANO

Mi pare... d'aver sentito dire... infatti...

JACOPO

Be' be' be'; è lui. Puoi telegrafare al fabbricante [107] di passamani che smetta immediatamente di occuparsi dei fatti nostri.

ROMANO

Eh?

JACOPO

Sì, sì; un pezzo di carta. (Prendendolo sul banco e dandolo a Romano che è in piedi) Telegrafargli subito! «Trovàti. Segue lettera». (Cercando con l'occhio un campanello e correndo a suonarlo) Viene qualcuno, a suonar qui? Perchè con te... i servi hanno sempre dormito... (va a sedersi al posto di studio di Romano, e leva il grosso volume che trova innanzi, prende un foglio da lettere e scrive in fretta) Permetti eh?... Siccome domani debbo in tutti i modi essere a Roma, è meglio che scriva subito a un certo ometto di San Remo che mi faccia da battitore...

ROMANO

(alzando il capo dal suo foglietto dove ha scritto, stando in piedi, qualche parola)

Ma... Jacopo... se poi...

JACOPO

(scrivendo sempre)

Niente «Ma»! niente «Se poi»! per carità! Due giorni di caccia e te li porto qui per le orecchie tutti due. Telegrafa come t'ho detto.

[108]

ANTONIO

(entrando da sinistra)

Comandi.

JACOPO

Ah! meno male! Dopo un quarto d'ora! Ma bisogna correre, quando si sente il campanello! bisogna sgranchirsi le gambe! (a Romano) Dammi qua (legge il telegramma) Quanti complimenti inutili!... Be' be': può andare (ad Antonio) Questo telegramma di corsa! Che ci sia qua la ricevuta tra dieci minuti.

(Antonio guarda attonito il vecchio e il nuovo padrone).

Ohei! Ho detto a voi.

(Antonio, impaurito, se ne va di corsa).

Ooh!

(Ripigliando il filo della sua lettera) Benissimo; i dati sono chiari (scrivendo) «Venerdì sera... sarò a San Remo. Se li hai trovati, mille lire sonanti. Se non li hai trovati un calcio nel... e me li trovo da me. Intesi bene. Tuo, Paron Jacopo»... (piegando e mettendo in busta) Vecchio contrabbandiere... Questi son gli uomini!... Domenica puoi preparare il pranzo di fidanzamento... Parola d'onore!

ROMANO

Speriamo che tu non t'illuda!

[109]

JACOPO

(a un tratto, con grande e comico scoppio di maraviglia)

Ba! Ba! Ba! Ba!!! Che vegg'io mai!!! «Tra i signori Marchese Romano Ferruti Della Lizza e Tomaso Harlem...»!

ROMANO

(accorrendo confuso)

Sssss! Per carità! (afferrando la carta eccitatissimo, e cacciandosela in tasca) Accidenti alla mia stupida testa!... L'ho lasciato lì!!

JACOPO

E... che cosa contratti, se è lecito, con quell'ex insaccatore di maiali?... Gli venderai qualcosa naturalmente!

ROMANO

Lo conosci?

JACOPO

Sacré Nom!... È lui l'amico del mio cuore, che son venuto a rapire in auto!... Eh! vecchia amicizia! Siamo stati vicini di camera per un mese, quest'estate, a Montecarlo!

ROMANO

Gioca anche lui?

JACOPO

Peggio di una foca ammaestrata!... Ma che [110] diavolo gli puoi vendere!... E l'ho visto dieci giorni fa... non mi ha mica detto niente!... Eppure sassi etruschi non ce n'hai!... Wisky, nemmeno... (battendosi la fronte) Per Dio!... il Palazzo!!... Di' la verità che vuole il palazzo, quel cafone!

ROMANO

(al colmo della confusione, rilevando di tasca il foglio e facendolo in pezzi)

Ma no! Ma no!... Ma se è una bozza... fatta per scherzo! È stato Lorenzo!

JACOPO

Ah ecco, ecco! già! Scherzi da merciaio, infatti!... Ora capisco! C'è Lorenzo qui!... Che cosa non venderebbe quello?!... E tu? eh?... «al suon di quel metallo»...? Bravo, bravo!... Oh! Ma glie lo dò io il palazzo a quel...

ROMANO

(disperato)

Jacopo!! T'ho detto a che cosa mi servono i denari!... È una cosa sacra!! Tu non hai il diritto di buttarmi all'aria quest'affare!!...

JACOPO

Ma ne ho diecimila diritti! Se ti vedo scavalcare la finestra non ho diritto di fermarti!?... Romano! [111] (afferrandolo e fissandolo negli occhi) C'è un Dio che guida i nostri destini!... Se non fosse stato scritto lassù io non sarei capitato qui in questa sera! Tu non mi avresti mostrato le tue piaghe...

ROMANO

Ma io non ti ho chiesto nulla!...

JACOPO

Lasciami dire. Non sei tu. Era scritto, ti dico!... M'è bastato di toccare questa pietra nera, per sentire che le radici mie son qua dentro. È ora ch'io mi ritiri nel mio angolo di rocca, come uno dei nostri vecchi capitani di ventura. Siamo gli ultimi veri Della Lizza, Romano; si deve morir qua dentro... tutti e due in piedi. Sacré Nom! Con l'ultima sfida sulla bocca!!... Che si provino a venire a comprare il palazzo, coi loro fogli da mille bisunti e puzzolenti! Si provino a toccarci. Si provino!... Li riceveremo a frustate!... Tutto quel che ho fatto mi fa ridere, in confronto a quel che mi sento di fare. Fino a ieri fu guerriglia. Da domani, incomincia la vera guerra! Guerra di grande stile, vivaddio!... E l'ho già tutta qui! (puntandosi l'indice nel mezzo della fronte) Tutta qui. Giornata per giornata. Vittoria per vittoria! Domani il porcaro Harlem. Posdomani il ciabattino [112] Ricotti. Fidanzamento di Selvaggia! Sponsali di Gaia! I più belli che abbian visto in Siena!!... Che stoffa di generale per Dio!... Jacopino! Esulta! È nato dal tuo sangue chi offuscherà la tua gloria!!...

ROMANO

Jacopo!... Che cosa vuoi fare, insomma?

JACOPO

Ma non t'avvedi, Romano, che... per rinnegar me, dovresti rinnegare tutto il nostro passato?... Non è stato tutto: coraggio e astuzia... fermezza e tenerezza... rose per le donne, ferro per gli uomini... guerra dichiarata a chi ci si metteva fra i piedi, avesse ragione o torto... Un fine solo: tener alta l'Impresa della Casata: «Semper invictus!» «Semper invictus!»... A questo fine tutti i mezzi buoni!... È colpa nostra se eravamo una razza nata per imporre leggi, e non per obbedire a quelle degli altri?... La borghesia, Romano, s'è arricchita alle nostre spalle!... Quel poco che riusciamo a riprenderle è santamente ripreso!!...

[113]

SCENA QUARTA

Si spalanca a un tratto l'usciolo del fondo. Appare Gaia, in veste da camera, agitatissima.

GAIA

Babbo (si ritira subito alla vista di Jacopo).

ROMANO

Gaia! che cosa c'è? Vieni avanti!... La mamma sta male?

GAIA

No... no... è un'altra cosa...

ROMANO

Che cosa, Gaia? Ma entra, dunque!

JACOPO

(che è rimasto come incantato)

Gaia! Hai paura di me? Non ti ricordi più di una gran bambola bionda bionda... e le mettesti nome Elsa?

GAIA

Ah! è lo zio Jacopo... scusi... sono così stordita... come sta?...

JACOPO

Sto male... perchè ti vedo tutta in pena!

[114]

ROMANO

Ma insomma, Gaia, vuoi parlare sì o no? Che cos'è successo? Che cos'è quel biglietto che hai in mano?

JACOPO

Se fosse del tuo Piero...

ROMANO

Lui (indicando Jacopo) sa tutto... puoi dir tutto...

JACOPO

Del resto posso anche star da parte... (ritirandosi da un lato).

ROMANO

Dunque?

GAIA

(tutta vergognosa, a Romano)

È Piero... Ma che c'è, ch'io non so?... Mi par d'impazzire. L'ho lasciato alle cinque... È stato tutto come il solito. Adesso mi manda un biglietto... «Che non pianga... (piange) che il suo amore è così forte che vincerà tutto... cercherà lavoro... a Firenze... Bisogna aver la forza di aspettare un anno... forse due...»!

ROMANO

(furibondo)

È stato Lorenzo! Glie l'ha voluto dire... Ha [115] voluto dire a Piero che io non posso far la dote a Gaia... Capisci, Jacopo!!

GAIA

Ma dunque è vero?

JACOPO

Ah! Ah! Ah! (ridendo) Povera piccola Gaia... (Gaia lo guarda dapprima spaventata).

Ha corso un bel pericolo davvero il vostro bel sogno campestre!... Ma il Diavolo aveva fatto i conti senza lo zio Jacopo!... Il quale è qui, proprio per annunziare a tuo padre... indovina un po' che cosa?... Un'eredità.

GAIA

(saltando come una bimba)

Davvero?!

ROMANO

Jacopo!

JACOPO

Bravo! Non volevi che glie lo dicessi? Bel gusto a farla patire?

GAIA

Perchè non volevi che me lo dicesse, babbo?

JACOPO

E... vediamo un po' se indovini... da chi ci viene questa eredità.

[116]

GAIA

Ma!... Come vuol che faccia?...

JACOPO

Quel nostro prozio... che aveva girato tutto il mondo... e poi s'era fermato a Giava a piantar caffè...

GAIA

Quello ch'è morto l'anno scorso?

JACOPO

Sì, sì, alla tenera età di 99 anni!...

GAIA

(mezza pazza d'allegria)

Lo zio Tom, babbo?!

JACOPO

Ecco! Ecco! precisamente lo zio Tom!... È lui che vi fa sposare!...

GAIA

Ma se non m'ha mai mandato nemmeno una cartolina illustrata!

JACOPO

Che c'entra? Lui non ha avuto altro gentile pensiero che quello di morire. Ma siccome ha lasciato un po' di denaro, quel denaro... finalmente... [117] dopo un anno... viene a noi... Lo devo riscuotere domani a Roma.

GAIA

Oh Dio! Dio! Che bellezza! Babbo! Babbino mio! perchè non ridi? Perchè non ci mettiamo a saltare tutti e due?

JACOPO

Vedi che lo zio Jacopo non è soltanto buono a portar delle bambole?!

GAIA

Ma perchè il babbo non è contento? Perchè tremi?... Oh! Dio ti senti male! (aiutandolo a sedere) Babbo?!

ROMANO

No, no.

JACOPO

È commosso! Sfido io! La troppa felicità! Io non svengo... perchè non è mia abitudine... Ma credi che sto per far capriole dalla gran gioia! Povera, cara, Gaiuccia nostra!...

GAIA

Grazie, zio Jacopo!... Senti com'è buono lo zio Jacopo?... E tu perchè stai così, e non mi dici nulla di bello?... Perchè non sei contento?... Oh! Se ci fosse qua Piero!

[118]

JACOPO

Bisogna scrivergli subito! Una bella letterina! La manderemo dal servo.

Gaia ha uno scatto gioioso.

ROMANO

(afferrandola)

No!... (raddolcendo modi e voce) Meglio no... ancora Gaia.

JACOPO

Ma perchè?

ROMANO

(carezzandola)

Sii buona... abbi pietà... Gaia... Amore mio!

GAIA

Ma pietà di che? di che? Io impazzisco!...

JACOPO

Vaneggia!... Ma che diavolo dici, Romano? Perchè non vuoi che la nostra Gaiuccia scriva al suo Piero?

ROMANO

(con un urlo terribile)

Ma perchè non è vero!!

[119]

GAIA

(sbiancando di terrore)

Che cosa non è vero? Oh Dio! che cosa, babbo? (Romano ricade affranto) Tu mi fai paura!... Mi fai morire!... L'eredità è troppo piccola... non basta... di', è questo?

JACOPO

Ma basta e n'avanza! Vaneggia! ti dico che vaneggia!... Romano... Rientra in te... Abbi compassione di questo piccolo cuoricino che piange... e sei tu che lo fai piangere... e senza un perchè al mondo!... Ma se avevamo già perfin fissato quando vi sposeremo... figurati, Gaia!

GAIA

(alzando gli occhi pieni di lagrime)

Davvero?... Quando?...

JACOPO

Il tempo di preparare le carte: il 1º d'ottobre! (consultando un calendarietto tascabile) Cioè no, no, pardon, è venerdì... il 2, ecco!

GAIA

(pazza di gioia, stringendogli le ginocchia)

Babbo!... E tu non mi dici nulla... nulla!

Romano afferra a un tratto la testolina di Gaia, se la stringe al petto scoppiando in un pianto dirotto.

[120]

JACOPO

Oooh! Vedi? Vedi? Ecco!... Sei contenta?... Ora ti dice tutto!

GAIA

M'avevi fatto tanto paura, babbo! Quando hai gridato così forte!... Oh! che male, babbo, m'hai fatto qui... (segna il cuore) M'è parso a un tratto d'essere come sotto una scure che mi scendesse sul collo...

La mano tremante di Romano corre quasi a proteggere, carezzando la nuca minacciata.

Sì, sì, M'è parso come se tutto il mondo finisse... come se non lo dovessi mai più rivedere! mai più! mai più! mai più! (piange).

ROMANO

No! no! Gaia! (con disperata preghiera) Non piangere!

JACOPO

(asciugandosi in fretta una lagrima)

Sacré Nom de Dieu!... Vedo che bisogna fare una parte di forza qua, se non vogliamo allagare la stanza!... Signorina Gaia!!! Sarebbe lecito sapere per quale ragione non correte immantinenti a scrivere al vostro Piero la meravigliosa storia dello zio Tom, invece di obbligare le nostre [121] venerande canizie, nere o bianche che siano, a lagrimare sulla vostra felicità?

GAIA

(un facile sorriso le riappare sul volto rosso di pianto, ma sul punto di alzarsi guarda il padre come oscurata da un'ombra di paura)

Non me lo dirai più, che non devo scrivergli?...

Romano sa soltanto guardarla con un sorriso trasognato.

JACOPO

No! no! Non aver paura. Non te lo dice più. Garantisco io!... È stata un po' di gelosia paterna... Dopo tutto come si fa a non essere un po' gelosi di Piero. Anch'io, vedi, sono geloso... Sei troppo bella... sei troppo un angelo!! (prendendole una mano e baciandogliela) Via! Via! Di corsa!... Senza più voltarsi indietro!

GAIA

(indugiandosi nell'andare)

Buona sera.

JACOPO

(pieno di commozione)

Niente «buona sera»! Niente «buona sera»! Via! Via! Ho detto! Via!

Gaia esce sorridendo. Jacopo e Romano restano ancora un poco a guardare verso l'usciolo del fondo con gli occhi lucidi e la bocca sorridente.

[122]

SCENA QUINTA

JACOPO

Grazie, Romano! Era giusto che la provassi anch'io una gioia come questa, una volta nella vita! Mi sembra d'esser ribenedetto!... Mi sembra d'esser tutto anima! tutto forza! Tutto volontà!... Ah!... Addio, Romano. Domenica: fidanzamento. Siamo intesi.

ROMANO

(dopo averlo guardato come inebetito avviarsi verso l'usciolo del fondo, a un tratto si slancia a fermarlo)

Jacopo!

JACOPO

Romano?

ROMANO

Dove vai?

JACOPO

All'albergo. Anzi alla Posta prima di tutto. Voglio imbucarla con le mie mani la lettera all'amico contrabbandiere! (levandola di tasca e mostrandola) Troppo importante!

ROMANO

No! No! Devi restare. Mi devi dire...

[123]

JACOPO

Che cosa?

ROMANO

E... domattina... partirete insieme?...

JACOPO

(sospirando comicamente)

Domattina mi caricherò quella balena... Povere gomme! Speriamo bene! Ba'. Addio, Romano!

ROMANO

(riafferrandolo)

No. No. No. No! Voglio sapere! Gli ti siederai accanto... parlerai del più e del meno... lo divertirai... come un sicario che gode accarezzando la sua vittima?...

JACOPO

Ma tu sei matto. Gli farò l'onore di trattarlo da pari mio! Voila tout!

ROMANO

No. Ancora. Voglio sapere: a Roma?...

JACOPO

Ci divertiremo... Mi sembri un ragazzo... parola d'onore!

[124]

ROMANO

Lo stordirai eh? di vino... di bagordi?...

JACOPO

Ah! Ah! Ah! Questa è buona! Gli insegno io a bere il vino!... Corruzione di minorenne! Ma davvero credete che tutti i suoi viaggetti a Roma, li faccia soltanto per comperare sassi? I sassi etruschi sono incaricati di conservare la pace coniugale, ma se vedessi che pezzo d'amante che si tiene a Frascati! Fa piangere, te lo giuro, a vederla in quelle mani!... Ba! ba! ba! Qua un bell'abbraccio!... e lasciami andare a dormire. Non ti ricordi nel decalogo del nostro Jacopino: «Inante la battaglia, dormir bene ti vaglia!»

ROMANO

(aggrappandosi e trascinandolo verso il banco)

No, per Dio! No, per Dio! Devi dir tutto, fino in fondo, fino in fondo! Giocherete?...

JACOPO

(seccatissimo, alzando gli occhi al cielo)

Giocheremo.

ROMANO

Tutto! Tutto! Mi devi sputare in faccia tutto il tuo marcio... Mi devi insegnare!

[125]

JACOPO

Eh?... Professore di baccarat!... (ride cercando di liberarsi da Romano).

ROMANO

Non ridere!! Siamo o non siamo due ladri?

JACOPO

Eh?!!!

ROMANO

Credi d'esser solo a saper rischiare tutto per Gaia... Credi che io non sia buono da niente... credi ch'io ti voglia aspettare qui?... come un vile?... Ci devo essere anch'io là!... Perchè Gaia è mia! È mia Gaia!!... Insegnami... Jacopo... Insegnami!!

FINE DEL SECONDO ATTO.

[127]

ATTO TERZO

LA SCENA.

Si vede un angolo della grande sala da pranzo, al pianterreno del palazzo. La parete di destra è leggermente per sbieco verso il mezzo; la parete del fondo è ad angolo retto con quella laterale e la si vede continuare da sinistra oltre la linea delle quinte. Le pareti sono tinte rosso bruno con alto zoccolo di legno. Il soffitto è a volta bassa ornata di antichi freschi. Da sinistra la scena è limitata da due basse colonne gotiche incassate per metà nel muro, sormontate da un arco. Di sotto quest'arco esce metà di una grandissima tavola da conviti. Nella parete di destra, in prima quinta, una bella porticina gotica ornata di colonne e frontone. Presso a questa un tavolino, al muro, ricoperto di velluto rosso, su cui sono in bell'ordine esposti, doni di nozze, tra i quali uno specchietto con cavalletto e cornice d'argento. Più oltre ad angolo, un pianoforte a coda, con sopra un doppiere acceso, due violini, e musica. [128] Al pianoforte è appoggiato un violoncello. Nella parete del fondo una grande finestra con inferriata che pare scavata nell'enorme spessore del muro, alla quale si accede per tre piccoli gradini incassati nel mezzo di un grado altissimo. Dalla finestra si vedono sagome di case nere dietro alle quali sorge la luna. Nel tratto della parete di fondo che prosegue da sinistra oltre l'arco, si scorge una finestra uguale a quella descritta. Dall'alto dell'arco pende un lampadario di ferro battuto con candele di cera, alcune già finite e spente, altre vicine a spegnersi. La gran tavola è ingombrata di bottiglie vuote, di salviette, posate, piatti e bicchieri usati; vi sono fiori e vi è anche un grande dolce per metà rimasto. Antiche seggiole di legno e cuoio sono in disordine torno torno. Qualche sedile vicino al pianoforte. I tratti di parete sono ornati di vecchi ritratti di donne nelle più diverse acconciature d'ogni tempo. L'impiantito è quasi coperto di petali di rose tea.

SCENA PRIMA

Maddalena sola piange silenziosamente, seduta sullo scalino della finestra. Si ode nella strada un'automobile fermarsi poco lontano. Maddalena sale i gradini, guarda fuori; poi rimane lì come nascosta, nel canto più buio della gran finestra, col viso tra i ferri. Con gran rumore di risa, irrompono da sinistra Selvaggia e Roberto [129] abbracciati a passo di danza sbrigliata. Roberto è in frak, soprabito sul braccio, cilindro sulle ventitrè. Selvaggia, anch'essa col cappello, porta un bel vestito rosso, più scollato del bisogno.

SELVAGGIA

(fermandosi di botto sulla soglia di destra)

Ho sete ancora, Roberto (ironica) Sarà la grande commozione!

ROBERTO

Aspetta.

Va dietro al pianoforte, prende una bottiglia di champagne.

SELVAGGIA

Ce n'è ancora?... (battendo le mani) Bravo!!!

ROBERTO

(sul punto di far saltare il turacciolo)

Un bicchiere?

SELVAGGIA

(afferrando la bottiglia da cui salta il tappo e cade la schiuma)

Ma che bicchiere!... (portandola alla bocca e assorbendo lo champagne che sale) Come quella sera, in barca!...

[130]

ROBERTO

(in tono di finto rimprovero)

Uh! Si rammentano le cose?!... (accennando ai ritratti) davanti a tutte queste illustri signore e signorine!

SELVAGGIA

(mettendo la bocca della bottiglia alla bocca di Roberto, e dandogli un bacio sulla guancia)

Hai ragione... poverette! Chi sa che voglia! eh? (mentre Roberto beve, corre con indiavolata allegria al pianoforte, scorre con le dita l'estremità acuta della tastiera, dà uno strappo rumoroso alle corde del violoncello; poi, subito rimirandolo con voluta volgarità di modi) To'! guarda come si somiglia al Sindaco!... Tutto lui.... Eppure sarà divertente quel giorno, no? Roberto?... Te l'immagini tu, quando saremo anche noi seduti su quelle due sedie dorate, davanti a quel Trippetta serio serio!... Ah! Ah! Ah!... Quando dirà anche a me tutte quelle cosine commoventi!... Bisognerà bene che faccia la sentimentale anch'io come Gaia.... (facendo con goffo scherno l'atto di asciugarsi gli occhi) Farò così... va bene?

ROBERTO

Però attenta a serbare un po' di lacrime anche per il quaresimale di Monsignore!... Mi raccomando!...

[131]

SELVAGGIA

O per la stazione?!... Non hai visto quanto bisogna piangere alla stazione?... Sarà un affar serio!

ROBERTO

Ah! là ci vorrà il pizzicotto!... Facciamo la prova!... (le dà un pizzico)

SELVAGGIA

(mandando un grido e appiccicando un ceffone a Roberto)

To'.

ROBERTO

(rincorrendola)

Ah!

Escono e rientrano nella scena rincorrendosi intorno alla tavola. Selvaggia, per prima, lancia un panino sulla testa di Roberto: questi risponde nel medesimo modo; ne volano quattro o cinque.

SELVAGGIA

(da sinistra, fuori, mentre Roberto è in scena)

Buono! Buono! Facciamo pace! M'è venuta un'idea (entrando) Dove andremo per il viaggio di nozze? Non ci abbiamo ancora pensato?!

ROBERTO

Sfido io! L'abbiamo bell'e fatto.

[132]

SELVAGGIA

Poverino!... Ci vuol altro per contentar me!... Non vorrai mica fare come quello spiantato di Turrita... che con la scusa della filosofia la porta a Monte Cassino!... (Roberto ride e si rimette a bere alla bottiglia) Voglio che tu mi porti a Parigi... e a Londra... e poi in Scozia!...

ROBERTO

(levando alta la bottiglia)

E poi al Polo Nord!!!

SELVAGGIA

Uh! ecco la zia!!

ROBERTO

Qua... qua... (la tira dietro il pianoforte) Nascondiamoci!

SCENA SECONDA

Rosa viene da sinistra, vestita da fuori, con una buffa cuffia alla Sinforosa. Cammina sbirciando attorno co' suoi occhi di miope, soffermandosi sospettosa; cerca sulla tavola; finalmente scopre con gioia il dolce, ne stacca un pezzo col coltello: vi s'attacca con avidità e si avvia saltellando verso destra.

[133]

ROBERTO

(appena Rosa ha fatto tre passi verso destra, imitando un cane) Brrr... bau, bau, bau!...

ROSA

(con enorme spavento, lascia cadere il dolce, fa il segno di croce, e scappa da destra gridando a bocca piena)

Ah, ahi! O Dio! Dio... Madonnina Santa Immacolata!

Roberto la insegue abbaiando.

SELVAGGIA

(correndogli dietro, e ridendo sghangheratamente)

Non morde mica, zia! È un canino tanto garbato!... Zia!

SCENA TERZA

Mentre da destra si allontanano risa, gridi, abbaiamenti, da sinistra giunge la voce di Luisa.

LUISA

Maddalena!... Maddalena!... (entra).

MADDALENA

(uscendo dal suo cantuccio e asciugandosi in fretta gli occhi)

Comandi!... signora Marchesa!

[134]

LUISA

Sono dieci minuti che vi chiamo!

MADDALENA

Mi perdoni... signora Marchesa. Non l'avevo veduta scendere dall'automobile.

LUISA

Datemi un poco d'acqua, Maddalena...

MADDALENA

(si allontana da sinistra)

LUISA

(si accomoda alcuni riccioli allo specchietto d'argento che è fra i regali di Gaia. Poi guarda con l'occhialino e tocca gli altri oggetti preziosi, mormorando)

Finissimo! Di gran gusto! Veramente degno di principi! (a Maddalena che riappare portando un bicchiere d'acqua) Ma perchè piangete, Maddalena?

MADDALENA

Non mi posso vincere... M'ha fatto così male, signora Marchesa, a vederla andar via...

LUISA

Oh! siete pur sciocca Maddalena! Vi pare conveniente piangere nel giorno che si compie un così [135] fausto avvenimento!... per cui tutta Siena è in festa?!

MADDALENA

Ma era così bambina... quando son venuta in questo palazzo!...

LUISA

La vostra padroncina va a trovare la felicità che merita! Ella ha saputo scegliersi nel nostro ceto l'uomo degno del suo amore. Dio protegge simili unioni!... Volete sapere che cosa ha detto Monsignore nel suo magnifico discorso? «Bisogna esultare» ha detto, «bisogna osannare alla infinita bontà di Dio, che ha permesso oggi a un suo umile sacerdote di legare indistruttibilmente due delle più remote nobiltà toscane, cancellando con un benedicite ben cinque secoli di sanguinose discordie!»... Piangete ancora?

MADDALENA

Non ci badi... signora Marchesa.

LUISA

Buona Maddalena!... Forse avete ragion voi!... Forse, anzichè riprendervi, dovrei invidiarvi!... Poter molto piangere forse è il più dolce privilegio della donna... Ed io non so veramente perchè mi sia stato negato da Dio!!...

[136]

MADDALENA

Povera signora Marchesa!!... Mi faceva tanta pena questi giorni passati!... Si vedeva che pativa così tanto!... E io dicevo con Antonio: «Se potesse piangere!... Se potesse piangere, chi sa che sollievo proverebbe!...» (prende il bicchiere vuoto dalle mani di Luisa e va a posarlo, uscendo da sinistra).

LUISA

(fissando a un tratto i propri occhi sbarrati nello specchietto)

Terribili questi occhi di pietra!... che non sanno piangere! (spezza lo specchio contro lo spigolo del tavolino e lo getta in terra).

MADDALENA

(accorrendo)

Signora Marchesa!... Perchè?...

LUISA

(con uno strano sorriso)

È caduto.

MADDALENA

(osservandola impaurita e fingendo di credere)

Oh! che peccato!... Così bello!... (raccoglie i [137] pezzi) Si potrà fare accomodare, non è vero, signora Marchesa?

Luisa s'alza di scatto.

... Vuole andare a riposare, signora Marchesa?

LUISA

Sì. Salite a svestirmi. (escono da destra).

SCENA QUARTA

Si odono passi da sinistra. Jacopo entra trionfante, elegantissimo, in frak, soprabito e cilindro ultima moda. Dietro lui Romano, curvo più del solito, vestito come Jacopo, ma tutto d'una foggia più antiquata.

JACOPO

E Antonio, s'è perduto?... Antonio!

ANTONIO

(arrivando a corsa dietro loro, mettendosi in tasca il berretto, e togliendo subito il soprabito a Jacopo)

Ho fatto tardi...

ROMANO

No... no...

ANTONIO

... perchè c'era una piccola differenza nella spedizione [138] dei bagagli... È stato il signor ingegnere che se n'è avvisto... son dovuto tornare addietro...

ROMANO

(andando alla finestra)

Va bene, va bene... tieni per te la differenza...

ANTONIO

Grazie, signor Marchese. Ci avevano fatto pagare tre lire e mezza più del dovuto...

JACOPO

Tre lire e mezza!!! Rabbrividisco pensando a quel che poteva succedere... se non c'era lui!... (sedendosi al pianoforte e abbozzando qualche accordo).

ANTONIO

Hanno comandi?... (rivolto a Jacopo) Per la carrozza?

JACOPO

Che attacchi per le dieci, domattina... ma che non faccia come oggi!... Sia pronto alle dieci precise! Siamo intesi?

Antonio s'inchina ed esce. Jacopo continua i suoi accordi accennando con la voce un'aria malinconica.

ROMANO

(quasi tra sè)

Che odore di fieno c'è nell'aria stasera.

[139]

JACOPO

I campi offrono tutti i loro profumi al passaggio della nostra Gaia!

ROMANO

(c. s.)

Però... non m'aveva mai messo nell'anima uno spasimo così grande di libertà!... una voglia così indemoniata di torcere questi ferri... di segarli... che so io... d'aprirmi un passo... e scappare via per la campagna.

JACOPO

Mio caro Romano! Nessuno ci impedisce di andar a fare una passeggiata in campagna, uscendo per il portone! (accende un grosso avana).

ROMANO

(guardando a un tratto il soffitto, con un colpo secco di riso)

Li senti?... Li senti?... Passano qua sopra... si rincorrono, sghignazzano... Paiono i Genî di questa gran Rovina!!...

JACOPO

Chi?!... Ah! Selvaggia e Roberto?... Son fidanzati!... Tra poco li sposiamo!... Che cosa vuoi di più?... Te l'ho costretto a fare il suo dovere. Certo adesso non te lo posso mica trasformare in un principe!!... (ride).

[140]

ROMANO

(fisso nel suo pensiero)

Eppure sarebbe così facile scappare da questa prigione!... e così giusto!... al cospetto degli uomini e di Dio!

JACOPO

Romano! Sursum corda!!

ROMANO

(tra sè)

... Che cosa ci sarà più qua dentro, per me... quando anche queste rose sfogliate da Lei, saranno imputridite tutte!... e puzzeranno... come il resto!...

JACOPO

Grazie!!... Malinconie... vero?... Malinconiucce!... Zanzarette quaresimali!... (facendo l'atto di scacciarle dalla finestra) Sciò!... Sciò!... Altro che storie! Mi pare che sarebbe piuttosto il momento di pensare alla nostra Luisa seriamente!..

ROMANO

(con dispetto)

Vuoi insegnarmi anche questo?... a volerle bene?

JACOPO

Dio mi guardi dall'usurpare le tue prerogative!!... Ma qui non si tratta di volerle bene soltanto; [141] si tratta di fare qualche cosa... perchè la china è brutta!... Ieri ho parlato a lungo col dottor Poggi...

ROMANO

(con grande apprensione)

Che cosa c'è di nuovo? Perché non me l'hai detto subito?

JACOPO

T'ho voluto lasciar godere la festa d'oggi. In sostanza m'ha detto che, forse, la cosa è ancora rimediabile. Ma bisogna occuparsene... occuparsene seriamente. Divagarla; toglierla di qua, se è possibile; tagliare tutte le fila dei suoi dolori; che non oda più una parola, che non veda più nulla di ciò che le fa male... E io naturalmente ho subito abbozzato il mio bravo piano anche per questo!... In primissimo luogo ottenere che Lorenzo se ne vada e non torni più per un anno almeno!... In secondo...

ROMANO

Oh! Sì!... Tu non conosci Lorenzo!

JACOPO

Io lo conosco benissimo. Lui forse non conosce abbastanza me. Ma, lasciamo questo. Proseguiamo. In secondo luogo, dunque: sposare questi due ragazzacci. Sposarli in quattro e quattr'otto. In questo mese, magari.

[142]

ROMANO

E la gente?

JACOPO

La gente dica quel che crede! Vogliamo o non vogliamo salvare questa povera Luisa? Bisogna sposarli subito. E appena sposati, partenza...

ROMANO

Partenza?

JACOPO

Sono già due anni che manco ad un mio debito d'onore, sai? il giorno dei morti!... C'è una povera Ninon che aspetta i miei fiori a Père Lachaise... M'è spirata proprio tra le braccia! E non m'ha chiesto altro nè da viva nè da morta: «des fleurs, des fleurs!... mais que j'en aie toujours plus que cette mauvaise Henriette!» Roba di dodici anni fa!... Non basta tingersi i capelli!... Ma quest'anno non voglio mancare... E voi due verrete a Parigi con me. Va bene?

ROMANO

Noi?!...

JACOPO

Ma vuoi capire sì o no che Luisa va distratta... va curata insomma, se non vogliamo perderla!... Dunque? Meglio di un bel mesetto a Parigi, che [143] cosa vuoi trovare?... E al ritorno vi fermerete in Valdelsa. Gaia sarà ancora occupata a mettere in ordine la sua villetta, ma un posticino per voialtri lo troverà subito... E io verrò qui, a dare un po' di sesto ai tuoi affari... E tutto si accomoderà!... Non vedo già l'ora, figurati, di battermi qua con i tuoi creditori... «Orazio sol contro l'Etruria tutta!» (ridendo e battendo sulla spalla di Romano) Va là! che, in fondo in fondo, il mondo è bello!... e tutto da ridere!... Hai osservato quel bestione dell'Harlem a tavola? Sacré nom!... Sembrava una draga messa a tutto vapore! S'era perfino levato gli occhiali, per limitare l'orizzonte al suo piatto e al suo bicchiere!... Scommetto che pensava: (imitando il fare e la voce) «A buon conto procuriamo di rimangiarcene più che possiamo di quelle maledette sessantamila lire! (ride, ma non riesce a far ridere Romano) E quanto ha bevuto!!! Hai visto come s'è abbracciato Lorenzo, dopo pranzo? Chi sa per chi l'aveva preso!

ROMANO

(atterrito)

Hanno parlato? Soli? lui e Lorenzo?

JACOPO

Non aver paura, sciocco! Gli preme troppo di mantenere il segreto sulle sue scappatelle romane! [144] La moglie è bruttoccia, ma gli ha portato sette milioni! Non basterebbe un caratello di bordeaux a farglielo dimenticare!...

ROMANO

(in preda allo spavento)

Antonio! (batte sopra un bicchiere).

JACOPO

Ma che cosa vuoi? Ma non fare stupidaggini, per Dio! Calmati! (cambiando tono, come vedendo Antonio) Niente! Niente! Andate pure (a Romano) Ma non ti vergogni a tremare di paura così? Ma chi è, il Giudice dei vivi e dei morti, questo Lorenzo?... Ma poi: se dopo dieci minuti che parlavano, lui s'è addormentato sul divano, come se fosse all'osteria, e dorme ancora! su... To'! Ecco qua il nostro ingegnere stimatissimo!

SCENA QUINTA

Lorenzo appare da destra

ROMANO

(voltandosi spaventato)

Eh?

LORENZO

(a Romano, ridendo)

T'ho messo paura?

[145]

JACOPO

Tutt'altro!... In abito da viaggio a quanto pare?

LORENZO

(secco a Jacopo)

Già; vado a Torino (al padre) Te l'avevo detto che avresti dovuto accontentarti di avermi al pranzo, è un periodo di gran lavoro questo, fortunatamente per me! Proprio domani ho un convegno importantissimo.

ROMANO

(un po' sollevato)

Bravo!... Bravo!... Augùri per i tuoi affari.

Jacopo passeggia con aria spavalda; chiude la finestra.

LORENZO

Grazie. Ma ritornerò fra tre giorni (mettendogli una mano sulla spalla e guardandosi dietro) Spero... di ritrovarti solo.

ROMANO

(con un gesto del viso che lo prega di non farsi udire da Jacopo)

Oh!

LORENZO

(abbassando la voce)

Bada. Mi par di vedere che fa già il padron di casa... come se l'eredità fosse un regalo suo!

[146]

ROMANO

È il suo fare, così...

LORENZO

Sì. Sì. Ma se fra tre giorni lo trovo ancora qua, ci penso io a metterlo fuori!

ROMANO

Oh, Dio!... Dopo tutto.. Selvaggia ce l'ha riportata lui!...

LORENZO

Ma son venti giorni che scrocca per Dio! Basterà!... Avremo diritto di parlare una buona volta dei nostri affari con l'Harlem senza che ci si ficchi di mezzo lui!

ROMANO

Oh... con l'Harlem... mi pare... meno fretta si dimostra... e meglio è...

LORENZO

(fissandolo)

Non ti immaginerai di esser diventato ricco, spero... Qualcosa di buono, forse, si sarebbe potuto fare con quelle sessanta mila lire, piovute così come la manna!... Ma tu hai voluto far lo splendido con Turrita, e così siamo ritornati al punto di venti giorni fa. Fìssatelo bene in testa! [147] Non c'è scampo. La via è sempre una sola. Non ti ricominciare a cullare in qualche dorata illusione.

Jacopo si avvicina.

M'hai chiesto d'aspettare che Gaia fosse a posto. Ora è fatto. Non ci devono essere più scuse.

ROMANO

Tua madre, Lorenzo! Tua madre!

LORENZO

Oho! Mia madre!... Mia madre si piegherà per Dio!

JACOPO

(con ironia tagliente)

E se non si vorrà piegare... la impiccheremo là fuori!!! (indica la finestra).

Lorenzo gli si rivolge rosso d'ira.

Va bene così? Les aristocrates à la lanterne!!

ROMANO

(atterrito)

Jacopo... sai... è sempre pronto... a scherzare...

LORENZO

Il male è che crede di poter scherzare anche con me... che non ho niente a che fare con lui!

Jacopo fa una mossa da spadaccino offeso dalla quale desiste come dicendo: «Non ne vale la pena».

[148]

ROMANO

(quasi fuor di sè dalla paura, con intonazione sforzata)

Lorenzo! Non ti posso permettere di mancargli di rispetto... (appena finita la frase ne par già pentito).

LORENZO

A me?... Ah!... Sono io che... non posso nemmeno rispondere se lui mi insulta?

JACOPO

Non pigliamo le cose in tragico... ragazzo mio!.. per carità!...

LORENZO

(a Jacopo)

Ma non parlo con voi! (a Romano) Dico a te. Questa casa è più mia che sua, mi sembra... e io debbo lasciarmi insultare qua dentro da uno che trascina nel fango il nostro nome!...

Jacopo guarda a destra e a sinistra se nessuno possa udire.

ROMANO

(prima che Lorenzo finisca la frase urlando per superare la sua voce, con intonazione che è disperata e vuol essere imperiosa)

Lorenzo!!!

[149]

LORENZO

Ah! Sì? Ah! Sono io che devo tacere!... sono io l'intruso qua dentro?... Proprio io?!... Allora resto. Vedremo.

JACOPO

(a Lorenzo, compitissimo)

Se quella mia facezia ha sortito l'effetto di prolungare il piacere di averti tra noi, io non mi posso pentire di averla detta. Però...

LORENZO

(passeggiando e mostrando di volersi contenere)

Sì... sì... Sfogatevi pure a dir facezie questa sera, perchè domani uno di noi due deve andar fuori di qui... e vi garantisco che non sarò io...

JACOPO

... però, dicevo, il nostro Romano... attraversa un momento criticissimo della sua vita... Se io vedessi che tu gli potessi... o gli volessi essere più utile di me, cederei, io per primo, il posto.

LORENZO

(a Jacopo)

Utile? Perdio!! Dunque la cosa è ancora più grave di quel che credevo. Non siete qui per scroccare? Siete qui PER AIUTARE!!... Allora è doppiamente necessario che ve ne andiate. E subito.

[150]

JACOPO

Indovinatissimo: come gioco di parole?... Ma non mi sembra il caso... dinanzi a un uomo accasciato da una fortuna avversa, stretto di debiti...

LORENZO

È naturale, è piuttosto il caso di dargli l'ultimo spintone... è poco esser rovinati soltanto, bisogna diventare... come voi!!... Fortuna che i vostri semi cascan sulla pietra, perchè mio padre sa i doveri che gli incombono... verso sè stesso... e verso me!

Il volto di Romano sembra la maschera del terrore.

JACOPO

Parole offensive sì: ma sempre parole: niente altro che parole! Alle corte: per accomodare le cose di tuo padre ci vogliono dei denari...

LORENZO

C'è il palazzo.

JACOPO

Non si può vendere. E la ragione è tale che dovrebbe prima commuovere te, che noi!

LORENZO

(al colmo dell'ira)

Insomma; se non sapessimo che cosa farci dei [151] vostri consigli, dei vostri apprezzamenti, dei vostri aiuti materiali e... morali!...

JACOPO

È precisamente questa la cosa da dimostrarsi.

LORENZO

Da dimostrarsi? È semplicissimo: andatevene subito!... Vedrete che nessuno vi richiama... Prima che accettare aiuti da un pari vostro, della gente onesta...

JACOPO

(lasciando il suo contegno)

Ah! sì?!... Ah! Sì?! Se bastassero le chiacchiere, ragazzo! Ma con le chiacchiere non si salva chi va in rovina... nè si quietano i creditori...

LORENZO

Basta! basta!... V'ho detto, andatevene! per Dio! parlo chiaro!

JACOPO

(accendendosi)

... ma con le vostre chiacchiere, vostra sorella Selvaggia sarebbe finita cocotte... signorino bello, e Gaia non si sarebbe ancora sposata...

ROMANO

(come se un peso a lungo minacciato, a un tratto piombasse a schiacciarlo)

Jacopo!! Taci!!... Abbi pietà!...

[152]

JACOPO

(passeggiando irritatissimo)

Oh! Parlo chiaro anch'io! È pur necessario abbassare quest'alterigia!

LORENZO

Eh?... (come colpito da un'idea che lo atterrisca e lo illumini) Babbo?!

ROMANO

(fissa gli occhi atterriti di Lorenzo, tremando, balbettando)

Che... ho... detto... io?...

JACOPO

(mettendosi davanti a Lorenzo che non leva gli occhi da Romano)

Avete capito ora che la storia dell'eredità è una frottola?!...

LORENZO

(stringendo i pugni in un primo impeto d'ira)

Eh?!

JACOPO

È così! Me ne dispiace tanto per voi... ma è così! Per ora chi ha fatto un po' di bene qua dentro, sono io! Io. Io in persona! Io solo.... E senza secondi fini... perchè non chiedo nulla... non rivoglio nulla... Non aspetto eredità... io!

[153]

LORENZO

(a Romano)

E... tu?...

JACOPO

E lui ha creduto bene di accettare la mia offerta; sicuro! perchè era fatta da un fratello, con cuore fraterno!... Oh! Ecco che sapete tutto! Ebbene! Che cosa dite? Sentiamo! (minaccioso) Che cosa fate? Ora che sapete tutto?

LORENZO

(fissando il viso di Romano che è freddo e immobile e bianco come la maschera di un morto)

Dunque... è così?... Hai potuto toccare il danaro... uscito da quelle mani. Tu... Non n'hai sentito ribrezzo! Schifo! Rispondi per Dio! Voglio sentir dire «sì» dalla tua bocca!...

JACOPO

Ma lascialo in pace!

LORENZO

Zitto là!!! (dopo aver atteso invano la risposta di Romano) Vergogna!!! Vergogna!!... (fra sè) Povero nome mio!... E chi sa dove comincia e dove finisce quest'inganno... questa sudiceria!!... Io non lo so!... Avete deciso d'impiantare una bisca qua dentro? Oppure il covo di una banda internazionale?... Che cosa? Che cosa avete deciso, [154] fra voi due? Parla, per Dio!... Ti sei fatto già anche tu la tua brava maschera... come lui!

JACOPO

Eh! eh! eh!... è più comodo indignarsi che cavar soldi per aiutare! vero?

LORENZO

(violentissimo)

Io, il mio denaro, lo sudo!...

JACOPO

Sì! guardando sudare le operaie!

LORENZO

Il vanto d'essere prodighi lo lasciamo ai ladri, noi!

JACOPO

(provocantissimo)

Parli al plurale!... In nome della tua tribù?...

SCENA SESTA

LA VOCE DI ROSA

(con batter di mani, da sinistra)

Sono qua! Son tutti qua, vieni, Luisetta bella!

JACOPO

(frenandosi, secco)

Lorenzo. C'è tua madre...

[155]

ROSA

(entrando)

E i fidanzati? Che cosa vuol dire che si nascondono sempre quei due?

JACOPO

(riprendendo d'un sol colpo tutta la sua consueta compitezza)

Benvenute!... (movendo incontro a Luisa) Benvenute!... È una lieta sorpresa, questa che ci fate!

Rosa sbircia sulla tavola se c'è più il dolce.

LUISA

(apparendo)

È consuetudine che ha ormai valore di legge dare una chiusa strettamente familiare a queste solennità.

JACOPO

Voi fate testo, in fatto di consuetudini!

Mentre Jacopo e Luisa hanno parlato presso il capotavola, Lorenzo è andato alla finestra alzando violentemente le spalle, poi ha consultato il proprio orologio; infine scivola via dietro il gruppo che avanza. Romano resta immobile sulla sua sedia, gli occhi fissi in terra.

[156]

ROSA

Tanto più che, con tutti quei brindisi così belli, dico io, il dolce e il gelato non si son potuti gustare! Dico bene?

JACOPO

Allora, una bella fetta di dolce, per ricompensarvi del mio brindisi! (taglia).

ROSA

(a Jacopo)

Bravo cognatino bello!... (a Romano) Uh! mamma mia! che broncio! Che cos'hai? sonno? (di nuovo a Jacopo) Grazie! Quanto! (di nuovo a Romano, a bocca piena) Non t'addormentare sai! Che si deve ribere! Eh! Eh! Eh! (ride).

LUISA

(a Jacopo)

Il vostro brindisi è stato forse troppo ricco di ardimenti moderni, questo sì; ma in molti luoghi avete raggiunto mirabili effetti ditirambici! Dovreste coltivare questo genere...

JACOPO

Infatti lo coltivo più che posso!... Del resto, la qualità dei miei versi dipende sempre dalla qualità dei vini che sono a tavola. Merito vostro, [157] dunque (facendo l'atto di tagliare un'altra fetta di dolce) Volete permettermi, amabile cognata?

LUISA

Grazie, cognato: il dolce no.... Preferisco un sorbetto.

ROSA

(mangiando più in fretta il dolce)

Anch'io, anch'io! Ho tanto caldo.

JACOPO

(avviandosi verso sinistra)

La gelatiera è laggiù... Che cosa dice il vostro cuore di questa meravigliosa festa?

LUISA

Nessun'altra famiglia in Siena avrebbe saputo fare di più nè di meglio! (escono dalla scena).

ROSA

Solamente quei fagiani ripieni!... Madonnina immacolata! Che saporino!

Si ride, poi si fa silenzio. Soltanto si ode il rumore di cucchiaini mossi dentro bicchieri, nell'altro lato della sala.

[158]

SCENA SETTIMA

Questo silenzio è rotto da un sordo rumore di gran portone cigolante chiuso con forza. Romano sussulta, si leva, sale, con le gambe che a mala pena lo reggono, fino all'inferriata. In un momento di grande silenzio, si ode un passo sul selciato risuonante della strada deserta e illuminata dalla luna. Romano aggrappato all'inferriata guarda intensamente.

ROMANO

(le parole gli escono come un rantolo)

Sei tu?... Lorenzo?! No!... No!... (sforzandosi quasi a urlare) Lorenzo!... Non lasciarmi, Lor...

JACOPO

(accorrendo)

Che cosa c'è Romano? Eh? (guardando nella strada) Lorenzo è quello?... Se ne va?... Così mi piace!... Vedi se ci son riuscito a farlo scappare?

SCENA OTTAVA

ROSA

(correndo da sinistra col suo sorbetto, seguita lentamente da Luisa)

Che cosa c'è nella strada?! Fate vedere anche a me?

[159]

JACOPO

(venendole incontro)

Niente, niente! Cara Rosa.... Un uomo!... che se ne va per i fatti suoi!...

SELVAGGIA

(da fuori)

Zia Rosina? zia Rosuccia?

ROBERTO

(da fuori)

Zia Rosetta? Rosabella?

SELVAGGIA

(entrando da destra)

Oooh!! Finalmente! T'abbiamo scovata!

ROBERTO

(dietro a Selvaggia)

Finalmente!

ROSA

Cosa? Cosa «finalmente»?... Sono io che v'ho cercato e ricercato in tutti i buchi e non v'ho trovato. Che cosa avete fatto?

ROBERTO e SELVAGGIA

(a una voce)

Abbiamo cercato lei! — Abbiamo cercato te!

(si gettano contemporaneamente al suo collo).

[160]

JACOPO

E adesso che, dopo tante peripezie, finalmente ci siam tutti trovati, qui, si beva, dunque, l'ultima coppa alla felicità di Gaia.

Va a prendere una bottiglia dietro il pianoforte.

SELVAGGIA

(saltando indiavolata)

Champagne!!... Via il gelato zia.

ROSA

(trattenendolo)

Aspetta!

SELVAGGIA

(levandoglielo)

Via! Via! Prepariamo le coppe! (la trascina via da sinistra).

ROBERTO

Evviva il nostro zio Jacopo!... (avvicinandoglisi, e levandosi di tasca un portafogli rosso) A proposito... Mille e tre, vero? ieri sera?...

Luisa si avvicina a Romano e gli accarezza il capo. Romano rimane muto, fisso, come non se ne avvedesse.

JACOPO

(occupandosi di slegare la bottiglia)

Ma va là... ci penseremo dopo.... Dorme ancora l'Harlem?...

[161]

ROBERTO

Sì, sì... ma i debiti d'onore prima di tutto! Tieni, tieni!

JACOPO

Accontentiamoti! (si ficca, con grande disinteresse, in una tasca dei pantaloni, il denaro che gli dà Roberto).

SELVAGGIA

(ritornando)

Pronte le coppe! Stappa, zio!

JACOPO

(a Luisa e a Romano)

Immortali innamorati! Venite qua! Beviamo alla felicità di Gaia!!!

Luisa accoglie l'invito, ma Romano non si muove.

ROSA

(saltando al tempo stesso del turacciolo)

Uh!

JACOPO

(riempie le coppe, poi, alzando la sua)

Su! Su! In alto!! Stringiamole tutte!... Così!... Che sembrino un mazzo di quelle rose tea che Le piacciono tanto! E offriamolo alla nostra reginotta [162] che fugge!... Ma insomma, Romano! Vuoi che manchi proprio la tua coppa a questa offerta augurale?... Be'! mi deciderò io a farti da Ebe... posto che non vuoi lasciare il tuo Olimpo! (gli porta una coppa piena).

Romano prende la coppa e la tiene nella destra senza quasi avvedersene.

SELVAGGIA

Altri due versetti da ridere, zio! come quelli del pranzo!

ROBERTO

Sì! sì!

LUISA

Non vedo Lorenzo....

JACOPO

Oh! Chiedo scusa per lui... è stata proprio una necessità: perdeva il treno...

LUISA

È partito!! Senza neppure...

JACOPO

Aveva un affare urgentissimo a Torino...

LUISA

Non vi affaticate a scusarlo! (alzando gli occhi al cielo) Conosco la sua nuova educazione!

[163]

SELVAGGIA

Basta che mi mandi quella cassetta di vermouth che gli ho chiesto.... Me l'ha promessa; ma così a denti stretti!

JACOPO

Beviamo dunque!! (bevono).

ANTONIO

(venendo da sinistra)

Permette, signor Ricotti (parla nell'orecchio di Roberto).

ROBERTO

Ah! S'è svegliato? Vengo subito! (appena bevuto, esce dietro Antonio non osservato).

SELVAGGIA

Zio! Dunque? Questi due versetti da ridere? ce li fai sì o no?

JACOPO

(improvvisando)

A me li chiedi?...

Ma non li vedi

Di già sbocciare,

Di già suonare

Sull'armoniosa

Bocca di Rosa?

[164]

SELVAGGIA

(ridendo sgangheratamente)

Ah! Ah! Roberto senti? «Bocca di Rosa!» Anche la sua! Non ci avevamo mai pensato!... Ma dov'è Roberto?

ROSA

«Bocca di rosa», sicuro! Dico io! Perchè no? (ispirandosi).

JACOPO

Ecco i versi! Attenti! L'avevo detto io!

SELVAGGIA

Forza, zia Rosa!

ROSA

Eccoli, davvero, per bacchina!

Sì: bocca di rosa

nomarsi le tocca,

se canta la sposa,

se parla di lei,

la misera bocca

di Rosa Taddei!

JACOPO

Ma bene!!

SELVAGGIA

Ma brava la zia!... Roberto!... Roberto!... Ma [165] dove s'è cacciato quello stupido? (va via da sinistra).

JACOPO

Un vero madrigale! deliziosissimo!

ROSA

Piaciuto?... E allora, con questo, dò la buonissima notte a lor signori! (con goffo inchino settecentesco) Madonna sorella arcibella!... (a Romano) Cognatino... arcibrutto voi! Sempre con quel musaccio lungo un palmo. Niente riverenza... Imparerete... Una volta volevate bene alla povera Rosa, ma adesso più. Adesso siete diventato cattivo cattivo!... Ma a me non me ne importa niente! Perchè ce l'ho il mio cognatino carino, il mio difensore, il mio cavaliere errante!... Eccolo qui. Questo sì che se la merita la riverenza! (s'inchina a Jacopo, poi fugge a passetti verso destra) E gli butto anche un bacino! (fa, esce).

JACOPO

Povera Rosa! (ride).

LUISA

La sua semplicità di mente non le impedisce di veder talora la verità, meglio di noi... che ragioniamo troppo.

JACOPO

Sarà; ma quella di eleggermi suo Lohengrin, non mi pare...

[166]

LUISA

Se fu espresso in modo ridicolo, non per questo il complimento è meno meritato!

JACOPO

Siete maestra di amabilità...

LUISA

No: non è amabilità; è soltanto giusto che vi si dica. Voi siete rientrato veramente come un liberatore nelle mura di questo nostro palazzo! Qui si respira un'altra aria dacchè ci siete voi. L'impossibile è ridiventato facile! perchè l'impossibile dei deboli è il facile dei forti! dei veri uomini della nostra razza, vicino ai quali noi donne crescemmo sicure! Ecco la verità intuita anche da mia sorella. In questo senso voi ci difendete.

JACOPO

Sì, sì!... Ma non contro questo nostro povero, buon Romano... Infinitamente buono!... come la Provvidenza Divina!... (fa per abbracciarlo).

ROMANO

Lasciami stare.

JACOPO

Par bleu!

ROMANO

Io non ho bisogno di cavalieri.

[167]

JACOPO

Madonna Luisa? Sia gelosia? Che ne dite?... Il caso sarebbe un po' grave, data l'età... Eh!... Eh!... (ride).

Rumore di un bicchiere che cade da sinistra.

LUISA

Che c'è?

SELVAGGIA

(venendo di corsa)

Zio! Qui è un affare serio: tu me l'hai rovinato quel ragazzo con questo porco gioco!

LUISA

Selvaggia!

JACOPO

Eh? Eh? Cosa c'è!... Io?... Veramente mi pareva... di avervi acciuffato proprio...

SELVAGGIA

A Montecarlo... Sì, lo so!... e ho avuto anche buon naso a portarcelo... perchè così mi sposa. Ma adesso è un altro paio di maniche! non capisce più altro! non vede più altro che giuocare!... e perde a rotta di collo!...

JACOPO

Con chi gioca? Col cocchiere, come ieri?

[168]

SELVAGGIA

Ma che cocchiere! Gioca con l'Harlem!

JACOPO

S'è già svegliato? Con quella sbornia!...

SELVAGGIA

E vince ch'è un'ira di Dio!... Vieni su tu; sii buono zio, fagli rifare un po' di quello che ha perduto...

JACOPO

Ah! Questa mi piace. Sentite Luisa? Adesso devo anche far vincere chi perde e perdere chi vince! Dopo Lohengrin, Mefistofele!

SELVAGGIA

(tirandolo per il frak)

No! No! via!... vieni!

JACOPO

Ma io ho paura che tu abbia bevuto veramente troppo!

SELVAGGIA

(dandogli uno strattone)

Non scherzare, insomma! Dico sul serio!... Tu non sei mica stupido, devi capire! Finchè perde qualche centinaio di lire con te, non dico niente: so che servono a mandare avanti la casa...

[169]

LUISA

Selvaggia!!... Romano?!...

JACOPO

La casa? Tu sei ubriaca del tutto!! (a Luisa) Perdonatela!...

SELVAGGIA

Sì, sì! Ma se son contenta!! ti dico che son contenta!... Ma tante migliaia così, per far piacere a quel grugno, no! no! e poi no!... Glie le devi far rivincere! Se no bada... comincio a dirle grosse... ma grosse! a tutti!... gli salto a gli occhi!... Faccio una mattata... Faccio correre tutta Siena!... (piange di rabbia).

JACOPO

(cercando, via via, di calmarla con carezze)

No! no!... Su! su!... Ma via!... una donnina di spirito come te!... Perdere la testa per così poco!...

SELVAGGIA

(piangendo)

Ti dico che son migliaia!... Andiamo in miseria!...

JACOPO

Eeeeh? miseria!!... Vuoi che venga su?... Be', verrò su un momento: sei contenta? Ma, santo Dio! Si sa!... Il gioco è gioco... non si può vincere sempre!...

[170]

SELVAGGIA

Ma lui perde sempre, quell'imbecille!... Fa schifo! (s'attacca felice al braccio di Jacopo e lo porta via da sinistra).

JACOPO

Permettete?... Il dovere di zio mi chiama!

SCENA NONA

LUISA

(alzando gli occhi al cielo e con grande accento di sincerità)

Dio! proteggi ancora questa povera nostra Casa!!

Romano alza finalmente il capo, la guarda lungamente come se volesse vederle nel profondo del cuore. Sta quasi per parlarle.

ANTONIO

(entrando da destra con uno spegnitoio in mano)

Oh! scusino. Mi credevo che non ci fosse più nessuno.

LUISA

Potete spegnere ugualmente... (pausa) E domattina raccogliete con cura tutta la cera da tutte le sale... Per tempo... Fatevi aiutare da Maddalena.... [171] Sapete che dev'essere portata in Duomo prima delle otto... e che Don Elmigio sia presente alla consegna.

ANTONIO

Non dubiti. Ho già avvisato il ragazzo del carrettino (avendo terminato di spegnere il lampadario) Il doppiere?

LUISA

Lasciatelo acceso. Lo porteremo su noi. Andate pure a dormire, povero Antonio, sarete stanco!

ANTONIO

Lei è buona, signora Marchesa. Mi butterò un poco sul letto vestito... perchè, su, hanno incominciato adesso a giocare!... Si figuri!... E il signor Marchese Jacopo... vuol essere servito di corsa...

LUISA

Sa anche, credo, esser largo di ricompense.

ANTONIO

È vero, signora Marchesa. Ma io son vecchio...

LUISA

Avete ragione. Gliene parlerò io. Vi prenderemo un aiuto.

[172]

ANTONIO

Grazie, signora Marchesa! Hanno comandi?

LUISA

Andate pure.

ANTONIO

Felicissima notte, signora Marchesa. Felice notte! signor Marchese (va da sinistra).

ROMANO

Addio, Antonio! (il suo viso è ora come illuminato da una improvvisa gioia) Luisa!

LUISA

Romano? Vogliamo salire?

ROMANO

No, Luisa! Ho una gran cosa da dirti! Un'idea. Ma piena di luce... M'è balenata ora ora proprio.... Lascia che te la dica qui... dove c'è ancora un po' di profumo di lei!... del più caro frutto del nostro amore!... dell'ultimo!... Posso ancora parlarti del nostro amore, senza darti noia?

LUISA

Perchè una simile domanda? Tu sai che le pietre di questo palazzo non son così salde come i principî del mio cuore.

[173]

ROMANO

Eppure tu m'hai amato di più un tempo!... Tanto di più!!! Quegli anni benedetti di «Villa Speranza»!... Ah! là davanti a quella rocca nera di Barberino... quando la guardavamo infuocarsi al tramonto... ti ricordi?... tutte le sere... seduti su quel marmo... e per il giardino correvano Lorenzo e... questa sciagurata Selvaggia... che non ci aveva ancora fatto piangere!... E Gaia c'era sì... ma era tutta ancora chiusa nel mistero del tuo seno, Luisa!... Le parlavamo... eh? E tu la sentivi rispondere di dentro, a sgambetti e a capriole... le parlavamo e non sapevamo se chiamarla Anselmo o Gaia! Ti ricordi?

LUISA

Mi ricordo.

ROMANO

... Tu, veramente avresti preferito un Anselmo. Ma io preferivo una Gaia, e tu alla fine m'hai accontentato... eh! eh!...

LUISA

Così piacque al Signore.

ROMANO

Sì; ma tu finivi sempre con accontentarmi, allora... In tutto. In tutto!... Oh mi dovevi volere [174] davvero un gran bene!... t'avevo fatto amare tutto quel che amavo io, a poco a poco!... il grano, le viti, i buoi, le api! E i contadini!... Io credo che ancora ti benedicano! Tutte quelle nottate alla povera Maria!... E non ne potevi più... alla fine eri incinta anche tu come lei... Ma che! Non la volevi lasciare, a nessun costo! E mi toccò raccomandarmi a quel buon prete Tardani... che te l'ordinasse in confessione!... Ah! Luisa mia! Non l'avessimo mai abbandonato, quel nido santo!... Tu non credi ancora che tutto quel che ci era di bello, di buono, di utile, tutta la ricchezza delle nostre anime... tutta la felicità possibile su questa terra, l'abbiamo lasciata là, tra quel verde?

LUISA

Rinunziammo ad una gran felicità!... Ma, un'ora dopo la triste nuova della fine del povero Andrea, la nostra decisione era presa. Il Palazzo era salvo! Quel nostro sacrificio sarà una gran pagina nella storia della Famiglia! Dio, nel giudicarci, non lo dimenticherà!

ROMANO

Oh... mia Luisa!... Chi può prevedere il giudizio di Dio?... E se quello che tu chiami il nostro grande sacrificio... agli occhi di Lui che vedono... fosse solo una grande vanità?...

[175]

LUISA

Eresia....

ROMANO

... E se, in tutta la nostra vita, non trovasse di buono se non quelle tue nottate alla povera Maria... e quel po' di bene che potei fare io alla famiglia Tardani?...

LUISA

Eresia!... La verità è una, Romano! Non muta. Dio ha fondato le nostre schiatte a immagine della Sua eterna forza, della Sua eterna nobiltà e non vuole che periscano. Non vuole che periscano a nessun costo!

ROMANO

... finchè possano essere esempio di virtù... scuola di grandezza d'animo. Lo credo anch'io!... Ma quale Dio... quale Dio può volere che noi vendiamo le nostre figlie a dei calzolai, Luisa! che noi taglieggiamo americani, per vivere disonoratamente dentro queste case onorate...

LUISA

Strali nell'ombra!... Che non trovano bersaglio! Che ci fanno ancora più piccoli!...

ROMANO

(con sarcasmo)

Dinanzi alla sua grandezza! eh?...

[176]

LUISA

(con gran voce)

Non credere ch'io parli senza strazio. È terribile: ma è vero. E tu lo senti quanto me! Se i nostri occhi han sete di grandezza viva, che cosa posson guardare, qua dentro, se non lui?!... Chi è capace qua dentro di rischiar la vita ridendo, come fa lui?!

ROMANO

Rischia l'onore nostro che gli costa meno, per Dio!

LUISA

La vita e l'onore sono la stessa cosa, per un Della Lizza! Egli sa che, scoperto, dovrebbe lavare nel suo proprio sangue l'onta del nome!

ROMANO

Ma intanto egli è uguale a un ladro non ancora acciuffato!...

LUISA

Ciò riguarda l'anima sua. Più grande, più grande ancora se sa di rischiar tutto! questa vita, e l'altra! e s'immola in un silenzio da eroe! Non chiede complici lui, nè consigli, nè compassione. Sa che si deve battere in tempi avversi contro fortuna avversa, e si batte.

[177]

ROMANO

E io?... per vent'anni... allora?...

LUISA

E tu perchè gli hai ceduto le armi? Perchè ti sei lasciato vincere... schiacciare dinanzi ai miei occhi!... T'aggiri come un'ombra qua dentro... io non son più la sposa di un uomo! Sei una cosa sua! sei un povero re legato al suo carro di trionfo!...

ROMANO

Ma...

LUISA

Va va! Romano, tu non sai che cosa costi a una donna dover concedere la sua pietà a un vinto!... Se lo sapessi n'avresti terrore!... (fa per andarsene da destra).

ROMANO

Ma... Luisa mia...

LUISA

(soffermandosi)

Voglio... voglio!... che le mie parole ti faccian male! che siano una sferza!!!... Ah!! Se tu potessi ancora rialzarti!... e VINCERE!!

ROMANO

E questo voglio io: Vincere. Ma io conosco [178] una sola Vittoria: Ritornare onesti. Ma ci so mettere anch'io la mia vita per posta!... Luisa; ascoltami bene! È un dilemma!... E sei tu che devi decidere!... O io posso rendere all'Harlem il denaro che gli abbiamo rubato, o io mi uccido.

LUISA

(con un colpo secco di riso)

Tu scherzi, evidentemente!

ROMANO

Ah!... Perchè tu credi che ne debba nascere uno scandalo? Ma invece no! Rendergli il suo denaro, possiamo; e senza che gli baleni ombra di sospetto, senza torcere un capello nè al vizio, nè alla virtù di nessuno. Possiamo renderglielo, e ritrovare la nostra coscienza pura di un tempo, le nostre gioie sante, Luisa!... Questa è l'idea! Questo è il miracolo che ti volevo dire!... Vuoi sentirlo, Luisa?

LUISA

Perchè no?

ROMANO

Ma c'è rimasto, sul tuo volto, un po' di quella risata di prima... Gettalo via, Luisa...

LUISA

Ti ascolto.

[179]

ROMANO

Ascolta tutto. Non t'agitare alle prime parole. Pensa che questa è l'ora più seria di tutta la nostra vita.

LUISA

Ascolterò tutto.

ROMANO

Brava. Ecco, Luisa. C'è una tenuta fuor di Porta Romana, mezz'ora di carrozza; tutta una collinetta, scoperta: quattro ettari di bandita, otto poderi, due casette coloniche e una padronale. L'avvocato Tondi... quello lo sai, si ostina a credermi milionario... mi ci ha voluto portare, per forza!... Ma che bellezza, Luisa mia! Vedessi la terra! Meglio che a Barberino!... Cert'uva!... certi bei chicconi neri, sani! Pareva che dicessero: «prendici»! E che frutteto!... tenuto come un giardino!... Certi gelsi!... già, per i bozzoli è rinomato quel luogo!... Ma tutto! tutto bello!... E io un po' ridevo, un po' piangevo... «Ma perchè dovrò vedere tutta questa provvidenza?» pensavo, «Che ci son venuto a fare? Che maligno diavolo?...» Ma invece no: non era il diavolo... Era Dio che mi aveva chiamato lassù, per illuminarmi al suo bel sole!... Per mostrarmi che bastava ormai di combattere una battaglia disperata [180] e inutile, che bastava di soffrire; che c'era ancora un po' di paradiso per noi sulla terra, se lo volevamo! Ah! ci fossi stata anche tu Luisa, lo avresti sentito, dirci, come un padre: «Salvatevi figliuoli! Salvatevi!»... Ma in che modo? E l'infamia d'un furto? come portarla con noi in quel paradiso?... Per quante notti mi ci son torturato!... Quanto pianto c'è voluto perchè mi sbocciasse a un tratto quest'idea così semplice, così bella! come il consiglio d'un angelo!... Luisa! tra poco resteremo senza figli... soli soli... come venticinque anni or sono!... Fa che i nostri cuori ribattano all'unisono, come quando la nostra pariglia galoppava per la strada di Valdelsa, verso «Villa Speranza»!... Il Palazzo è cosa sacra, non si vende per denaro. Inutile che l'Harlem tenti di farci gola con le sue trecentomila lire! Nemmeno per un milione, è vero, Luisa?... Ma in cambio dell'onore perduto, sì!... Sacro per sacro!... Per riavere l'onore, un palazzo si può dare!... Ebbene, Luisa. Quel po' di terra, a poco più di duecentomila lire, si vende. Diciamo all'Harlem che, se vuole il Palazzo, c'è un mezzo solo: comprar quella terra là e darcela in cambio senz'altro! Così!... Come due bimbi in riva al mare, si cambiano le conchiglie trovate!... Accetterà di volo!... Ci prenderà per pazzi. Meglio così! Ci piglino per pazzi, tutti! [181] Che ce ne importa? purchè la nostra coscienza si plachi nel nostro segreto... nel segreto di noi due... di noi due soli!... Purchè ci possiamo risentire liberi... finalmente! fuori del fango che vuol affogarci!?... Luisa? Ti vedo balzare il cuore nel petto... Fissi gli occhi giù in terra, come un'altra volta!... Così, così mi dicesti il tuo primo «sì»! Io l'aspetto, come allora... in ginocchio... guarda... Anche adesso con una sillaba, puoi farmi vivere o morire!!...

LUISA

(dominando con visibile fatica un terribile combattimento interiore)

E ancora Iddio vuol mettere nelle mie mani la sorte di questa grande Casata? (parlando al cielo con gran fede) Perchè chiedere tanto a una povera donna?... Perchè chiederle un cuore di ferro, Dio!... quando le desti soltanto... un povero... tenero cuore?!

ROMANO

(si getta sulle mani di lei e le copre di baci)

Luisa... sii benedetta!

LUISA

(si leva con uno scatto folle)

No! No! No! Io non sono Luisa... Io non so chi sono. Io dico No!

[182]

ROMANO

(arrossendo di rabbia, senza osservare la stranezza di Luisa)

Ah!

LUISA

Non sono io. Te lo giuro, Romano! È qualche cosa!... Qualche cosa che m'agghiaccia tutta...

ROMANO

Ah! qualche cosa?... già... qualche cosa che desidera ch'io m'ammazzi. Che io tolga l'incomodo!...

LUISA

(con grande, straziante accento di sincerità)

Romano! Non m'ingiuriare!... (dolcemente) Io dico no, ma non son io. Credi che non son io, Romano?... Io non so dire altro... perchè il cervello mi diventa... di pietra!... (al cielo) Oh Dio! Diglielo tu che non son io.

ROMANO

(sempre più violento)

Ma io non voglio finir croupier della bisca Della Lizza! Ah! non glieli regalo, per Dio! i miei cinquant'anni di vita onesta per ricoprire le sue sozzure! Io me la svigno... Io scappo da questa prigione!...

[183]

LUISA

Scappare! scappare!... Parole da vinto!... Nient'altro dalla bocca di Romano Della Lizza?... Sei migliore di lui? Lo disprezzi? L'odii?... E tu scaccialo dal tuo palazzo!... Sei puro? Sei la Purezza della Casa?... E allora non si fugge il fango!... Si ributta nella strada, di dove è salito. A che vale essere puri se non si sa spezzare il Male, a colpi di spada fiammeggiante, come l'Angelo di Dio?... Vincere, vincere, vincere!... Poi morire di fame!... Che importa?... Fuori tutti!... Soli... noi due!... Serrato ogni spiraglio! Niente più giorno!... Tutta una notte!... Tutta una tomba!...

ROMANO

(fissandola finalmente e impallidendo)

Luisa? (fa per prenderle un braccio).

LUISA

(come sfuggisse a un colpo mortale)

Aaaa!... (si attacca con tutta la sua forza ad una delle colonne della porta, e par chiedere rifugio alla pietra stessa dell'enorme muro maestro).

ROMANO

Luisa!!!

LUISA

Son qua! Prendimi! Ora mi lascio uccidere!... È giusto!... la pietra deve bere il sangue!...

[184]

ROMANO

Luisa!!! No!!! Sono il tuo Romano!

LUISA

... È fredda... Ha fame!... Vuole sangue!... È giusto!... È giusto!...

ROMANO

(gettandosi ai suoi piedi e afferrandole la veste e baciandogliela, come gridasse l'ultimo grido d'un naufrago)

Luisa!! Luisa!! Luisa!! Non mi vedi più, Luisa!!... Non senti che ti bacio i piedi, Luisa!!... Ritorna, Luisa!!... Dammi il coraggio almeno di morire... (aspetta un attimo agitando febbrilmente qualche cosa nella tasca del soprabito) Ah!!! (estrae rapidamente una rivoltella, se la nasconde sul cuore e spara, cadendo col capo sui piedi di Luisa).

Luisa séguita a fissare il vuoto, stretta allo stipite, immobile come la statua della Follia.

FINE.

[185]

ACQUA SUL FUOCO (Commedia in un atto).

[187]

PERSONAGGI:

SCENA.

Interno di un tugurio da pastori sull'Appennino toscano. Il camino acceso, a sinistra, e davanti una tavola rusticissima con sopra una lampada ad olio. Sulla parete di fondo, sempre a sinistra, l'acquaio e una fenestrella inferriata sopra. In mezzo la porta, a destra, accosto alla parete di fondo, un paglione steso in terra: sopra appeso un cappotto nero, e vicino, una povera mensola su cui è posato un cestellino di cannucce non terminato. La parete di destra è un rustico tramezzo di legno, con una apertura. Il soffitto è la travatura di un tetto spiovente verso la porta del fondo.

All'alzarsi della tela, dalla porta aperta si vedono rosseggiare al tramonto le vette vicine. Gigi dorme profondamente, sdraiato sul paglione; Riga monda delle patate lessate e fumanti, soffiandosi sulle dita col rumore di un mantice.

[188]

SCENA PRIMA

BISTONE, RIGA, GIGI.

RIGA

(vedendo rientrare BISTONE)

Rieccolo!

BISTONE

C'è poco da dire! Quella capretta non mi piace punto!

RIGA

(con rabbia)

Ma che volete che abbia! Ogni poco...

BISTONE

Ecco lei... lei sa ogni cosa!... Se tu ti spicciassi piuttosto a mondar codeste patate!... Me n'avrei a intender io di bestie; no?... Quando dico che domani non lo vede... non ti confondere... è tale e quale come se Cristo lo dicesse per noialtri! C'è poco da dire!...

RIGA

Ditele grosse!... che Cristo ve la perdoni! Tanto, meglio di lui che ve l'ha fatta la testa... chi lo po' sapere quel che ci avete dentro!

BISTONE

Insomma! queste patate... l'hanno a essere per istasera!... perchè, c'è poco da dire...

[189]

RIGA

E dagli, col «c'è poco da dire»!... O zittatevi allora, così ne direte meno di grullerie! Aspettate piuttosto Oliva che ritorni e mostrategliene a lei la capretta... chè quella sì, la capisce qualcosa davvero... e poi l'ha maniera a fargli le cure a quelle bestiole... e no voi che se gli mettete un dito sul corpo l'ammazzate!

BISTONE

O che dicevo io? Chiacchierona! Se ti stessi zitta qualche volta! E dicevo giust'appunto che volevo cenar subito, perchè appena torna Oliva con le pecore, mando Gigi a serrarle, e lei la meno con me a veder la capretta.

RIGA

Meglio!

BISTONE

Nemmeno così va bene?

RIGA

O Oliva non avrebbe a cenare, povera figliuola?! La sta con quella fettuccia di cacio da stamani! Quando tornate voi da parar le pecore, non conoscete ragioni: volete mangiar subito!... Se no, Dio ci liberi!

BISTONE

Eh!... eh!... ora dimmi anche che non gli voglio bene a quella figliuola!...

[190]

RIGA

No, non volevo dir codesto... ma...

BISTONE

«Ma...» cosa?... «ma...» cosa?... Quando c'è una bestia che more, e' mi pare si potrà mangiare anche mezz'ora dopo, no?...

Si sente avvicinarsi lentamente un campanaccio, di quelli che i carbonai usano appendere al collo del primo mulo della loro piccola carovana nera.

SCENA SECONDA

BISTONE, RIGA, GIGI, PIPPO.

PIPPO

(affacciandosi alla porta)

Salute, gente!

RIGA

(con molto buon viso)

Buona sera, Pippo!

BISTONE

Come va, ella?

PIPPO

Male!... S'è incappellato tutto il Poggio Orsaia, tra poco vôl esser acqua! ma... di quella bona! [191] Ridatemi il mio cappotto. Riga!... chè questa volta all'estate se gli po' dire addio davvero!... (rivoltandosi dalla parte dei muli) Jeee... (il rumore del campano si ferma subito).

RIGA

(a Pippo che è entrato)

Eccovelo il vostro cappotto... vi ci ho riattaccato il bottone sapete... (esce, guarda il tempo e la terra d'intorno) Ma questa grullerella d'Oliva?

PIPPO

(posa la bacchetta sulla tavola, e s'infila il pastrano).

BISTONE

Eh! sarà ita su, in verso la Cocca: glie l'ho detto io...! c'è quella bella merigge grande: le bestie le ci stanno più volentieri che a' Tre Faggi...

PIPPO

Brutta birbante!... Allora era lei?!... M'era parsa... su alla Cocca!... l'ho chiamata tanto!... Ma che! come se avessi chiamato la luna!... Fatemi riaccender la pipa (va al camino, si china sul fuoco e accende la pipa).

RIGA

(che intanto ha chiuso l'imposta della finestrella)

Brutta sciagurata!... (avvedendosi di Pippo che [192] accende la pipa) Me lo potevate dire, no? ve lo davo io il foco... senza che vi sporcassi tutto codesto bel pastrano.

PIPPO

Eh!... (scuotendosi) L'è cenere! Salute, gente! (si ferma sulla soglia. — Il vento soffia forte. — E cadono i primi goccioloni) To'! Eccola l'acqua! Addio pipa! (la batte allo stipite dell'uscio; poi se l'affonda lentamente nella tasca del cappotto) Ci avevo una mazzetta di castagno... (va verso la tavola).

RIGA

(prendendola subito di sulla tavola)

Eccola, Pippo.

PIPPO

(riprende la bacchetta. Avviandosi per uscire, scorge Gigi che si rivoltola a occhi chiusi sul paglione, gli dà una bacchettata scherzosa ma piuttosto forte e gli grida):

Aoe! Quando ti si fa giorno a te? (esce e si ferma ancora mentre Gigi ha richiuso gli occhi e si stira brontolando parole incomprensibili contro il complimento amichevole di Pippo).

RIGA

Dategliele più sode!... Andate via, Pippo?...

[193]

PIPPO

Eh! vo' via... Salutate Oliva quando viene! (tornando un passo addietro senza entrare) Oh! Domenica passo con i muli scarichi!... Vi ci porto io alla messa; voi e Oliva!... diteglielo, avete inteso, a Oliva, che ci si faccia trovare... se no... m'adiro! (si allontana quasi correndo coi pesanti stivali) Salute a tutti... Aiuu... Mora!...

RIGA

(mentre il campano riprende il suo cammino allontanandosi, saluta dalla porta Pippo. Poi tira a sè la porta senza serrarla; l'acqua scroscia)

Addioooo...!

SCENA TERZA

BISTONE, RIGA, GIGI.

RIGA

(a Gigi, impetuosamente)

Bella figura, broccolone! Tu fai schifo a tutti!... sempre su codesto paglionaccio maladetto!... Te lo voglio buttar nel fosso, qualche volta. (a Bistone) Partisci il pane, to'! (gli dà il pane, coltello e Bistone partisce) Oh (di nuovo a Gigi) dico a te, Gigi! o gatto mammone, laggiù!... levati, [194] per dio Bacco! Non mi ricordo più quanto tu se' lungo! Le son condite le patate?

GIGI

(finalmente si muove)

O che date retta anche voi a quel muso nero di Pippo?! Portatemi le patate, mamma... e state piuttosto attenta a Oliva che non abbia a finir male con quel tizzo!

RIGA

Tu devi aver fatto qualche brutto sogno! Che Dio ti faccia veder lume una volta! Magari gli piacesse a Oliva Pippo!... (mentre parla mette un piatto di insalata e patate davanti a Bistone, il quale comincia subito a mangiare) Quello sì che è un uomo, e no voialtri pecoraiacci! Lo vedete con que' sacchi neri quanti scudi sa fare? Magari lo volesse quella grulla d'Oliva!... Chi sa che sogna, anche quella! qualche principe!... accidenti a quelle favolacce che gli ho raccontato da piccola! Sognerà il principe coll'elmo d'oro sur un cavallo tutto nero con la bardella d'argento... che ha sentito dire d'una pastora tanto bella... più bella della regina... e allora si mette a ricercarla per queste capannacce affumicate... e quando l'ha trovata, se la porta via e la rinchiude...

[195]

GIGI

Portatemi le patate, mamma, se no mi rimetto a dormire!

RIGA

Ma che dormire, torsolo! Ecco le patate! Non hai sentito il babbo che ha detto dianzi: tu devi serrar le pecore, stasera?...

LEOPOLDO

(di fuori, battendo all'uscio)

Si può entrare?

BISTONE

(a bocca piena mugola)

Venite.

RIGA

(contemporaneamente rivolgendosi al marito, piano)

Chi è?

BISTONE

Chi vôi che sia! Sarà uno che passa! (forte) Venite avanti!

[196]

SCENA QUARTA

BISTONE, RIGA, GIGI, LEOPOLDO.

LEOPOLDO

(entra. È vestito con una pesante giacca turchina scura, porta un berretto alla basca. Chi li ha visti, riconosce subito un marinaio di grandi vapori mercantili: ha quasi trent'anni; il mare, il sole, il vento hanno impresso sul suo volto qualche ruga profonda rendendolo più solido, più bello)

Buona sera, pastori! (si scrolla l'acqua di dosso e va ad appendere il berretto ad una seggiola vicino al fuoco dicendo): Permettete? Con questa razza di piovasco, ci sarebbe voluto il mio incerato!

BISTONE

Voi siete forestiero, eh? Volete favorire?... Ma prima no... levatevi quella giacchetta, l'è tutta zuppa: ve ne dò una asciutta... un po' sdruscita si sa... da poveri pecorai... ma l'è asciutta!

LEOPOLDO

No, no... grazie! State comodo...

BISTONE

Vi fa bene a mutarvi... date retta a me. C'è poco da dire, quando...

[197]

LEOPOLDO

Lasciatemi fare a modo mio: non abbiate paura, che le spalle le ho avvezzate bene!... Piuttosto queste scarpacce me le leverei un momentino: l'ho comprate apposta per venir su queste montagne... devono essere state fatte con la pelle di qualche elefante!!... Oh! ora sì!... Sono troppo abituato a sentirmi il piede libero!...

GIGI

(guarda con indifferenza diffidente, mangiando e ruminando le sue patate).

RIGA

(esamina attentamente lo sconosciuto rattenendo a gran stento qualche domanda che le viene sulle labbra. Sembra poco ben disposta verso di lui).

LEOPOLDO

(con la naturale rapidità di movimenti ha levato dalla valigetta un paio di zapatillas spagnuole e se l'è infilate in luogo delle grosse scarpe da montanaro; discende dal camino misurando la stanza con passi soddisfatti).

BISTONE

To'! Avete bell'e fatto!... Per diana! Come siete lesto! Ci vorrebbe che gli insegnaste un poco al mio figliuolo... là... (indicando Gigi).

[198]

RIGA

(decidendosi)

Ma... ecco... ora si fa così per dire... ma come mai siete capitato quassù tra queste macchie... Chi sa come potreste starvene comodo in città!...

BISTONE

(gridando)

E che te n'importa a te, intrigante?... (a Leopoldo) Non dite niente, sapete? Non fiatate!... perchè non voglio sentir niente!... C'è poco da direi... Mettetevi a sedere qui subito (batte con la palma sulla tavola) e mangiate... e dopo, se vi garberà di dirlo, lo direte chi siete, perchè ci si possa ricordar di voi, avete inteso?... (a Riga, irritato) Da quando in qua, in questa capannaccia mia s'è domandato: «chi siete?» a un cristiano che vien per ricovero? Bisogna vivere, per sentirle nôve da queste donne! Dagli una fetta di cacio, Riga... di quello partito ieri! (Riga eseguisce con poca buona grazia) Ecco qui, alla buona! mangiare da pecorai... c'è poco da dire... caro signor... come vi devo chiamare?

LEOPOLDO

Leopoldo.

[199]

BISTONE

Caro signor Leopoldo!... assaggiate un po' di questa robaccia da montanari!

LEOPOLDO

S'avesse sempre in mare! Va bene che quando siamo in terra si mangia da gran signori, questo sì; ma in mare...! Voi non lo mangereste quello che si mangia noi qualche volta! (Riga seduta in un canto del camino tende le orecchie. — Gigi ha finito le patate e il pane, posa il piatto in terra e si rimette a giacere. Leopoldo leva di tasca un coltello catalano lucente come uno specchio; lo apre, e i tre scatti meravigliano Bistone e Riga. Quella di Riga è una meraviglia paurosa e diffidente).

BISTONE

Bell'arnese!

LEOPOLDO

Bello, eh?... Questo l'ho comprato in America: l'avete sentita nominare voi l'America?

BISTONE

Saranno un diciott'anni. Avevo sposato di fresco: un giorno... giù al paese, capitò uno che raccontava un monte di frottole... bisognava sentire!...

[200]

LEOPOLDO

Vi voleva portare in America anche voi.

BISTONE

To'! O come mai lo sapete?...

LEOPOLDO

Oh, bon omo! Non c'è bisogno di esser maghi per indovinarlo! Ce ne saranno delle centinaia che girano per l'Italia in cerca di lavoranti da portare in America! Ma perchè non ci siete andato?... È un bel paese! Voi che vivete sulle pecore... ce n'è una razza laggiù, che ha la coda così grossa, che bisogna legargliela sulla groppa! Quella che ho visto io... la coda sola pesava otto chili!...

BISTONE e RIGA

(contemporaneamente)

Uuuuh! (Gigi comincia a russare).

LEOPOLDO

Davvero! A me, dico la verità, non mi fece proprio nè caldo, nè freddo... Ma a voi!... Chissà come vi sarebbe piaciuta! Noi marinai siamo troppo abituati a vedere un mondo di cose straordinarie; oramai non c'è più niente che ci faccia rimanere a bocca aperta... levato le belle ragazze!

[201]

BISTONE

(senza entusiasmo, anzi con un leggero accento di istintiva inimicizia)

Dunque siete un uomo di mare, voi! di quelli che vanno con i bastimenti... e girano tutto il mondo... e portano le spezie... Ecco, ecco... ho capito! O come mai siete venuto quassù a veder noialtri pecorai, che si nasce e si more dentro una capannaccia? (si sente un campano di pecore, lontano; onde subito volgendosi a Riga) Oh, senti Riga il campano (indi a Gigi) O Gigi per Diana! che ho detto dianzi? Va a serrar le pecore e chiama Oliva... digli che venga subito qui (Gigi si leva con sforzo ed esce aggiustandosi la sciarpa rossa intorno alla cintola. A Gigi) Oh! e guarda che ci sia la «Rossaccia»; non far come sabato passato... (come tra sè) Con questi bei discorsi, m'ero mezzo dimenticato della capretta. (Gigi uscendo ha lasciato l'uscio aperto: la pioggia è cessata; il cielo coperto di nubi nere ha affrettata la notte).

LEOPOLDO

È una figliuola vostra anche questa Oliva?

BISTONE

(fa cenno col capo di sì)

GIGI

(di fuori)

O Olivaaa!...

[202]

LEOPOLDO

Bel nome!

OLIVA

(di fuori, lontana)

Eeeh!...

GIGI

(di fuori, di rimando)

Vien'a casaaaaa!... le serro io le pecoreee!...

LEOPOLDO

E chi sa quanti ce n'avrete di figlioli!... Voialtri pastori fate economia di tutto... ma di quelli, no!

BISTONE

Non n'ho tanti, no! n'ho soli sei vivi...

RIGA

(curiosa)

E voi? ce n'avete figlioli?

SCENA QUINTA.

BISTONE, RIGA, LEOPOLDO, OLIVA.

Entra Oliva quasi correndo, un po' affannata — ha udito la domanda della madre, gira gli occhi — vede a chi è fatta; ascolta la risposta che è resa subito, ma distrattamente, da Leopoldo, il quale fissa gli occhi sul viso e sul corpo elegante di Oliva.

[203]

LEOPOLDO

Io? No, no, no! Libero come un pesce! (poi con marinaresca galanteria): Buona sera, Oliva!...

OLIVA

(squadra maravigliata Leopoldo, poi abbassa gli occhi arrossendo tutta, mormorando): Felice sera.

RIGA

Il babbo ti vuol portare a vedere la «Monica»: dice la sta male: ma prima tu devi mangiare, sai.

OLIVA

Sta male la «Monica»? Voglio andarci subito allora... o che ha, babbo?

BISTONE

Ha' tu visto?... l'ha più giudizio lei di te!

RIGA

Ma che giudizio!... Adesso Oliva deve mangiare: non l'ho a piantare anch'io le riffe qualche volta! (a Oliva): O che gli da' retta, grulla; non lo vedi che a dar retta a lui le sarebbero bell'e morte e rimorte dieci volte quelle tre caprucce... Una volta la «Calzetta nera» non doveva ingollar più: un'altra volta la «Rosa» l'avrebbe dovuto morir di parto, ti ricordi, Oliva? Un'altra volta...

[204]

BISTONE

Oh!... falla lunga ora!... dà retta a me, Oliva, la tu «Monica» la scoppia per davvero! C'è poco da dire!...

OLIVA

Siate bono, via... babbo! andateci voi intanto: fo' contenta mamma, mangio un boccone e corro subito. Va bene?

BISTONE

Uhm!... (si avvia brontolando ed esce. Oliva prende di sulla tavola il pane e l'addenta senza sedersi alla tavola dove Riga ha posato il piatto di insalata per lei al posto di Bistone. Essa appare agitata, intimidita, ma anche quasi attratta dallo sguardo dell'ospite che da quando essa è entrata non ha ancora cessato un istante di fissarla).

RIGA

Meno male... se n'è ito! (si dispone a pulire certi secchi per il latte con la cenere del focolare — Pausa).

SCENA SESTA

RIGA, LEOPOLDO, OLIVA.

LEOPOLDO

(rompe il silenzio con una voce dolce che quasi non par sua)

Perchè non vi sedete, bella Oliva?... Avete [205] paura del marinaro?... Il marinaro ha la pelle dura... ma il core tenero...!

OLIVA

Grazie (timidamente si avvicina alla tavola ma non si siede — Alla parola «marinaro» le sfugge un lieve moto di ammirazione).

LEOPOLDO

Avete fretta di veder la vostra capretta... eh? Gli volete tanto bene, è vero? a quelle bestiole vostre!

OLIVA

Sono pastora! Dopo mamma e babbo, vengono quelle per me!... A voi non vi debbono piacere...

LEOPOLDO

E voi, dite un poco, al mare, gli volete bene?...

OLIVA

Io?... ecco... Ma prima vorrei sapere se è vera una cosa... Voi sapete leggere?

LEOPOLDO

Sì.

OLIVA

Allora... (più forte) dategliela, mamma, la lettera di Memmo (di nuovo a Leopoldo): è il mio fratello che fa il soldato. Ora l'hanno mandato in un paese tanto distante! Voi chi sa? ci sarete stato: Ge... Genova...

[206]

LEOPOLDO

Eh! Genova; diavolo, per noi marinai, è come per voialtri la capanna! (guarda fissamente Oliva durante una pausa finchè ritorna Riga con la lettera, dalla stanza vicina).

RIGA

Povero Memmo: quello sì, vedete, che era un figliuolo: e no questo che avete visto lì (indica il paglione). Non mi potevano pigliar questo?... non so che farmene! No: proprio quello, m'hanno voluto pigliare.

OLIVA

Consolatevi, mamma! Ormai... cinque mesi soli... che penano a passare?

RIGA

Tenete (dà la lettera a Leopoldo baciandola e poi tra se): Riscrivesse presto, almeno!

OLIVA

Guardate se trovate dove dice del mare... dev'essere dopo...

LEOPOLDO

(leggendo con sforzo)

Ecco qua, se non mi sbaglio: «Finalmente, dopo tanto che ne ho sentito parlare, ho veduto [207] il mare con gli occhi miei. Che prateria sarebbe quella se Dio l'avesse fatto di terra invece che d'acqua. Come ho a fare, Oliva, a fartelo intendere?».

OLIVA

O quanto è grande il mare?

LEOPOLDO

Figliuola mia! ma potete camminare dei mesi per il mare, senza mai veder terra da nessuna parte! E poi il mare è fondo... che vi posso dire?... Se pigliaste tutte queste montagne vostre, e ce le buttaste dentro, non rimarrebbe sopra acqua nemmeno la vetta d'un albero! Ve lo immaginate?...

OLIVA

Poverina me! Se ci penso, impazzo!... Leggete ancora un poco... Mi piace tanto, come leggete voi...

LEOPOLDO

Sì?... Figuratevi!... «Un amico mio, marinaro, sposa una bella ragazza che è figliuola di un pescatore: Quante feste! Mi ci hanno invitato anche me, e mi son divertito tanto!... Ma poi, pensa come è fatta la vita del marinaio! Dopo un mese solo che staranno insieme, lui s'imbarca e parte e sta fuori un anno!».

[208]

OLIVA

Ma che può esser vero questo?... ditemelo voi!...

LEOPOLDO

Come no! così è fatta la nostra vita, cara ragazza mia: è un dirsi addio da quando si nasce a quando si more!... Chi ci vuol bene nel mondo, ha da piangere!... Voi, Oliva, non lo sposereste un marinaio?...

OLIVA

(esitante)

Quando si piange non si fa peccato!

LEOPOLDO

Dite bene, voi! ma quando foste a scegliere tra un pastore che tutte le sere ritorna... e un marinaio che va via e non si sa se ritorna; e va tanto lontano che le lettere le leggete un mese dopo che lui le ha scritte... e se anche vi dice: «Sto bene, ho fatto buon viaggio!» voi non potete ridere, perchè mentre voi leggete... lui può essere in corpo a qualche pesce!

OLIVA

(facendosi seria e quasi sdegnandosi a queste ultime parole)

Non le dite... certe cose così brutte!... Leggete [209] un altro pochino, piuttosto... Dice ancora del mare?

LEOPOLDO

(scorrendo la lettera)

Ecco...: «E come gli vogliono bene al mare questa gente! A noi, gente di montagna, ci contano per poco! (ride). Loro vorrebbero che tutto il mondo fosse mare! Ma io penso: allora, tutte quelle nostre bestiole, dove la troverebbero l'erba?».

OLIVA

Vedete se è vero che voi non gli volete bene alle pecore?!...

LEOPOLDO

È perchè ci abbiamo le nostre, di pecorelle!... Se le vedeste. Oliva!... Quando comincia il vento fresco, popolano tutto il piano del mare... sono più bianche delle vostre, e sono qualche milione... e non le guarda nessuno, eppure camminano tutte insieme... Non hanno padrone, non si sa di dove vengono, non si sa dove vanno, non si lasciano tosare, e nemmeno mungere... Ma sono tanto belle... libere... là... sull'acqua! Se le vedeste, Oliva...

OLIVA

O che razza di pecore son quelle?

[210]

LEOPOLDO

Son fatte di schiuma bianca, Oliva! e le fabbrica il vento, e corrono, saltano sul mare!... Io, certe volte, quando sono di guardia franca, invece di dormire, mi metto a guardarle, appoggiato così (fa atto coi gomiti sulla tavola e i pugni contro le tempie) al bastingaggio e ci sto anche un'ora!...

OLIVA

Dunque, fate come faccio io!... Quando mi metto a capo il poggio, e guardo le mie... poverine... che vanno piano piano... e mi girano intorno... brucando tra i sassi, e ogni poco mi guardano con quegli occhietti chiari... Non c'è pericolo che mi stanchi, sotto quel sole!... e non si sente altro che qualche vespa per l'aria... eh! Se ci steste un poco, quassù, imparereste a volergli bene, anche alle pecorine mie...

LEOPOLDO

Eh!... Se stessi quassù... Oliva!... sarebbe più facile che imparassi a voler bene a voi!...

Mentre questo dialogo si è acceso, Riga è andata e venuta due volte nella stanza vicina dove sono i suoi piccini. Ha ripreso per due volte il suo duro lavoro, quando si sente ancora un breve lamento di bambino.

[211]

RIGA

Vacci un po' tu, Oliva, a sentir che vole Settimio; non mi lascia benavere, stasera...

OLIVA

(strappata rudemente a un bel sogno in cui l'avevano immersa le parole di Leopoldo, stenta quasi a capire: poi corre verso la cameretta vicina facendo un breve urlo d'esclamazione).

RIGA

(lasciando un momento il lavoro, a Leopoldo)

Ora me lo dite, eh? signor Leopoldo, come v'è preso l'estro di venir quassù su questi monti: non volevo offendervi prima... voi l'avete capito!... quel buacciolo di Bistone non capisce ragioni... Che c'era qualcosa di male forse a domandarvi?...

LEOPOLDO

Ma che male!... diavolo! ve lo dico subito: è stato per accompagnare un amico mio, poveretto... ma uno di quegli amici che due non se ne possono ritrovare nella vita! (con profonda tristezza).

RIGA

O che ha fatto?... è morto?...

LEOPOLDO

No... ma per me... è come se fosse morto! Ha [212] sposato una ragazza, una campagnuola: una certa Virginia... di Rifiglio... la conoscerete, forse...

RIGA

(si ferma un momento, poi col capo fa cenno di no).

LEOPOLDO

Una bella ragazza bionda... basta! Se ne innamorò un giorno a Firenze: s'era insieme: da quel giorno non ha veduto più lume!... Quella non voleva sposare un marinaio... e lui, allora, non c'è stato santi... tanto ha fatto, che s'è trovato un impiego in una fattoria, e ieri se l'è sposata!...

RIGA

To'!...

OLIVA

(dopo aver ascoltato sull'apertura del tramezzo non vista, il racconto di Leopoldo)

Vacci tu, sai, mamma: a me non mi dà retta... lo senti?...

RIGA

Benedetto!... o che avrà stasera?... gli abbiano fatto il malocchio!...

LEOPOLDO

Ma che malocchio!... (guardando Oliva con desiderio, lieto di rimanere un momento con lei) Vuol la mamma... si capisce!

[213]

RIGA

(va di mala voglia alla camera vicina).

Oliva ritorna al suo posto di prima sempre in piedi. La rete di sogni in cui è presa, si stringe intorno all'anima sua: guarda fisso in terra seguendo una sua finzione gioconda.

LEOPOLDO

(dopo una breve pausa)

A che cosa pensate, Oliva?

RIGA

(cantando nella camera vicina)

Ho visto una sirena in mezzo al mare,

Sur uno scoglio, piangeva, piangeva!

OLIVA

Penso che nel mondo c'è qualcuno felice!...

RIGA (c. s.)

Ho visto tanti pesci lacrimare

Dalle tristi parole che diceva!

LEOPOLDO

Come sei bella, Oliva! Forse... chi sa... se tu mi volessi bene... anch'io sarei felice! (si leva e le si fa vicino alle spalle, guardando a tratti la porta del tramezzo e quella di fondo)

[214]

RIGA (c. s.)

Figliolo bello, non t'innamorare,

Chi s'innamora non si può salvare!

LEOPOLDO

Eh!... Oliva!... la senti questa canzone... chi lo sa com'è salita quassù! è la canzone che cantano tutte le mamme da noi!... Dicono tutte: Non t'innamorare!... E noi si gira il mondo, si scampa dalle bocche dei pescicani... ma poi un bel giorno s'incontrano due occhi... e se quelli ci guardano, si more... Anche a te, te l'avrà cantata... Oliva... quand'eri piccina... invece...

OLIVA

Io? chi ve l'ha detto?...

LEOPOLDO

(abbracciandola)

Credi che non si senta anche di fori, quando questo cuoricino grida?... Quando tu vedi un nido, hai bisogno di strapparlo, per vedere se c'è dentro la nidiata?...

OLIVA

(fanciullescamente)

Io non li strappo mai mai... sapete? i nidi! Quand'ero bambina sì... ero cattiva... ma da un [215] pezzo in qua non c'è pericolo... Qualche volta... sapete che faccio? M'arrampico a un nido... e a quanti ce ne trovo dentro... gli dò un bacio sul capo... e poi li lascio strillare e scappo via!...

LEOPOLDO

(cingendo con un gesto rapidissimo il capo di Oliva)

Un bacio sul capo!... e làsciatelo dare anche te!... (la bacia forte sul viso).

Si sentono i passi pesanti di Bistone. Leopoldo libera Oliva che fugge verso la cameretta dov'è Riga.

OLIVA

(con forzata calma)

Mamma... s'è addormito?

Mentre Leopoldo si lascia cadere seduto, con la testa sopra la palma destra e il gomito sulla tavola, entra Bistone con in collo la capretta.

SCENA SETTIMA

RIGA, LEOPOLDO, OLIVA, BISTONE, poi GIGI.

BISTONE

(fermandosi appena entrato)

O Oliva?... O Riga?... O che v'hanno piantato qui solo?... Avevo voglia d'aspettare! che [216] pensiero, eh? ch'ell'hanno per le bestie, queste donne?! Se non ci fossi io! C'è poco da dire! Eccola qua (posando la capretta sul paglione): Questa poteva morire a comodo suo.

LEOPOLDO

(ricomponendosi un po' distrattamente)

Sta molto male, eh?...

BISTONE

(come rammentandosi)

Ho pensato anche a voi, non credete! Ho dato la voce a «Dente di legno» che passi di qua, così vi carica sur un mulo... in un par d'ore vi trovate giù alle Quattro strade...

LEOPOLDO

Ma... con quest'acqua...

BISTONE

(ridendo)

To'! Oh! che avete fatto fino a ora?! Non l'avete visto lo stellato! Venite a vedere quante ce n'è... E ancora non è notte!

LEOPOLDO

Per Dio! (si leva e va fuor della porta seguito da Bistone).

[217]

BISTONE

Se vi regalassero tante pecore per quante stelle sono in cielo ora... gioco il capo che fareste anche il pastore!

LEOPOLDO

Che bellezza! E che bel vento fresco!... (rimane a guardare l'orizzonte intorno mentre Bistone va brontolando alla porticina di destra).

BISTONE

(gridando)

O Oliva! Per diana!...

RIGA

(d. d. con voce soffocata e rabbiosa)

Accidempoli al vostro vociare!... Mi s'era addormito proprio ora! Vai, Oliva!

Oliva dopo un istante esce ancora tutta confusa e come sfuggendo lo sguardo del padre si siede presso la capretta.

BISTONE

(venendo a prendere il lume a olio sulla tavola e portandolo vicino al paglione)

Avevo voglia a aspettare, eh? Oliva?! Non te n'importa più nemmeno a te, di queste povere bestiole? Vedi come la sta'... non si move... l'ha cert'occhi rossi!... e poi la brucia come se fosse cotta! O che dici tu ch'ell'abbia?...

[218]

OLIVA

(mormorando)

Ma!... (continua a carezzare la capretta).

RIGA

(rientrando)

Bene... Vediamo un poco... vediamo... è 'lla morta, ancora?! (ironica).

LEOPOLDO

(rientra — Il desiderio di qualche porto lontano gli ha già trasfigurato il viso: si avvicina a Oliva mentr'essa sospende per un istante il suo esame, senza però alzare gli occhi)

Dunque?... è un male grosso davvero... povera bestiola!...

BISTONE

Che volete! Oliva lo dovrebbe capire! l'altra volta alla «Rosa» gli dette a bere cert'acqua fatta da lei... c'è poco da dire!... ritornò più bella di prima! Ma oggi... mi par mezza imbambolata... che so io?... la dovrebbe avere qualche pensiero per il capo!...

RIGA

Dunque, Oliva! E s'aspetta che tu dica qualche cosa: che... se' mutolita!...

[219]

OLIVA

Ma... la sta male, sì... ma io, non glielo so trovare... il male!...

RIGA

(ridendo)

La sarà innamorata, allora!

Si odono dei passi strascicanti. Leopoldo solo si volge: è Gigi che rientra. Vede tutti guardare sul suo paglione: guarda anch'egli. Visto di che si tratta, sempre senza parlare va verso il camino dove la legna arde ancora e si siede sulla pietra più comodamente che può.

BISTONE

Guarda bene... via, Oliva... non mi sembra possibile! eppure questa volta non n'hai voglia di guarirla! Guardagli dentro l'orecchie: prova a dargli bere... e vedi come l'ingolla... C'è poco da dire... a guardarla solamente...

LEOPOLDO

(prende una catinella — la riempie alla mezzina poi la porge a Oliva)

Tenete, Oliva: provate se il male fosse nella gola...

Oliva con la massima confusione prende la catinella e vi immerge il muso della capra mentre i tre si chinano per veder questa prova (pausa).

[220]

RIGA

(gridando)

O se la ingolla veramente bene! Ve lo dicevo io! l'è innamorata!... Lasciatela dormire in pace: domani la ruzza!... Ite piuttosto a mungere... è un'ora di notte... (va al camino, ordina in fretta i secchi, mentre Bistone va, imbronciato, a vuotare la catinella nell'acquaio).

LEOPOLDO

Un'ora di notte?! sarebbero le otto! Per Dio! Com'è passato presto il tempo!... (come sopra pensiero) E domani sera... a quest'ora... sul mare... un'altra volta.

OLIVA

(con voce straziante)

Sul mare...?! domani sera...!?

Leopoldo intanto guarda distrattamente Riga e Bistone, cosicchè Oliva può fissare lungamente gli occhi disperati di fanciulla sopra il suo volto ruvido e bello. In questo momento tra l'ebetismo di Gigi, l'egoismo inconscio di Leopoldo e la semplicità dei vecchi, si compie nella piccola anima di Oliva un tacito dramma.

RIGA

(andando all'acquaio e trascinando per la giacchetta Bistone)

Lasciate fare Oliva; tanto voi non ci capite [221] nulla. Pigliate questi secchi; lo vedete come lustrano! (glie ne mette due per mano) O Gigi! Che dormi anche costì? Mamma mia, salvatelo!... Tieni i secchi!

BISTONE

(riposando i due secchi in terra)

Aspetta, voglio scaldarmi un po' le mani... mi fa freddo stasera!... saranno gli anni che passano!... (Gigi, che s'era mezzo levato, si riaccomoda subito sulla pietra. Leopoldo, appoggiato allo stipite dell'uscio, si volge a guardare Oliva, che abbassa tristemente il capo).

LEOPOLDO

(dopo una pausa — piano ad Oliva)

Oliva... (un po' più forte) Oliva... perchè non mi guardate più?... (prendendo di sopra la mensola il cestino) Siete voi che fate questo bel cestino?...

OLIVA

(alza gli occhi in fretta: un breve risorgere di speranze la fa quasi sorridere)

Sì... l'ho fatto io!... ma non l'ho potuto finire... perchè ho perduto il coltello...

LEOPOLDO

Povera Oliva!... Pigliatevi questo (levando di tasca il coltello catalano) Guardate com'è bello! [222] l'ho comprato in America... Chi l'avrebbe detto che lo compravo per voi!... Così vi ricorderete di me... (l'apre: i tre scatti fanno rivoltare ad un tempo Bistone e Riga)

BISTONE

Che fate costì... me la volete sgozzare?!...

RIGA

Dio ci liberi!...

LEOPOLDO

(ai vecchi)

No, no... non ve la tocco la vostra capretta; facevo vedere a Oliva come son fatti i coltelli catalani.

RIGA

Ah!...

LEOPOLDO

(a Oliva)

E così si chiude (lo chiude).

OLIVA

(guarda con una infinita disperazione il coltello).

Non mi potreste dare un'altra cosa per memoria... meno bella... che costi meno...

[223]

LEOPOLDO

Non lo dite, Oliva mia: perchè dite così?... Se sapeste quanto mi fa piacere di pensare che questo coltellaccio mio sta nelle vostre manine! e che ci lavorate le vostre canne, in pace... su per queste montagne... e pensate a me, ogni volta che l'adoperate!... Ora, vien l'inverno!... son brutti tempi per il mare!... ne more molti di marinari!... (si avvicina un campanaccio come il primo, da carbonaio).

SCENA OTTAVA

BISTONE, LEOPOLDO, RIGA, GIGI, OLIVA, DENTE DI LEGNO.

DENTE DI LEGNO

(d. f.)

Ieee!... (Il campanaccio si ferma). O Bistone, ci sono...

BISTONE

(al suono del campano s'è levato d'accosto al fuoco — Ha preso i quattro secchi con la sinistra):

Dente di legno! (al carbonaio che entra) Eccolo qui il signore! ma ci hai pensato a lisciargli la bardella meglio?

[224]

DENTE DI LEGNO

Diavolaccio birbone!... O per chi m'hai preso!?... E gli ci ho anche messo sopra una balla nova.

LEOPOLDO

(andando a riprendere il berretto sotto il camino)

Bravo! Ma ci saremo alle dieci alle Quattro strade?

DENTE DI LEGNO

Se si parte subito...

LEOPOLDO

Allora, volete assicurare quella valigetta, intanto?

DENTE DI LEGNO

Subito (prende la valigetta e fa per uscire).

LEOPOLDO

(al carbonaio)

Non si deve scender mai da cavallo, eh? Posso far a meno di mettermi le scarpe?

DENTE DI LEGNO

Ah! mai! Lei sale qui e discende alle Quattro strade (via).

[225]

LEOPOLDO

(a Bistone)

Allora quelle scarpe, ve le metterete voi, eh? Bistone?

BISTONE

Ma come!... Ma vi pare?!... Un par di scarpe nôve! non le voglio!... Vi potrebbero far comodo.

RIGA

Se il signor Leopoldo non se ne fa niente...

LEOPOLDO

Sì... sì... tenetele... mi fate un piacere se le tenete per ricordo mio...

BISTONE

Davvero?... questo poi... è troppo...

RIGA

Dunque, ve ne ritornate a viaggiare, signor Leopoldo, a viaggiare per il mare, eh? Noi chi sa quanti anni ci si ricorderà di voi... e voi... invece... fra due o tre giorni, di noi ve ne sarete bell'e dimenticato!

LEOPOLDO

Perchè vi dovrei dimenticare? Se noi marinai non si ricordasse, come si potrebbe vivere? Si morirebbe di noia!

[226]

RIGA

Oliva! (Oliva accarezza convulsamente la capretta). Non ti levi a salutare! O che hai perduto il capo anche te, con codesta bestiola? Vieni a salutare il signor Leopoldo! (Oliva carezza ancora la capra — Poi si leva confusa — Senza levar gli occhi si avvicina a Riga).

LEOPOLDO

Addio, Oliva... Dio vi mandi tutto quel che desiderate, e vi faccia esser felice!

RIGA

Ringrazia... no? O che lavoro è questo?... ti s'è attaccato il mal della capra?...

OLIVA

(con infinita tristezza)

Grazie!

BISTONE

E non ci ritornate più, sapete, per questi postacci! Non son fatti per voi.

DENTE DI LEGNO

(rientrando)

Siamo pronti, padrone.

LEOPOLDO

Addio, Bistone... state bene, e grazie. Addio Gigi.

[227]

RIGA

(a Gigi)

Senti, oh, bestia! dice a te! Vieni avanti!

GIGI

(si fa avanti due o tre passi coi due secchi nelle mani mormorando)

Arrivederci. (Oliva lo guarda stranamente).

RIGA

Che arrivederci d'Egitto! Pare che faccia il carbonaio, come Pippo, il signor Leopoldo, che quando ha scaricato, ritorna? Digli «addio» no?

BISTONE

Buona fortuna, e vita lunga!

RIGA

Salute, e quattrini! (tutti si avviano fuor della porta meno Oliva che sembra impietrita — Pausa, mentre Leopoldo, che non si vede, monta a cavallo).

BISTONE

(sulla porta)

Ci state bene su codesta bardella?

LEOPOLDO

(d. f.)

Benone!

[228]

DENTE DI LEGNO

(d. f.)

Allora, avanti! (gridando forte) Aiuuu... Furia... (il campano si incammina).

RIGA

Via, gente, spicciatevi, ite a mungere.

BISTONE

(a Riga)

Spengi il foco, sai. Riga? E va a letto, chè domattina ci s'ha a levare un'ora prima, (a Gigi) Ovvia móviti, (s'avviano — Gigi passa dietro la finestrella; Bistone si ferma dietro la finestra, e volgendosi dalle parte d'onde è partito Leopoldo, grida) Addiooo!...

LEOPOLDO

(in lontananza)

Addioooo!...

RIGA

(rientra in fretta e va verso il focolare, dicendo come fra sè) Spegnamo il foco, allora!... (Vuota la mezzina sui tizzoni, che friggendo e fumando si spengono. In questo momento Oliva lascia lo stipite della porta di dove guardava allontanarsi l'ospite e si getta sul paglione, accanto alla sua capretta, e scoppia in un pianto disperato e dirottissimo. Riga, rivoltandosi sorpresa e spaventata) O questa?!...

(Sipario).


[229]

«raccontanovelle»

ha pubblicato nei primi ventisei fascicoli:

Compariranno successivamente:

Esce due volte al mese; costa L. 1,50 in Italia e Colonie, Estero L. 2. — È la pubblicazione di tutto, di tutti, per tutti

Abbonamento a 12 numeri L. 15 — Abbonamento a ventiquattro numeri L. 30

[230]

«ROMANTICA»

·· OGNI FASCICOLO UN ROMANZO ··
OGNI ROMANZO UN AUTORE CELEBRE

Sono usciti:

Compariranno prossimamente:

OGNI FASCICOLO CON UNA COPERTINA A COLORI L. 1,50, IN ITALIA ED IN COLONIA

Inviare le prenotazioni alla nostra Amministrazione:

14, VIA DURINI — MILANO — VIA DURINI, 14

Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.

Copertina elaborata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.






End of the Project Gutenberg EBook of La prigione - Acqua sul fuoco, by 
Ercole Luigi Morselli

*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA PRIGIONE - ACQUA SUL FUOCO ***

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Defect you cause.

Section 2. Information about the Mission of Project Gutenberg-tm

Project Gutenberg-tm is synonymous with the free distribution of
electronic works in formats readable by the widest variety of
computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It
exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations
from people in all walks of life.

Volunteers and financial support to provide volunteers with the
assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg-tm's
goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will
remain freely available for generations to come. In 2001, the Project
Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure
and permanent future for Project Gutenberg-tm and future
generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary
Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see
Sections 3 and 4 and the Foundation information page at
www.gutenberg.org Section 3. Information about the Project Gutenberg
Literary Archive Foundation

The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit
501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the
state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal
Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification
number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary
Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by
U.S. federal laws and your state's laws.

The Foundation's principal office is in Fairbanks, Alaska, with the
mailing address: PO Box 750175, Fairbanks, AK 99775, but its
volunteers and employees are scattered throughout numerous
locations. Its business office is located at 809 North 1500 West, Salt
Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up to
date contact information can be found at the Foundation's web site and
official page at www.gutenberg.org/contact

For additional contact information:

    Dr. Gregory B. Newby
    Chief Executive and Director
    gbnewby@pglaf.org

Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg
Literary Archive Foundation

Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide
spread public support and donations to carry out its mission of
increasing the number of public domain and licensed works that can be
freely distributed in machine readable form accessible by the widest
array of equipment including outdated equipment. Many small donations
($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt
status with the IRS.

The Foundation is committed to complying with the laws regulating
charities and charitable donations in all 50 states of the United
States. Compliance requirements are not uniform and it takes a
considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up
with these requirements. We do not solicit donations in locations
where we have not received written confirmation of compliance. To SEND
DONATIONS or determine the status of compliance for any particular
state visit www.gutenberg.org/donate

While we cannot and do not solicit contributions from states where we
have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition
against accepting unsolicited donations from donors in such states who
approach us with offers to donate.

International donations are gratefully accepted, but we cannot make
any statements concerning tax treatment of donations received from
outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff.

Please check the Project Gutenberg Web pages for current donation
methods and addresses. Donations are accepted in a number of other
ways including checks, online payments and credit card donations. To
donate, please visit: www.gutenberg.org/donate

Section 5. General Information About Project Gutenberg-tm electronic works.

Professor Michael S. Hart was the originator of the Project
Gutenberg-tm concept of a library of electronic works that could be
freely shared with anyone. For forty years, he produced and
distributed Project Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of
volunteer support.

Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed
editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in
the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not
necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper
edition.

Most people start at our Web site which has the main PG search
facility: www.gutenberg.org

This Web site includes information about Project Gutenberg-tm,
including how to make donations to the Project Gutenberg Literary
Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to
subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks.