TEATRO
DI
Camillo Antona-Traversi
(Edizione riveduta e corretta)
PARASSITI
Commedia in tre atti.
VOLUME VI.
REMO SANDRON — Editore
Libraio della R. Casa
MILANO-PALERMO-NAPOLI
PROPRIETÀ LETTERARIA
I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia.
Secondo i termini della legge sulla proprietà letteraria, è vietato a tutte le Compagnie drammatiche italiane e forestiere, a tutte le Società Filodrammatiche e private, di rappresentare questi lavori senza l'autorizzazione formale dell'Autore, o del Direttore della Società degli autori di Milano.
Copyright by Camillo Antona-Traversi — 1912.
Off. Tip Sandron — 215 — I — 210512.
A
GIANNINO ANTONA-TRAVERSI
fratello d'anima
e ai cari gentili generosi amici
G. P. Zuliani; Luigi Capuana; Raffaello Giovagnoli; Carlo Lotti; G. Baffico; Edoardo Boutet; Adolfo Re-Riccardi; Stanislao Manca; G. Aurelio Costanzo; Luigi Grande; Annibale Gabrielli; Cesare Ruberti; Leo Montecchi; Ferdinando Fontana; Lucio d'Ambra; Franco Liberati; Gallieno Sinimberghi; Tommaso Pasetti; Enrico Panzacchi; Antonio Della Porta; Cesare Sobrero
i quali, profondamente buoni, vollero mandar da Roma un saluto e un augurio amorosissimo all'esule autore dei «Parassiti».
[7]
C'est là une erreur de beaucoup d'écrivains italiens. Ils croient émouvoir et frapper par un fait exceptionnel, par la nouveauté illogique d'une combinaison dramatique, sortant de la vie normale.
Ils ne comprennent pas que toute la force au théâtre consiste à donner l'illusion du vrai; et que le comédiographe de génie, par une fine observation psycologique, par l'étude profonde des caractères, sait faire un chef-d'oeuvre avec le fait de chronique le plus simple et le plus banal.
Les deux frères Antona-Traversi ont compris cette grande vérité dans leurs dernières pièces.
L'aîné, M. Camillo Antona-Traversi, dans Parassiti, nous a donné un type, un caractère pris sur le vif.
Renonçant dans cette pièce aux scènes émouvantes de Danza Macabra, des Fanciulli, de Stabat Mater, il nous a produit une comédie du genre classique qui restera au répertoire.
G. P. Zuliani.
(Dall'Italie di Roma, 7 settembre 1900).
... I Parassiti sono veramente il suo capolavoro, e uno dei capolavori della nostra letteratura drammatica.
Ottorino Modugno.
(Dalla Ragione di Roma, 25 aprile del 1910).
Questi miei Parassiti — lungamente pensati e amorosamente scritti durante un mio non breve soggiorno a Bruxelles [anno di grazia 1898] — videro, più per intercessione di amici buoni e gentili, che non per volontà [8] di attori, la luce della ribalta, al Teatro Costanzi di Roma, la sera del 24 luglio 1899.
I telegrammi, che mi davano l'annunzio di un «successo pieno e intiero»[1], mi commossero profondamente e trasfusero in me un ardore nuovo.
In quell'ora sì dolce, mi son sentito molto migliore di quello che i casi di mia vita mi vollero e mi fecero.
***
Pochi giorni dopo, mi giunsero tutti i giornali di Roma. Non senza viva commozione lessi con quanta simpatia e con quanto fraterno affetto alcuni buoni e cari amici, che non mi avevano certo dimenticato, vollero preparare e annunziare l'andata in iscena della mia commedia.
Fra essi, Lucio d'Ambra e Stanislao Manca.
Il primo — vera anima d'artista, e amico di fede sicura — nel «Signor Pubblico», che dirigeva in allora Gallieno Sinimberghi, mi dedicava questo affettuoso «pastello alla penna»:
«IL BUON CAMILLO»
[9]
«Io mi ricordo un pranzo allo scoglio di Frisio, innanzi al mare argenteo sotto la luna. Ero a Napoli per una mia piccola commedia al Sannazaro; e la sera, all'impallidir dei fuochi del tramonto, ci riunivamo a pranzo sul mare, in cinque o sei innamorati della letteratura. Una sera il discorso cadde su Camillo Antona-Traversi come letterato: chi lo levava alto verso le stelle, e chi lo rigettava giù giù violentemente, in fondo all'oscuro Taigeto. Ma per l'uomo fu un inno concorde alla sua bontà, alla sua grazia, alla sua soavità. Ognuno svelava qualche nuovo bel profilo di bontà del tempestoso scrittore, ognuno aveva il suo aneddoto pronto, ognuno trovava la parola affettuosa per quella tenera anima di uomo. Egli si è conservato così dolce, così delicato, a traverso una giovinezza più pesta dell'uva delle vendemmie e una virilità dolorosissima, irrequieta. Camillo è stato veramente un grande infelice; e pure, a ogni nuovo colpo dell'avversaria fortuna, egli scuoteva le spalle con una rassegnazione sincera, e vi faceva luccicare al sole i fili d'argento della sua barba continuamente torturata dalle sue fini mani nervose. E sorrideva, e s'incurvava ancora più nelle spalle, accendeva la quarantesima sigaretta della giornata, e ajutava gli altri, attendendo pacatamente per sè l'urto di un altro dolore.
Ajutava gli altri!
Io so innumerevoli fatti che lo dimostrano, innumerevoli prove della squisitezza di sentimento di Camillo Antona-Traversi. Egli ha fatto da anni una vita randagia: oggi, lo trovate a Venezia a guardare i colombi a San Marco, o seduto a un tavolino del caffè Florian a discutere d'arte e di dedizione al bene degli altri con quell'altro infelicissimo e soavissimo che fu il povero [10] Giacinto Gallina: poche ore dopo, lo sapevate a Genova, con quartier generale in qualche caffè dell'Acquasola; e di lì a poco eccolo a Torino, a passeggiare al Valentino, o ad arringare al caffè Parigi: eccolo a Roma, rincantucciato al Valle dalla mattina alla sera, ed eccolo per le vie a guardar le stelle e per le piazze a contemplar la luna, dalla sera alla mattina, con qualche amico, vittima ignorata di quella sua letteratura peripatetica: eccolo, poi, a Firenze, da Doney, su un palcoscenico, o a percorrere lentamente qualche chilometro su i lungarni: eccolo a Napoli, al Gambrinus, in mezzo a una tumultuosa turba di comici, o allo Scoglio di Frisio a pranzare poeticamente e a guardar da lungi sospirosamente la sua bella villa chiusa, dove «lavorerebbe tanto bene», dove «dormirebbe così quetamente», cullato dal canto rôco del golfo divino: eccolo a Pisa a trascinarsi col suo passo stanco lungo quella spiaggia del gombo così sterile e sabbiosa fra i pini, o lungo l'Arno giallastro, lento lento, come fosse stanco del suo ininterrotto fluire, a ideare di scrivere dieci commedie con dieci probabili futuri scrittori pisani: eccolo infine a Bologna, a San Petronio, a goder il fresco nel bel dômo solenne, o al caffè del Pavaglione a dir bene di tanta gente di cui avrebbe dovuto dir male, a scrivere mille cartoline ai suoi mille amici europei, e a correggere qualche scena di un suo dramma nuovo. E ieri vi era arrivata una sua lettera da Parigi? Ebbene, dopo una settimana ne ricevevate un'altra da Vienna: dopo quindici giorni, una cartolina da Lugano; dopo un mese, un telegramma — inutilissimo, com'è naturale! — da Trieste.
E in questo nomadismo che faceva? S'incaricava degli altri, si addolorava per i loro dolori, si rallegrava [11] per le loro gioje, si faceva in pezzi per ajutarli nei loro bisogni: se aveva una lira, la divideva a dar colazione a un altro che forse e spesso non se la meritava. Io non ho mai inteso Camillo pensare al male. Un fanciullo di quindici anni uscito ieri dal collegio potrebbe dar la misura dell'ingenuità dell'uomo che divenne l'autore acclamato delle Rozeno. Così, facendo del bene, ebbe in cambio del male. Egli fu la più carnosa preda degli strozzini, ed egli ne ha riso e li ha messi in una commedia che chi sa quando ascolteremo.
Egli, per sè, sarebbe stato capace di qualunque privazione; e quante volte invece ha bussato alla porta di uno di quelli strozzini e ha preso danari per darli a chi l'aveva commosso con il pietoso racconto di una infelicità quasi sempre imaginaria, cantata in rima e in prosa per exploiter la sua buona fede fanciullesca! Nessuno di quei fogli da cento è mai tornato nel suo portafoglio. E mai nessuno, nel suo bisogno, ha fatto per lui la decima parte di ciò che egli faceva per gli altri!
Professore di lingua italiana, studioso di Leopardi e storico di Paolina, critico, autore di quindici drammi e commedie di vario valore, traduttore valoroso di commedie francesi, gran produttore d'articoli a vapore, ecco lo stato di servizio di Camillo Antona-Traversi Anch'egli, del resto, come suo fratello Giannino, è occupatissimo. Solamente le sue lettere ascendono a cinquecento e le sue cartoline a mille. Le sue r sono anche innumerevoli. La velocità del suo discorso passa, forse, i 45 Km. all'ora.
È veramente difficile tenergli dietro. V'occorre uno sforzo intenso. Lo si fa volentieri, perchè anch'egli è un affascinante causeur, un delizioso narratore d'aneddoti.
[12]
Ora, egli è nell'esilio e non potrà assistere lunedì sera alla rappresentazione dei suoi Parassiti al Costanzi. Le sue forti e originali commedie eran sempre seguite da Camillo Antona-Traversi con tenerezza paterna, tra gli applausi del pubblico.
Questa commedia non avrà questa sua tenerezza: essa non è stata scritta a Venezia, come le altre, in quella Venezia ispiratrice. Essa fu scritta nello scoramento squallido dell'esilio. Ma a i Parassiti gli amici — e non della ventura — saranno cuori fraterni. E non dubitare, Camillo dilettissimo: nel tuo esilio, ti giungerà, raggio di sole, il successo che ai tuoi Parassiti decreteranno pubblico e critica lunedì sera, al Costanzi, per dimostrarti l'affetto verso l'uomo buono e infelice, e l'ammirazione per lo scrittore vigoroso e ardito.
Sarà per Camillo Antona-Traversi la prima gioja di questi ultimi anni. Ma tutto sta a cominciare. Molte altre e intense terranno dietro a questa prima.
La bontà ha dei diritti, e l'ingegno dei privilegi.
Lucio d'Ambra»[2].
E Stanislao Manca — l'autorevole critico drammatico della Tribuna, che onora con la dottrina e con l'ingegno l'arte nostra — così dava ai lettori del grande giornale romano l'annunzio dei miei Parassiti:
«È domani sera che si rappresenterà per la prima volta in Italia questa nuova commedia di Camillo Antona-Traversi. L'autore delle Rozeno, dei Fanciulli, della Danza Macabra e di tanti altri applauditi lavori — rimasto troppi anni lontano dal teatro — vi ritorna [13] ora; e, ci auguriamo tutti, per ritrovarvi quei successi che il suo ingegno e il suo cuore meritano in modo particolare.
Parassiti è una commedia in quattro atti, d'ambiente schiettamente romano. Ne sarà protagonista, nei panni del commendatore Don Gennaro Gaudenzi, Oreste Calabresi. Ed è facile attendere da questo geniale artista una nuova felice creazione.
Claudio Leigheb, con quell'ardentissimo amore per l'arte che lo distingue, senza bizantineggiare sulla maggiore o minore importanza di ruolo, per meglio assicurare l'esito della nuova commedia, ha accettato una piccola parte di favore — quella del segretario di Gaudenzi, Naldini — ma che in sue mani si tramuterà subito in un capolavoro di comicità.
Le altre parti sono affidate alla Zucchini-Maione, alla Cristina, alla Leigheb, al Carini, al Beltramo, al Rizzotto, alla Carini; e tutti vi recheranno il contributo della loro fede e della loro valentia.
La serata di domani al Costanzi è ben a ragione vivamente attesa».[3].
Nel «Ma chi è!», poi, un ignoto amico mi dedicava questo affettuoso saluto... poetico:
Sulla fronte e sul cuore,
tieni scolpito amore:
studio ed intelligenza
mostra la tua presenza:
rassegnazione, gloria,
pene, son la tua storia!
Vivi amato e felice,
chi ti conobbe, dice![4]
[14]
***
La «Società degli autori drammatici e lirici», che, poche sere prima, in una affettuosa agape fraterna, aveva festeggiato — sulla stessa scena del Costanzi — la vittoria conseguita dalla «Scuola del marito» del mio diletto fratello Giannino, volle — dietro proposta di Carlo Lotti — celebrare, in altra agape non meno fraterna, quella che era stata la «mia vittoria».
La simpatica festa riuscì oltre ogni dire cordiale e commovente; così come ne fa fede il resoconto che tolgo dal «Gazzettino dell'arte drammatica e lirica»[5]:
In onore dei due fratelli Antona-Traversi.
«A poche sere di distanza, i due fratelli Giannino e Camillo Antona-Traversi trionfarono sulle scene del Costanzi con due lavori, d'indole diversa, ma egualmente pregevolissimi. L'avvenimento così lieto per l'arte italiana, venne commemorato dalla Società degli Autori ed Artisti drammatici e lirici con due agapi fraterne; la prima, in onore di Giannino, nella sera di giovedì 13 luglio, e l'altra in onore di Camillo la sera di martedì 25 luglio.
Presero parte all'appuntamento geniale gli amici qui segnati in ordine alfabetico:
G. Saffico — E. Boutet — F. Bartocci-Fontana — L. Capuana — G. A. Costanzo — G. Costetti — O. Calabresi — F. Cisotti — C. Core — T. Daretti — S. Danesi — G. Dei — G. Fabiani — G. Ferri — G. Franzinetti — R. Giovagnoli — C. Gambua — A. Gabrielli — L. Grande — C. Lotti — P. [15] Mengarini — V. Molaioli — A. Mauri — G. Monaldi — L. R. Montecchi — Gr. Nani — Gr. Patriarca — T. Pasetti — I. Palmarini — C. Ruberti — G. Traversi — C. Tartufari — S. Sparapani — G. Savarese — E. Zama.
Molti altri amici e ammiratori dei due simpatici autori vollero essere ricordati, dolenti che l'estate li avesse già fatti allontanare da Roma.
Alla fine della cena bandita in onore di Giannino, presero la parola G. Costetti, R. Giovagnoli, T. Pasetti, in una forma veramente nuova, intrecciante cioè gli elogi per i meriti da tutti riconosciuti dell'ottimo lavoro del brillantissimo autore, con le osservazioni quali il pubblico aveva fatte intorno all'arditezza del tema; e Giannino rispose con simpatica efficacia, dando ragione dell'opera sua; così che ne venne una dilettosa conferenza intorno alla commedia La Scuola del marito e all'arte in genere.
C. Ruberti rammentò ai convenuti che, fra pochi giorni, si sarebbe data la commedia di Camillo, proponendo un brindisi di augurio all'amico lontano, che venne accolto da un urrà; e C. Lotti propose che, la sera dopo la rappresentazione dei Parassiti, tutti i presenti si trovassero a una riunione per festeggiare l'autore, il cui seggio di onore sarebbe stato occupato dal fratello Giannino. E così tra gli applausi si chiuse la simpatica festa.
***
E, in fatti, la sera dopo la rappresentazione dei Parassiti, gli amici convennero puntuali alla cena in onore di Camillo, e il posto suo d'onore veniva occupato da Giannino.
[16]
Qualche cosa di intimo, di gentile. Oltre al presidente lontano, il vice presidente T. Pasetti, che aveva assistito alla cena precedente, mandò da Bologna un affettuoso saluto e augurio perchè l'acclamato autore sia presto ridonato all'arte e al paese; e anche il Baffico e il Palermi, egualmente lontani, vollero essere ricordati. E da Torino, Adolfo Riccardi-Re mandò un telegramma, per esser considerato come presente, plaudendo agli iniziatori della festa gentile.
All'amico lontano, cui un destino che assurge alla tragicità del fato greco agita senza requie l'anima travagliata, volava il pio saluto di coloro che desideravano essere a lui ricordati.
Giorni prima brindavamo all'amabile autore dell'allegra commedia la Scuola del marito: quella sera, un sentimento più alto e profondo ci univa; e, nell'era volgente e nella non dolce stagione, faceva bene all'anima il mirare una così eletta schiera di amici convenuta per rendere onore al valoroso collega, e per mandare una risposta di conforto a lui che da lontano c'inviava una gentile opera d'arte come fiore del ricordo, come il simbolico Non ti scordar di me!
E noi di te non ci scordiamo. Piacque agli Dei la causa del vincitore, a Catone quella del vinto. Ed è proprio di persone che hanno l'animo temprato a tutto ciò che è nobile e artistico, l'essere sensibili verso coloro che la sventura colpisce. E perciò noi gridiamo: «coraggio, Camillo!» Una eletta schiera di amici è qui convenuta per renderti onore e per augurarti che tu possa ogni tanto arricchire di altre opere d'arte il nostro teatro italiano, vendicandoti così nobilmente del destino che spinge l'anima tua appassionata.
Un fosforescente ingegno meridionale ebbe a dire che [17] l'artista compie la sua missione quando crea un'opera d'arte, non importa se, per ottenerla, semini intorno a sè la desolazione e le vittime.
Camillo dà una versione ben diversa di quella egoistica sentenza. Anch'egli sacrificò al suo ideale di scrittore; ma egli stesso si offerse per vittima: egli non corre trionfante sul corpo dei caduti, colpito egli stesso dalle sue mani.
Se grato ti carezzerà la coscienza di scrittore l'applauso che una folla di pubblico ha tributato al tuo nuovo lavoro I Parassiti, dove, come in ogni tua opera d'arte, rifulge un pensiero altamente civile, più grata forse ti sarà giunta la notizia del simpatico convegno di amici radunati intorno al tuo Giannino per renderti onore.
Questo, interpretando il pensiero di tutti, disse C. Lotti a nome della Presidenza della Società; e il prof. R. Giovagnoli, rievocando i ricordi del passato, quando Camillo Antona-Traversi era suo scolaro, fece un quadro dell'attività sua maravigliosa, della prontezza e genialità di mente, dell'opera, come scrittore erudito di studj storico letterarj, come autore applaudito, originale, da cui il paese molto si può ripromettere.
Ai brindisi calorosi di tutti gl'invitati rispose con commosse parole Giannino, che, dai presenti e in nome di tutti, veniva incaricato di spedire un saluto, un applauso, un augurio al fratello lontano.
E così ebbe termine la festa gentile, che lasciò in tutti noi una dolcezza di conforto, come di un'opera buona compiuta; e un profumo di sentimento, che ci aveva sollevati per qualche ora dalle bieche cure di ogni giorno.
[18]
Ricevuto il telegramma, Camillo Antona-Traversi rispose con una lunga affettuosissima lettera, dalla quale stralciamo questo brano:
«Dirai a tutti quale sia il conforto che da essi mi viene, quale la infinita mia gratitudine, tenerezza e devozione.
«Mercè vostra, ho riveduto oggi un raggio di sole, dopo tanta notte! Mercè vostra, o cuori nobilissimi, rinasco ora al lavoro, alla vita!»
***
E, come se tante indimenticabili dimostrazioni d'affetto non bastassero, mi giungevano, oltre ogni dire gradito, numerose lettere da amici e da letterati illustri, per i quali viva è, e sarà sempre, la riconoscenza mia.
Non so resistere al desiderio di riprodurne qui qualcuna. E chiedo venia, ai cortesi che mi scrissero, della libertà che mi prendo.
Luigi Capuana — uno dei più forti scrittori d'Italia nostra, che mi onorò sempre di sua fraterna amicizia — mi mandò questa cara lettera preziosa:
Roma, 25 luglio 1899.
«Carissimo amico,
Il successo dei Parassiti è stato schietto e solido: gli applausi sono scoppiati non solamente a ogni fine di atto, ma durante parecchie scene, con spontanea unanimità; e io ne sono stato lietissimo, più che se si fosse trattato di cosa mia.
[19]
E avrei dovuto esserne afflitto, perchè avete annullato un mio lavoro in due atti, che aveva un tipo identico al vostro commendatore Gaudenzi[6]. Dovrò rifare tutto da capo: mutare, cancellare ogni traccia di somiglianza.
Il vostro Gaudenzi è un tipo così vero, così vivo, che non si può rifare due volte in teatro!
V'invidio il successo; ma non ne sono geloso: me ne rallegro sincerissimamente con voi, che meritate questo conforto.
Sono sicuro che i Parassiti faranno trionfalmente il giro dei nostri teatri.
Calabresi è stato stupendo: ho voluto stringergli la mano dopo la rappresentazione; e, siccome io non lo conoscevo personalmente, mi son fatto presentare da vostro fratello, ch'era raggiante di contentezza per voi.
Io vi stringo affettuosamente le mani, e vi abbraccio con sincera fraternità d'arte.
Potete essere orgoglioso di avere scritto un lavoro di schietto carattere italiano, divertente, interessante, pieno di vera e intensa comicità.
Cordiali saluti dal
vostro aff.mo
Luigi Capuana».
[20]
Antonio Della Porta, poeta e prosatore chiarissimo, a me legato da vincoli d'indistruttibile amicizia, così mi scriveva:
Roma, 26 luglio 1899.
«Mio carissimo,
Io, naturalmente, ero al Costanzi. E seguii, con tenerezza affettuosa, tutto il lavoro. Debbo dirti che quei quattro atti sono «una forte cosa»? Mi par inutile.
Essi sono molto vicini ai fratelli delle Rozeno e di Danza Macabra. Come unità, li superano. Mi spiego: il centro etico del lavoro attrae costantemente a sè persone, cose e casi. Quel Commendatore è lineato con bravura e audacia della miglior commedia greca.
Di questi giorni, ho letto e riletto Aristofane: ebbene, l'altra sera ho pensato a lui!
Lode non piccola, è vero?... Ma tu sai che io non te la darei se non ne sentissi la sincerità.
Forse gli episodj, da cui balza vivo e grande il protagonista, non sono tutti di egual rilievo e di eguale verità scenica. Questa impressione, che se ne ha alla fine del lavoro, nuoce alla ragionevolezza della favola di costume, che tu hai — ripeto — ideata con arguzia e furore greci.
Anche gli accenni a contemporanei viventi furono saporiti e contenuti in un decoroso freno artistico.
Uscendo di teatro, io pensai la gioja dell'esule all'annuncio della vittoria; e mi ridussi a casa meno triste, e ne parlai a mia madre, destandola per la lieta notizia.
Quanti voti ti vennero, allora, da cuori memori!
Tuo aff.mo
Antonio della Porta».
[21]
***
Roberto Bracco — onde il cuore è pari all'ingegno grandissimo — non poteva mancare, e non mancò in fatti, alla bella corona dei miei più provati amici.
Ed ecco qui la commovente e generosa lettera sua:
Sorrento (Sant'Agata), 29 luglio.
«Mio caro Camillo,
Qui, in campagna, dove trovo nella noja profonda un po' di riposo dopo le solite lotte meschine, mi giunge la notizia lieta del successo riportato a Roma dal tuo lavoro Parassiti.
Tu sai che non sono abbondante nè di parole, nè di sentimentalismo, in fatto d'arte.
Potrai, dunque, ben valutare il bisogno che sento di scriverti e di mandarti un bacio. Non so che cosa sia il tuo lavoro, e non commetto la banalità di lodarlo senza conoscerlo; ma so che sei tornato dal tuo esilio, sei tornato in ispirito col tuo ingegno, con le tue forze, col tuo coraggio; e so che questo ritorno è nobile e sarà salutare per te e dolcissimo per tutti coloro che come me ti vogliono veramente bene. Avanti, dunque, ancora: avanti tra i primi e tra i migliori, avanti Camillone mio! Dimentica il passato, e preparati a ogni specie di trionfi: artistici, morali... finanziarii!
Fraternamente tuo
Roberto».
Chiudo questa breve raccolta con la amorosa lettera [22] del mio Giannino, la quale rispecchia tutto il nobile animo suo:
Roma, 25.
«Carissimo,
Ti ho telegrafato or ora. Prima di coricarmi, voglio mandarti il resoconto esatto della serata.
Bel teatro, quale non avrei creduto, data la stagione.
Quasi tutte le poltrone occupate; e occupate anche le prime file di sedie: una cinquantina di persone, in piedi, in platea. Qualche vuoto nei palchi di 1ª e 2ª fila: in loggione, come sempre, non più di venti persone.
Il Calabresi impostò così bene il personaggio del Gaudenzi da renderlo, sin dalle prime battute, evidente e simpatico al pubblico, che sottolineò con risate e con approvazioni quasi tutte le battute di lui, durante tutta la commedia. Alla sua prima uscita, grandi e unanimi applausi lo chiamarono fuori. Alla fine dell'atto, tre chiamate, unanimi, calorose.
Al 2.º atto, il successo si raffredda. Alla fine, una chiamata, con applausi non unanimi, nè calorosi.
Al 3.º atto, il successo ritorna ottimo. All'uscita del Calabresi, grandi applausi e una chiamata. Alla fine dell'atto, due chiamate, bellissime.
Idem, in tutto, al 4.º atto. Le chiamate sarebbero state maggiori, se la maggior parte del pubblico, mentre calava la tela, non si fosse alzata per uscire dal teatro. Così fa sempre, quando non si dà, dopo, la farsa!
Le impressioni del pubblico, in generale, eccellenti. [23] Tutti hanno trovato riprodotto perfettamente il tipo del Gaudenzi, e benissimo riprodotto anche l'ambiente. Taluni facevano il nome di casa O..!
La critica ti sarà favorevolissima.
In complesso, un successo schietto, serio, completo! E pensa che, al Costanzi, la maggior parte del pubblico non sente che la metà di quello che gli attori dicono!
L'esecuzione, maravigliosa per affiatamento, per insieme, quale da un pezzo non ha dato alcuna Compagnia italiana. Del Calabresi non riuscirei a dirti tutto il bene che penso. Nessun attore in Italia ti potrà fare quel tipo meglio di lui! Una cosa maravigliosa, in tutti i più minuti particolari: una vera creazione! Eccellente il Leigheb. Ottimi anche gli altri. La Cristina sostenne la difficile parte in modo superiore a ogni aspettativa.
Io ho baciato per te Calabresi e Leigheb, e ho ringraziato tutti gli altri. E tu scrivi loro quello che ti ho detto.
L'ambiente ti era favorevolissimo. Nessun amico mancava. Della Porta, Bianchi, Gigi Volpi, Ruggero Musmeci, Lucio d'Ambra, Capuana, Montecchi, Liberati, Sinimberghi, Aurelio Costanzo, Mengarini, e via dicendo; e tutti vogliono esserti ricordati con vero affetto. Hai qui molti e fidati e sicuri amici!
Domani, telegraferò a mammina e a papà l'esito felicissimo.
Godi pure del tuo trionfo, e vivi pur certo che nessuno ne gode più di me. Esso ti sia almeno un compenso alle tante tue amarezze!
Domani sera, la «Società degli Autori» darà una cena in tuo onore.
Le mie impressioni sono assai favorevoli alla commedia, [24] alla quale basta il Gaudenzi per farne un'opera d'arte.
Ti abbraccio, felice.
Tuo aff.mo
Giannino».
***
Certo fu — per me — somma ventura d'aver trovato, nella eccellente Compagnia Leigheb-Reiter — un attore della coscienza, dello studio, del valore, della comicità e potenzialità drammatica di Oreste Calabresi, che — a giudicio unanime di pubblico e di critica — fu un Gaudenzi maraviglioso.
A Lui dico qui tutta la gratitudine dell'animo mio; e ripeto l'ammirazione che, non da oggi, nutro verso l'arte sua così semplice e così efficace.
Non avendo Virginia Reiter creduto d'accettare la parte di Rina, la mia commedia non si sarebbe data certamente ove Claudio Leigheb non avesse creduto di entrarci.
Ridir le risate che il «principe dei brillanti italiani», sotto le umili spoglie del segretario del commre Gaudenzi, seppe strappare al pubblico del Costanzi, non è da me, ch'ero assente... ma l'eco di quelle risate, per lettere di amici e per lettura di giornali, mi giunse oltremodo giojosa.
La morte — sempre spietata — avendolo tolto immaturamente all'arte drammatica italiana, ond'era uno dei più fulgidi ornamenti, non m'è dato, pur troppo!, dirgli oggi, in queste povere pagine, tutta la mia profonda riconoscenza.
[25]
Ringrazio anche di cuore Gilda Zucchini-Maione; Ines Cristina; Teresina Leigheb; Ernestina Bardazzi; Maria B. Carini; Luigi Carini; A. Beltramo; S. Rizzotto e Amerigo Guasti.
***
Alcuni mesi dopo, i Parassiti affrontarono il severo giudizio del pubblico milanese. Furono, in fatti, rappresentati — sempre dalla stessa Compagnia — al Teatro Manzoni, la sera del tredici novembre 1899.
L'eco delle festose accoglienze fatte alla commedia dal pubblico romano, era giunta all'orecchio dei miei concittadini; e, però, l'aspettativa era molta.
Anche a Milano alcuni amici della stampa vollero — bontà loro! — ricordarmi con affetto al pubblico milanese, che — alcuni anni prima — aveva decretato il «successo lieto» alle mie Rozeno, alla mia Danza macabra e ai miei Fanciulli.
Ausonio, nella Sera, così mi ripresentava ai lettori:
Camillo Antona-Traversi.
«Lo conobbi nell'autunno del 1890, qui a Milano, dov'era venuto per vedere di mettere in iscena al Manzoni le sue Rozeno. Era avvilito e impaziente. L'avvilimento derivava in lui dal rifiuto oppostogli da molti capocomici — e da molte attrici, sopra tutto — per la rappresentazione di quella sua commedia prediletta: l'impazienza, dalla speranza ch'egli aveva che la Compagnia di Tito Favi appagherebbe finalmente il lungo desiderio di lui e dalle promesse che ne aveva avute. La commedia pareva nata sotto cattiva stella. Le promesse fallirono, e l'autore se ne tornò a Roma. Ma riapparve poco dopo, raggiante e speranzoso. Aveva avuto una [26] nuova promessa dalla stessa Compagnia, capitanata non più dal Favi, ma dal Bertini e dal Talli. Le Rozeno furono messe in prova; ma un giorno furono ritirate e l'autore scomparve col copione, al quale voleva apportare delle correzioni. Il proponimento era stato suggerito a lui dalle «prove», e ribadito da amici che a quelle erano stati presenti.
Le Rozeno non furono rappresentate che dopo un pajo di anni circa, al «Valle» di Roma, da Cesare Rossi, protagonista Teresina Mariani. Il successo, che ne seguì, la maggior parte dei miei lettori non ignora. Fu quasi la rivelazione di un autore, perchè i precedenti successi, negativi e magari positivi, avevano fatto dubitare che in Camillo Antona-Traversi fosse stoffa di autore drammatico.
E dopo il primo successo lieto ne vennero degli altri — ultimo arrivato, a Roma, quello dei Parassiti, la commedia che il pubblico milanese giudicherà stasera.
Non vo' enumerare la produzione, non larga ma notevole, di Camillo Antona-Traversi; nè spetta a me darne un giudizio critico, anche perchè molti di voi quella produzione conoscono. Forse, non tutti di voi conoscono l'uomo»[7].
Senza invocare il nemo propheta in patria, che non è proprio il caso, dirò subito che i Parassiti non ebbero al Manzoni le stesse festose accoglienze del Costanzi. Se l'atto primo — giudicato concordemente magnifico — e l'atto terzo e quarto riscossero applausi, il secondo passò «senza infamia e senza lode».
La critica — pur mettendo in rilievo i pregi del lavoro — fece non poche restrizioni sul suo reale valore [27] d'arte. La maggior accusa fattami fu quella d'avere concentrato tutto l'interesse del lavoro nel Protagonista, e di essermi — plasmandolo per la scena — ricordato troppo da vicino del Matteo Cantasirena dei Barbarò di Gerolamo Rovetta.
A difendermi da una simile accusa non meritata, sorse una gentile e valorosa signorina, il cui nome è caro alle buone lettere: Irma Melany-Scodnich.
«Si rimprovera all'autore» — riproduco testualmente l'amabile difesa — «l'affinità del suo Don Gennaro Gaudenzi con il Matteo Cantasirena del Rovetta.
Mi permetto di trovare ingiusto il rimprovero. L'autore non è un novellino del teatro: deve aver sentito quest'aria di famiglia fra i due tipi, e preveduto il facile rimprovero.
Se Camillo Antona-Traversi ha ultimato e presentato alle scene I Parassiti così come sono, significa ch'egli aveva la convinzione della diversità sostanziale fra i due tipi. E questa diversità, che esclude ogni puerile sospetto d'imitazione, esiste: è reale, come reale è la varietà infinita di tipi consimili nel mondo imbroglione della politica, della plutocrazia e della classe parassitaria in genere.
Se tutto ciò è sfruttato, io domando qual è l'ambiente, quale lo strato sociale, quali sono i tipi che non siano stati già sfruttati sulla scena, o nel romanzo? Se gli autori dovessero lasciarsi trattenere dal timore di una rassomiglianza nelle situazioni, o nei personaggi, con questa o quella commedia, evidentemente non scriverebbero più»[8].
[28]
***
Anche a Milano, del resto, trovai numerosi difensori, sopra tutto nel «pubblico, che accorse numeroso a udire e applaudire la commedia, così alla seconda replica[9], come alle altre»[10].
***
Le accuse, però, che — così a Roma, come a Milano — molti critici mossero all'atto secondo; e il giudizio che di esso diede sopra tutto il pubblico del Costanzi e quello del Manzoni, m'indussero, dopo matura riflessione, a fondere l'atto secondo nell'atto terzo, sì da dare maggior interesse all'azione e rendere più organica tutta la commedia.
E che ebbi non una, ma mille ragioni di così fare, non tardarono a provarmelo i lietissimi successi, venuti dopo, di Torino, di Firenze, di Genova, di Palermo, di Trieste, di Padova e di Parma.
I primi a darmi lode incondizionata della eseguita fusione, furono gli stessi critici romani, che pur avevano sì benignamente giudicata la prima edizione dei miei Parassiti.
[29]
Ho qui, sott'occhio, quanto ebbero a scrivere, allorquando — non più la Compagnia Leigheb-Reiter, ma la Compagnia V. Talli-Irma Grammatica-Oreste Calabresi — sempre sulla scena del Costanzi, ridiede il lavoro un anno dopo [luglio del 1900].
***
«La réprise dei Parassiti al Costanzi.
Per la bella commedia di Camillo Antona-Traversi si è rinnovato iersera il successo che già l'accompagnò l'anno passato, quando venne eseguita dalla Compagnia Leigheb-Reiter. Il lavoro è stato opportunamente ridotto in tre atti; e vi guadagna molto nella delineazione dei caratteri e nella orditura scenica. Calabresi fu anche questa volta un Don Gennaro Gaudenzi assai caratteristico, e meritò frequenti applausi. Piacquero pure la Galli, la Piperno-Marini, il Ruggeri, il De Antonio, il Rodolfi, la Vestri, la Garetti e il Giovannini per la felice macchietta del violinista Oswaigiaski»[11].
***
«La commedia di Camillo Antona-Traversi, Parassiti, ebbe ottimo successo quando fu rappresentata la prima volta, e anche al Costanzi. Iersera, quel successo è stato non solo riconfermato, ma notevolmente aumentato. La commedia da quattro ridotta in tre atti ha acquistato in nettezza e in efficacia; e più fortemente si rileva il personaggio del commendator don Gennaro Gaudenzi, che nasce da una osservazione sottile e precisa, [30] originalmente rispecchiata. Vi furono applausi a ogni atto, e chiamate al proscenio, al secondo atto, applausi e chiamate particolarmente clamorosi. Degli attori, da ricordare il Calabresi, don Gennaro, e la Galli»[12].
***
«Al Costanzi si rappresentò iersera la commedia Parassiti di C. Antona Traversi, che l'anno scorso sulle stesse scene ebbe lietissimo successo.
Il lavoro però fu oggetto di qualche critica dal solo lato della lunghezza, che nuoceva a tutto l'insieme dell'azione, e rendeva quasi scolorite le figure principali, e specialmente quella del protagonista.
L'autore, accogliendo le giuste osservazioni, ha rifatto qua e là la sua commedia di 4 atti, ed è riuscito, con la fusione di un atto nei tre ultimi, a dare una impronta più vigorosa, più viva, al carattere dei personaggi e all'ambiente.
Il giudizio del pubblico ha confermato splendidamente il successo, già riportato l'anno scorso: e tutti i pregi della produzione — pregi di fattura scenica, di pittura mirabile del protagonista dell'azione e delle altre figure apparvero nella migliore luce, anche per merito degli artisti della Compagnia Gramatica-Calabresi, che l'interpretarono egregiamente»[13].
[31]
***
«Un notevole successo ha avuto, da ultimo, la ripresa dei Parassiti di Camillo Antona-Traversi, opportunamente ridotti in tre atti.
Il lavoro è stato applaudito a tutti gli atti; ma più specialmente al secondo, nel quale la figura del protagonista scroccone e arruffone si delinea magistralmente[14].
L. R. Montecchi».
***
«Costanzi. — La forte commedia di Camillo Antona-Traversi, Parassiti, ebbe ieri sera, dal pubblico accorso al Costanzi, le feste più lusinghiere. La commedia fu data ridotta in tre atti; e l'azione così concentrata ha perduto qualche bella scena, ma ha guadagnato in efficacia. Il personaggio del commendatore Gaudenzi, magistralmente interpretato dal Calabresi, ha ritrovato il più entusiastico successo. Specie al secondo atto, gli applausi e le chiamate furono insistenti. Col Calabresi, meritarono le feste del pubblico la Galli, il Ruggeri e gli altri bravi compagni»[15].
[32]
Meglio tardi che mai!
A proposito dei «Parassiti» riveduti e corretti.
«La commedia di Camillo Antona-Traversi, che, rappresentata l'anno scorso al Costanzi, ebbe così solenne il battesimo del successo, riapparve a Roma sotto una nuova veste. La critica, rilevando tutti i grandi pregi del lavoro, trovò allora che l'azione rimaneva alquanto inceppata da un secondo atto, nel quale l'autore aveva descritto, con molta arguzia, una festa, con relativo sontuoso buffet e relativa audizione di un violinista celebre.
Il Traversi, anima di artista forte e coscienzioso, ascoltò i consigli benevoli dei giornali, e rimpastò il lavoro, riducendolo in tre atti. Tolse, per intiero, la festa, e presentò il violinista come una saporita macchietta di un russo, molto innamorato dell'arte sua... e della donna italiana.
La commedia, così ridotta, è davvero una delle più complete concezioni drammatiche, che siansi presentate sulle nostre scene in questi ultimi tempi.
Il tipo del parassita, che specula sui pubblici disastri; che trova in ogni disgrazia altrui una fortuna propria; che passa, attraverso la vita pubblica, strisciando dinanzi a tutti i potenti; componendo e scomponendo pseudo-comitati di beneficenza; giungendo, alla perfino, a speculare sul talento artistico della propria figlia, dopo essersi compiaciuto che il figlio avvocato sia divenuto un degno parassita pure lui; questo tipo così vero e così vissuto è trattato dal Traversi con tale mirabile efficacia e maestria, che lo spettatore rimane soggiogato.
[33]
Quel parassita è conosciuto: ognuno di noi l'ha visto qualche volta nella vita; l'ha incontrato in qualche pubblica riunione; l'ha visto agitarsi, muoversi sotto la larva della beneficenza.
E quel segretario, anima dell'anima del parassita, che tiene in perfetta regola i registri di tutti i disastri, di tutte le pubbliche calamità; e s'attacca, come un'ostrica, allo scoglio, ovunque subodora un guadagno, lecito o illecito, poco importa; sfruttatore nato di tutto il genere umano, copia volgare dal parassita maggiore, quel segretario è di una verità sorprendente.
E così il figlio del Gaudenzi, e così tutte le figure minori, che si agitano, in quel mondo speciale, intorno all'astro massimo: parassiti della carità, dell'arte, della bellezza, della bontà: di tutto!
Angelo delicato, fiore sbocciante nella vasta landa inseminata, appare la figlia del Gaudenzi, cui l'amore santo dell'arte dà la forza della ribellione.
E la scena nella quale la fanciulla sente l'anima sua in rivolta contro il miasmo che l'attornia; e, divincolandosi da esso, vuol aprire i polmoni per respirare aria pura, quella scena è veramente mirabile.
Il lavoro ha avuto successo grandissimo, incontrastato.
Il forte commediografo, l'instancabile lavoratore, può, vicino alle Rozeno, scrivere a lettere d'oro: Parassiti; chè questa commedia vale l'altra acclamata e premiata, corsa su tutti i teatri d'Italia, come manifestazione di un ingegno drammatico superiore.
Oreste Calabresi ha fatto del Gaudenzi la riproduzione di un tipo gustosissimo. Benissimo la Galli, il [34] Ruggeri, la Vestri, il Giovannini, d'Antonio, Ridolfi e tutti gli altri.
Liberati»[16].
***
All'Alfieri di Torino [29 dicembre 1899], la commedia così ridotta ottenne tutti i suffragi del pubblico e della critica e fa replicata per varie sere[17].
E Claudio Leigheb così scriveva a mio fratello Giannino:
Torino, 4 gennajo 1900.
«Carissimo Giannino,
Mi viene assicurato che tuo fratello Camillo non trovasi più a Bruxelles; quindi, mi rivolgo a te per pregarti di annunziargli che i suoi Parassiti, qui all'Alfieri, ebbero ottimo successo e questa sera si recitano per la terza volta.
Avvisai di ciò telegraficamente anche il Riccardi; ma, nella tema che non abbia potuto comunicare il buon esito a tuo fratello, lo annunzio anche a te, certo che non vorrai ritardargli questa consolazione. La stampa è stata unanime nel constatare il successo e ha avuto parola lusinghiera e di conforto per lui.
Salutalo tanto da parte mia e dei miei compagni, e digli che lo ricordiamo sempre con infinito piacere.
[35]
Inviandoti un affettuoso saluto, e facendo voti per il tuo prossimo trionfo al Manzoni, credimi sempre
tuo aff.mo C. Leigheb».
***
All'Arena Nazionale di Firenze [28 giugno 1900], gli applausi furono molti[18], e grande la soddisfazione di quei critici[19].
[36]
Luigi Süner, fraterna anima, mi scriveva:
4 luglio, 1900.
«Caro Camillo,
Con la tua commedia i Parassiti non hai diminuito la giusta fama di commediografo valente e studioso della società dei nostri tempi. L'agilità del dialogo e il movimento scenico, i quali mantengono incatenato il pubblico, lo attestano. L'organismo e l'originalità, non dico assoluta, perchè sarebbe impossibile, ma relativa, nulla lasciano a desiderare. Il tuo Commendatore, come carattere informato a satira, è tratteggiato con efficacia; e sono di parere che, come il Calabresi, gli attori di valore lo manterranno sulla scena. Non ti sembri poco. Nei particolari, mi riferisco agli articoli del «Corriere Italiano» e della «Settimana». In questo momento, lo scrivere mi costa molta fatica, perchè lo stato dell'animo mio tetro, a momenti a momenti irrequieto, non mi dà pace. Sarebbe sforzo inutile: tu mi hai capito e mi perdonerai la concisione. Lavora con tranquillità: tutti ti vogliono bene, e non è poco in un periodo d'indifferenza grande.
Ti abbraccia il sempre tuo
Luigi».
***
Anche al Paganini di Genova [30 gennajo 1901]; al Teatro Garibaldi di Padova [23 maggio 1900] e all'«Olympia» di Palermo [26 novembre 1900],[20] i successi lietissimi si rinnovarono e confermarono.
[37]
A Palermo, i Parassiti furono dati dalla Drammatica Compagnia della signora Italia Vitaliani, diretta da Carlo Duse, che fu un Gaudenzi di molta efficacia e di non comune valore.
Un'altra grande fortuna aspettava la mia commedia: quella d'aver a interprete Ferruccio Benini, il collaboratore maraviglioso di Carlo Goldoni, di Giacinto Gallina, di Riccardo Selvatico; uno dei maggiori attori del teatro contemporaneo.
***
Il Nobil Omo Vidal volle tradurre egli stesso la commedia nel suo bel vernacolo. Questa sua cara letterina me ne dava la lieta notizia da Fiesole:
«Carissimo Camillo,
Ho già cominciato la traduzione da me stesso: vale a dire, dettandola a un mio scritturato, che sta con me.
Il dialogo e l'indole dei personaggi sono facilmente traducibili in veneziano; e non fa d'uopo alcuna modificazione radicale.
Il titolo solo dà un po' da pensare, non essendo affatto veneziano; ma credo che, lasciandolo così, sarà la miglior cosa.
Una di queste sere Talli la rappresenta all'Arena Nazionale, e andrò a udirla: così mi sarà più facile porla in scena.
Resta inteso che — ove la commedia vada — non l'accordiate all'altra Compagnia veneziana!
Se faccio a tempo, la porrò in scena a Milano nel prossimo luglio: se no, sarà per la piazza successiva.
[38]
Grazie degli augurj, che ricambio di cuore, anche da parte di mia moglie.
Tutto vostro F. Benini».
Fiesole, 26-6-900.
Un dubbio, però, tormentava il Benini, che — come tutti i veri artisti — è sempre incontentabile: questo: — dovevasi, oppur no, nella riduzione veneta, conservare l'azione a Roma, anzichè porla a Venezia?
« — Ne parlai — ebbe egli a scrivermi, da Fiume, dove si trovava nell'agosto del 1900 — al comune amico professor Enrico Klinger. E gli esposi il dubbio che l'udire parlare dello Sgambati, della Scuola di Santa Cecilia e via discorrendo, potesse sembrar inopportuno in un ambiente veneziano; e che il tradurre testualmente il lavoro potesse dar luogo a un dialogo aspro, un po' slegato, mancante affatto di quella armonia arguta e naturale che è propria del dialetto. Ma il Klinger mi convinse col dirmi che non si poteva capovolgere i tipi, nè l'argomento, richiedendosi, a ciò fare, tempo maggior e fatica non lieve. Amo, non per tanto, rilevar anticipatamente tutto questo, per convincervi che, in tale stato di cose, la responsabilità del cimento, nel confronto, è maggiore; e, prima di azzardarla, voglio esser certo di non andar con la testa rotta».
***
Ma la prova scenica — che ebbe luogo, alla Fenice di Trieste, la sera del 21 gennajo 1901, anzichè far andare Ferruccio Benini con la testa rotta, lo fece andare con la testa gloriosa.
[39]
«Fui molto soddisfatto» — mi scrisse — dell'esito morale ottenuto realmente: e vi ripeto sono contentissimo della perfetta esecuzione della mia Compagnia. Parassiti si replicano questa sera, e domani domenica. Spero, inoltre, di dare una recita straordinaria a Gorizia; e mi lusingo debbano ottenere anche là buon successo. Ora, aspetto l'esito di Milano.... Colà lascerò il titolo: I cavalieri del dente; e, fra parentesi, Parassiti. Va bene? Però, non oso sperare egual sorte, inquantochè l'ambiente non è sostanzialmente veneziano, e la critica può rilevare facilmente lo sforzo.
Del resto, il lavoro è noto favorevolmente e io dovrò curare l'esecuzione e i confronti. Speriamo bene! E così pure a Torino e a Genova. — Attendo, ora, con vivo interesse, il vostro nuovo lavoro per me. Avete l'idea? Si può calcolare sull'ambiente? Pensateci bene, e fate presto presto presto! Ho sete di novità: sono un po' mummificato. Saluti affettuosi.
Vostro F. Benini».
Trieste, 26-1-901.
Teodoro Lovato, amministratore della Compagnia Benini, mi confermava il grande successo di Trieste con questa gentile letterina:
Trieste, 22 gennajo 1901
«Egregio amico,
Ieri sera, furono da noi rappresentati i Parassiti. Successo pieno: — dieci chiamate. Benini insuperabile. Tutti gli altri ottimamente. Esecuzione splendida.
Vi mando i quattro giornali italiani che stampano bellissimi articoli.
[40]
Sono ben felice di darvi la lieta notizia, e vedrete che, anche a Milano, nella ventura quaresima, a quel Teatro Filodrammatico, il successo sarà grandioso.
Dunque, abbiatevi le felicitazioni di tutta la Compagnia, e segnatamente quelle di Benini e le mie, alle quali aggiungiamo i più cordiali saluti e voti di felicità.
vostro aff.mo Teodoro Lovato».
La stampa triestina fu, in fatti, concorde nel dir molto bene della commedia, giudicata opera divertente, umana, vitale.
***
Anche al Reinach di Parma, e in altre città dove il Benini la diede, il successo lieto non si smentì mai.
***
La profezia di Luigi Capuana e di Francesco Pasta: — «Parassiti, siatene certo, faranno trionfalmente il giro di tutti i teatri d'Italia», non si avverò, disgraziatamente per me. Invano, io tempestai di lettere Oreste Calabresi, perchè, nelle nuove Compagnie da lui dirette e condotte, o in quelle nelle quali si era a mano a mano scritturato, volesse ridar vita e onore ai Parassiti, che gli avevano procacciato uno dei più grandi successi della sua gloriosa carriera d'artista[21], e che erano nuovi ancora per molte città.
[41]
Dall'amico caro e valoroso non m'ebbi che questa lettera, piuttosto sibillina, in data del diciassette aprile 1903:
«Mio carissimo Camillo,
Non ho risposto alla tua lettera, che accompagnava quella del dott. Buzzi, per la ragione che non avevo il tuo indirizzo. Ora che me lo dài, ti rispondo per assicurarti [42] del mio immutato affetto, e per dirti che puoi mandarmi tutto quello che vuoi, ben felice se potrò renderti un servizio.
[43]
In quanto ai tuoi Parassiti... Ma chi più di me sarebbe felice di rappresentarli? Ma è la fatalità che vuole che sia così, e non altrimenti[22].
[44]
Talli ti saluta affettuosissimamente; ma il tuo lavoro, per ora, non può metterlo in iscena per mancanza assoluta di tempo. Siamo pieni di novità: ne abbiamo fin troppe!
E ora, amico mio carissimo, un abbraccio dal sempre
tuo aff.mo O. Calabresi».
Se si mette questa lettera a riscontro con quella che il mio grande Gaudenzi mi scriveva, da Roma, il 30 luglio del 1899, è proprio il caso di esclamare: «mutano i saggi, secondo i tempi, i lor pensieri!»
«Affettuosissimo e caro amico,
Pel tramite del nostro Liberati, vi mando questa per ringraziarvi delle vostre espressioni così gentili a mio riguardo. Voi, carissimo, con quella amabilità che vi distingue, avete voluto ingrandire di troppo l'opera mia modestissima. Non feci che quello che avrebbe fatto qualunque altro attore che si fosse trovato al mio posto. Lasciate, invece, che io vi ringrazi profondamente per l'occasione che mi avete data di poter fare qualche cosa per Voi, così meritevole di conforto e di gioja. [45] Siano benedetti i vostri Parassiti, se hanno potuto alleviare le vostre pene: dal canto mio, vi prometto, credetelo, che farò di tutto perchè queste gioje vi siano date di frequente; e chi ne pioverà maggior soddisfazione sarà il vostro, sinceramente
O. Calabresi».
E con ciò, e dopo ciò, salute a te, amico lettore.
C. A. T.
[46]
Roma, 25 luglio.
(Sobrero). — Non è una critica della commedia applaudita iersera al Costanzi, che intendo scrivere. I lettori l'avranno, a suo tempo, dal nostro ottimo Cauda. Piuttosto, il lieto battesimo che l'ultimo novissimo lavoro del buon Camillo ha avuto dinanzi al pubblico romano mi suggerisce una serie di divagazioni e di aneddoti intorno al periodo di gestazione dei Parassiti, e alla veramente fraterna assistenza che, per la presentazione di essi all'intellettuale pubblico di ieri sera, ha prodigata il fratello dell'autore lontano, il simpatico Giannino, che da un mese delizia nojaltri vitajuoli di Aragno, non si sa più se co' fuochi di fila del suo spirito, o co' vertiginosi suoi giuochi di prestigio.
La coppia Antona-Traversi ha, da qualche tempo, preso amabilmente di mira la società romana.
Mentre Giannino poneva in iscena, nella Scuola del marito, un duca romano, che nega alla moglie le gioje della maternità, e dava alla sua bella commedia lo sfondo di Villa Borghese, della caccia alla volpe, ecc., Camillo intesseva le fila del dramma borghese dei Parassiti a base di Comitati nazionali per le inondazioni e di virtuose dell'Accademia di Santa Cecilia.
[47]
Nessuno dei due ha risparmiato verità piuttosto dure intorno all'ambiente romano. Ma a nessuno dei due venne fatto il viso arcigno dal pubblico — composto spesso degli stessi personaggi nominati nel lavoro; tanto che, iersera, mentre sul palcoscenico veniva fatto il nome dello Sgambati, questi, messo in curiosità, protendeva da un palco di prim'ordine la testa chiomata.
Nei Parassiti, specialmente, l'osservazione intorno a un certo mondo della capitale è piuttosto amara e le deduzioni severe. — Le forme di parassitismo vi si riscontrano multiformi e vanno dal commendatore Gaudenzi — un tipo che resterà; e a cui Calabresi, per una pura coincidenza causale, ha dato, truccandosi, una fisonomia alla Pasquale Billi — al figlio di lui, avvocato, che, separato dalla moglie, progetta di diventare cittadino americano per isposare una ricca cantante yankee, che capita nella casa di suo padre.
***
I campi d'azione di questo parassitismo — che d'altronde sussiste sotto tutte le latitudini civilizzate — sono tre.
Da prima, la formazione di un grande Comitato di soccorso per un'inondazione. Nel copione, il Comitato operava sul terremoto in Calabria. Ma la scossa del 19 luglio ha suggerito il mutamento. Questo Comitato, dunque, viene creato, si può dire, dal Gaudenzi, ex-artista fischiato ed ex impresario, padre di una pianista valentissima e sconosciuta. Naturalmente, gl'introiti delle sottoscrizioni vengono ingojati dai maneggioni del Comitato. Donde l'intervento della stampa, dimissioni, ecc., ecc.
[48]
Il secondo campo d'operazione consiste nell'accennata cantante americana, stonata quanto seducente, e per giunta ricchissima. Il Gaudenzi ne patrocina il debutto all'Argentina, il teatro dei salvataggi, come lo definisce, con una battuta applaudita, il Traversi.
Il debutto è preceduto da un ricevimento con banchetto pantagruelico in casa del Gaudenzi, e pagato dalla cantante, che, malgrado i danari seminati per via, viene fischiata. Lascia l'Italia ed è raggiunta dall'accennato figlio del Gaudenzi, che ne diventerà... l'avvocato.
Terza, e non ultima preda, dovrebbe essere un ingenuo giovanotto di ricca famiglia, che s'innamora della pianista figlia del Gaudenzi. Il matrimonio va in fumo alla vigilia delle nozze per le soperchierie del Commendatore. Tutto si aggiusta con la partecipazione della figlia a una grande tournée con un celebre violinista che se n'è innamorato. Il padre sarà il manager della tournée, col patto espresso... di non ingerirsi di amministrazione.
Nulla — come ambiente — di più verosimile e anche di più vero di tutto questo. Roma, col suo gigantesco roteamento di farfalle che vengono a bruciarsi le ali al lume della capitale, col suo esercito di affittacamere, col suo numero rilevante di spostati e di spostate, offre ben altri esemplari di parassiti. In fondo, il livello morale dei personaggi di questa novissima commedia non è che quello delle Rozeno, riprodotto però in modo meno sincero e spesso artificiale.
Quindi — mentre dal punto di vista artistico il merito del lavoro è costituito dalle stesse asperità di esso — dal punto di vista delle suscettibilità sociali, nulla c'è che possa compromettere — a Roma come altrove — il successo della commedia.
[49]
***
Ma il successo odierno ha una portata speciale, in quanto si riferisce al caso dolorosissimo dell'autore dei Parassiti, che furono scritti nella tristezza dell'esilio.
Tutti conoscono il cumulo di disgrazie — è la parola — piombate sul buon Camillo.
Ebbene, gli applausi di iersera e delle altre città d'Italia, leniranno il dolore del randagio scrittore, torturato più di tutto dalla forzata lontananza dall'Italia.
Non sono dunque applausi ordinarj quelli di iersera, poichè daranno coraggio al Traversi di rompere definitivamente il silenzio in cui si è mantenuto per quattro anni.
Tutti avranno riflettuto, iersera, che la moralizzatrice commedia è il prodotto di un temperamento fondamentalmente buono.
Quest'uomo, che ha seminato favori, prestiti, elogi esagerati o immeritati, raccogliendone indifferenza e ingratitudine; che, figlio di un milionario, stenta la vita all'estero, non ha neppure saputo serbar rancore al suo destino.
***
Egli che dovrebbe essere un pessimista feroce, che dovrebbe chiudere nel suo cuore un arsenale di odj; un vade-mecum delle bassezze di coloro che lo hanno sfruttato, abbandonandolo in seguito come un limone spremuto, ha conservato una specie d'indulgenza per il male, anche riproducendolo sotto le spoglie del commendator Gaudenzi.
[50]
È rimasto, in somma, l'ingenuo, il quale consegnava agli strozzini (che vedremo presto posti in allegra satira in un'altra commedia) il danaro, senza ritirare le cambiali relative; che abboccava agli scherzi piramidali degli amici che gli presentavano il primo viaggiatore di commercio venuto — come avvenne a Roma, da Felicetta — quale il pittore Michetti. Il Traversi credeva, e pubblicava nei giornali (precisamente in uno letterario di Torino) le idee sulla pittura dell'egregio venditore di cravatte, come intervista col primo pittore italiano!
Anzi, quanto stupisce si è che un uomo così facile a credere e a lasciarsi ingannare, riacquisti poi così lucide le facoltà critiche, da riprodurre, smascherandoli, ambienti complessi quali il mondo delle Rozeno e dei Parassiti.
Comunque, gli applausi di iersera sono, per quanto procede, anche una buona azione.
M'immagino quanto il telegramma, che gli amici gli hanno inviato, avrà stamane allargato il cuore al povero Camillo. Scommetto che se il lavoro si fosse rappresentato più vicino alla frontiera, nessuno avrebbe trattenuto l'autore dal venire di nascosto, romanticamente travestito, ad assistere, magari dal loggione, alla recita.
E il telegramma di stamane deve avergliene ricordati altri rimasti storici per i raccoglitori di aneddoti. Ne ricorderò — di aneddoti — due soli.
Il primo si riferisce alla rappresentazione di una nuova commedia del Traversi. Questi ne attendeva l'esito a Milano, al Caffè Manzoni, accanto al tipico Fulvio Fulgonio. Veniva telegrafato l'esito di ogni atto. S'incominciò con applausi, chiamate. Al quarto atto, il telegramma recava: — fischi e caduta del lavoro.
[51]
Camillo si disperava. Fulgonio, impassibile, commentò la notizia, dicendogli soltanto: Tuo padre (col quale, com'è noto, il Traversi è in dissidio) direbbe a questo punto: Qui riconosco veramente mio figlio!
L'altro ricordo si riferisce alla prima della Figlia di Nora a Torino. Traversi passeggiava nervoso per il Corso di Roma, insieme col critico di un giornale di Roma e il marchese di Sanfelice, autore a tempo perso, e del quale, appunto quella sera, si rappresentava una commedia a Trieste.
Anche il Sanfelice attendeva telegrammi. Il solo a riceverne era però Camillo, che, esultante, abbracciava... i cavalli delle botti.
Sanfelice, annuvolato, taceva. Soltanto di ora in ora usciva dal suo mutismo per sottoporre al critico una sua riflessione:
— Se — egli diceva — la tela fosse stata abbassata prima che finisse il primo o il secondo atto, avrei già avuto un telegramma. Vuol dire che il lavoro è andato alla fine. —
E si consolava dell'amarezza che gli produceva la gioja di Camillo.
Pur troppo, la gioja fu breve! Il domani il telegramma venne. La caduta era stata clamorosa.
Sono lontani — ahimè! — per il Traversi, quei tempi felici; come sono lontani i giorni fortunati in cui, inebriato dal successo dal suo piccolo capolavoro, firmava le sue innumerevoli lettere: Il fortunato autore delle «Rozeno»[23].
[52]
Dopo il silenzio infecondo di pochi anni, fra lo strazio intimo di tante angosce, ritorna, acclamato sulla scena, il nome di Camillo Antona-Traversi. E vi ritorna sotto la luce radiosa dell'autore drammatico che, presentando un nuovo lavoro, aggiunge un nuovo plauso alla sua fama di artista coscienzioso e geniale.
I Parassiti, che il pubblico di Roma ha così favorevolmente accolti, sono una commedia di ambiente; una di quelle commedie alle quali più amò dedicarsi Camillo Antona-Traversi, e dalle quali raccolse i suoi migliori successi. Ma essi sono, sopra tutto, uno sfogo, una protesta, un pianto dell'anima sua lacerata.
Con quel titolo, con quei caratteri, egli non ha voluto bollare soltanto una classe di vermi vivacchianti e ingrassantisi, con l'intrigo e con l'imbroglio, sulle ruine degli altri; ma, forse, ha, più che altro, voluto porre alla gogna della scena tutti quei Gaudenzi, commendatori o no, che gli hanno succhiato il danaro, la gloria, la pace dell'anima. Egli ha voluto, forse, che il pubblico — il gran giudice, il gran giustiziere — desse lui il voto supremo; e, fra il disgusto che quei personaggi gl'inspiravano, ripensasse all'autore della commedia, che quei personaggi aveva creati e che di quei personaggi era la vittima.
E il gran voto fu dato, nella sala del Costanzi, spontaneamente, solennemente! Poichè il pubblico, nella sua giusta ammirazione per l'artista, seppe vedere, oltre l'artista, l'uomo; oltre le scene di una commedia in quattro atti, le scene di un dramma umano vissuto [53] di tormenti e scritto di lacrime; e, plaudendo all'autore, riabilitare nella sua stima e richiamare al suo affetto l'esule dolente, condannato a pagare la perversità di molti parassiti con la felicità di tutta la sua esistenza!
Così dall'angusta platea del Costanzi passava al libero teatro del mondo, consolatore e rivendicatore, il verdetto del pubblico romano.
***
E io pure, come avran pensato tutti i fortunati che han potuto assistere alla festa dell'arte, per la prima rappresentazione dei Parassiti, io pure ho ripensato all'uomo.
Lo conobbi a Roma, credo nel 1892, presentatomi da Ermete Novelli. A Roma lo rividi, e lo ebbi poi amico premuroso, costante, affettuosissimo.
Poi, i casi tragici della vita lo portarono lontano, per il mondo. Animo squisito, egli aveva quella cortesia abituale nei modi che non è soltanto una vernice della educazione, ma che riflette le delicatezze spontanee del sentimento. Le noje che dal posto conquistatosi nell'arte gli venivano, sotto forme di richieste, di consigli, di manoscritti di giovani autori, d'interviste su lavori suoi, erano per lui una consolazione a cui forse avrebbe mal volentieri rinunziato. Perchè appunto questa era (e certo è tuttora) la grande caratteristica di Camillo Antona-Traversi: — vivere nell'arte e nella vita, quasi interamente per gli altri.
E vivere, così, quasi un'esistenza di fanciullo sognatore, come insospettoso del male e della tristizia dei suoi simili. Se un fatto di cronaca, se la rivelazione di qualche bruttura cadeva sotto i suoi occhi, ne restava più che disgustato, sorpreso; perchè, più che l'orrore, [54] aveva lo scetticismo del male. E quando la delusione veniva a sfrondare i suoi sogni di ottimista, scriveva le impressioni del suo disgusto senza violenze e senza attacchi.
Nell'arte sua, come nelle sue abitudini, evitava, quanto più gli era possibile, la nota personale. La società romana lo aveva sinistramente impressionato con le sue corruzioni, le sue onte, i suoi craks; ed egli la dipingeva con mano felice di riproduttore coscienzioso, e la poneva sulla scena. Così ha fatto anche nei Parassiti.
Più che dare un giudizio su questa classe di truffatori in guanti gialli, egli li ha offerti al pubblico tali quali sono: e se il pubblico trova che questi Parassiti della scena sono delle canaglie, o dei delinquenti, tanto peggio per i Parassiti della vita. Il pubblico, e non l'autore, li ha condannati!
Ma — nell'artista, come nell'uomo — sopra il disgusto per il male, ha vinto la compassione per l'infelicità. Pronto con la sua amicizia, col suo danaro, col suo cuore, a lenire una disgrazia, egli sentiva tutto lo strazio delle Rozeno, come piangeva — nei Fanciulli — tutte le lagrime dell'infanzia torturata.
***
E il nobile artista e il nobilissimo uomo dovevano — tra gli agguati di speculatori pronti a tutte le armi — lasciare tutto il sangue più puro del cuore e le illusioni più radiose dell'avvenire. Camillo Antona — Traversi manda alla patria, dai confini del mondo, ove i casi e gli eventi lo hanno sospinto, col suo nuovo lavoro, la sua ultima protesta.
E anche questa, come ogni cosa che partiva dall'animo [55] suo mite e gentile, è, rivestita delle forme dell'arte, un'opera buona.
Valga essa, secondo l'augurio del pubblico e della critica, a sciogliere l'oscuro nembo addensatosi sul suo capo, e a ritornarlo all'arte, alla famiglia, alla patria.
E, in tanto, a lui smarrito per le vie della terra, a lui anelante col pensiero e col cuore verso i lidi d'Italia, a lui giunga, messaggio d'amicizia e augurio di pace, il saluto dell'anima mia!
Francesco Bonavita[24].
[57]
PARASSITI
Commedia in tre atti.
Teatro Alfieri. — Comp.ª Reiter-Leigheb. — PARASSITI di Camillo Antona-Traversi.
Sono tipi vecchi, si è detto; ma veri e vivi, che tutti abbiamo incontrato e conosciamo... pur troppo! In questo appunto sta il merito e la potenza dell'autore e degl'interpreti — o, meglio, dell'interprete, chè il lavoro tutto e l'attenzione del pubblico sono concentrati sul sôr Gaudenzio Calabresi. — Altra sincera lode va all'Antona-Traversi per averci tolti dal solito eterno, stucchevole triangolo... vizioso dell'adulterio, riuscendo — ciò malgrado — a interessare e divertire.
Il plauso del pubblico, che saluta da varie sere il bel lavoro, gli sia di conforto per accingersi con maggior lena a nuove e forti opere. — Interprete sommo Oreste Calabresi. Degni di plauso la Zucchini e Leigheb. Bene Carini, la Leigheb e la Cristina.
[63]
[65]
[67]
L'azione ha luogo in Roma. — Tempo presente.
[69]
Salotto elegante di borghesi poveri, che ostentano un'apparenza di lusso, con mobili imitati dall'antico: — bozzetti, acquarelli e statuette di valore insignificante: — ricami fatti dalle donne di casa; oggetti orientali, ecc. — Nell'insieme, ambiente quasi signorile; ma senza nessun mobile, nè accessorio, di un valore commerciale che possa facilmente realizzarsi. — Piccolo lampadario artistico: scrivania elegante, sofà, poltrone, ecc.
SCENA FISSA.
Porta nel fondo, che comunica con altro «ambiente» praticabile [salotto da pranzo], a destra dello spettatore. — A sinistra, due porte.
[70]
All'alzar della tela, la scena è vuota. — S'ode un vivo contrasto di voci nell'interno. — A destra, la porta è spalancata con violenza. — Marianna, a traverso la porta, vuol impedire l'ingresso all'Usciere e ai suoi testimonj.
Marianna
(forte, protestando). — I padroni dormono... Non si entra!
Usciere
(spingendola con violenza). Noi si entra sempre!
Marianna
Per che fare?
Usciere
(tranquillo, ironico). — Per sequestrare.
Marianna
Sequestrare?!
[71]
Usciere
(guardando attorno). — Sì... quello che c'è di meno cattivo!... (indicando i mobili). Questo sofà... queste poltrone...
Marianna
Non sequestrerete nulla!
Usciere
(ironico) — Chi me lo impedirà?
Marianna
(c. s.) — Io!
Usciere
(ammiccando ai suoi uomini, che ridono). — Tu, carina?... Come ti chiami?
Marianna
Marianna...
Usciere
(galante) — Marianna!... Bel nome!... E poi...?
Marianna
(asciutta) — Marianna Bosi...
[72]
Usciere
(scrivendo) — Bosi... Sta bene...
Marianna
Che fate?
Usciere
(indicando il verbale) — Ti metto nel verbale.
Marianna
(con ira) — Il mio nome su quella cartaccia!?... Non voglio!
Usciere
(freddamente) — È già scritto...
Marianna
E io lo cancello!... (afferra d'impeto il «verbale» e sta per istrapparlo: — l'Usciere le si avventa contro, e glie lo toglie di mano).
Usciere
Tu scherzi, ragazza!... (agli uomini) — Afferratela!... (i due uomini afferrano Marianna, che [73] si dibatte per isvincolarsi) — E se fa la pazza — consegnatela alle guardie... (torna a scrivere).
Marianna
(gridando e dibattendosi) — Ajuto!
Usciere
Ribellione a un pubblico ufficiale... per impedire l'esecuzione della legge!?... Finirai in carcere, cara Marianna!... (tra sè, scrivendo) «Un canapè... quattro poltrone»....
Marianna
(gridando) — Ajuto!... Padrone!... Ajuto!
Gaudenzi
(si presenta sulla soglia della porta del primo piano a sinistra, in lunga veste da camera, berretto di seta con fiocco. — Ha l'aspetto rubicondo d'uomo soddisfatto e che ha ben dormito) — Che c'è?
[74]
Marianna
(c. s.) — Questi mascalzoni...
Gaudenzi
(agli uomini, con imperiosa severità) — Che cosa sono queste violenze!?
Usciere
(con sussiego) — Nojaltri... facciamo il nostro mestiere.
Gaudenzi
(c. s.) — Chi siete voi?
Usciere
(c. s.) — Giacomo Morandi, usciere.
Gaudenzi
(offeso, e con disprezzo) — Un usciere!... Chi vi manda?
Usciere
L'Esattoria Comunale... per la tassa di famiglia.
[75]
Gaudenzi
(c. s., riscaldandosi) — A me questa offesa?... Un usciere in casa mia!
Usciere
(offeso) — Le imbrattiamo forse il tappeto!?... Noi siamo...
Marianna
(pronta) — Dei villani!
Usciere
(severo) — Tu... smettila: è per tuo meglio!... (a Gaudenzi) Lei, poi, dovrebbe sapere che cos'è un usciere nel corso delle sue funzioni.
Gaudenzi
(bonario) — È un visitatore poco gradito.
Usciere
(asciutto) — Quando non si vuol vederlo... si paga!... È lei il Gaudenzi?
Gaudenzi
No!... Io sono il commend.re don Gennaro Gaudenzi... (sottolineando le parole). Il Sindaco... [76] il Prefetto... mi conoscono bene... (con superbia, ma gioviale). E, senza andar tanto in su, domandatene al vostro capo, al quale, per mia influenza, è stata data la Esattoria Comunale... E voi... che siete un usciere di quella Esattoria... non sapete chi sia... il comm.re don Gennaro Gaudenzi?
Usciere
(diventando umile e confuso) — Ah!... Lei è... Don Gennaro, il Commendatore... (ai due uomini, che lasciano andar Marianna). Lasciatela!... (a Gaudenzi). Scusi... Non sapevo... A noi... ci comandano... e...
Gaudenzi
(bonario) — E voi obbedite!... È giusto... ma c'è equivoco... Vediamo... (prende il foglio di mano dall'Usciere, e legge) «Tassa di famiglia del 1897... ottantadue lire....» (ridendo). Ah!... ah!... Passerò io all'Esattoria... Andate pure.... (fa per restituire la carta).
Usciere
(imbarazzato) — Ma io devo consegnare...
Gaudenzi
(indicando la carta) — Eh, avete questa sola, oggi?
[77]
Usciere
(mostrando il pacco) — Ne ho settanta!... C'è da camminare per una settimana.
Gaudenzi
Bene... mettete questa... in fondo... (gli toglie di mano il pacco, mette la carta per ultima; e, poi, lo restituisce). Così, prima di tornar a destinazione, sarà annullata.
Usciere
(interdetto) — Ma...
Gaudenzi
Capisco... il vostro disturbo... (alla moglie, che eseguisce). Dagli due lire... (all'Usciere). E se avete bisogno di qualche raccomandazione, venite pure a trovarmi.
Usciere
(confuso) — Grazie, signor Commendatore... (a Amalia, per andarsene). Scusi, signora!... (a Marianna). Scusate anche voi, bella ragazza!... (saluta con ossequio esagerato, imitato dai due uomini, ed esce).
[78]
Marianna
(accompagnandoli alla porta: — tra sè) — Sì, sì!... Basta che non ci rivediamo più!
Gaudenzi
(trionfante, a Marianna) — Hai visto?!
Marianna
L'ha voltato... da così a così!... (gesto analogo a Amalia, con entusiasmo). Non c'è che il padrone per mettere tutti a posto!... (ride). Bravo!
Gaudenzi
Ora che hai visto come si pagano le tasse, va a scaldarmi il caffè.
Marianna
Subito!... Oh, come l'ha intontito! (via, ridendo, dal fondo).
[79]
Amalia
(seria, agitata) — Tu ridi... di queste cose... e io ne sono ancora tutta sconvolta!
Gaudenzi
Ti agiti per un sequestro... evitato!... Eh, via!... Non è il primo!
Amalia
È proprio questo che m'inquieta... Non si è sicuri nemmeno di salvare questi quattro stracci... (indicando i mobili) che ci son costati tante pene.
Gaudenzi
Oh, Dio!... È la vicenda di tutti coloro che non hanno rendite fisse.
Amalia
(con calore) — Questa però l'hai proprio voluta tu!
[80]
Gaudenzi
Io!?... Come!
Amalia
Non hai impiego... non guadagni nulla!... Perchè vuoi pagare la tassa di famiglia?
Gaudenzi
Perchè... si paga in ragione di quello che si spende...
Amalia
E noi spendiamo diecimila lire all'anno!?
Gaudenzi
Ma posso io andare, su, in Municipio, a gridare: «Io non guadagno un soldo!... Non spendo del mio!... Sono un pezzente in redingote e cilindro!... Esentatemi dalla tassa di famiglia»?!
Amalia
(di malumore) — No; ma puoi dire: «riducetela al minimo: quattordici lire... perchè non posso pagare di più!»
[81]
Gaudenzi
Peggio che andar di notte!... (sottolineando le parole). A cantar miseria, scappano tutti!... Anzi, quando parlai di questa tassa con l'Assessore, gli dissi, ridendo: «io dovrei denunziare trentamila lire di guadagno; ma la verità mi costerebbe troppo»; e lui, sorridendo, m'ha risposto: «dite una bugia e vi tasseremo per la metà»... E la bugia l'ho detta... (ride) ma a rovescio.
Amalia
Pagare una tassa che non si deve... per farsi credere ricchi... è una vera pazzia!
Gaudenzi
Non è pazzia: è saggezza... politica!... Nessun avvocato-commendatore... paga meno!
Amalia
(scattando) — Ma tu non sei nè commendatore, nè avvocato!
Gaudenzi
(bonario) — Se anche tu lo gridassi sui tetti... nessuno ti crederebbe!... (ride). Sono oramai venti anni che tutti mi chiamano «l'Avvocato-commendatore [82] Gennaro Gaudenzi»!... Possesso... vale titolo!... In somma, tu non hai voluto capire che questa polvere negli occhi della gente... questa apparenza di agiatezza... (dando uno sguardo attorno) ci sono necessarj per guadagnare da vivere... Se son riuscito a combinare cento affari utili... e tenermi a galla... è perchè sembro... qualche cosa... e rappresento uno degli ingranaggi indispensabili di questa grande macchina sociale, che ha per forza motrice il tornaconto dei singoli individui... Chi s'ingegna... vive!
Amalia
Ma, per ingegnarti... come tu dici... osi troppo... e io sto in continua paura.
Gaudenzi
Paura di che!... Rubo, forse?... Faccio del male alla gente?... Oh, Dio!, dico qualche bugia... per far piacere agli altri... senza nuocere a me... e, più spesso, per far piacere a me... senza nuocere agli altri... È la mia specialità... In altri tempi, un uomo come me... col mio ingegno pronto e gioviale... sarebbe diventato, in una Corte, il braccio destro di qualche Principe... o di qualche Cardinale... Ma i Principi... e le Principesse dell'oggi... che vuoi farci?... sono i tenori... le prime-donne... e gli uomini [83] politici... e bisogna bene adattarsi a questi nuovi potentati... Per lo più... è vero... sono tutt'altro che munificenti: però, ogni tanto, uno su cento... se ne trova.
Amalia
(timidamente) — A me... quelli che fanno terrore sono i Comitati per feste di beneficenza nei quali ti metti... I giornali ti accusano sempre d'imbrogliar i conti... per farti la tua parte.
Gaudenzi
E io li lascio strillare!... È il loro mestiere, e continuo a fare il mio!... Del resto, le spese sono tutte controllate, e i miei conti tornano sempre... Non pretenderai, già, che... oltre il tempo e la fatica... ci rimetta di saccoccia!?
Amalia
(sorridendo) — Non ti sarebbe possibile!
Gaudenzi
Precisamente!... Sono un galantuomo, io!
Amalia
(c. s.) — In sostanza, un interesse ce l'hai!
[84]
Gaudenzi
(con calore) — Tutti quelli che prendono una iniziativa... hanno un interesse: è la molla della società... cioè, d'ogni progresso civile... Che importa se uno ha lavorato per la croce di cavaliere, e l'altro per guadagnar mille lire... quando il loro lavoro ha fruttato centomila lire agl'infelici!... Ti pare più onesto lasciarli... morir d'inedia... aspettando l'iniziativa dei disinteressati?... (con enfasi comica) Oh, i Comitati di beneficenza!... Il tutto per uno... e l'uno per tutti in azione... Ecco la vera trovata umanitaria del nostro secolo, che ritarda la rivoluzione sociale!... (mutando tono: — con grande sincerità e naturalezza). Il male si è che adesso non abbiamo in vista nessuna grande sciagura da soccorrere... e che siamo in troppi ad apprezzare il valore di questa trovata!
Amalia
(sorridendo: — per rientrare nella sua stanza) — Hai una risposta a tutto... Basta!... Io rimpiango sempre il bel tempo in cui eri segretario comunale al mio paese.
Gaudenzi
Con 110.96... di stipendio!
[85]
Amalia
Per noi, bastavano... Come eravamo tranquilli, allora!
Gaudenzi
La tranquillità della noja!... Dopo aver cantato sulle prime scene del mondo... i comprimarj... sì... ma quando i comprimarj valevano dieci tenori-primi d'oggigiorno: dopo aver fatto l'Impresario in cento teatri: dopo una vita così mossa... anche a me... quel posto, in un cantuccio, era piaciuto, perchè avevo bisogno di riposo... Ma poi!... E quando i figliuoli divennero grandi... bisognava pur pensare alla loro educazione... cosa impossibile in un villaggio!
Amalia
Eh, li avremmo educati alla meglio!
Gaudenzi
(con orgoglio) — Quanto dire che il tuo Alfredo non sarebbe oggi avvocato... perchè lui ce l'ha proprio la laurea!
Amalia
Che gli giova, se non guadagna nulla... e vive alle spalle della moglie!
[86]
Gaudenzi
Finirà per guadagnare!... D'ingegno non manca... (con orgoglio paterno). Tutto suo padre!
Amalia
Ma non ha il tuo carattere... Fa soffrire la povera Ida!
Gaudenzi
È lei che è isterica!... Una sarta, che ha avuto la fortuna di sposare un avvocato... dovrebbe chiamarsi superba di fare dei sacrificj per lui... Quando Alfredo sarà un luminare del foro...
Amalia
(lusingata dall'amor proprio di madre) — Tu credi che arriverà a qualche cosa?
Gaudenzi
(con calore e convinzione) — Alfredo!... A trent'anni, sarà deputato... e, poi, chi sa che non lo vediamo ministro?
[87]
Amalia
(poco persuasa) — Basterebbe che avesse un piccolo impiego...
Gaudenzi
E Rina, senza la tua smania di darle marito, che artista diventerebbe!... Tra un mese, avrà il suo bravo diploma di pianista... È la miglior alunna uscita dalla scuola dello Sgambati... E non son io che lo dico!
Amalia
Sì... ma non trova lezioni.
Gaudenzi
Le lezioni verranno!
Amalia
Tu... t'illudi sempre!
Gaudenzi
E tu... vedi tutto nero... Dio, che donna!... Ad ascoltarti, si perderebbe ogni coraggio!... (con calore). La vita è una lotta continua; e... come alla guerra... è inutile dar battaglia, se non si ha fede nella vittoria!
[88]
Marianna
(sulla porta del fondo) — La colazione è pronta!
Gaudenzi
Oh, brava!... (per andarsene). Ci sono i crostini col burro?
Marianna
Arrostiti... come piacciono a lei.
Gaudenzi
Benissimo!... (a Amalia) Fin tanto che, la mattina, c'è caffè... burro... e crostini... la vita non è così brutta, come si crede!... (via, dal fondo).
Marianna
(ridendo) — Sempre allegro il padrone! (per seguirlo).
Amalia
(seria) — Aspetta!... A che ora è uscita Rina?
[89]
Marianna
Alle sette.
Amalia
Sola?
Marianna
No... Con la figlia della vicina.
Amalia
(di malumore) — Bice?
Marianna
Sì, signora!
Amalia
(c. s.) — Dove sono andate?
Marianna
(incredula) — Hanno detto che andavano al Liceo.
Amalia
(c. s.) — Sta bene!... (mutando tono). Devi far la spesa...
[90]
Marianna
(con disappunto) — Ora?... Ma se devo servire il signore...
Amalia
(sottolineando le parole) — Non ha bisogno di nulla!... Se chiamerà, anderò io!
Marianna
Che devo prendere?
Amalia
Il solito!... (le dà dei danari). Mezzo chilo di carne... della verdura... un po' di frutti... e quello che ti serve in cucina.
Marianna
(c. s.) — Non mi serve nulla!
Amalia
Tanto meglio!... E fa presto!
Marianna
(per uscire, a destra, dalla comune, dopo che ha aperto) — Sua nuora... (via).
[91]
Ida
(entra in iscena molto agitata, — È vestita elegantemente, con gusto semplice e severo).
Amalia
Oh, Ida!... Brava!... È una settimana che non ti si vede e che non mi porti il bambino... (accorgendosi che Ida ha la faccia sconvolta e che non l'abbraccia). Ebbene... che hai?
Ida
Ho che... questa volta... sono decisa!
Amalia
A che cosa?
Ida
A non volerne più sapere di suo figlio!
[92]
Amalia
Via!... Un'altra scenata fra voi... Ho capito!... Ma ne avete avute tante... e, poi, grazie a Dio... com'era naturale...
Ida
Questa volta... non sarà come le altre volte!
Amalia
Ma... che è accaduto?
Ida
Due settimane fa avevo riscosso circa trecento lire, che tenevo in serbo per pagar oggi la pigione... Ebbene, Alfredo me le ha portate via...
Amalia
Cioè...
Ida
Cioè... niente!... È riuscito... per caso... a sapere dove le avevo messe, e le ha prese.
Amalia
Oh!
[93]
Ida
Quando me ne sono accorta... può immaginare!... Ma lei sa com'egli sia prepotente... Ha cominciato col dire che il padrone di casa è lui... e che lui ne aveva avuto bisogno per prestarle a un amico... per salvarlo da un colpo di testa... giurando e spergiurando... che... tra cinque o sei giorni... le avrebbe riavute... e me le avrebbe ridate per la pigione... I cinque... o sei giorni... son passati due volte... e oggi io devo pagare... altrimenti, il padrone mi fa gli atti... e il mio commercio è rovinato.
Amalia
E lui?
Ida
Quando glie n'ho parlato, m'ha fatto una scenata da far correre i vicini... m'ha coperta d'insulti in presenza di tutti... e, poi, è uscito di casa... e non s'è più visto!
Amalia
(addolorata: — sincera) — Oh, ma io non sapevo!... Qui, non ha detto niente...
[94]
Ida
Naturale!... È chiaro che vuol romperla con me... perchè capisce che la cuccagna è finita... Vedrà che non sbaglio!... Avrà qualche idea in testa!... Oh, se l'ha!... Tanto meglio!... Ho detto che, sta volta, sono decisa a finirla anch'io!... Dunque, siamo d'accordo!... Lui vada per la sua strada... io... per la mia!... Quando si fa una vita come la sua... senza lavorare... ce ne vogliono troppi!... A vivere... io e il bambino... ci penserò io!... Lui pensi alle sue... cocottes... o a quello che ha per la testa... di nuovo!
Amalia
Ma che vuoi che abbia!... Vedi, Ida... tu hai ragione... sì, mille ragioni in fondo... ma quello che ti fa torto... sono quei continui sospetti... quelle continue gelosie.
Ida
No... no!... Già... lei è sua madre... e... capisco... non può ammettere che tutti i torti siano suoi... Ma, a parte quello che lei chiama... «le mie gelosie»... e che sono fatti... di cui potrebbero darle tutti cento prove... oggi... vedrà... c'è qualche cosa di nuovo!
[95]
Amalia
Ma perchè... ma perchè?
Ida
Perchè... per quanto io sia imbecille... ho capito sempre che... per l'interesse almeno... egli non voleva romperla con me, finora... Altre volte, m'ha fatto delle scene... ma come questa volta, no!... Dopo un'ora... per interesse almeno... tornava sempre!... Oggi, no!... Vuole che le dica?: ha capito ch'io non ne avevo più... e, forse, ha messo gli occhi addosso a qualche altra... stupida... per offrirle il mio posto.
Amalia
Ida, per carità!
Alfredo
(è vestito con signorile eleganza: — entra gajo; e, vedendo Ida, diventa di cattivo umore) — Che fai qui?... Sei venuta a annojare la mamma con le tue gelosie?
[96]
Ida
(con veemenza nevrotica) — Sono venuta a dirle la bell'azione che tu mi hai fatto... dopo tutte le altre!
Alfredo
E io ti dico che sei una pazza, capisci?
Ida
Una pazza?... Sì, è vero!... Pazza, quando ti ho sposato: pazza, per sopportarti per due anni... in cui me ne hai fatte vedere di tutti i colori... Tu non facevi che umiliarmi davanti alla gente... e io tacevo!... Tu mi lasciavi in casa a lavorare come una martire... e andavi fuori con le tue amanti... e io piangevo!... Tu pigliavi i miei danari e ti vergognavi di condurmi in giro con te... perchè io sono una sarta... e... il gran signore... l'aristocratico... non voleva incontrarsi con le grandi dame... avendo al braccio quella che vestiva loro... e lui!... (con crescente parossismo). Oh, non lo sapevi che ero una sarta, quando mi facevi la corte!?... Sì... sì!... Ma... bada... ora sono guarita dalla mia pazzia.... Sono stanca di questa vita!... Tu... va dove vuoi... fa quello che ti pare... Io non intendo di rovinarmi la salute [97] per te!... Quando ero sola, avevo più danaro che non m'occorresse... Non ho nessun obbligo di mantenerti, io!... Dunque, separiamoci da buoni amici... Te lo dico, senza collera, davanti a tua madre... È molto meglio così!... Ti manderò qui la tua roba... e, agl'impicci miei, ci penserò io!
Alfredo
(freddo) — Se aspetti ch'io venga a cercarti... aspetterai un pezzo!
Ida
(a Amalia) — Ha sentito?... È la prima volta, almeno, che siamo d'accordo!... Meglio così!... A rivederla! (esce, convulsa).
Amalia
(severa) — Alfredo, non dovevi trattarla in quel modo!... Ida ha ragione... E tu, invece d'irritarla, avresti dovuto cercar con lei il modo di togliervi d'imbarazzo.
[98]
Alfredo
Ma che imbarazzo!... Non avrebbe che a chiedere un acconto a qualche sua cliente delle più ricche... e tutto sarebbe accomodato!... Fa così... perchè... perchè sono stato uno sciocco, io, a credere che una donna volgare come lei... sarebbe stata capace di capire la nostra condizione!... Che cosa le domando, in fin dei conti?... Le domando quello che marito e moglie hanno tutto il diritto di esigere reciprocamente... cioè, di ajutarsi a vicenda.... Ebbene, oggi lei doveva ajutar me col suo commercio: domani, quando io avrò uno stato, sarebbe toccato a me...
Amalia
Va bene... ma, in tanto, capirai!... Ida ha tutti i pesi... e tu... certe volte... con certe tue relazioni...
Alfredo
Ah!, scusa... ma, adesso, io non sono più un fanciullo per farmi delle prediche!... Sono un uomo, perdio!... E, per aprirmi una strada in società... devo pure assoggettarmi a certe esigenze... a certi contatti... a certe apparenze...
[99]
Amalia
(irritata) — Già... sempre l'apparenza!... Siete fatti così vojaltri!... (con rimprovero accentuato). E non ti basta di chiederle il danaro per te... anche per gli amici!
Alfredo
Che amici!?... È una favola!... Il danaro l'ho dato al babbo.
Amalia
A lui!?... (con dolore sincero) Ogni giorno, una brutta novità... Povera Ida!... Che pasticci!... E si va sempre peggio! (con angoscia).
Alfredo
Eh via, mamma, non disperarti!... Anzi, è meglio così!... Anzi tutto, a questo mondo, le posizioni nette sono le preferibili... Con Ida ci divideremo da buoni amici... Vedrai... Metterò io di mezzo persone che accomoderanno tutto!... Al punto in cui sono le cose... anche la mia dignità!... Lei resta libera... e anch'io!... Sono giovane, perdio!... La gioventù passa presto... e io non voglio... non posso... sciuparla per una donna... che avrà tutte le belle qualità... [100] non lo nego... ma che, in somma, non mi capisce.
Amalia
(come ricordando le parole di Ida circa il «qualche cosa di nuovo» che deve aver in mente Alfredo) — Ah!
Gaudenzi
(con aria soddisfatta) — Adesso, sto meglio!... (vedendo Alfredo). Sei qui?
Alfredo
(gajo) — Miss Emma Stower arriva tra un'ora.
Gaudenzi
(con giubilo) — Oh, che grande... che eccellente notizia!
Alfredo
Mi ha telegrafato da Genova... Vado alla stazione... Vieni anche tu... o ti presento più tardi?
[101]
Gaudenzi
(per entrar nella sua camera e per andare a vestirsi) — Vengo alla stazione!
Amalia
Chi è Miss Stower?
Gaudenzi
Una cantante celebre...
Alfredo
(ridendo)... che non ha mai cantato!
Gaudenzi
È milionaria...
Alfredo
(serio) — Autentica!
Amalia
Come la conoscete?
[102]
Gaudenzi
Ecco: io non l'ho mai vista... eppure, figurati... posso dire di averla conosciuta... prima che nascesse!
Amalia
Che indovinello è questo!
Gaudenzi
Te lo spiego subito!... Quando ho cantato in America, in una tournée con la Patti... il manager era, certo signor Jones Stower, il quale s'innamorò della seconda donna... la Favretti... e la sposò... Così è nata Miss Emma... la quale, rimasta orfana di madre e di padre... ricca... con quel sangue di teatro italiano e d'iniziativa americana nelle vene... si mise in capo di venir in Italia a studiare il bel canto... Siccome il vecchio Stower era sempre rimasto in relazione d'affari con me per qualche scrittura... così... anche per qualche ricordo che serbava di me la madre... la giovinetta, quando fu al Conservatorio di Milano, mi scrisse della sua venuta, pregandomi di procurarle qualche commendatizia.
[103]
Alfredo
Allora, io ero a Milano a far pratica... e mi presentai a lei con una lettera del babbo... È una signorina molto seria... molto istruita... una vera americana... E come parla bene italiano!
Gaudenzi
(si toglie la veste da camera: — Amalia gli dà l'abito: — vestendosi) — Sfido, io!... La povera Favretti era una fiorentina puro sangue... Sicchè, fin da bambina, se Miss Emma volle parlare con sua madre, bisognò che parlasse italiano... (a Alfredo). Dove alloggerà?
Alfredo
(mostrando il dispaccio) — Telegrafa: «Trovatemi piccolo appartamento».
Gaudenzi
Bisogna cercarlo subito.
Alfredo
Ma all'albergo... credo... starebbe meglio.
[104]
Gaudenzi
(come colpito da un'idea) — Ma no!... Si vede che preferisce una casa privata... magari una pensione di famiglia.
Alfredo
Sentiremo... e, in tal caso, cercheremo con lei.
Gaudenzi
(c. s.) — È già trovata!... Portiamola qui.
Alfredo
(sorpreso) — Qui?!
Gaudenzi
Sì!... Le daremo noi alloggio e pensione... spenderà la metà... e... per noi... sarà una risorsa... (a Amalia) Non è vero?
Amalia
Certo!
Gaudenzi
(gajo) — Dodici... o quindici... lirette al giorno... potrà sempre pagarle.
[105]
Alfredo
Qui!?... Dove la metti?
Gaudenzi
Nella camera di Rina... È bellissima... ha il suo gabinetto da toilette... Le daremo anche il salottino da lavoro... questa sala...
Amalia
(approva col capo).
Alfredo
(ridendo) — Tutta la casa!
Gaudenzi
(serio) — Purchè vengano danari!
Amalia
(con vivacità) — Sì... sì!
Alfredo
(per nulla persuaso) — Rina... non vorrà... e, poi, no... no!... È più libera all'albergo... La tua idea non mi va!
[106]
Gaudenzi
Eppure, ha il suo lato buono...
Alfredo
(ridendo) — Per te!
Gaudenzi
(con intenzione) — Per tutti!... Appena fiuteranno la milionaria... cento parassiti le si metteranno dattorno... All'albergo, ti sarà impossibile di sottrarla alla influenza dei soliti sfruttatori... (rincalzando) Qui... conoscerà solo le persone presentate da noi... (sottolineando le parole) i nostri amici...
Alfredo
(che ha riflettuto) — Hai ragione!
Amalia
Ecco Rina!
[107]
Rina
(è vestita in elegante «toilette» primaverile: — entra in iscena tenendo sotto il braccio Bice, che veste più modestamente, ma non senza eleganza: — corre da Gaudenzi e lo bacia con gajezza) — Buon giorno!... (saluti tra Bice e gli altri).
Gaudenzi
Giungi a proposito... Ho bisogno...
Rina
(ridendo) — Di quattrini?... Anch'io, babbo!... Devo comperar della musica.
Gaudenzi
A questo ci penseremo!... Ora, si tratta di cose serie.
Rina
(gaja) — Più serie di Beethoven?
[108]
Gaudenzi
Ho bisogno di... regalarti un bell'abito nuovo per il giorno degli esami.
Rina
(con entusiasmo) — Oh, che splendida idea!... Ma dici sul serio!... Hai vinto al lotto?
Gaudenzi
No!... ma, in cambio dell'abito, io voglio...
Rina
(c. s.) — Ahi!... ahi!... Che cosa?
Gaudenzi
La tua camera... per qualche settimana.
Rina
(facendosi seria) — Per che farne?
Gaudenzi
Per affittarla...
[109]
Rina
(ridendo) — A un altro principe russo... che, poi, mi sposerà... come quello dell'anno scorso?
Gaudenzi
No!... A una signora.
Rina
(con grande vivacità) — A una donna?... No... no... mai... mai!
Gaudenzi
Americana... molto ricca.
Rina
(c. s.) — Donne?... No... ti ripeto!... (a Amalia). Lo senti, mamma?... Vuol mettere in casa delle donne!
Amalia
Se è una signora per bene...
Rina
(risoluta) — Per bene... o per male... donne, no! (per entrar nella sua camera).
[110]
Gaudenzi
(impazientito) — Senti, Rina...
Rina
(c. s.) — No... no!
Alfredo
(a Gaudenzi) — Te l'ho detto, io!... (con occhiata d'intelligenza a Rina, non continuando il proprio pensiero).
Rina
(a Alfredo) — Che hai detto, tu?
Alfredo
Che avresti detto di no!
Rina
(fredda e asciutta) — Ci voleva poco ingegno a indovinare!
Alfredo
(c. s.) — Del resto, ero contrario anch'io!
[111]
Rina
(sorpresa) — Perchè?
Alfredo
Perchè starà meglio all'albergo... (a Gaudenzi). Andiamo...? (azione. — Alfredo vorrebbe andarsene: — Gaudenzi indugia, sperando di persuadere Rina: — Rina è titubante, desiderosa di contrariar Alfredo: — Bice la invita, con lo sguardo, a resistere; Amalia a cedere).
Rina
(a Gaudenzi) — Che signora è?
Gaudenzi
Una celebre cantante americana, che esordirà all'Argentina.
Rina
(c. s.) — Ti preme assai di darle alloggio in casa?
Gaudenzi
Sì!
[112]
Rina
È giovane!
Gaudenzi
Giovane... simpatica... Sarà per te una buona amica... L'accompagnerai al pianoforte... le farai veder Roma... e lei ti condurrà a teatro.
Rina
(a Amalia) — Mamma, che ne dici?
Amalia
Io sono contenta.
Alfredo
(per andarsene) — E io la conduco all'albergo...
Rina
(a Alfredo) — Un momento!... Lasciami riflettere.
Alfredo
Sta a vedere adesso, che, per far dispetto a me, glie la dài la camera!
[113]
Rina
Non per far dispetto a te... ma per far piacere agli altri.
Gaudenzi
(con gioja) — Davvero?
Rina
(risoluta) — Sì!... Prendila pure... Io dormirò nel camerino giù in fondo... ma ricordati la promessa...
Gaudenzi
Promessa è debito...
Rina
(ridendo) — Ahi!... Allora...
Gaudenzi
(gajo) — Birichina!... (a Amalia). Dammi il cappello... e il bastone.
Alfredo
(guardando l'ora) — Si fa tardi...
[114]
Gaudenzi
Eccomi! (per andar via con Alfredo).
Amalia
(a Rina) — Noi andiamo a preparar la camera.
Rina
(a Bice) — Vieni anche tu... Mi ajuterai a portar via la roba... (Amalia, Bice e Mina escono dalla seconda porta a sinistra: — Alfredo e Gaudenzi si avviano per la porta di destra: — sulla soglia, Naldini li ferma).
Naldini
(sulla soglia) — Alto là!
Gaudenzi
Che c'è?
Naldini
(entrando trionfante) — Una grande notizia!
[115]
Gaudenzi
(con giubilo) — Un'altra!?
Naldini
(con orgoglio e con gioja) — Un terremoto autentico... duecento case crollate... seimila persone senza tetto... parecchie vittime... Non manca nulla!
Gaudenzi
È sicura?
Naldini
(c. s.) — Per quanto provvenga dalla Stefani, è proprio vera!... Ne ho avuto la conferma al Ministero degl'Interni... (mostra il foglietto volante).
Gaudenzi
Allora, bisogna provvedere...
Naldini
E subito!
[116]
Alfredo
(impaziente) — Il treno arriva... Andiamo!
Naldini
(sorpreso, a Gaudenzi) — Uscite?
Gaudenzi
No... no!... (a Alfredo). Va tu alla stazione: io ti attendo qui.
Alfredo
Che avete da fare?
Naldini
Il Comitato...
Alfredo
Lo farete dopo.
Naldini
No... no!... In queste cose, un'ora di ritardo... è peggio d'un terremoto!
[117]
Gaudenzi
Ha ragione!
Alfredo
Allora, vado! (via).
Gaudenzi
E noi... al lavoro!... (indicando uno stipo). Là... c'è carta... penne...
Naldini
(prendendo l'occorrente per iscrivere) — I resti... dell'ultimo Comitato... (ride).
Gaudenzi
Io non butto via niente!... (Naldini si mette allo scrittojo, pronto a scrivere: — Gaudenzi si leva il cappello e passeggia per la sala, concentrandosi).
Naldini
(osservando un timbro) — Anche il timbro: «Comitato di Beneficenza»!
[118]
Gaudenzi
È il più necessario... e serve per tutte le occasioni... (dopo d'aver riflettuto). Prima di tutto, il presidente.... Chi facciamo?
Naldini
Il principe di Castrovetero...
Gaudenzi
Sempre lui!
Naldini
Si è certi che accetta!... Non è buono a nulla... ma ha un bel nome... dei sigari eccellenti...
Gaudenzi
Non sa dire una parola!
Naldini
È quel che ci vuole!... Così... parliamo sempre noi.
[119]
Gaudenzi
L'osservazione è giusta... (serio) Sta volta... per altro... bisogna invitarlo con una certa solennità.
Naldini
S'intende!... Il disastro è di quelli co' fiocchi.... Lo inviteremo a nome della intiera cittadinanza.
Gaudenzi
No!... Bastano i soliti cospicui cittadini... per firmare la lettera... Scriva... (dettando). «Signor Principe»...
Naldini
(scrivendo) — «Signor Principe»....
Gaudenzi
(sempre dettando) — «I sottoscritti, profondamente commossi dall'orribile disastro che ha colpito gli abitanti di...» (interrompendosi). Dov'è avvenuto il disastro?
[120]
Naldini
(dopo aver consultato il dispaccio della «Stefani») — A Monteleone...
Gaudenzi
(tornando a dettare) «... gli abitanti di Monteleone, fanno appello al suo alto spirito di carità... e la pregano vivamente di voler prendere l'iniziativa di un Comitato Romano per soccorrere i nostri fratelli...» (interrompendosi). In che provincia è Monteleone?
Naldini
Mi par nel Veneto...
Gaudenzi
Non è in Lombardia?
Naldini
Chi lo sa!?
Gaudenzi
(imbarazzato) — Credo che ci siano diversi Monteleoni...
[121]
Naldini
Il dispaccio dice semplicemente «Monteleone»... Ripeta anche lei così.
Gaudenzi
Vorrei citar la provincia...
Naldini
Metta Calabria.... I terremoti buoni... ci vengono sempre di là!
Gaudenzi
(c. s., dettando) «.... i nostri infelici fratelli della Calabria.... Certi che, per l'onore di Roma, Ella vorrà assumere la nobile iniziativa, si mettono a sua disposizione... per coadiuvarla nel benefico intento.... Con ossequio...».
Naldini
(scrivendo) — «Con ossequio...». È fatto!
Gaudenzi
(fregandosi le mani) — Benissimo!... Basta così!... Ora, io faccio una corsa da Aragno... da Singer, al Colonna... per le firme.... In tanto, [122] lei prepari le lettere d'invito... a nome del Principe.
Naldini
(per prendere appunti) — E come scrivo?
Gaudenzi
(impaziente di far presto) — C'è la formula solita... Prenda la cartella «terremoti».... Dev'essere la terza.
Naldini
(va a prendere la cartella) — E con la stampa?
Gaudenzi
Un comunicato subito... ma... badiamo... redatto con prudenza... nel quale sia nominato solo il Principe con calde parole d'encomio.
Naldini
(sorridendo) — Il Principe... e il comm.re Gaudenzi!
Gaudenzi
No... no, per carità!... Nè il mio nome... nè il suo!... Restiamo nell'ombra... È molto meglio!... [123] (per andarsene; poi, ritornando). Anzi, nel comunicato, metta: «Il principe di Castrovetero, riparando all'errore commesso da altri nella composizione di Comitati di Beneficenza, chiamerà a farne parte i più autorevoli rappresentanti della stampa romana».
Naldini
(atterrito) — Mettere, nel Comitato, i giornalisti!
Gaudenzi
(con sorriso maligno) — Si rassicuri!... Solo qualcuno dei più noti... e dei più occupati.... Quei tre... o quattro... che... tra il Parlamento... e il giornale... non hanno un minuto di tempo per intervenire alle riunioni.
Naldini
(rassicurato) — Ah, quand'è così!... Lei le pensa tutte!
Gaudenzi
Scriva, dunque... e presto!... Io torno subito. (via).
[124]
Naldini
(tra sè, scrivendo) — «... Appena giunta in Roma la notizia del disastro di Monteleone, i cittadini più cospicui per censo, nome e condizione sociale... si sono rivolti...» (parlando). Però... ha un bel dire il Commendatore... ma un po' di cav.re Naldini, nel comunicato alla stampa, ci starebbe bene!... (scrivendo). «... rivolti al principe di Castrovetero, l'illustre patrizio che in tante occasioni...» (parlando). Porterò io l'articolo ai giornali: così stamperanno: «dal cavaliere Baldini riceviamo...» (continua a scrivere, dettando a sè stesso).
(entrano dalla seconda porta, a sinistra, senza cappello, sopraccariche di vesti e altri oggetti di toilette femminile. — Naldini è sempre intento a scrivere).
Bice
(sulla soglia, indietreggiando: — piano). C'è gente!
Rina
(sulla soglia, osservando). È Naldini!
[125]
Bice
È vero!... Non lo avevo riconosciuto! (entra in iscena con Rina).
Rina
(a Naldini) — Che fa qui... lei?
Naldini
(scusandosi) — Oh, buongiorno... signorine! (a Rina). Lo vede: lavoro!
Bice
(indicando gli oggetti che portano) Anche noi!... Facciamo San Martino!
Naldini
(a Rina, sorpreso) — Cambiano di casa?
Rina
No... Cambio di camera... io sola!
Naldini
Perchè?
[126]
Rina
Hanno affittata la mia!
Naldini
(sorpreso) — A chi?
Rina
(con intenzione) — A una bella signora....
Naldini
(alzandosi con sollecitudine) — Una bella signora?
Bice
(ridendo, a Rina) — Vedi... appena sente parlare di una bella signora... scatta! (ridono).
Naldini
Certo!... Io amo molto... le belle signore... (con galanteria) ma ancora più... le belle signorine.
Bice
(provocante) — Tutte?
[127]
Naldini
Tutte... in blocco... (sottolineando le parole) ma... in particolare... una!
Bice
(c. s.) — Chi?
Naldini
Voi!
Bice
Burlone!
Rina
(parlando: — Rina e Bice, come per riposare, posano sulle poltrone ciò che portano. — Rina a Naldini). E il suo amico Labani... che fa?
Naldini
(ridendo) — Era giù in istrada... ad attendere che il Commendatore uscisse... per venirlo a cercare. (Rina e Bice ridono).
Bice
Povero Labani!... Fa sempre così!
[128]
Rina
Non sa inventar altro!
Naldini
Certo... non ha molta immaginativa... come tutti i veri innamorati!
Rina
Innamorato!?... Ma lo è proprio?
Naldini
Sul serio... e... lei ha torto di tormentarlo così!
Rina
Io lo tormento?
Naldini
Le par poca cattiveria di farlo andare tutte le mattine, alle sei, al Pincio!
Rina
(ridendo) — C'è stato anche oggi?
[129]
Naldini
Sicuro!... E le ha aspettate tre ore.
Bice
(ridendo) — Ah... ah!... Senti... senti!
Naldini
E ne ridono, anche!
Rina
(fingendo serietà). — Questa mattina... noi... non si poteva andare.
Bice
Avevamo la lezione...
Naldini
E ieri?... E l'altro giorno?
Bice
Sempre la lezione.
Naldini
E lui... stupido!... continua ad andarci!
[130]
Bice
Non farebbe... lei... per amore... delle passeggiate mattutine... al Pincio?
Naldini
Per amore... positivo... salirei tutti i giorni anche il gran Sasso... ma per contemplare soltanto i busti degli uomini grandi... non anderei al Pincio neppure in carrozza!... (a Rina). Lo creda: è una vera crudeltà, perchè Silvio è di quelli... che sposano: non di quelli che... come dice la canzone romanesca... lo fanno per... sbafare!
Bice
(provocante) — E lei... di quali è?
Naldini
(dopo un momento) — Io... io!?... Ebbene, sposerei volentieri... ma i miei mezzi non mi consentono questo lusso.
Bice
(ironica, provocante) — Non ha un impiego?
Naldini
No.
[131]
Bice
Non fa nulla?
Naldini
Sono corrispondente onorario... vale a dire... senza onorario... di molti giornali... (con intenzione, a Bice). Ma ho grandi speranze... e una signorina intelligente, che pensasse all'avvenire... potrebbe...
Bice
(con malizia di fanciulla depravata) — Farsi amare... a credenza!... E se le speranze fanno bancarotta?
Naldini
Qui, non si tratta di me... ma di Silvio... (a Rina) il quale la sposerebbe domani... a pronti contanti. (Rina rimane seria, riflessiva).
Bice
Se è uno studente!... Come vuole che mantenga la moglie?
Naldini
Studia... per stare a Roma.
[132]
Bice
Allora, ha di che vivere?
Naldini
Senti!... Suo padre è uno dei più ricchi possidenti di Viterbo.... Da trenta... a quaranta mila lire di rendita.
Bice
(con ammirazione) — Tanto!
Naldini
Ed è figlio unico...
Bice
(a Rina, con entusiasmo) — Come sei fortunata!
Rina
(seria, riflessiva, c. s.) — Chi sa!?
[133]
Marianna
(con la spesa, dalla comune, parlando verso l'interno) — Credo che sia ancora in casa...
Naldini
(verso la porta) — No; è uscito... ma puoi aspettarlo! (Silvio entra: — Marianna attraversa la scena, verso la porta del fondo).
Rina
(a Marianna, indicando le vesti che sono sulle poltrone) — Marianna, porta questa roba nel camerino...
Marianna
Vengo subito... (entra nella porta del fondo: — poi, durante il dialogo che segue, e senza prestarvi attenzione, rientra in iscena; e, in due o tre volte, porta via le vesti, ecc., con ordine: — ciò fa lentamente, in modo da esser sempre in vista del pubblico, a intervalli, sino alla fine dell'atto).
[134]
Silvio
(salutando) — Signorine... (poi, appena Marianna s'è allontanata, corre a Rina con aria di rimprovero) Anche questa mattina sono stato...
Rina
Lo so!... Ma perchè c'è andato!... Le ho pur fatto capire che non sarei venuta più.
Silvio
È vero!... Ma io speravo...
Rina
Ha torto!... Fu già una grave imprudenza di venirci qualche volta... Ci hanno visti... e le mie buone amiche l'hanno saputo.
Silvio
Bene!... Se non vuol venire al Pincio... vediamoci a Villa Borghese... a San Pietro in Montorio...
Bice
(ridendo) — A Frascati... a Tivoli... a Jokohama!
[135]
Silvio
(a Rina) — Dove vuol lei...
Rina
In nessun posto!
Silvio
Come?... Dovrei rinunziare a quelle passeggiate mattutine, così deliziose... noi tre soli?
Rina
(accenna di sì).
Naldini
Scostumati!... Foste stati almeno in quattro!
Bice
(a Naldini) — Perchè non è venuto lei a far il quarto?
Naldini
Per non diventare il terzo incomodo!
[136]
Silvio
(sempre a Rina, insistendo) — Non è possibile!... Ne soffrirei troppo!
Rina
Eppure, è necessario!... Trovarci fuori... lo vede... ci espone a dei dispiaceri: d'altra parte, vederci qui... senza ricorrere a qualche ingenuo... troppo ingenuo... sotterfugio... (sorridendo) non è cosa che possa durare... Scrivere nè meno.... Dunque, tronchiamo tutto!
Silvio
(con ardore) — E può parlare così?... Ma se dovessi rinunziare a lei... sarebbe la mia morte!
Rina
(con leggiera commozione) — Davvero?
Bice
(pronta) — Allora, non c'è che un mezzo?
Silvio
(con isperanza e sollecitudine) — Quale?
[137]
Bice
Vada a parlare co' suoi genitori... e se essi consentono...
Silvio
(interdetto) — Andare a Viterbo?
Naldini
(ridendo) — Il viaggio non è lungo...
Silvio
(c. s.) — Non è il viaggio che mi spaventa!... ma... così a bruciapelo... parlar di matrimonio... mentre sono ancora studente...
Naldini
Non vi sposerete mica subito!
Bice
Ma, almeno... quando sarete fidanzati... lei potrà venir qui a tutte le ore... accompagnarci a passeggio... a teatro...
Silvio
(titubante, a Rina) — Lei, signorina, che ne dice?
[138]
Rina
(con provocante mestizia) — Dico che... pur troppo!... affrettando il viaggio, lei anticiperà il disinganno!
Silvio
Perchè?... La mamma mi vuol bene... Dirà subito di sì.
Rina
(c. s.) — Ma suo padre?
Silvio
Eh!... Il babbo... sì... quello si opporrà!
Rina
(punta) — Perchè non sono ricca!
Silvio
No!... Ma si spaventerà all'idea delle spese per le nozze... per l'appartamento degli sposi... Se sapesse che pena cavargli mille lire di tasca!
Naldini
Non preoccuparti di questo!... Ti ajuterà il Commendatore.
[139]
Silvio
(incoraggiato) — Lo credi?
Naldini
Ne sono sicuro!... È uomo di risorse... e, per farvi felici, troverà modo di sposarvi... senza che tuo padre cavi una lira!
Silvio
Oh, se fosse così!
Bice
Esita ancora?
Silvio
(prendendo il suo coraggio a due mani) — No... non esito più!... (a Rina) Ma vorrei che lei mi dicesse una parola... la vera parola... che rende felici!
Naldini
(comicamente) — Ti a-mo!
Rina
(seria, mesta; ma lusinghiera) — Se ritornerà con suo padre, la dirò al mio fidanzato.... Se [140] non ritorna, è meglio che non l'abbia mai udita.
Naldini
(battendo le mani) — Brava!... (tra sè) Oh, le donne!
Gaudenzi
(affannato) — Giunge Miss Emma...
Rina
(a Marianna, che eseguisce) — Chiama la mamma... (Rina e Bice mettono ordine nella sala).
Gaudenzi
(vedendo Silvio) — Oh, buon giorno!... (gli dà la mano: — poi, a Naldini) Bisogna mettere anche lui nel Comitato.
Naldini
Lo faremo economo... (piano, a Gaudenzi) Così anticiperà le spese.
[141]
Gaudenzi
(sempre affaccendato, spiando se Miss Emma giunge) — Precisamente...
Silvio
Ma io non so...
Naldini
(piano) — Sta zitto... e accetta! (forte, a Gaudenzi) E le firme?
Gaudenzi
(sulla porta) — Ne ho già delle eccellenti! (osservando). Oh, eccoli!... (si ritira verso il centro della sala e assume un'aria solenne).
Alfredo
(entrando e presentando) Miss Emma Stower... mio padre...
Emma
(con buona pronunzia italiana, e con grande naturalezza di modi, evitando, nella toilette, nei gesti, in tutto, qualsiasi accenno di comicità) — Lieta di conoscerla...
[142]
Gaudenzi
(presentando) — Mia moglie... mia figlia... onorate, come me, di offrirle ospitalità... (saluti, complimenti, ecc.).
Emma
(a Amalia) — Mi spiace di recar disturbo... ma l'offerta mi ha fatto un gran piacere.
Amalia
Qui, starà un po' a disagio.
Emma
Perchè?
Gaudenzi
L'appartamento è piccolo... manca il comfort... Noi siamo una famigliuola modesta... abbiamo delle abitudini semplici...
Emma
Così piace anche a me... (a Amalia e a Rina). Amo molto la vita di famiglia... con buone e cortesi amiche... (stringe la mano a Amalia). C'intenderemo presto... (guarda gli altri, che non le furono ancora presentati).
[143]
Gaudenzi
Mia figlia è una valente pianista...
Emma
(lieta) — Mi congratulo.... Faremo musica insieme... (Rina ringrazia: — Emma torna a fissar Bice e Silvio).
Gaudenzi
(accorgendosi della attenzione di Emma, compie le presentazioni) — La signorina Bice, amica di Rina.... (Emma saluta con lieve cenno del capo: — c. s.). Il signor Labani... studente... (Emma saluta, c. s. — Gaudenzi con tono più marcato). Il cavalier Naldini, mio segretario... (galante) che, da oggi, è anche il suo.
Naldini
(inchinandosi). Ben lieto di offrirle i miei servigj...
Emma
(a Gaudenzi) — Ho molte lettere da scrivere... (a Naldini). La farò lavorare... (movimento di dispetto di Alfredo).
[144]
Naldini
(inchinandosi) — Fortunatissimo!... (entrano i due facchini che portano un baule e delle valigie).
Marianna
Questa roba... dove si mette?
Gaudenzi
Nell'appartamento della signora... (indicando Miss Emma).
Amalia
(a Emma) — Vuol vedere la sua camera?
Emma
Sì, andiamo... (per andarsene).
Gaudenzi
In tanto, Marianna preparerà la colazione.
Amalia
(sollecita, a Emma) — Che desidera?
[145]
Emma
Biefsteak... latte... e thè! La mattina non prendo altro!... (i facchini escono, di bel nuovo, con Marianna: — Emma, vedendoli, si ferma e cerca il portamonete) Ah, bisogna pagare!
Gaudenzi
Ci penso io!
Emma
Anche la vettura!
Gaudenzi
Ci penso io!
Emma
(per entrar a sinistra, sorridente) — Prego tener memoria di tutto... (via, dalla seconda porta a sinistra, con Amalia).
Gaudenzi
(quasi tra sè, trionfante) — Stia tranquilla... non dimenticherò nulla!... (azione: — Gaudenzi dà istruzioni, piano, a Marianna: — Rina e Bice prendono in mezzo Alfredo e chiedono notizie di Emma: — Silvio si stacca da loro e va [146] a parlar con Naldini: — i facchini attendono vicino alla porta di uscita).
[Gaudenzi; Marianna; Rina; Alfredo; Bice;
Facchini; Silvio; Naldini].
Silvio
(piano, a Naldini). Se parto, come posso far da economo nel Comitato?
Naldini
Ti surrogherò io fin che ritorni... Però, lasciami dei fondi.
Silvio
(sorpreso). Come?
Naldini
Oh, Dio!... Un centinajo di lire soltanto... per le piccole spese.
Silvio
(guardando nel portafogli) — Non le ho!
Naldini
Dammi quello che hai...
[147]
Silvio
(offrendo il danaro) — Sessanta lire.
Naldini
(prendendole con viva sollecitudine) — Farò l'economo sul serio... fino ai primi incassi.... Ma torna presto: potrebbero ritardare!
Gaudenzi
(che ha visto Silvio dar del danaro a Naldini) — Naldini... quegli uomini aspettano... (indicandogli i facchini).
Naldini
(a Silvio, ridendo) — Lo vedi?... Entro già in funzione... (va a pagare i facchini, che poi escono).
Bice
(avvicinandosi a Silvio) — Ebbene?
Silvio
Domani sarò a Viterbo.
[148]
Bice
E ritornerà?
Silvio
(facendosi udire da Rina: — risoluto) — Lunedì... con mio padre... o mai più!
Bice
(ridendo, con intenzione) — Eh, via!... Chi ha bevuto l'acqua di Trevi... non ci rinunzia! (movimento di dispetto geloso di Rina. — Alfredo li guarda, cercando di comprendere: — Silvio assicura, con lo sguardo, Rina, che è così come ha detto. — Marianna esce dal fondo).
Gaudenzi
(discorrendo nel bel mezzo della scena) — Che signora, eh!?... (a Alfredo) Vedi se avevo ragione di volerla nostra ospite!... (s'avvicina a Naldini, gajo) — Cavaliere, la giornata è principiata bene!
Naldini
(gajo) — Finirà meglio, Commendatore!...
(azione: — Gaudenzi e Naldini si congratulano scambievolmente: — Silvio stringe la mano [149] a Rina per prendere commiato: — Bice si avvicina a Alfredo; e la tela cala rapidamente sull'ultima battuta di Naldini, mentre i personaggi sono così disposti)
[Rina — Silvio
Alfredo — Bice
Gaudenzi — Naldini].
CALA LA TELA.
[151]
Salotto come nell'Atto primo.
All'alzar della tela, Rina, Ida, Amalia, Bice, e una ragazza sarta, sono in faccende e tutte intente a piegar delle stoffe, che mettono nelle grandi scatole portate dalla ragazza sarta. — Altre stoffe, e «modelli di carta», trovansi, alla rinfusa e in disordine, sui mobili. — Rina è in «toilette» da mattina e da casa: Amalia in vestito severo, come all'atto primo: Ida e Bice in «toilettes» d'uscita. — Ida ha il cappello in testa: Bice, in vece, avrà messo cappello e mantellina sopra un mobile, per ajutar Rina a lavorare.
Rina; Ida; Amalia; Bice e una ragazza da sarta.
[152]
Rina
(a Ida) — Ma potrai finire tutto in quindici giorni?
Ida
Per gli abiti, sta' tranquilla... Saranno pronti anche prima!
Rina
E le sottovesti... e le giubbette... per casa?
Ida
A quelle... te l'ho detto... dovete pensarci voi... Ti ho lasciato il «modello».... Con Bice, che ti ajuta... non hai bisogno d'altri.
Rina
(protestando) — Sì!... Con quello che abbiamo da fare!... Oggi, si va dal Notajo: domani, al Municipio... e, quando si esce, è mezza giornata perduta!
Ida
Domani... al Municipio?
[153]
Rina
Sì, per le pubblicazioni.
Ida
È proprio un matrimonio a vapore...
Rina
Che vuoi?!... Silvio ha persuaso il padre a far la domanda ufficiale... (ridendo) E il signor Labani... già che è qui sulle spese... come dice lui... vuole sbrigar tutto alle spicce.
Ida
(con intenzione) — Ed è lui che paga le «toilettes»? (Bice e Amalia sorridono).
Rina
(c. s.) — Lui!?... Neppure un metro di stoffa!... È così avaro!
Ida
(inquieta) — E allora... come fate?
[154]
Rina
(ridendo della inquietudine di Ida) — Paga... il babbo!
Ida
(con ispavento) — Il babbo?!... E con quali danari?
Rina
(con leggerezza) — Con quelli che Silvio ha trovato in prestito... (abbassando la voce) e con quelli che miss Stower... presta al babbo!
Ida
(con acredine) — Ah, la famosa Americana che si è fatta fischiare... all'Argentina!
Amalia
(con vivacità) — Ida!... (indicando la camera di Emma) Potrebbe udirti!
Ida
Allora, diciamolo piano.
[155]
Amalia
(c. s.) — Non bisogna dirlo... perchè non è vero!
Ida
Oh, quanto a questo... li ho sentiti, io, con le mie orecchie, i fischi!
Bice
(sorridendo e indicando Rina) — Anche noi!
Ida
E m'hanno fatto un gran piacere!
Amalia
(stupita, sdegnata) — Perchè?
Ida
(vivace) — Perchè Alfredo le fa la corte!
Amalia
(protestando) — Che ti metti in testa, ora?
Ida
Oh!, lei è una Santa... e non sospetta mai di nulla!... Ma, io, ho gli occhi aperti... e... [156] (Amalia vorrebbe protestare: — Rina, indicando la ragazza che ascolta, le fa cenno di troncare) Lasciamo andare!... (fa cenno alla ragazza di prendere la scatola: — a Rina) — Vieni sabato per misurare i busti.
Rina
Di mattina?
Ida
Quando vuoi!... (saluta; e, baciando Amalia, continua l'azione, come per dire: «suo figlio vuole l'Americana, ma l'avrà da fare con me!». — Sulla porta, s'incontra con Naldini. — Rina e Bice raccolgono, e piegano, le altre stoffe rimaste sui mobili).
Naldini
(a Ida) — Scappa... perchè giungo io?
Ida
(sorridendo) — No... perchè ho fretta!
[157]
Naldini
E perchè, allora, quando vengo da lei, mi scaccia sempre?
Ida
Perchè dà noja alle mie ragazze... e non le lascia lavorare... (via, con la ragazza: — Amalia l'accompagna).
Rina
(a Naldini, con rimprovero) — Bravo!
Bice
(con gelosia). Anche le lavoranti!
Naldini
(lusingato, ma protestando) — Non è vero!... Sono calunnie!
Bice
(c. s.) Oh, è capace di tutto... lei!
Naldini
(c. s., comicamente) — Questo, sì!... (a Rina, che ride). Ma non mi lasciano fare!... (a Amalia, [158] ch'è tornata in iscena: — serio) Il Commendatore è alzato?
Amalia
Non ancora... ma è sveglio.... Ha già ordinato la colazione.
Naldini
(consegnando delle carte) — Gli dia prima queste carte.... È roba che bisogna esaminare a digiuno.... (Amalia prende le carte, ed entra a sinistra dello spettatore).
Naldini
(continuando: — a Rina) — Sono i conti del Comitato per il Terremoto.
Rina
Gli saranno... indigesti!
Naldini
Ho paura di sì!... Ma, lui, con una buona colazione... digerisce anche il Colosseo!
[159]
Rina
(ridendo) — È vero!
Naldini
Felice lui!... Che bel carattere!... Io, in vece, quando ho una spina nel cuore... mangio... mangio... ma non posso digerire!
Rina
(ridendo) — Per fortuna, spine... lei... non ne ha mai!
Naldini
(con serietà comica) — Vuol canzonarmi, eh!?... Ne ho una... e acutissima... (indicando Bice) Eccola lì!
Rina
(c. s.) — La sposi... e non pungerà più!
Naldini
Sposare?... Ma subito... appena avrò una posizione... Però, in tanto, si potrebbe essere così felici... egualmente!
[160]
Rina
(c. s.) Già!... In tanto, si fa come le stelle dell'Aleardi...
Naldini
... che si «guardan sempre e non si toccan mai!»... Sarebbe il supplizio di Tantalo!... No, no!... In tanto, senza sposare... senza corredo... senza ipotecar l'avvenire... si potrebbe esser felici lo stesso!
Bice
(fingendo sdegno) — Rina, fallo tacere!
Naldini
(continuando, con maggior enfasi) — Perchè?... La felicità è nell'unione di due esseri che si amano.... Il matrimonio è soltanto una formalità legale... (indicando Rina) buona per lei, forse... perchè la vedova di Silvio... avrà il quarto vedovile... (a Bice) Ma io, se muojo, cosa vi lascio?... Vi lascio... libera di prenderne un altro... come me!
Bice
(c. s.) — Finitela!
[161]
Naldini
(andandole incontro) — Finiamola!... Un bacio... e tutto è fatto! (per baciarla).
Bice
(c. s.) — Siete un dissoluto! (gli sfugge).
Naldini
(con collera comica) — E voi... una creatura immorale!
Rina
(ridendo) — Immorale... lei?!
Naldini
Certo!... Mi condanna a struggermi in peccati di desiderio... e questa è una immoralità scandalosa!
Rina
Ah, bella!
Bice
(non potendo più star seria) — È matto!... (ride, con Rina, maliziosamente).
[162]
Silvio
(entrando) — Qui si ride?
Rina
(gaja, andandogli incontro) — Come vuoi che si stia serj dove c'è Naldini? (gli dà la mano).
Silvio
(attirandola a sè, con affetto: — piano) — Come sei bella quando ridi! (le accarezza la testa e la bacia).
Naldini
(che s'è avvicinato a Bice: — piano). Vedete!... (con desiderio) — Eppure, non sono stati ancora dal Sindaco!
[163]
Marianna
(dando una carta da visita a Rina) — Questo signore domanda di lei...
Rina
(leggendo: — con sorpresa e piacere) — Oh, Oswaigiaski!
Silvio
(di malumore) — Chi è?
Rina
Quel violinista russo col quale ho sonato a Santa Cecilia due mesi or sono... (a Bice) Presto, sbrighiamo!... (tolgono dai mobili le stoffe, i «modelli», ecc.)
Silvio
(c. s.) — Che vuole?
[164]
Rina
(ridendo) — Ora, lo sapremo!... (a Marianna) Fallo entrare... (Marianna via: — rientra subito, introducendo Oswaigiaski: — esce).
Oswaigiaski
(entrando: — a Rina, con ossequio) — Signorina, sono di ritorno a Roma... e mia prima visita è per lei.
Rina
(gli dà la mano) — Troppo gentile!... (presentando) Silvio Labani... il cavalier Naldini... Bice, che lei già conosce... (saluti, strette di mano: — Rina fa cenno a Oswaigiaski di sedere, e siede anche lei: — Silvio e Naldini restano in piedi).
Oswaigiaski
(dando la mano a Bice) — Signorina... (salutando Silvio e Naldini) Signori...
[165]
Rina
(a Oswaigiaski) — Dunque, anche a Napoli e a Palermo... grande successo!
Oswaigiaski
Sì!... Pubblico molto buono... facilmente entusiasta... ma i miei concerti non sono andati così bene come a Roma.
Rina
(sorpresa) — Oh, perchè?
Oswaigiaski
Perchè... lei... non sonava con me!
Rina
(ridendo) — Questo è un complimento!
Oswaigiaski
No... verità!
Rina
Non ha trovato buoni accompagnatori?
[166]
Oswaigiaski
Sì, eccellenti accompagnatori... ma non artisti che sentano come lei... (con calore) Oh, io ricordo sempre sue interpretazioni!
Rina
(contenta) — Davvero?
Oswaigiaski
Con entusiasmo!... E perciò sono qui.... Mi hanno pregato di dare un «concerto» per povera famiglia.... Questo mi piacerebbe molto; ma ho risposto: «Io sono pronto, se signorina Gaudenzi sonerà con me»... Vuole?
Rina
(imbarazzata) — Lo vorrei... ma non posso.
Oswaigiaski
(sorpreso) — Oh, perchè?
Rina
(c. s.) — Tra pochi giorni... mi marito.
[167]
Oswaigiaski
(resta interdetto) — Lei?!
Rina
Sì!
Oswaigiaski
(con dolore comico, che non può nascondere). Oh, male... molto male!
Silvio
(risentito) — Come... male?
Rina
(pronta, indicando Silvio) — Il mio fidanzato...
Oswaigiaski
(correggendosi) — Male... non per lei... (indica Rina) ma per arte!... Per essere veri artisti... non bisogna aver cure di famiglia.
Rina
(sorridendo) — Ma anche lei ha moglie!
[168]
Oswaigiaski
Per questo, parlo così!... Mia moglie... giovane... bella... ricca... e mi vuol bene; ma non ama la musica... Il mio strumento le urta i nervi.... Impossibile vivere insieme!... Lei, però, sarà più fortunata.... Questo signore... (indicando Silvio) le permetterà di studiare...
Silvio
Questo, sì!
Oswaigiaski
(continuando)... di dar «concerti» nelle grandi città musicali.
Rina
(ridendo) — Appena sposati, andiamo a stabilirci in campagna... e di arte non si parlerà più!
Oswaigiaski
Oh, male... male!
Silvio
(perdendo la pazienza) — Signor Oswaigiaski!
[169]
Oswaigiaski
(alzandosi: — a Silvio) — Oh!, io comprendo suo sentimento... e prego scusarmi... Io non vedo che la mia arte... e questa sola io trovo bella e utile... Perciò, deploro perdita di una vera artista... (s'inchina, e esce).
Silvio
(con ira) — Imbecille!
Rina
(offesa) — Perchè?
Silvio
Vorrebbe si mandasse a monte il nostro matrimonio, perchè tu fossi libera di dar concerti con lui!
Rina
Non chiede tanto... Gli bastava d'avermi per un solo concerto.
[170]
Silvio
(sempre di malumore) — Poverino!... (ironico: — a Naldini e a Bice) Avete sentito?... (rifacendolo) L'arte sola io trovo bella... e utile!... Utile... per lui... che arricchisce, forse!... ma è utile lui... alla società... col suo violino?
Rina
È sempre utile... un grande artista!
Silvio
(c. s.) — Ih!... L'ho sentito!.... non ha altro merito che di sonare della musica nojosa!
Rina
(imbronciata) — Parli così... perchè non capisci nulla!... Accade spesso che, tra due artisti, si stabilisca una corrente di simpatia prodotta da un'eguaglianza di temperamento artistico, che non c'è fra tutti.
Silvio
(ironico) — Già!... specialmente, se uno dei due è... una bella ragazza!
[171]
Rina
No!... Una simpatia... di sentimento artistico... ripeto!
Silvio
Sì... sì!... Belle parole... per mascherare una cosa molto volgare!
Rina
(impazientita, quasi con collera) — Oh, come sei materiale!
Silvio
E tu... come mi canzoni bene col tuo spiritualismo!
Rina
(con vivacità) — Io non ti canzono... ma voglio che rispetti i miei ideali... e le mie ispirazioni artistiche.... Oh, credi forse che... quando sarò tua moglie... rinunzierò anche al mio modo di pensare?... Rispondi!... C'è tempo ancora a ritirarsi!
Naldini
(interponendosi) — Ohè, ragazzi!... Fate sul serio?
[172]
Rina
(quasi esaltata) — Su, via, rispondi!... Io non cambierò mai.... Se ciò non ti garba, puoi lasciarmi!... Presto, rispondi!
Silvio
(tornando calmo e sorridendo) — Vado a prendere il babbo per andar dal notajo. (per andarsene).
Naldini
Bravo!
Rina
(trionfante, sorridendo) — Così mi piaci!
Silvio
Torno subito... È qui, al caffè, che m'aspetta. (via).
Naldini
(con un sospiro di soddisfazione: — a Rina) — M'avete fatto paura!
[173]
Bice
(con rimprovero) — Sei stata aggressiva!
Rina
M'ha dato ai nervi con la sua gelosia!
Bice
Sta bene... Ma devi prenderlo con dolcezza.
Rina
(vivace) — No, no!... Io lo conosco... Umile, sottomessa... non m'amerebbe!... È un uomo senza volontà: bisogna che senta la mia.
Naldini
Lei ha, forse, ragione... Con Silvio, la sommissione potrebbe essere fatale.... Ma badi al padre: con lui, la ribellione può costar cara!... Conquistato il marito, bisogna conquistare il suocero... perchè è lui che ha la cassa.... Ci pensi!
Rina
(dandogli la mano) — È un consiglio d'amico... Lo seguirò... (a Bice) Vado a vestirmi... Ti vedrò più tardi?
[174]
Bice
Sì!
Rina
(via, a sinistra. — Bice mette il cappello e la mantellina).
Naldini
(a Bice, insinuante) — E io vi vedrò ancora, oggi?
Bice
Qui... non ci torno!
Naldini
Vediamoci al Costanzi... Ho un palco per questa sera... Volete?
Bice
Perchè no?
Naldini
E... dopo il teatro... ceneremo insieme.
[175]
Bice
(con malizia) — A quell'ora, non ho mai appetito!
Naldini
Può darsi che sta sera vi venga!
Bice
(c. s.) — Perchè!
Naldini
Vedrete che ve lo faccio venire!
Bice
(c. s.) — Non credo!
Naldini
In somma, se viene...
Bice
(con grande civetteria) — Se viene lui... non vengo io! (scappa).
[176]
Naldini
(solo) — E io dico, in vece, che ci verrai!... Oh, la conosco bene!... È una maniera per dire: «verrò di sicuro»!... Le donne hanno un linguaggio speciale, che bisogna saper tradurre...
Gaudenzi
(entra in iscena con le carte in mano: — le consulta attentamente; poi, scuote il capo, come per dire: «no, no!: non ci siamo!») Buon giorno... (sempre consultando le carte).
Naldini
Buongiorno... E così?!... (indicando le carte).
Gaudenzi
(sempre crollando il capo) — Non va... e non va!
Naldini
Perchè?
[177]
Gaudenzi
Tremila lire di spese... sono troppe.
Naldini
Eppure, sono tutte spese che abbiamo fatto!
Gaudenzi
(con intenzione) — Sì, ma... arrotondando!
Naldini
(sorridendo) — Oh, Dio!... Un po' d'imbottitura...
Gaudenzi
(sorridendo, con malizia) — Mi pare che lei ne abbia messa troppa...
Naldini
Il venti per cento!
Gaudenzi
(convinto) — Non è molto!... Ma si sale già a tremila.... Troppe, le ripeto, per una sottoscrizione che va così male!... (indicando una [178] carta) Lo vede?... Finora, se ne sono incassate solo cinquemila... nemmeno il doppio di quello che s'è speso!... Chi lo avrebbe detto?
Naldini
(con dolorosa comicità) — Un disastro, che prometteva così bene!
Gaudenzi
Ci hanno ingannati i primi dispacci!
Naldini
(c. s.) — Pareva il finimondo!
Gaudenzi
E, poi, ogni giorno, è risuscitato... un morto!
Naldini
(c. s., con dolore comico) — Di autentici... ce ne sono rimasti quattro soli!
Gaudenzi
E tutte le case che si dicevano crollate....
[179]
Naldini
... si sono rimesse in piedi... da loro!
Gaudenzi
Basta!... Ciò che ora preme è di liquidare i conti del Comitato.
Naldini
Come?
Gaudenzi
Diminuendo le spese...
Naldini
Sono già fatte!
Gaudenzi
Allora, aumentando l'incasso.... E con che mezzo?... Con qualche recita di beneficenza.... Io parlerò con il Capocomico del Valle: lei conosce l'Impresario dell'Argentina: si può fare una buona retata... e... quando l'attivo è buono... nessuno bada più al passivo.
[180]
Naldini
Proviamo... ma ho poca fiducia!
Gaudenzi
Bisogna tentare: altrimenti, questo terremoto... ci seppellisce noi!
Naldini
(impensierito) — Ne ho paura!
Marianna
(dalla comune, annunziando) — Il signor Labani...
Gaudenzi
Venga... venga! (presto, a Naldini) Metta via questi conti... (gli dà le carte: — Naldini eseguisce).
Silvio
(entrando, gajo) — Siamo venuti a prendervi...
[181]
Gaudenzi
Per andar dal notajo?... È presto!... (guarda l'orologio) Ci aspetta alle undici... e non sono ancora le dieci.
Labani
Glie l'ho detto!... Ma fate pazientare un innamorato, se vi riesce!
Gaudenzi
Anticiperemo.... Non so, però, se Rina sarà pronta... (a Marianna). Va a dirle che faccia presto... perchè Silvio è su' carboni.... (Marianna entra a sinistra: — a Labani). In tanto, si potrebbe metterci d'accordo sui punti essenziali del contratto... per non discutere davanti al notajo.
Labani
Come vi pare...
Gaudenzi
Ho preparato un piccolo schema.
Labani
Bravo!
[182]
Gaudenzi
(a Naldini) — Cavaliere, vuol leggerlo?... Cartella «matrimonj»...
Naldini
(prende una carta, che trova sulla scrivania, e legge) — Ecco: il «Contratto nuziale» stabilirebbe: — 1º. «Gli sposi si maritano sotto il regime della comunità assoluta dei beni»...
Labani
Mio figlio... per ora... non possiede nulla!
Gaudenzi
(pronto) — Non importa!... In tanto, diventa padrone di ciò che possiede Rina.... Poi, da qui a cinquanta anni... perchè voi ne vivrete cento, a dir poco!... anche Rina... diventa padrona.
Labani
Non mi par giusto se non avessero figli.
Naldini
(ridendo) — Ne avranno... e molti!
[183]
Labani
Seguitiamo pure...
Naldini
(leggendo, c. s.) — 2º. — «Il commend.re Gaudenzi assegna in dote alla figlia ventimila lire»....
Labani
Si era detto... trentacinque, o quaranta mila...
Gaudenzi
Con il corredo... e i mobili... che io cederei agli sposi.
Labani
(vivamente) — Di mobili non so che farne... e il corredo è di uso personale: non costituisce dote!... Questa, proprio in contanti, a quanto la fissate?
Gaudenzi
A ventimila...
[184]
Labani
È poco!
Gaudenzi
(accomodante) — Mettiamo venticinque!... Di più, oggi, non potrei!... Alla mia morte... poi... (Naldini ride).
Labani
E sia!
Naldini
(leggendo, c. s.) — «... assegna in dote alla figlia venticinquemila, per le quali pagherà l'interesse annuo... del quattro per cento... in due rate»...
Labani
(interrompendo, visibilmente seccato) — L'interesse?!... Non consegnate il capitale?
Gaudenzi
Subito... no!
Labani
Perchè?
[185]
Gaudenzi
Perchè non l'ho!... È investito in terreni che bisognerebbe rivendere.
Labani
(sospettoso) — Terreni... al vostro paese?
Gaudenzi
In quello di mia moglie...
Labani
(c. s.) — In provincia di Lecce?... Troppo lontano!... Avrei preferito...
Gaudenzi
Danaro sonante?... (ridendo) Non ne avete bisogno!... Del resto... (con isfacciata sicurezza) potete prendere un'ipoteca.
Silvio
(inquieto) — Oh Dio, delle nuove formalità... per perdere tempo!
[186]
Gaudenzi
(interrogando Labani) — Non si ritarderà il matrimonio... per questo!
Labani
(sorridendo della agitazione di Silvio) — No... no!
Gaudenzi
(lieto e trionfante) — E ciò è l'essenziale... (correggendosi e indicando Silvio) per lui!
Naldini
(con intenzione) — Per lui!... Si capisce!
Silvio
(guardando verso la porta di sinistra) — Ecco Rina!
Rina
(in «toilette» da visita, accorre, terminando di vestirsi, ajutata da Amalia) — Io sono pronta!
[187]
Amalia
Non ancora!... Aspetta!... (finisce di aggiustarla).
Rina
Fa presto!... (saluta: — Silvio è attorno a Rina, raggiante di felicità: — Gaudenzi e Labani sorridono della sollecitudine amorosa dei fidanzati).
Gaudenzi
(a Amalia) — E miss Stower che fa?... Sempre così avvilita?
Amalia
(c. s.) — Sempre!
Gaudenzi
Ma non dovrebbe avvilirsi così!... Anch'io sono stato artista... e... non lo dico per vantarmi... ho avuto anch'io i miei trionfi... e le mie seratacce!... E quanti ne ho visti a far fiasco!... Al momento, sicuro, restavo... un po'... si capisce!... Ma, poi, quando si ha della stoffa... si torna a galla!... M'addolora proprio di vedere miss Stower smarrirsi così!... E... se [188] vogliamo... un vero fiasco... non è stato!... Solo qualche abbonato voltò la cosa in burletta.... E, poi, quei maledetti giornali: quello Storari specialmente!
Naldini
Oh, quello è stato proprio... feroce!
Gaudenzi
Però, se miss Stower volesse... ritentare...
Silvio
(impaziente) — Ma non vuole... e il notajo aspetta!
Gaudenzi
(a Silvio) — Hai ragione!... (a Amalia) Dammi il cappello e il bastone... (Amalia va a prenderlo).
Marianna
(dalla comune, con una lettera: — a Labani) — Una lettera urgente... per lei.
Labani
(prendendo la lettera) — Permettete?
[189]
Gaudenzi
Fate pure... (a Amalia) Il bastone?... (Labani legge e tradisce un'impressione ricevuta: — Silvio, che lo osserva, si avvicina a lui, inquieto: — Rina non bada e parla con Naldini).
Amalia
(consegnando a Gaudenzi il cappello) — Non lo trovo!... (a Marianna) Cercalo!... (Marianna va a cercar il bastone; e, poi, lo consegna a Gaudenzi: — Rina, parlando con Naldini, volge le spalle a Labani).
Silvio
(piano: — a Labani) — Chi è?
Labani
(piano, dandogli la lettera) — L'avvocato Roberti...
Silvio
(piano, leggendo) — «Prima di andare dal notajo, passate da me»... (parlando) Che vuol dir ciò?
[190]
Labani
(c. s.) — Vuol dire che ho chiesto informazioni... e, ora, le avrò.
Silvio
(c. s., turbato) — Su Gaudenzi?
Labani
(c. s.) — Sì!... (vedendosi osservato da Gaudenzi) Silenzio! (va verso Gaudenzi).
Gaudenzi
(con sospetto) — Una cattiva notizia?
Silvio
(pronto) — No, no!
Labani
(con intenzione) — Lo spero!... (con naturalezza) Un amico vuol vedermi per cosa urgente.
Silvio
(c. s.) — Andrai dopo firmato il contratto.
[191]
Labani
(sottolineando le parole) — No!... Devo andare... prima.
Gaudenzi
E il notajo che aspetta!
Labani
(guarda l'orologio) — Alle undici manca un quarto!... Vi raggiungo tra pochi minuti... (per andar via).
Silvio
(movimento per seguirlo) — Vengo con te...
Labani
(con fermezza) — No!... Io prenderò una vettura, e sarò dal notajo prima di voi... (via).
Gaudenzi
(a Silvio, sospettoso) — Che è accaduto?
Silvio
Niente!... L'avvocato Roberti gli ha scritto che passi da lui.
[192]
Rina
(ridendo) — E per questo... sei turbato?
Silvio
Temo sempre qualche intoppo...
Gaudenzi
(c. s.) — Quale intoppo?
Silvio
Che so io!... Il babbo è così strano, che se gli dessero la notizia di un fienile bruciato... sarebbe capace di ritardare il nostro matrimonio.
Rina
(ridendo) — Ebbene, aspetteremo!... (con leggerezza) Ti spiace la vita di fidanzati?... Io, la trovo piacevolissima.... È una festa continua!... Corse per i negozj... lavoro con sarte e modiste... complimenti di amiche invidiose.... Una delizia!... Quando saremo maritati, non ci divertiremo tanto!
[193]
Gaudenzi
(sorridendo) — Pazzarella!... (piano, a Naldini) Lei, in tanto, vada dal principe di Castelvetero a portargli i conti... meno la nota delle spese... (per andarsene).
Naldini
L'ha già chiesta tante volte!
Gaudenzi
Dica che non ha avuto il tempo di prepararla.... Gli parli della rappresentazione al Valle... e all'Argentina.... (Rina e Silvio, via) come di cosa già stabilita.... Guadagni tempo... (con sollecitudine) e, sopra tutto, che, per ora, non riunisca il Comitato.... (sulla porta). Il Presidente deve fare da sè.... Glie lo metta in testa... lo gonfi un poco... (via).
Naldini
(raccogliendo le carte da portar via) — Se soffio ancora... mi scoppia!
Amalia
(ritornando dall'aver accompagnata Rina: — sulla porta) — Sempre molto lavoro, eh!, signor Naldini?
[194]
Naldini
Sì, non c'è male!
Amalia
Gaudenzi le dà poco ajuto.... In questi giorni, ha via la testa per il matrimonio di Rina.
Naldini
Oh, lui ha la testa a tutto!
Amalia
E lei... quando sposa?
Naldini
(protestando) — Io!?... Non ho mai avuto di queste idee!
Amalia
(impressionata) — E Bice?
Naldini
(seccato) — Bice.... Bice!... Io le ho parlato da galantuomo: sposare mai!... Se vuole sposarmi... come posso dire... a conto corrente... senza investimenti vitalizj... sono qua!... Ma... [195] senza impiego... come posso caricarmi di una famiglia... e legare la mia miseria a quella di un'altra creatura!
Amalia
(sorpresa) — Sicchè?
Naldini
(per andarsene) — Sicchè... (a Alfredo, che entra e che incontra sull'uscio) Buon giorno!... Ho cento corse da fare.... È giornata campale! (via, correndo).
Alfredo
(entra dalla comune: — cappello in testa, soprabito, ecc.).
Amalia
(lieta di veder il figlio: — poi, con dispiacere) — Ah, sei tu!
Alfredo
Sono già andati per il contratto?
[196]
Amalia
Sì!
Alfredo
Sei contenta?
Amalia
Puoi immaginarlo!
Alfredo
(con invidia) — Eh!... Un giorno, sarà ricca, lei!
Amalia
E felice... perchè Silvio l'ama davvero... e suo padre... sarà, come dite, un orso... ma è un orso di cuore.
Alfredo
Tutti contenti, dunque, qui... meno miss Emma, che piange... il suo fiasco, eh?!
Amalia
Già... meno lei, poveretta!
[197]
Alfredo
È sempre in casa?
Amalia
Sempre!
Alfredo
Oggi, potrò vederla...
Amalia
Meno di ieri.
Alfredo
Eppure, devo parlarle!... (toglie di tasca una carta) Portale questa carta... (glie la dà) È un talismano per ridarle il buon umore.
Amalia
(con sollecitudine) — Allora, la porto subito! (via, a sinistra: — Alfredo, rimasto solo, si dà un'aria da trionfatore: — si accomoda la cravatta, ecc. — Con l'azione, manifesta la soddisfazione, l'orgoglio, la gioja della sorpresa che avrà Emma leggendo il «processo verbale» del [198] duello: — azione mimica, semplice, che dovrà durare un minuto).
Emma
(entra in iscena a sinistra, con passo affrettato, tenendo in mano la carta datale da Amalia. — È pallida, sofferente; ma fredda. — Anche quando manifesterà gratitudine, si conterrà freddamente. — Veste con semplicità: nessun giojello: — contrasto spiccato in tutto con l'atto primo) — Voi vi siete battuto?!
Alfredo
(indicando il «verbale» che Emma ha in mano) — Lo vedete!
Emma
Per me!
Alfredo
Storari vi ha insultata.... Meritava una lezione... l'ha avuta!
[199]
Emma
Avete esposto la vita... per me!
Alfredo
(con istudiata semplicità) — Ho fatto il mio dovere!
Emma
Oh, no!... Il vostro... è un tratto nobile... cavalleresco.... Grazie!... (gli dà la mano) Ma non posso approvare quel che avete fatto.
Alfredo
(colpito dalla freddezza di Emma, che contrasta con le parole) — Perchè?
Emma
(fredda) — Perchè non mi piace che voi abbiate preso così pubblicamente la mia difesa... Questo poteva farlo solo un parente....
Alfredo
.... o un amico!
[200]
Emma
(sottolineando) — Un amico... mai!
Alfredo
(colpito, con disappunto) — Oh!
Emma
(con maggior cortesia) — Non di meno, vi sono grata di questa prova di amicizia.
Alfredo
(sconcertato) — Grata... ma non contenta!
Emma
(con grande sincerità) — No!... Era meglio non intervenire in nessun modo... (con interesse) È ferito gravemente?
Alfredo
Ne avrà per un mese.
Emma
(sempre sincera) — Povero Storari!
[201]
Alfredo
(sempre più sorpreso e sconcertato) — Lo compiangete!
Emma
Certo!
Alfredo
Dopo tutto quello che ha scritto di voi?
Emma
È stato scortese... ma ha detto la verità.
Alfredo
(protestando) — No!
Emma
(sorridendo con amarezza) — Oh, gli abbonati che zittivano... e la claque pagata, che applaudiva... è verissimo!... Ma, vi prego, non parliamo più del mio debutto!... Ha fatto già troppo rumore... e, ora, sarà peggio.
[202]
Alfredo
(credendo di capire) — E perciò... siete così triste?
Emma
Oh, no!... Oramai, ho deciso... Non canterò più... e... fra un mese... gli abbonati... la claque... Storari... tutto sarà dimenticato!
Alfredo
(arrischiandosi) — Tutto?
Emma
(vivamente) — No!... (quasi commossa) Ricorderò sempre che in Italia un gentiluomo s'è battuto per me... (indicando il cuore) Questo è scritto qui... e non si cancella!
Alfredo
(rassicurato, riprendendo la sua fatuità di conquistatore) — E m'amerete un po' di più?... (le prende la mano).
[203]
Emma
(ritirando la mano con vivacità: — fredda, repulsiva) — Vi prego!... Ve l'ho già detto altre volte... Io non posso permettere che mi parli così... un uomo che ha moglie.
Alfredo
Emma!... Tutti possiamo commettere un errore.... Ma un errore... non è una colpa!... Il mio... fu quello di sposare una donna volgare... dalla quale ho dovuto separarmi... perchè mi rendeva la vita insopportabile.
Emma
Voi siete ingiusto con vostra moglie.
Alfredo
No!... Ida è buona... ma le nostre aspirazioni... la nostra educazione... i nostri caratteri... erano troppo diversi... E io lo sento: non ho mai amato che voi!
Emma
(offesa) — E quale speranza avete fondato su questo vostro amore?... Vi siete, forse, illuso [204] al punto di credere che io potessi divenire la vostra... amante?
Alfredo
La mia amante, no!.... Ma mia moglie.
Emma
(con forza e con una specie di sorpresa) — Vostra moglie?... Le vostre leggi non ammettono il divorzio.
Alfredo
Non lo ammettono, no... finchè siamo cittadini italiani... Ma, in due anni, si può diventare cittadini svizzeri: in uno solo, vostri concittadini: in sei mesi, cittadini di Baden...
Emma
E voi rinneghereste la vostra patria... per...?
Alfredo
Non vi ho detto che vi amo? (le prende le due mani e gliele bacia, senza che Emma, commossa, le ritiri) — Oh, grazie, grazie!... Vedete: [205] io avevo bisogno di coraggio... e voi me lo avete dato... sì... sì... perchè capisco che anche voi mi amate...
Emma
(con un filo di voce: — grande commozione) — Sì!... (poi, a un tratto, con uno sforzo sciogliendosi da Alfredo) — Ma no... no!... Lasciatemi!... È inutile!
Alfredo
Inutile... perchè?
Emma
(lottando, ecc.; ma, poi, risoluta) — Perchè... perchè noi non dobbiamo rivederci mai più! (per andarsene).
Alfredo
(sorpreso, esitando per timore d'irritarla) — Volete lasciarmi... così?
Emma
(c. s.) — Sì!... Addio! (con isforzo, gli stende la mano).
[206]
Alfredo
(c. s.) — Addio?
Emma
(c. s.) — E per sempre!
Alfredo
(c. s.) — Emma!
Emma
(c. s.) — Domani, lascio Roma... e, tra pochi giorni, l'Italia.
Alfredo
(con movimento di protesta) — Oh!
Emma
(con grande amarezza e commozione) — Il mio romanzo d'arte... di gloria... d'amore... finisce così!... Non tentate di prolungarlo... e lasciamoci da buoni amici... Di voi ricorderò sempre il difensore coraggioso... l'amico!... Di me, ricordate che Emma Stower aveva un cuore d'artista... ed era una donna onesta! (via).
[207]
Alfredo
(riprendendo la sua fatuità da conquistatore) — Una donna onesta, sì... ma una donna che mi ama!... (chiamando verso la porta del fondo). Mamma, ti saluto.... Vado via... (per andarsene: — si ferma, vedendo Amalia entrar in iscena).
Amalia
Ebbene?
Alfredo
Tra pochi giorni riprenderà il suo buon umore.
Amalia
(sorpresa) — E canterà ancora?
Alfredo
(sorridendo) — Non credo!... Le è costato troppo il debutto... perchè abbia voglia di ricominciare. (per andarsene).
[208]
Amalia
E resta qui?
Alfredo
No!... Parte domani.
Amalia
(sorpresa) — Domani?
Alfredo
Sì!... Affari urgenti la obbligano a mettersi in viaggio.
Amalia
(c. s., dolente) — Aveva promesso di assistere al matrimonio di Rina.
Alfredo
Prima del debutto.... Ora, non sarebbe delicato ricordarglielo.
Amalia
È vero!... (rassegnata) — Ma mi rincresce molto... M'ero affezionata a lei.
[209]
Alfredo
Lo capisco... ma è bene mandarla via... e presto!... Ha bisogno di distrazioni.... Qui, tu... il babbo.... Rina... senza volerlo... rinnovate ogni momento il ricordo doloroso.
Amalia
Hai ragione!... (con orgoglio di madre) Hai sempre ragione, tu!
Alfredo
(bacia Amalia ed esce: — fuori di scena, s'incontra con Labani) — Passi... passi!... C'è la mamma.
Amalia
(andando incontro a Labani, sorpresa) — Non è andato dal Notajo!
Labani
(agitatissimo) — No!... Ho fatto tardi... e l'ho mandato ad avvertire che... per impegni imprevisti... pregavo di rimandar la pratica.
[210]
Amalia
(con viva sollecitudine) — Qualche cattiva notizia?
Labani
Una brutta sorpresa... che mi ha preparato Silvio!
Amalia
(incredula) — Lui!... Povero ragazzo!... Che cosa ha fatto?
Labani
Dei debiti!
Amalia
(rassicurata) — Ah!... (sorridendo) Roba da giovanotti!
Labani
(diffidente) — Lei... lo sapeva?
Amalia
(sincera) — No!... Ma immagino che si tratterà di qualche spesuccia... forse, per la fidanzata.
[211]
Labani
(solenne) — Seimila lire!
Amalia
(sinceramente sorpresa) — Seimila lire?
Labani
In cambiali... rilasciate a strozzini... che non gli avranno dato nè pur la metà!
Amalia
(con vero dispiacere) — Oh, male... male!... Non credevo che Silvio...
Labani
(con ira repressa) — Silvio... è un ragazzo senza testa!... Ma c'è di peggio!... Sa chi lo ha presentato agli usuraj?
Amalia
(esitante) — Naldini?
Labani
Suo marito!
[212]
Amalia
(sorpresa) — Gaudenzi?
Labani
(sospettoso) — Lei non lo sapeva?
Amalia
È la prima volta che sento....
Labani
Le sembra un'azione da amico!
Amalia
(cercando di scusarlo) — Silvio gli avrà fatto premura...
Labani
Poteva dargliele lui...
Amalia
Capirà: 6.000 lire!
[213]
Labani
Ma che 6.000!... Tre... forse, 2.000... perchè gli strozzini... si sa!
Amalia
(confusa) — Ma anche 2.000...
Labani
E, allora, doveva avvertirmene...
Amalia
(c. s.) — Non avrà voluto darle un dispiacere.
Labani
Ah, per evitare un dispiacere a me, suo marito ha messo Silvio sopra questa bella strada!
Amalia
(protestando) — Lei esagera!... Gaudenzi non può...
[214]
Labani
(interrompendola) — Oh, signora Amalia... non cerchi di difenderlo!
Amalia
(addolorata, con mite risentimento) — Signor Labani... lei dice delle cose...
Labani
(quasi pentito d'averla offesa) — Non contro di lei... (sincero) Lei non è che una madre di famiglia... buona... ingenua... troppo, forse... ma incapace di certi intrighi...
Amalia
(inquieta, non comprendendo) — Che vuol dire?
Labani
(serio: — mutando tono: — con confidenza) — Lei... quando ha sposato... non aveva dote?
Amalia
(ingenua) — Sì!
[215]
Labani
(sorpreso) — In terre?
Amalia
.... assicurate sopra un podere di mio padre.
Labani
Per quanto?
Amalia
Per cento scudi di rendita...
Labani
... che è sfumata col capitale?
Amalia
(con un sospiro) — Da molti anni!
Labani
E suo marito... poderi e rendite... ne ha mai avuti?
[216]
Amalia
(sincera) — No, certo!... Povero Gaudenzi!... Oh, s'egli avesse potuto rimediare alla leggerezza di Silvio... lo avrebbe fatto!
Labani
(con intenzione) — Ora, lo credo anch'io.
Amalia
Eccoli!... Ritornano... (va incontro al marito come per avvertirlo di ciò che sa Labani: — poi, resta interdetta, esitante; e si ritira in disparte, inquieta. — Labani prende un contegno freddo, compassato).
Silvio
(inquieto, andando vivamente verso Labani) — Perchè rimandare il contratto?... Ti si sarebbe aspettato fin quando fossi stato libero.
Labani
(asciutto) — Era inutile!
[217]
Silvio
Inutile?... Che vuol dir ciò?
Labani
(con collera repressa) — Vuol dire che, quando si firmano cambiali di seimila lire... non si prende moglie!... (movimento d'inquietudine di Gaudenzi, di Silvio e di Rina, ecc.).
Silvio
(interdetto) — Tu sai!?
Labani
(c. s.) — Tutto!... E ti ringrazio della bella sorpresa... Il principio è buono!
Silvio
Non è il principio della vita nuova; ma la liquidazione della passata... (cercando scusarsi) L'ultima sciocchezza... che si può rimediare... anticipando il pagamento.
Labani
(ironico) — Lo credo!... Ma chi pagherà?... Io, no!... Mi costano fin troppo le tue sciocchezze... [218] e non ho danaro da gettar via per i tuoi capricci... e per quelli degli altri!... (con intenzione ironica) — Tranne che tu non voglia pagare con la dote della moglie!
Gaudenzi
(intervenendo, per istornar la tempesta) — In questo... o in altro modo... la cosa si può aggiustare.
Silvio
Pagando!
Labani
In che modo?
Gaudenzi
(c. s.) — Il modo... ripeto... lo troveremo... Non c'è premura.
Labani
Non sono di questo parere, io!... E ritiro il consenso.
Silvio
(con dolore, protestando) — Perchè ho fatto dei debiti?
[219]
Labani
(calmo) — Anche!
Rina
(intervenendo) — Anche?... C'è, dunque, dell'altro?
Labani
(c. s.) — Può darsi...
Rina
(con risentimento vivace) — Qualche calunnia contro di me?
Labani
No, no!
Gaudenzi
(inquieto) — E... allora?
Labani
Allora... allora... io non metto la mia firma sotto documenti che affermano cose... non vere! (stupore generale: — agitazione crescente di [220] Rina e di Silvio: — Silvio vorrebbe impedire la disputa).
Gaudenzi
(turbato; ma con risentimento vivace) — Come sarebbe a dire?
Labani
Che voi... nel contratto nuziale... promettete una dote... che non potete dare!
Gaudenzi
(c. s., ma fingendo una grande sicurezza) — Ho promesso mille lire all'anno... e le darò!
Labani
(ironico) — Le promesse... non bastano!
Gaudenzi
(imbarazzato) — Sarete garantito...
Labani
(pronto) — Da beni... che non esistono!
Gaudenzi
Come?!
[221]
Labani
(perdendo la calma) — Come... come!?... Voi non possedete nulla... e non potete assicurare nessuna dote a vostra figlia!
(a questo punto, Emma, che ha udito le voci d'alterco, s'affaccia alla porta di sinistra, inquieta, interrogando Amalia con lo sguardo. — Amalia s'avvicina a lei e le fa comprendere il dolore che prova per la disputa: — Emma la conforta: — le due donne restano nel fondo della scena, a sinistra, sino quasi alla fine dell'atto. — Amalia è in preda a una viva agitazione. — Emma, confortandola, l'abbraccia. — I personaggi che parlano, si animano sempre più: — scena rapida, calda).
[Emma — Amalia
Labani. Rina — Silvio
Gaudenzi].
Gaudenzi
(con calore, rispondendo a Labani) — Ma guadagno 10.000 lire all'anno!... Informatevene all'Ufficio municipale delle tasse!... Anche senza [222] calcolare i terreni, posso dunque impegnarmi...
Labani
(interrompendolo) — A nulla!... (per andarsene) I contratti... a me piace di farli sul positivo: non sopra semplici promesse.
Gaudenzi
(con maggior calore) — E avrete dei fatti... non delle promesse!
Rina
(intervenendo: — agitatissima) — Babbo, non rispondere più!... Te ne prego.
Gaudenzi
(con collera) — Devo pur dire al signor Labani...
Rina
(indicando Labani) — Egli... ha ragione!... Avete promesso la dote... la dote manca... cessa ogni obbligo... (a Silvio) E tu... sei libero!
Silvio
(con calore, protestando) — No, perchè noi ci amiamo!
[223]
Rina
(con grande amarezza e con vivo sarcasmo) — Oh, l'amore... era già compreso nell'affare!... Non possiamo amarci di più... per saldare la differenza di 25.000 lire... e io divento una nuora impossibile... perchè sono troppo povera... (a Labani) Non è vero?
Labani
(con iscoppio d'ira) — No, no!... Io non fuggo davanti alla vostra povertà... ma davanti alla menzogna di vostro padre!... Avrei anche accettata per nuora la figlia di un operajo laborioso e onesto... (con forza, nell'andarsene) Non accetterò mai... la figlia di un Gaudenzi! (via).
[Amalia, Gaudenzi, Rina (insieme).]
Amalia
(con sorpresa dolorosa) — Oh!
Gaudenzi
(con ira) — ... di un...?
Rina
(trattenendo Gaudenzi) — Lascialo andare!
[224]
Silvio
(con calore, a Rina) — Ma noi ci sposeremo lo stesso!
Gaudenzi
Bravo!
Rina
(agitata, dominando l'ira e il dolore) — È impossibile!... (a Silvio) Ciò che è accaduto ora... ci separa per sempre!
Silvio
(c. s.) — Perchè?... Quando avrò 25 anni, sarò padrone di fare quello che voglio... Dovrà ben passarmi... almeno gli alimenti!
Rina
Mai... mai... accetterò un soldo da lui!
Silvio
Ebbene, lavorerò...
Rina
Tu!?... Ma se non sai far nulla!
[225]
Silvio
Hai paura?... Di fame non si muore!
Rina
No!... Non ho paura... della fame, ma dei pentimenti... dell'odio che, oramai, è seminato fra le nostre due famiglie... e che il nostro matrimonio non farebbe che aumentare... Ci sono delle parole che restano scolpite sempre nel cuore... «La figlia di un Gaudenzi»!... (andando verso il padre e abbracciandolo) Ebbene, me ne vanto!... (a Silvio) Va... va!... Siate felici... co' vostri danari!... Del resto, tuo padre è logico... Vuole la continuazione della sua famiglia com'è stata fin qui... e respinge l'elemento che non può assimilarsi con essa... Tu, in vece, non obbedisci che alla passione del momento... e, pazzamente, vorresti preparare la tua... e la mia infelicità!... Ebbene, ciò non sarà!... E poichè il disinganno è venuto prima... ringrazia Dio... e rassegnati... come sono rassegnata, io! (sinceramente commossa).
Silvio
(con calore) — Rassegnata?... No, no... perchè piangi!
[226]
Rina
(con iscoppio di commozione) — Sì... piango di rabbia... perchè sento tutta la vergogna e l'amarezza della umiliazione subita!
Silvio
(disperato) — No!... Ciò non può essere!
Rina
(risoluta) — Deve.... essere!... Addio... e per sempre! (per andarsene: — poi, improvvisamente, si ferma; e, togliendosi orecchini, anelli, ecc.) Ah, prendi!... (li mette sulla tavola) Non voglio che tuo padre possa dire: «la figlia di un Gaudenzi... ti ha restituito la parola... ma non i giojelli!» (via, febbricitante).
Emma
(con ammirazione) — Brava!
Gaudenzi
È pazza!... Perde la sua fortuna!
Emma
(pronta) — Ma salva la sua dignità!... (con entusiasmo) E questo è bello!
[227]
Gaudenzi
(di malumore) — Sì... nel mondo della luna!
(Amalia continua a mostrarsi addolorata: — Silvio, disperato, ascolta Gaudenzi, che lo conforta, facendogli capire che Rina muterà idea).
CALA LA TELA
[229]
All'alzar della tela, Amalia è sola in iscena, seduta accanto a una tavola, con un lavoro donnesco in mano: — è triste e si asciuga gli occhi. — All'entrar di Gaudenzi, cerca di nascondere le lagrime e riprende il lavoro.
Gaudenzi
(entra leggendo il «Giorno»: — è molto agitato: — getta via il cappello e il bastone: termina la lettura; poi, getta il giornale, sopra la tavola, esclamando) — Tutti contro di noi!... (a Amalia, con sollecitudine) Ci sono lettere?
Amalia
No.
[230]
Gaudenzi
E quel cretino non risponde nemmeno!
Amalia
Chi?
Gaudenzi
Il principe di Castrovetero.
Amalia
Il Presidente del Comitato?
Gaudenzi
Già!... Si direbbe che tutto quello che scrivono... non lo riguarda... l'imbecille!
Amalia
(inquieta, indicando il giornale) — Parlano ancora dei vostri conti?
Gaudenzi
E come!... Il Giorno chiede a dirittura l'intervento del Prefetto.
[231]
Amalia
(alzandosi, spaventata) — Oh, Dio!... C'è qualche pericolo per te?
Gaudenzi
Sta tranquilla!... Tutte le carte sono in regola... ma queste polemiche ci rovinano... perchè fanno andar all'aria le recite combinate... Bisognava evitare i pettegolezzi!... L'ho tanto detto a Naldini: «non faccia veder conti... guadagni tempo... con qualche pretesto»... Ma da che s'è messo con Bice... ha perduto la testa!
Amalia
L'hanno perduta tutti e due!
Gaudenzi
Di lei... poco m'importa!... Mi rincresce per Naldini... È un giovanotto d'ingegno... e con lui si poteva far molto... ma è cascato proprio male... Ah, quella Bice!... E dire ch'è l'amica intima di Rina!... Bell'amica!... È lei che ha scaldato la fantasia a nostra figlia!... Dov'è adesso?
[232]
Amalia
(quasi piangendo) — In giro, a salutare le amiche.
Gaudenzi
(con sorpresa e con dolore) — Ma è, dunque, cosa stabilita?
Amalia
Pur troppo!
Gaudenzi
(con calore) — Ma è una pazzia!... Dovevi dimostrarglielo, persuaderla...
Amalia
Ho detto tutto quello che potevo dire... Ho pianto... pregato... tutto inutile!... È ostinata... come lo sei tu... quando ti cacci in testa una cosa.
Gaudenzi
Ma che dice per giustificare una risoluzione così grave?
[233]
Amalia
Che non vuol più restare a Roma.
Gaudenzi
E nient'altro?
Amalia
Nient'altro!... Non mi risponde nemmeno più!... (piangendo) Questa mattina, mentre cercavo di commuoverla... lei faceva tranquillamente i bauli... e, quasi canzonandomi, mi disse: «Mamma, che gioja avrai al mio ritorno!... Ma, capisci, per darti questa gioja, è necessario che io vada via»... Il suo ritorno!.... (con ischianto) Oh, io non la vedrò... perchè sarò morta!
Gaudenzi
Lascia fare!... Non è ancora partita... Prima di prendere il treno, deve fare i conti con me!
Amalia
(agitata) — Per carità, non prenderla con le cattive!... È così nervosa!
[234]
Gaudenzi
(con forza) — È pazza... e, con la sua pazzia, ha reso impossibile un matrimonio che si sarebbe sempre potuto combinare... perchè Silvio è innamorato... E, ora, medita una pazzia ancora più grande... Credi ch'io voglia permetterla?
Amalia
Ah, se tu potessi impedirla!
Gaudenzi
(risoluto) — Vedrai!
Naldini
(sulla soglia, entrando) — Notizie?
Gaudenzi
Nessuna!
Naldini
Il Principe non ha risposto?
[235]
Gaudenzi
No!
Naldini
Dev'esser fuori della grazia di Dio!... Io non oso più farmi vedere.
Gaudenzi
Eppure, bisogna andarlo a trovare subito... prima che faccia qualche nuova bestialità.
Naldini
(squadrandolo) — E devo andarci proprio io?
Gaudenzi
Sicuro!... Prima di tutto, perchè lei... è il segretario del Comitato... e, poi, perchè è stata la sua imprudenza che ha sollevato tutto questo chiasso.
Naldini
(vivace). — Io non ho parlato con nessuno!... Ho dato solamente i conti al Principe, che li voleva...
[236]
Gaudenzi
Già... per darli alla stampa!
Naldini
(c. s.) — Potevo immaginare che fosse così stupido!... E ora che devo dirgli?
Gaudenzi
Tenere ben fissa in mente la mia lettera... 1.º: le spese sono tutte giustificate... 2.º: con le recite si avrà un benefizio di sette od ottomila lire... 3.º: l'insuccesso si deve... in gran parte... a lui... perchè non s'è occupato affatto della sottoscrizione... 4.º: il solo responsabile delle spese... è lui, che ha firmato i mandati...
Naldini
(ingenuamente) — Senza leggerli...
Gaudenzi
Peggio per lui!... Caro Naldini, ci accusano: dobbiamo difenderci!... È il Principe che ha rotto le uova nel paniere... Paghi lui!... Vuole che, per salvare quell'asino d'oro, prendiamo la cosa sopra di noi?
[237]
Naldini
(con vivacità) — Questo, no!
Gaudenzi
Dunque, parli alto!... Il Principe, se vuole, può far mutar linguaggio ai giornali... e riparare lo scandalo... Lo faccia nel suo interesse morale... Già... per il nostro... non moverà foglia!
Naldini
Ha ragione!... Oh!, Commendatore, lei trova sempre la nota giusta... Stia tranquillo!... Gli metterò indosso tale paura che dovrà fare quello che vogliamo! (via, di corsa).
Gaudenzi
(si ritira in disparte, leggendo delle carte).
Amalia
Purchè si accomodi almeno questa faccenda del Comitato!
Gaudenzi
Oh, non c'è dubbio!
[238]
Ida
(entra in iscena agitatissima) — Buon giorno...
Amalia
(sorpresa e contenta) — Oh, Ida!... Ti fai vedere finalmente!
Ida
Alfredo... vi ha scritto?
Amalia
No... (guardando Gaudenzi) ch'io sappia.
Gaudenzi
(indifferente) — Da Milano... otto giorni fa!
Ida
E, poi, più nulla?
Gaudenzi
Nulla.
[239]
Ida
(con amara ironia) — Ha voluto, dunque, riserbare a me... la primizia della buona nuova.
Amalia
(con vivo interessamento) — Ti ha scritto?
Ida
Una lettera raccomandata... Bellissima!... Viene da Nizza... (cava la lettera dal portafazzoletto e la dà a Gaudenzi) È molto interessante... Legga... legga!
Gaudenzi
(prende la lettera e principia a leggere di mala voglia; poi, s'interessa e leggendo approva col capo).
Amalia
Che ti dice?
Ida
Oh, tante... tante belle cose!... Prima di tutto, mi annuncia... quello che sapevo... cioè, che era partito da Roma... per seguire miss Stower!
[240]
Gaudenzi
(interrompendo la lettura) — Per seguirla, no: per trattare una sua causa a Milano.
Ida
(sempre con ironia e sarcasmo) — Già... che discutono insieme... a Nizza!
Amalia
(con rimprovero) — Ida!... Miss Emma è una donna onesta...
Ida
Oh, sì!... (c. s.) — All'americana!... (a Gaudenzi) Legga... legga!... Altro che causa... altro che avvocato!... (a Amalia) Le occorre un marito... il mio!
Amalia
(con istupore) — Che dici?
Ida
Oh, il suo caro figlio... lo confessa candidamente... Si amano... e aspettano il permesso di sposarsi.
[241]
Amalia
(c. s.) — Sposarsi?... Non capisco!
Ida
È ben facile capire!... Alfredo ha scaldato la testa all'Americana.
Amalia
(con vivacità) — Ma che!... Egli non l'ama!
Ida
Amante?... No!... Amica... che diavolo!... Lei è una donna onesta... che si guarderà bene di far un passo... falso!... E lui... come amico... e consulente... per ora... se non il cuore, terrà la cassa... È questa che gli preme!
Amalia
Ma tu impazzisci!
Ida
Già!... La pazza... sono sempre io!... Ma leggete, dunque!... Alfredo vuol cambiare nazionalità... Mi propone il divorzio... E, se accetto, [242] miss Stower è pronta a... (fa il segno di chi spende) senza lesinare!
Gaudenzi
(chiudendo la lettera) — «Senza lesinare»... È vero!... Dice proprio così!
Amalia
(al colmo dello stupore) — Possibile!
Gaudenzi
(calmo, persuaso: — a Ida) — E tu che cosa dici?
Ida
(risoluta) — Che rifiuto!
Gaudenzi
(a bocca aperta) — Ri... fiu... ti...!?
Ida
(c. s.) — Sì... rifiuto!
[243]
Gaudenzi
Eh, via!... Cambierai d'idea quando ti avrò fatto riflettere... È vero che gl'innamorati non riflettono così facilmente.
Ida
Ma che!... Credete, forse, che io sia innamorata ancora di... vostro figlio?
Gaudenzi
Qui, ti volevo!... Non lo ami più... e rifiuti!... Andiamo, non c'è senso comune!... Sei convinta ch'egli non ti vuol bene...
Ida
Non me ne ha mai voluto!
Gaudenzi
Vivi separata da lui... Non isperi, certo, ch'egli ritorni a te.
Ida
In ogni caso, io non tornerei a lui...
[244]
Gaudenzi
Dunque, lascialo al suo destino!
Ida
Sì... se questo destino fosse il suo castigo!... Ma, dal momento che sarebbe tutt'altro... impari a far i conti con me.
Gaudenzi
Lascia correre... e pensa che, accettando l'offerta di miss Stower, assicuri l'avvenire di tuo figlio.
Ida
A mio figlio... ci penso io!
Gaudenzi
So che tu sei una brava donna... ma anche le brave donne... possono ammalarsi... Lo hanno accettato... per i figli... delle mogli più ricche... più innamorate... di te!
Ida
Io non accetterò mai!
[245]
Gaudenzi
Il tuo... è un puntiglio... che nuoce a te sola... Se si amano... anche senza il tuo permesso...
Ida
(convinta, interrompendo) — No!... Miss Stower non cede!... Oh, si capisce benissimo dall'intonazione supplichevole della lettera!... O moglie... o nulla!
Gaudenzi
Parole!... A lungo andare, cederà!
Ida
Faccia pure!... Si degradi lei... se le piace!.. Io no!... Così, a suo tempo, oltre il dolore d'aver creduto a un uomo come Alfredo... avrà anche la vergogna d'essere l'amante... di un uomo ammogliato!
Amalia
(con commozione sincera) — Hai ragione!... Ciò che Alfredo ti chiede è indegno!... Tu, però, rispondi con dolcezza... Gli scriverò anch'io... Egli si persuaderà... e, forse, ritornerà...
[246]
Ida
(ugualmente commossa) — Oh, lei è buona!... (le dà un bacio) Ma io non lo spero... nè lo desiderò più! (via, senza salutare Gaudenzi).
Gaudenzi
(mettendosi in faccia a Amalia). Altro che buona!... Tu sei pazza come lei!
Amalia
(severa, addolorata) — Tu approvi Alfredo?
Gaudenzi
No!... Ma la soluzione che propone... è logica... Sono separati... amichevolmente, sì... ma irrevocabilmente... perchè non vanno d'accordo... Capita a lui una buona fortuna... che lo è anche per sua moglie e per suo figlio... ciò che più importa!... E dovrà perderla?... Non dico che il divorzio... nelle condizioni in cui si trova Alfreda... non presenti molte difficoltà... ma lui è avvocato... Miss Stower è [247] ricca... e... con l'ingegno e col danaro... si riesce a tutto.
Amalia
Eh!... Se Ida non vuole, non potranno riuscire... avessero.... lui l'ingegno di non so chi... e lei il danaro di Rothschild!
Gaudenzi
E allora tanto peggio per Ida!... Mio figlio non è uomo da perdere una fortuna... per vendetta della moglie... Se non potrà essere il marito di Emma... sarà il suo avvocato!.... E le apparenze saranno salve... perchè il mondo non chiede di più a quelli che hanno... ingegno... quattrini... o, magari, a quelli che hanno... quattrini soltanto!
Amalia
(sincera) — Oh, Dio... come parli!
Gaudenzi
Mia cara, la vita è fatta così!... Puoi tu cambiarla?
[248]
Rina
(dalla comune, in elegante «toilette» da passeggio. — Entra ilare, gaja, contenta) — Oh, tutto è fatto!
Gaudenzi
(di cattivo umore) — Fatto... che?
Rina
Le visite di congedo... Ora, eccomi libera come l'aria!... A Santa Cecilia sono tutti entusiasti della mia risoluzione... Sgambati m'ha dato delle lettere di presentazione per Vienna e per Berlino... Le ho mostrate alle mie compagne... (ridendo) Ohe faccia hanno fatto!... È un colpo che non si aspettavano.
Gaudenzi
(severo) — Eh, aspetta a ridere alle loro spalle... perchè non sei ancora sicura di partire!
Rina
Oh, bella!... Chi me lo impedirà?
[249]
Gaudenzi
Io!
Rina
(ridendo) — Tu!... Ah, ah!
Gaudenzi
(incominciando a perdere la pazienza) — Io, sì!... Tuo padre... che ha il diritto di comandare.
Rina
(scherzosa) — E vuoi proprio cominciare oggi.... e con me... a esercitare questo diritto?
Gaudenzi
Sì, signora!.. Questo tuo desiderio romantico di girar il mondo... dando dei concerti con Oswaigiaski... non piace a tua madre... e non piace nemmeno a me... perchè è una pazzia... e devi rinunziarvi.
Rina
Rinunziarvi?... So bene che scherzi!
[250]
Gaudenzi
(in collera) — Non sono di umore da scherzare!
Rina
Lo vedo!... Mi dispiace... povero babbo... ma questo non cambierà le mie risoluzioni.
Gaudenzi
(c. s.) — Te le farò cambiare per forza!
Rina
(sorpresa; ma sempre con aria canzonatrice) — Vuoi farmi arrestare alla stazione dai carabinieri?... (ridendo). Bada!... Sarebbe un arresto arbitrario, perchè sono maggiorenne.
Gaudenzi
(con viva irritazione) — Voglio che tu smetta quel tono irriverente... e che tu parli seriamente... Hai capito?
Rina
(mutando tono e diventando seriissima) Ah!... [251] Volete una spiegazione seria?... (con amarezza) Io cercavo di evitarla, perchè lo credevo meglio per tutti; ma, una volta che lo esigete, parliamo pure sul serio... (prende una sedia nel mezzo della scena tra Gaudenzi e Amalia). Io, dunque, non devo partire... Vojaltri volete che resti a Roma... Ma che cosa ci resterò a fare... a Roma?... Vediamo!... A continuare lo studio del pianoforte... e... fra qualche mese... prendere il diploma di professoressa... E poi?... Dar lezioni...
Gaudenzi
Sicuro!
Rina
E dove le troverò?... Ci sono oramai più maestre che scolare... e... poverette le ultime arrivate!... Sarà un miracolo se, correndo tutto il giorno, da un punto all'altro della città, raggranellerò cinquanta lire al mese.... Bell'avvenire!
Amalia
(con dolcezza) — Tu esageri!
[252]
Rina
No, non esagero!... Il babbo... lo sa!... (a Gaudenzi) Era il tuo argomento favorito quando volevi decidermi a sposare Silvio!... (Gaudenzi fa una smorfia). E me lo hai ripetuto tante volte, che, alla fine, io n'ero rimasta convinta e m'ero detto: — piuttosto che morire d'inedia a Roma, andiamo a seppellirci, provvisoriamente, nella campagna viterbese!... Mi annojerò a morte; ma avrò conquistato il benessere materiale... (a Gaudenzi) Buona tavola... e buona cucina... mi hai insegnato tu... fanno buon sangue!... A suo tempo, poi... se la noja non m'ammazza... avrò la ricchezza... la libertà... il piacere di far saltare gli scudi del vecchio Labani... e di tornare a Roma per brillare fra le antiche compagne... povere e infelici... Ma questo sogno lo avete distrutto vojaltri!
Amalia e Gaudenzi
(insieme protestando) — Noi!?
Rina
Sicuro!... (a Amalia) Tu... con la tua ingenuità... (a Gaudenzi) e tu... con quella maledetta clausola del contratto.
[253]
Gaudenzi
Ma tutto si sarebbe potuto aggiustare...
Rina
(pronta) — Se io avessi voluto?... Ti proverò che non è vero; ma, data l'ipotesi, bisognava che io fossi stata una bambola... un pezzo di legno... la più insensibile delle creature umane!... E, perdio!, ripugnerebbe anche a voi... che io fossi così... perchè sono vostro sangue!... Ma se anche avessi voluto... non avrei potuto... Sapete che cosa m'ha fatto sapere Silvio questa mattina?... Che... per alcuni giorni... doveva recarsi a Viterbo... dove suo padre lo chiamava... con l'ordine perentorio di troncare ogni relazione con me.
Gaudenzi
E lui?
Rina
E lui... doveva chinare il capo... Prometteva... s'intende... che il suo affetto... eccetera, eccetera... ma, in tanto...
[254]
Gaudenzi
Lo hai trattato così male!... Egli ti ha sempre scritto... e ha chiesto di vederti... Tu non gli hai mai risposto.
Rina
Perchè sapevo bene che avrebbe presto finito col chinare il capo!... Ah, ah!... (ride). Ma se lui... china il capo dinanzi a suo padre... non posso... non voglio... chinarlo io... dinanzi alle buone amiche... che, dopo quella rottura delle mie nozze... mi capisci!... Oh, dovessi andar non so dove... non voglio... non posso più vedermi a Roma... dove, adesso, dopo quello scandalo, non troverei più certamente un cane che mi sposasse!
Amalia
Oh, per questo!
Rina
Già... aspettando chissà fin quando!... E sposandomi a un uomo che mi sarebbe indifferente, dopo aver dato ignobilmente la caccia a cento altri!... (con crescente esaltazione). E vorreste obbligarmi a vivere in un Inferno simile... [255] mentre... con l'arte che mi avete dato... posso andar lontano... e guadagnarmi la vita onoratamente!
Amalia
(con calore) — Onoratamente... girare il mondo con un uomo?
Rina
(esaltata) — Sì... con un uomo!... Ma sta bene attenta alle mie parole, perchè non sono più una bambina!... Con un uomo... col quale correrò soltanto i pericoli che vorrò correre!
Amalia
(con ischianto). Sia pure... ma la gente!
Rina
(con ironia) — Oh, la gente!... Credi che... se resto... mi rispetteranno di più?... E che in Roma... oggi... siano in molti pronti a metter la mano sul fuoco per la mia onestà?
Amalia
(con calore). Ma la tua coscienza...
[256]
Rina
(sempre esaltata: — con cinismo e con ironia) — La mia coscienza... me la porto in giro con me!... Mi servirà sempre... se vorrò servirmene!
Amalia
(protestando, scandalizzata) — Oh, Rina!
Gaudenzi
(intervenendo) — Sicchè... la conclusione?
Rina
La conclusione è semplice: Oswaigiaski... uno dei più illustri artisti del mondo... m'offre di fare una grande... «tournée» artistica: assume lui tutte le spese di viaggio... alberghi, eccetera... e dividerà con me gli utili dei concerti... Non rischio nulla... e ciò mi assicura due o tre anni, forse, di vita deliziosa... Vedrò le principali città d'Europa... avrò una parte degli applausi dati a lui... e tornerò, spero, con un nome celebre... e con un po' di danaro in tasca... È possibile esitare... discutere?... (a Gaudenzi). Rispondi come se si trattasse di un'altra... L'affare è buono... sì o no?
[257]
Gaudenzi
(convinto) — Non posso negarlo: è buono... Ma come possiamo lasciarti partire... così sola?
Rina
È questo soltanto che ti spiace?
Gaudenzi
(cominciando a tradire il proprio pensiero) — Ecco...
Rina
(penetrando nell'anima del padre) — Ebbene... vieni anche tu!
Gaudenzi
(fingendo grande maraviglia) — Io!?
Rina
(c. s.) — Sì... Farai da segretario della «tournée».
Gaudenzi
(c. s.) — E la mamma?
[258]
Rina
(pronta) — La mamma... andrà a stare con Ida... Si occuperà del bambino... che adora... (a Amalia). Non è vero?
Amalia
(quasi sedotta anche lei dalla proposta; ma esitante) — Se tuo padre ti accompagna...
Rina
(gaja) — Ma sì: è deciso!... (a Gaudenzi) Prepara anche tu i bauli.
Gaudenzi
(fingendo resistenza) — Non è deciso nulla!... Perchè... se anche cedessi... per farti piacere... e per evitare la cattiva impressione di vederti partir sola... che direbbe Oswaigiaski... di questo aumento di spesa?
Rina
Oswaigiaski, sinora, non s'è mostrato difficile... Del resto, lo sapremo subito.
[259]
Gaudenzi
(agitato, tra la speranza di partire e il timore di un rifiuto). In che modo?
Rina
Deve venire per fissar la partenza.... Gli farò la proposta.
Gaudenzi
(c. s.) — E se rifiuta?
Rina
Allora, non parto neppur io!
Gaudenzi
(con moto di gioja, che non riesce a frenare) — Davvero?
Rina
(sorridendo, come chi è sicura del fatto suo) — Te lo prometto.
Gaudenzi
(esultante) — Ecco come risponde una figlia di cuore!
[260]
Gaudenzi
(a Naldini, che entra ansioso) — E così?
Naldini
E così... non avrei mai creduto che quella mummia incartapecorita avesse tanta energia nella collera!... Quante me ne ha dette!
Gaudenzi
E la conclusione?
Naldini
Il suo ultimatum è questo: pagherà lui le spese... dirò così... di amministrazione... per diminuire il passivo di duemila lire...
Gaudenzi
(sorpreso) — Oh, davvero!?... Non lo credevo tanto splendido!
[261]
Naldini
(esitante, imbarazzato) — Ma a una condizione...
Gaudenzi
Quale?
Naldini
(c. s.) — Vuole le nostre dimissioni...
Gaudenzi
(con collera) — Cacciáti... noi... dal Comitato che abbiamo creato?!
Naldini
Dimessi... caro Commendatore... dimessi soltanto... e volontariamente.
Gaudenzi
Fa lo stesso!... È un insulto che respingo... Dimettersi oggi... dopo gli attacchi dei giornali... sarebbe lo stesso che confessarsi colpevoli... (con forza) No... no!
[262]
Naldini
(con comica allegria, perchè sa che Gaudenzi non è uomo da accettare una simile soluzione) — Dunque, il Principe si tenga le duemila lire... (per andarsene).
Gaudenzi
(subito, fermandolo) — Un momento!... Mi lasci riflettere... Capirà che con duemila lire non si scherza!
Marianna
(dalla comune, annunziando) — Il signor... il signor... (cercando il nome). Quel signore che suona il violino.
Rina
Avanti... avanti! (gaja: — tutti ridono).
Oswaigiaski
(entrando dalla comune: — solenne, ma cordiale) — Signor Commendatore... Signora... (dà loro [263] la mano). Lieto di vedere tutta la famiglia... Ebbene, la signorina... (guardando Rina) è decisa?... Si fa questa grande «tournée»?... Quando si parte?
Rina
Tutto dipende da lei!
Oswaigiaski
Ma io ho già detto il grande piacere di dare concerti in sua compagnia... e anche stabilito le condizioni.
Rina
Ma ce n'è una... della quale non si è mai parlato.
Oswaigiaski
Dica liberamente...
Rina
Io non posso girare il mondo sola!
[264]
Oswaigiaski
Oh, capisco!... La mamma viene con lei... Questo si usa molto... Farà piacere avere la signora Amalia con noi.
Rina
No... La mamma non si muove da Roma.
Oswaigiaski
Una cameriera?... Questo... è meno piacevole... (rassegnato) Pazienza!
Rina
(sorridendo) — No... niente cameriera!
Oswaigiaski
(non capisce: — guardando, sospettoso, Naldini) — Allora...
Rina
(ridendo) — No... neppure Naldini!... Il babbo!
Gaudenzi
(non potendo frenarsi) — Io!
[265]
Oswaigiaski
(sorpreso) — Il signor Commendatore può lasciar Roma?
Rina
Sì... se lei lo prende per segretario!
Oswaigiaski
(quasi non credendo) — Oh!, il signor Commendatore... segretario?
Rina
Sì... se lei lo vuole.
Oswaigiaski
(a Gaudenzi) Questo impiego... troppo piccolo... per lei!
Gaudenzi
(enfatico) — Senza dubbio!... Sono stato artista e impresario... ma, per non lasciar partire sola mia figlia... per star vicino alla mia creatura...
[266]
Oswaigiaski
(imbarazzato) — E, poi, io ho già un segretario... (pensando).
Rina
(gaja) — Ne avrà due!... Se accetta... domani si parte.
Oswaigiaski
Domani?... (colpito da un'idea). Allora... non segretario... cioè... (con intenzione) non peso amministrazione... (a Rina, lieto della sua trovata) Impresario... Questo fa più grande réclame!... Tutta parte morale affare suo!... (tutti ridono: — Rina abbraccia Amalia e si congratula con Oswaigiaski, che è lieto e superbo della sua trovata).
Gaudenzi
(a Naldini, con piglio napoleonico, indicando la tavola). — Si metta là... e scriva... (dettando) «Il commendator Gaudenzi riprende la sua carriera trionfale d'Impresario, guidando la «tournée» artistica del celebre Oswaigiaski. Dovendo, perciò, abbandonare Roma domani stesso, ha l'onore di presentare le proprie dimissioni, in un con quelle del cavalier Naldini, [267] da membro del Comitato, ecc... ecc.» (raggiante) Così le dimissioni non lasciano luogo a sospetti...
Naldini
(spaventato) — Per lei... ma per me?
Gaudenzi
Lei non si faccia vedere per qualche giorno... Lasci detto che è partito con me: poi, torni... col pretesto di trattare la formazione di una gran Compagnia lirica... per l'America.
Naldini
(c. s., comicamente) Ho capito: mi abbandona!... Mi lascia solo!
Gaudenzi
(con intenzione) — Solo... a Roma?... Non lo sarà mai!... Si guardi d'attorno...
Naldini
(abbassando la voce) — È vero: troverò quanti Gaudenzi voglio!
CALA LA TELA.
FINE.
[269]
A ROMA.
La rentrée di Camillo Antona-Traversi sulla scena italiana, ha segnato iersera al Costanzi un successo caloroso, la cui eco sarà giunta stamane all'autore dolce e confortatrice.
Parassiti è un lavoro chiaro, sobrio, che per semplicità e freschezza si riallaccia alla buona produzione italiana; a quella, s'intende, che trionfava parecchi anni addietro, proseguendo ideali d'arte, forse modesti, ma sempre originali, a differenza dell'odierna che immiserisce nel servaggio dei simboli e delle anormalità d'importazione straniera.
Il Traversi ha osservato e studiato una parte del variatissimo mondo romano: vi ha colto delle passioni, ne ha tratto dei tipi; e, senza alcuna pretesa di approfondire ardue questioni sociali e sentimentali, è riuscito a recare sul palcoscenico un personaggio vivo, disegnato con arguzia, vero prototipo del parassitismo, anzi pernio fisso di tutta una curiosa società che s'aggira attorno a lui e trae l'esistenza dal piccolo sfruttamento degl'illusi, degli ambiziosi, dei gonzi...
La figura di Don Gennaro Gaudenzi è stata riprodotta con singolare sapienza scenica da Oreste Calabresi: egli ha aggiunto iersera al suo repertorio un nuovo mirabile personaggio, che rimarrà tra le sue più simpatiche creazioni.
Claudio Leigheb, con un'arte sempre scintillante, è riuscito [270] a porre in evidenza una parte di poco rilievo qual è quella del Naldini.
Tutti gli artisti, del resto, hanno gareggiato in bravura: il Carini, la Cristina, la Leigheb, il Guasti, la Zucchini-Maione, la Carini, il Beltramo, il Rizzotto e la Bardazzi.
Il pubblico ha accompagnato con crescente attenzione i lunghi quattro atti della commedia, spesso ridendo di cuore, interessandosi sempre e manifestando il suo gradimento, calata la tela, con applausi e chiamate.
Parassiti stasera si replicano; e il successo del Costanzi si rinnoverà man mano in tutti i teatri d'Italia.
Stanislao Manca[25].
Parassiti, dati iersera, hanno confermato ancora una volta la vigoria dell'ingegno drammatico di Camillo Antona-Traversi. Si tratta di un lavoro così detto d'ambiente, che rispecchia, senza esagerazioni, ma con vivaci colori, uno dei più sentiti fenomeni sociali dei nostri tempi. I Parassiti del Traversi ci riproducono quel complesso sociale che specula su tutto e su tutti, dalla beneficenza all'arte, dal matrimonio al divorzio, figurine vere e vissute, le quali, se nello sviluppo dell'azione qualche volta appariscono accademiche, hanno sempre però un'impronta tipica efficace ed essenzialmente umana.
Il comm. Don Gennaro Gaudenzi, di cui Oreste Calabresi ha fatto una vera creazione artistica, è centro e anima di quest'ambiente sociale.
Nella commedia risaltano figure varie, scroccatori di ogni genere, figure di ogni giorno e di ogni salotto, dal cacciatore di donnine galanti, all'incontentabile dilapidatore del più modesto buffet.
Il lavoro è piaciuto, ed è destinato a essere replicato: si presenta con una serietà d'intenti e con una condotta artistica tale da assicurargli il successo presso quanti sentono l'arte nelle sue forme più pure e più serene.
Per concludere, diremo che gli applausi furono frequenti, e a ogni fine di atto gli artisti furono acclamati al proscenio [271] per la splendida recitazione. Perciò, stasera, prima replica dei Parassiti.
Fabr...[26].
Tra i lavoratori che consacrano al teatro lo schietto entusiasmo e la fede sincera va certamente annoverato Camillo Antona-Traversi.
Pochi anni fa, egli riusciva, dopo varj tentativi, a mostrare le risultanze dello studio e della tenacia. Infatti, con Le Rozeno, Danza Macabra e I fanciulli — Le Rozeno particolarmente e anche Danza macabra — egli lasciava intravvedere promessa buona; e il successo col quale furono accompagnate quelle commedie e quel dramma certamente confortava l'autore a proseguire con tutta la lena e con tutte le posse. Egli sarebbe pur riuscito, era lecito sperare, dalle prove ultime, a una affermazione degna, date le proporzioni concesse. Le Rozeno ebbero anzi quella consacrazione che deriva unicamente dalla vitalità; e, cioè, rimasero nel repertorio delle maggiori Compagnie; e la dolorosa vita di Lidia, l'anima purissima pur tra le offese, fu predilezione delle principali giovani attrici.
Vicende crudeli straziarono, poi, la esistenza del carissimo Camillo Antona-Traversi, il quale vide infrangere crudelmente sogni e speranze. Non lavorò più per il teatro, egli che omai cominciava ad acquistarne il diritto; e il maggior conforto gli fu anche conteso: quello che sarebbe a lui derivato dalla soddisfazione di una fortuna sorridente al lungamente invocato e intensamente voluto risultato del suo assiduo lavoro per la scena.
Ma ecco che ora, desiderio, consolazione, volontà, pur nello strazio del travaglio — travaglio di angoscia, egli che tante sventure aveva soccorso e consolato! — ecco che, ora, Camillo Antona-Traversi ritenta il teatro: più precisamente vi ritorna; e vi ritorna con quattro atti di una commedia lieta e ridente, nella quale la gente e le cose di questo mondo, mentre pur l'autore forse avrebbe potuto vederle tristi e bieche, son guardate con serenità e bonariamente rispecchiate.
[272]
Tra l'altro, Camillo Antona-Traversi ha trovato un tipo che poteva anche diventare un carattere, mentre alla macchietta si arresta: un tipo di uomo costretto a strappar la vita, alla meglio o alla peggio, come viene, nè buono nè cattivo, e che, dalla improvvisazione di discutibili Comitati di pietà per pubbliche sventure, arriva fino a dir bugie in pubblici atti pel matrimonio della figliola, compromettendo, nel desiderio di assicurarla, la probabile felicità dell'avvenire. Ma la macchietta è disegnata con franchezza, è colorita con vivacità, ed è anche osservata con arguzia; così che quando passa a traverso i quadretti, li vivifica felicemente; e quando li informa, come nel primo atto, riesce a notevole risultato nel genere.
Inoltre, la condotta tra l'episodio principale e i secondari, le figurine più delineate e meno, e una certa dipintura d'ambiente, se procede qua e là con certa ineguaglianza e anche con manchevolezza, è accompagnata da un dialogo adatto nella sua festevolezza; un dialogo che, con la macchietta del Gaudenzi, costituisce la particolare qualità della commedia.
La quale fu recitata con tutto l'affetto dagli attori — il Calabresi, Gaudenzi, notevole — e fu accolta dal pubblico con applausi a ogni atto e chiamate. Applausi che, mentre per molti degli spettatori rivelavano anche una emozione gentile, determinavano il successo.
Edoardo Boutet[27].
A pochi giorni di distanza, due volte sul nome di Antona-Traversi si è confermato il successo.
La scuola del marito di Giannino, giunta a Roma dopo i trionfi di Napoli e di altre città, ha potuto sollevare questioni d'indole più o meno morale, a seconda degli scrupoli più o meno sinceri di chi l'ha giudicata; ma è certamente la prova d'un ingegno fine, acuto, educato all'arte e di un'attitudine singolarissima dell'autore alla letteratura drammatica.
Parassiti di Camillo, recitati ieri sera al Costanzi, riportarono un successo schietto, meritato; e il pubblico che si [273] divertiva e apprezzava l'opera d'arte, non si contentò di esprimere il suo compiacimento con le sole chiamate a ogni fine di atto, ma interruppe con applausi le migliori e più indovinate scene della commedia.
In questi Parassiti Camillo Antona-Traversi ha riprodotto sulla scena alcuni tipi della società, i quali solo nelle grandi città possono ritrovarsi, che si sobbarcano a tutti i fastidi, che studiano, escogitano tutti gli espedienti per riuscire a vivere comodamente, evitando il vero e proprio lavoro; quello che a ben altri sentimenti e a ben altri scrupoli informa la coscienza e il carattere. Tra le compiacenze del pubblico, non era ultima quella di ritrovar sulla scena, presentati dall'autore, con forza di colorito e geniale comicità, certi tipi, dai quali l'inverno, quando ferve la vita mondana della capitale, male ci si salva; che speculano sulla carità, sull'altrui ricchezza, e hanno come manifestazione e come sicuro mezzo di risorsa le feste di beneficenza, i concerti e tutte quelle varie forme della filantropia in cui si può appiattare l'imbroglio.
Il tipo del moderno parassita è incarnato nel comm. Gaudenzi, un individuo al quale manca la cognizione del senso morale, manca quell'onestà costituzionale che fa i galantuomini veri; ma che pur tuttavia non è cattivo nel vero senso della parola; e si gode la vita comunque gli venga, come si gode da vent'anni il titolo di commendatore, che nessuno, oltre la sua fantasia, ha pensato mai di conferirgli.
Non è propriamente intorno a un fatto che la commedia si svolge; ma intorno a una serie di ben trovati episodi, nei quali la storia di quei Parassiti si delinea: storia, poi, che si riassume nel tipo del comm. Gaudenzi e si completa nel cav. Naldini, un segretario intelligente, lasciato, per la subita partenza del principale, alla ricerca di uno dei tanti Gaudenzi di cui è pieno il mondo.
Le forti qualità di commediografo di Camillo Antona-Traversi si sono in questo lavoro riconfermate.
Le figure anche meno delineate appariscono vere e portano un forte contributo alla sincerità dell'azione, alla pittura dell'ambiente.
Il dialogo elegante, pieno di brio, di spirito, di indovinato e opportuno umorismo, fa che appena si avverta la lunghezza soverchia di alcune scene del secondo atto, tanto grande è il diletto che viene dalla conversazione sempre piacevolissima.
Il successo fu completo e ne va data parte agli attori, [274] che recitarono con speciale amore il lavoro di Camillo Antona-Traversi.
Calabresi fu un comm. Gaudenzi indovinato, perfetto; perfetto nel trucco, nella incarnazione del personaggio, nella recitazione. Leigheb fu un cav. Naldini degno di non rimanere lungamente a spasso; e la Zucchini-Maione, Teresa Leigheb, la Cristina e Carini, convinti e compiaciuti della bontà del lavoro, contribuirono a guadagnare all'autore i molti applausi di cui risuonò ieri sera l'affollata sala del Costanzi.
Poichè un bel pubblico assisteva alla rappresentazione; un pubblico d'intelligenti del cui giudizio l'autore può andare superbo.
Stasera Parassiti si replicano; e se la Compagnia non lasciasse il teatro, per molte sere il lavoro verrebbe ripetuto, per desiderio del pubblico che ci si è divertito e lo ha tanto favorevolmente giudicato[28].
La nouvelle comédie en 4 actes Parassiti de Camillo Antona-Traversi, a eu hier au Costanzi un succès complet. Nombreux rappels à tous les actes et à la fin de la pièce. Et le succès est mérité par l'auteur et par ses interprètes.
Camillo Antona-Traversi n'a pas voulu présenter le parasitisme moderne sous tous ses aspects. Il ne tiendrait pas dans une comédie. Mais il a mis en scène un type de parasite: celui qui vit des comités de bienfaisance et des fêtes de charité et de la claque qu'il organise.
Autour de ce type vibrionnent les parasites secondaires que nécessite l'action et les personnages servant au développement du caractère principal.
Dix ou douze personnages importants, car la pièce est très mouvementée — mais un seul au premier plan: Gennaro Gaudenzi, ancien secrétaire communal d'un village qui, après des années de luttes, de misères, d'aventures s'est fixé à Rome avec sa femme et ses enfants.
Il se fait passer pour avocat, commandeur, propriétaire; et, faisant de la bienfaisance sa vache à lait, il protège les artistes.
Le fils est vraiment avocat; mais moins scrupuleux encore [275] que son père, au lieu de chercher des clients, il exploite les femmes. La fille est une pianiste nevrosée et capricieuse, qui rate un mariage d'argent et finira par courir le monde pour s'enrichir par l'art... ou autrement!
La femme de Gaudenzi, bonne mère de famille, simple et un peu ignorante, se désespère des dangers que risque son mari par sa morale élastique, de la conduite de ses enfants et de tous les incidents déplorables qui adviennent par leur faute.
Gaudenzi, au contraire, s'adapte à tout: chaque incident, même douloureux, lui inspire quelque nouvelle trouvaille: dans tout naufrage il voit une planche de salut.
Ce type original au théâtre et si connu dans la société est admirablement peint par l'auteur.
M. Calabresi l'a étudié à fond, s'est pénétré de la pensée et des intentions d'Antona-Traversi, c'est fait son collaborateur et nous a créé le personnage qu'il vit, qu'il présente aussi complet que possible.
Le commendatore Gaudenzi reste une des plus belles créations du théâtre italien contemporain.
C'était l'avis de tous à la sortie du Costanzi et on ne saurait faire un plus bel éloge à l'auteur et à l'interprète.
A l'actif de l'auteur, il faut porter aussi les types du fils Gaudenzi, de Mme Gaudenzi, de Miss Stower, une américaine vraie et non de convention; de Naldini, le secrétaire de Gaudenzi, de Labani, tous croqués d'après nature, comme la silhouette du violoniste célèbre, du critique grincheux, mais sincère, etc.
Le premier acte, d'une facture magistrale, révèle une connaissance profonde de la scène: la conclusion logique de la pièce, dans un quatrième acte très court, porte d'une façon étonnante.
L'ensemble est merveilleux et tous les rôles, même les moins importants, sont fort bien tenus.
Claude Leigheb trouve un effet comique pour chaque mot, pour chaque geste de Naldini.
Carini a fait valoir intelligemment les intentions de l'auteur dans le rôle ingrat de Gaudenzi fils.
Mme Leigheb est une splendide Miss Stower, Mlle Cristina nous a donné une Rina pleine de sentiment et de talent. Mme Zucchini a fait bien ressortir le caractère de M.me Gaudenzi.
Des mentions très honorables sont dues encore à Mme Carini et à MM. Beltramo, Guasti et Rizzotto.
[276]
Quant au succès de M. Calabresi, nous en avons déjà parlé.
Bref, une bonne comédie, intéressante, honnête, digne de l'auteur des Rozeno et une interprétation qui fait honneur à M. Leigheb et à ses excellents collaborateurs.
G. P. Zuliani[29].
La nuova commedia Parassiti di Camillo Antona-Traversi, rappresentatasi ieri sera al Costanzi, non è lo studio dell'ambiente sociale nel suo degradamento economico, come potrebbesi dedurre dal titolo; ma, invece, è la riproduzione sulla scena di alcuni tipi della nostra società, che, senza professione alcuna, senza un sudato lavoro, vivacchiano a spese altrui, traendo partito, con l'inesauribile risorsa del proprio ingegno, da ogni occasione, da una gioja, da una sventura comune, per far correre nelle proprie mani del danaro, con cui riparare all'oberato bilancio domestico.
E così l'annuncio di una grossa inondazione costituisce per essi una vera tavola di salvezza, che subito suggerisce loro la benefica idea d'istituire un Comitato immaginario per la raccolta dei fondi necessari a lenire le dolorose condizioni dei colpiti; e di questo Comitato affidano l'iniziativa e la direzione a uno dei patrizi più ricchi e stimati, non meno illuminati d'intelletto.
Naturalmente, le conseguenze sono evidenti: le spese per la pubblica beneficenza non sono mai pienamente giustificate, e talora vanno a intaccare profondamente il cumulo delle somme versate.
Su questa tela si aggira la commedia di Camillo Antona-Traversi, il quale è riuscito a delineare con esattezza di disegno e con efficacia di colorito la figura del protagonista, a cui tutto si può rimproverare, eccetto di non saper ammannire con una certa piacevolezza le sue pronte e geniali trovate.
Questo genere di parassita, che è commendatore e avvocato da un ventennio, senza essere stato mai investito legittimamente di tali titoli, dà un'intonazione felice dell'ambiente in cui vive; e l'ultimo espediente, al quale si appiglia, di entrare a dirigere la tournée artistica di sua figlia, [277] valente pianista, che vuole girare il mondo con un violinista polacco, è l'ultimo tocco riuscito del quadro genialmente ideato; e che, rendendosi degno del maggior interesse, non potrebbe essere più divertente.
Ma le qualità del commediografo si sono rivelate, oltre che nella struttura del lavoro, anche nello svolgimento scenico, di cui furono ammirati pregi non comuni; e cioè una fattura elegante e scorrevole di dialogo, un sano umorismo, una proprietà e bellezza di lingua, che si trova raramente nei lavori drammatici, e una pittura sobria ed efficace di tutte le figure minori e dei contorni del quadro d'ambiente.
Il successo fu completo a ogni atto per l'autore e per gli artisti, che recitarono con vero valore.
Il Calabresi, sotto le spoglie del Commendatore, ha dato tutta la misura del suo grande talento artistico; e, con la felice espressione dei gesti e del suo mobile viso, destò la più grande ammirazione nell'affollato uditorio, che lo acclamò continuamente.
Questa sera, alle 9, il lavoro si ripete e avrà non poche repliche[30].
Camillo Antona-Traversi ritorna al teatro e vi ritorna con un lavoro di forte concezione e di solida struttura. La notizia sarà ben accetta a quanti amano l'arte. È giusto che l'applaudito autore delle Rozeno prenda il suo posto accanto ai giovani i quali tentano il rinnovellamento del teatro italiano e hanno già conseguito alcuni buoni successi.
Parassiti, commedia in quattro atti, rappresentata ieri sera al Costanzi con molta cura, sono una satira indovinatissima di una famiglia sociale, diffusa e affliggente, che vive d'imbrogli e converte in suo beneficio le disgrazie del prossimo.
Il commendatore don Gennaro Gaudenzi vive di truffe ingegnosissime; forma un Comitato di beneficenza per gl'inondati di Ostiglia; e, ponendolo al coperto dai sospetti della gente sotto l'alto patronato di un Principe, benefica generosamente... sè stesso; spilla quattrini a una cantante americana; tenta di accasare sua figlia sposandola a un giovanotto [278] nobile e ricco; e così via, di spediente in spediente, sbarca il lunario e sguscia tra gli articoli del codice penale.
I suoi figli sono educati con frutto alla scuola paterna. Intorno a questi rispettabili signori si svolge la commedia e si designano alcune macchiette copiate dal vero con mano felice e gustate dal pubblico.
L'azione, che è svolta nei quattro atti, ha il solo scopo di far meglio conoscere l'ambiente e i tipi che lo colorano. Ma ambiente e tipi sono mirabilmente tratteggiati fin dal primo atto, così che gli altri tre poco aggiungono al valore intrinseco della commedia. La satira è viva e parlante subito, nelle prime scene.
Il secondo atto arricchisce il quadro di alcuni buoni particolari. Il terzo è meno riuscito. Ma l'ultimo finisce la pittura dell'ambiente e ridona a chi ascolta la fiducia e l'entusiasmo. Il primo atto fu giudicato, ed è, il migliore.
Il dialogo è spigliato, naturale, fine: nella satira non pecca di esagerazione.
Gli applausi furono frequenti e unanimi. Il pubblico salutò con vivo piacere la riapparizione di Camillo Antona-Traversi.
***
L'esecuzione fu buona. Una lode speciale va tributata a Oreste Calabresi, il quale interpretò la parte di don Gaudenzi con molta finezza e con quella misura che spesso manca anche ai più celebri artisti.
Stasera Parassiti si replicano.
G. C.[31].
Camillo Antona-Traversi — l'autore di Le Rozeno, un dramma passionale e dei Fanciulli, un lavoro fortissimo, che è un vero bassorilievo staccato dal mondo dei poveri e degli abbandonati, uno studio di ambiente che, a volte, rammenta certe vivide pagine dell'Assommoir zoliano — ha arricchito la sua simpatica e vitale produzione teatrale con questo nuovo lavoro Parassiti.
[279]
Victor Hugo ha narrato, nella sua epica battaglia di Waterloo, di quell'esercito di uomini-sciacalli che si gettano — come corvi sul cadavere — sulle tracce dell'esercito combattente; e, alla dimane della battaglia, spogliano i cadaveri abbandonati nei solchi, rubando tutto ciò che sui poveri morti trovano.
Parassiti di Camillo Antona-Traversi sono appunto questi uomini-sciacalli, che spogliano avidamente, sul campo di battaglia della vita, tutti coloro che hanno la sventura di cadere tra i loro artigli.
Buona ed efficace, dunque, la scelta dell'ambiente da descrivere: ottima la pittura. L'autore incarna questa figura del parassitismo nel commendatore Gaudenzi, in suo figlio e nel cav. Naldini, tre tipi tratteggiati assai abilmente, con sobrietà efficacissima e con una punta mirabile di caustico umorismo. Intorno a questi eroi si aggirano, come sfondo, gli sfruttati, i saccheggiati.
Il primo e l'ultimo atto sono magistrali, sia per la evidentissima pittura dell'ambiente, sia per la spigliatezza del dialogo, la punta fine e sottilissima d'umorismo, il rilievo forte e poderoso di certe scene o di certi episodi.
La commedia ebbe veramente un buon successo. Il teatro aveva l'aspetto dei grandi teatroni di occasione: molte notabilità del mondo artistico e letterario nella platea e nei palchi: molti e continui applausi alla fine di ogni atto e molte chiamate agli attori. Che quegli applausi volino lontano a Camillo Antona-Traversi e gli dicano di continuare tenacemente, e con la forza vivissima del suo ingegno, i suoi lavori teatrali.
Il Calabresi fu un tipo indovinatissimo. Seppe dare una evidenza mirabile a ogni gesto, a ogni espressione. Ottimi il Leigheb e la Zucchini-Majone; buona la Cristina.
Stasera lo spettacolo si replica[32].
Io credo che poche volte le liete notizie dei successi drammatici siano giunte tanto gradite ai più, come quelle concernenti la nuova commedia in quattro atti di Camillo Antona-Traversi. [280] L'amico nostro, che opere così vigorose e vitali aveva dato al teatro italiano, nei dolori del suo esilio immeritato, nelle aspre difficoltà di una misera vita da guadagnare giorno per giorno, aveva interrotto la sua fruttifera attività di lavoratore per la scena di prosa; e dal suo ultimo successo dello Stabat Mater — successo di cui egli, ancora in patria, potè gustare la gioja — al trionfo dei recenti Parassiti, sono corsi quattro o cinque anni di gelido squallore d'anima e d'intelligenza. Ma lo scrittore nel suo esilio ha infine trovato un conforto nel lavoro; e io imagino le sue speranze e i suoi sogni scrivendo i quattro atti della nuova commedia. Dovevano tornare alla sua memoria le platee festanti innanzi alle quali egli aveva visto rappresentare le sue Rozeno e altri suoi drammi. Parassiti sono stati scritti nella solitudine, con l'unica speranza e l'unico sogno del successo, quel successo che per l'esule rappresentava la voce più affettuosa della patria lontana.
Camillo Antona-Traversi ha, secondo me, scritto con la sua nuova commedia il lavoro più forte e più vitale dopo le Rozeno. E mi spiego. La favola di Parassiti è sottilissima, l'azione non procede di gran che dal primo alzarsi all'ultimo abbassarsi del sipario. È una commedia di caratteri, la vera commedia di caratteri, dove la psicologia spicciola non aggiunge nessun fastidioso frastaglio; la vera commedia di caratteri dove l'azione non ingombra mai lo sviluppo di quei caratteri, anzi la seconda. L'autore dei Parassiti, accingendosi a scrivere quei quattro atti, si è ben reso conto che, per riuscire nell'intento, erano necessarie quattro qualità eminentissime: un raro dono di osservazione acuta e sincera, un'ironia sostenuta e piena di arguzia e di bonomia, una satira non sguaiata ma energica, una semplicità piena di festevolezza e di verità. Queste infatti sono le principali doti dei Parassiti. La commedia non mette in scena che un losco tipo di affarista, il comm. Gaudenzi, un suo luogotenente e il figlio, tre tipi perfetti per cui il parassitismo è l'unico mezzo di vita e di salute. Il piccolo imbroglio si svolge tra queste persone con una economia drammatica di divagazioni e di particolari quale è oramai sempre più raro ritrovare nelle commedie d'oggigiorno, fatte con la famosa ricetta: prendete un buco e arzigogolateci alla meglio o alla peggio. Non vi potete imaginare, non avendo intesa la commedia, di quanta osservazione essa sia piena: a ogni cinque minuti, voi date un balzo su la vostra poltrona, poichè avete conosciuto persone simili a quelle che si muovono su la scena e le vedeste agire così, le udiste parlare così, [281] imaginaste che pensassero così. A ogni momento, il dialogo festevole e scorrevolissimo vi fa udire di quelle frasi che tante volte avete udito nella vita, di quelle frasi che sono dette sempre, perchè in quei casi solo quelle si possono dire. Tutto questo condito da un'ironia sempre presente, mascherata abilmente da una certa aria di bonomia, una certa aria di sorriso e di perdono che accompagna il colpo di scudiscio vibrato in pieno volto. Ma in certi punti la bonomia scompare, il sorriso diventa una smorfia o un sogghigno, l'ironia divien satira. E la satira è violenta, efficace, arditissima. Quella società del secondo atto, quel ricevimento in casa del commendator Gaudenzi, quelle ragazze che si lascian portar via dai Naldini nell'ebrietà sottile dello sciampagna, quei critici esteti e quelle cantanti americane, tutta quella società varia, mescolata, ibrida, nella satira trova la più terribile sferza. Non sempre, è vero, queste intenzioni satiriche sono completamente riuscite. Qualche volta la satira resta bassina, lo scrittore non ha la forza di levare la sferza e si contenta della caricatura. Ma per ben poco. La commedia riprende il suo corso. Ritorniamo all'ironia, alla festevole semplicità, per giungere a quella fine veramente classica; una di quelle fini che — ultima linea decisiva di un carattere — erano il segreto ineffabile di Molière e di Goldoni. Dopo anni e anni d'imbrogli e di parassitismo, il commendatore avvocato don Gennaro Gaudenzi — che non è commendatore e non è avvocato — quando sua figlia, a causa degli imbrogli e del parassitismo di lui, ha dovuto rinunziare al matrimonio con l'uomo che ama e decidersi ad accompagnare in una tournée artistica per l'Europa un celebre violinista polacco, quando vede sfuggirsi tutte le sue risorse, i suoi redditi, i suoi rampini per gl'imbrogli e i pretesti alle sue furfanterie, quando questa ultima débacle può dirsi imminente, allora il commendatore Gaudenzi, il parassita, non si rassegnerà a una vita nuova, morigerata e modesta; ma, come il lupo, con quel che segue — e specialmente i lupi di quel genere! — così egli andrà con sua figlia e col violinista, egli sarà il loro impresario: egli — naturalmente — li imbroglierà: egli — classicamente — dopo essere stato il parassita di grandi e di meschini, di amici e di conoscenti, di parenti e di ignoti, sarà il parassita di sua figlia, di quella povera figliuola la cui felicità egli distrasse e rese impossibile con le losche mene delle sue geniali canaglierie!
Questo — lo ripeto — mi pare un epilogo classico e da grande commedia. Camillo Antona-Traversi, con un ultimo [282] audace e vigoroso colpo di stecca, mette in piedi, completa, la statua del parassita.
Alcuni hanno trovato troppo scarsi gli esemplari di Parassiti che Camillo Antona-Traversi ci presenta. Costoro avrebbero ragione se l'autore delle Rozeno avesse, con un semplice articolo, generalizzato l'intento della sua commedia. Se non che non I parassiti s'intitolano i quattro atti, ma semplicemente Parassiti. Come vedete, non esigua è la differenza. Non tutti i parassiti egli volle rappresentare; ma solamente alcuni tipi di quella innumerevole razza. Non ripeterò ancora quanto egli sia riuscito nel suo scopo. Il commendator Gaudenzi è un carattere. Si potrà dire — e non sembri esagerazione la mia — si potrà dire un Gaudenzi, come si dice un Mercadet, un Rabagas, un Desjenais, o un Monsieur Alphonse. Io credo che consentirete nel dire che, per un autore, questo è un invidiabile risultato.
Gli attori diedero tutto il sussidio della loro arte alla bellissima commedia. Il magnifico Calabresi fu vero collaboratore di Camillo Antona-Traversi, interpretando perfettamente il perfetto personaggio, prestandogli quella vena di umorismo e di genialità che deve renderlo simpatico pur tra le sue birbonate. Claudio Leigheb fu un irresistibile Naldini, segretario particolare e ajutante di campo del Gaudenzi. Luigi Carini fu, secondo il solito, misurato, elegante, efficace, spontaneo. La signora Carini piena di passione e di ardore. E tutti, tutti quanti — meno, naturalmente, la signora Virginia Reiter che volle ostinatamente rifiutare alla commedia dell'esule amico nostro il sussidio della sua arte e del suo nome, non ritenendo forse degna la parte della sua interpretazione, accampandosi dietro il pretesto di quel phisique du rôle di cui, malauguratamente, gli attori non tengono alcun conto in altri casi, quando fa comodo a loro.
Ma, del resto, la commedia di Camillo Antona-Traversi trionfa da sola delle ostilità grandi e piccole. Si svolse, s'impose, trionfò. Essa è il più recente frutto di un autore drammatico di altissimo ingegno, che molte opere di gran valore, come questa, dovrà dare al teatro italiano per molti anni ancora. Questo significavano a Camillo Antona-Traversi, lontano, le acclamazioni del pubblico di Roma, così restio all'applauso in generale. In una sua recentissima lettera, Camillo Antona-Traversi mi scriveva: «Tu non puoi imaginare quale raggio splendente di luce dopo tanta notte sia stato per me il successo: tu non puoi imaginare come ciò mi riconduca e mi risospinga, alla speranza, alla vita e al lavoro!». Con tutta l'anima, io auguro al lontano che [283] questa speranza si realizzi, che la vita abbia ancora rose per lui e il lavoro frutti ancora opere d'arte come i Parassiti per il nostro orgoglio letterario e per il successo e la gioja del forte e irrequieto scrittore.
Lucio D'Ambra[33].
Se il signor Pubblico non fosse un giornale settimanale, si sarebbe già occupato diffusamente del nuovo lavoro drammatico di Camillo Antona-Traversi; ma esso arriva con la vettura del Negri e perciò non può pigliarsi il gusto, che non darebbe gusto neanche ai nostri lettori, di ripetere, sia pure con altre parole, tutto ciò che hanno già stampato gli organi magni della stampa politica quotidiana di Roma.
Detto ciò come preambolo utile, se non necessario, eccomi a parlarvi, critica delle critiche, di questi Parassiti, per me il più organico, il più efficace lavoro dell'amico lontano e amato.
Egli non ci ha dato, soltanto, un'azione drammatica dialogata; ma un vero e proprio studio di ambiente, una vera e propria fotografia di certi individui che vivono alle spalle del prossimo, che sfruttano il sentimento della carità, dell'entusiasmo pubblico a proprio unico benefizio.
Questa la sintesi morale della nuova commedia. L'intreccio lasciamolo da parte: esso è una cosa pressochè trascurabile, essendo una continuità di piccoli episodi colti dal vero.
Camillo Antona-Traversi ha mostrato in questo lavoro di aver proprio formata la fibra dell'autore drammatico; e, quel ch'è più, di non aver dimenticata la patria, benchè esule: egli ci ha dato la commedia italiana, sempre sospirata, mai venuta fin qui. E questo è il maggior pregio dei Parassiti.
Noi abbiamo riconosciuto in quei personaggi tanti e tanti nostri amici... per modo di dire. Nel suo protagonista, il Gaudenzi, si rispecchiano gli eterni sfruttatori d'ogni borsa... altrui; e quella casa borghese non è che una delle tante case borghesi di Roma, d'Italia, se volete, ma non di altri paesi. Costumi, ambiente, personaggi, dunque, tutti italiani, come [284] è italiana — la dio mercè! — la lingua che questi nostri tipi parlano senza ostentazione di spirito, ma briosamente, certo.
Giova riconoscere che il primo e l'ultimo sono gli atti che dànno ai «Parassiti» fisonomia di capolavoro.
E, dopo ciò, occorre aggiungere altro?
Forse sì, per deplorare che il valore di Virginia Reiter non abbia potuto accrescere le attrattive della novità. Mi spiego: ella non ha preso parte al nuovo lavoro del Traversi. Peccato! Molti non si recano a teatro, se non vedono sul cartellone il nome della prima attrice.
Ma quod differtur non aufertur; e, con la certezza di riudirli presto e in una stagione meno estiva, mando anche le mie congratulazioni, il mio caldo saluto, all'antico compagno di studj, al fratello carissimo.
Gallieno Sinimberghi[34].
Più volte annunciati e attesi con molta curiosità, i Parassiti di Camillo Antona-Traversi hanno visto la luce della ribalta lunedì al teatro Costanzi, e l'accoglienza che la commedia ebbe dal pubblico fu meritamente lusinghiera.
Dopo le prove già date dall'autore, era lecito sperare dall'Antona-Traversi ancora un nuovo lavoro vitale; e l'amico nostro infatti ci ha dato questa commedia destinata a tenere un buon posto nel repertorio delle compagnie drammatiche.
Il segreto del successo dei Parassiti consiste sopra tutto nella chiara e precisa visione dei caratteri. Ma v'abbondano altresì pregi notevoli nel dialogo, nella tecnica scenica. Fu osservato che la commedia non è perfettamente «organata»; che in essa le scene par non si colleghino abbastanza tra loro. Ma, dato e concesso che ciò sia, sì deve anche convenire che l'autore non si è prefisso di svolgere una tesi, bensì di darci una fotografia di ambiente; e la fotografia — o, se volete, le fotografie — sono riuscite felicemente.
Di più, l'Antona-Traversi ci presenta i suoi parassiti con certo colore gajo, così che i caratteri di Don Gennaro e del cav. Naldini finiscono per essere, diremmo quasi, simpatici, o almeno non repugnanti.
[285]
Camillo Antona-Traversi ha avuto la buona sorte di affidare la sua commedia ad attori del valore di Oreste Calabresi e di Claudio Leigheb. Anche gli altri artisti della compagnia, la Zucchini-Majone, la signora Leigheb, il Carini, hanno messo, nell'interpretazione delle loro parti, l'impegno e l'affetto che derivano dalla sicurezza della bontà del lavoro rappresentato[35].
Camillo Antona-Traversi è tornato trionfalmente alla ribalta. Notizia lieta questa, e che deve rallegrare sinceramente tutti quelli che amano l'arte drammatica di puro amore. Parassiti sono una bella e buona commedia, che si riannoda alla fresca, ridente tradizione dell'arte schiettamente italiana. Uno studio di carattere, quello del Gaudenzi — un uomo che vive di espedienti, reso in tutte le varie vicende con verità, con arguzia, con efficacia senza pari — è il perno dell'azione a torno a cui si aggira tutto un mondo speciale, nè buono, ne pessimo, che vive e palpita su la scena e sforza al triste sorriso. Tutti quei tipi, maschi e femmine, anche quando per le esigenze della scena debbono essere veduti di scorcio, hanno una fisonomia distinta; e — quello che a me pare grande merito pel commediografo — sono resi tutti con una serenità di visione oramai rara negli scrittori. L'argomento semplice, poichè si compendia tutto nei loschi maneggi del Gaudenzi per un improvvisato Comitato di beneficenza a favore di una pubblica sventura, e negli intrighetti per ottenere alla figlia di lui un ricco marito, si svolge limpido e simpatico a traverso un dialogo snello, comico, di buona lega, senza ricercate eleganze. Lo spettatore segue sempre con vivo interesse il movimento di quei personaggi, che vivono di vita vera in un ambiente ch'egli conosce e che vede riprodotto con sincerità.
Tenuto pur conto del merito della esecuzione, che, da parte della Compagnia Leigheb-Reiter, fu davvero perfetta, quest'ultima commedia dell'Antona-Traversi resta sempre una segnalata vittoria per l'arte paesana, destinata certo a un giro trionfale. E io vorrei che, pel genere, fosse guida e insegnamento ai giovani, i quali, correndo dietro a vani fantasmi, sciupano, qualche volta, le loro migliori attitudini.
[286]
Osserviamo la vita che ci circonda e cerchiamo di riprodurla con verità, con efficacia... e senza annojare il prossimo.
Luigi Grande[36].
Camillo Antona-Traversi è tornato trionfalmente alla ribalta. Questo ritorno, oltre che letizia per l'arte, è gioja viva e sincera di tutti gl'innumerevoli suoi amici... e non della ventura. Il successo completo, entusiastico, di questo lavoro, al nostro Costanzi, è stato realmente quello che, con parola oramai sfruttata, dicesi una vera festa. Un bellissimo teatro e applausi continui, calorosissimi.
E non era saluto soltanto all'amico lontano, o simpatico slancio affettuoso all'uomo di cuore; ma ammirazione per l'opera d'arte completamente riuscita, e per un autore di grande ingegno, il quale, a traverso molteplici prove, ci ha dato l'opera sua più organica, più sana, più italianamente bella.
Il carattere del Gaudenzi, tratto dal vero con rara efficacia, è il tipo indovinato a torno a cui si aggira tutto quel piccolo mondo di bassi interessi, di dubbie imprese, di losche transizioni, che sono la vita angosciata e inappagata di parte della nostra borghesia. Ambiente ben reso, con comica bonomia, con visione serena: qualità questa tanto più rara ora in cui le nebbie nordiche e le astruserie simboliche pare abbiano inquinato le pure fonti della nostra tradizione letteraria.
Ma l'ambiente, oltre che dal protagonista — scolpito con mano sicura — ha il suo rilievo da tutti gli altri personaggi, delineati tutti — anche quelli che per esigenze della scena debbonsi vedere di scorcio — accuratamente, senza soverchia tenerezza o troppi foschi colori di pessimismo. Il dialogo corre via elegante, senza leziosaggini, comico senza freddure e sempre appropriato al personaggio che parla: cosa che parrebbe indispensabile e di cui pare tuttavia non si faccia più alcun conto.
In somma, una commedia del buon tempo antico e che è un raggio di luce... anche per l'autore.
[287]
L'interpretazione è stata cornice degna del quadro. La compagnia Leigheb-Reiter ha recitato Parassiti divinamente: proprio così!
Oreste Calabresi ha fatto una vera creazione di Gaudenzi, e Leigheb ha reso di grande importanza la parte di poca rilievo del Naldini.
Il Carini, la Cristina, la Leigheb, la Zucchini-Maione, il Guasti, la Carini, il Beltramo, la Bardazzi, il Rizzotto sono stati ottimi, ottimi davvero.
Ah! l'arte, quella vera, resta sempre la gran consolatrice.
Così è, buon Camillo!
Gérard[37].
È bastato vedere sui manifesti l'annunzio di una nuova commedia di Camillo Antona-Traversi per far accorrere nella grande sala del Costanzi quanti sono appassionati dell'arte e del bello.
In tanta parsimonia di nuovi lavori per la nostra scena, desta maggiore impressione quello che, sollevandosi sugli altri, riesce a colpire l'anima di chi ascolta con una tesi vera, bene svolta e meglio eseguita.
Nei Parassiti vengono descritti, scolpiti, con una potenza di colorito che solo sa dare il valoroso autore delle Rozeno, tutti quegli esseri sociali, che non sapendo come mantenere quell'apparenza di lusso e quelle comodità della vita tanto necessarie per coloro che non amano il lavoro, si dànno a un oscuro maneggio di furfanterie, coperte dall'opera filantropica della carità e mai disgiunte dalla cortesia insinuante e dai guanti gialli.
I lavori del Traversi si sono sempre impadroniti della scena, perchè non sono altro che la riproduzione di manifestazioni della vita vissuta.
Le Rozeno vivono e vivranno per molto tempo, riscuotendo ovunque il plauso unanime di tutti i pubblici, perchè — come nei Parassiti — c'è la forza dell'azione, la verità del fatto, la naturalezza del dialogo.
Il Calabresi ha reso nella più spiccata evidenza il difficile carattere del protagonista: ottima la signora Zucchini-Majone; un'adorabile inglese la signora Leigheb,
[288]
E facciamo punto, con la speranza dì vedere presto tra noi il buon Camillo assistere personalmente ai trionfi delle sue produzioni, chè ne avrebbe un po' diritto[38].
La replica della commedia di Camillo Antona-Traversi, Parassiti, riconfermò, iersera, al «Costanzi», il successo. Grandi applausi al Calabresi, che va particolarmente ricordato e lodato; e applausi al Leigheb, che simpaticamente volle assumere la «parte» di segretario del Gaudenzi; e applausi e chiamate, col Calabresi e il Leigheb, a tutti gli attori, signora Zucchini-Maione e Leigheb, signorina Cristina, signori Carini e Guasti[39].
***
Al «Costanzi»: — La seconda rappresentazione dei Parassiti di Camillo Antona-Traversi ebbe la stessa lietissima accoglienza della prima.
Grandi applausi al Calabresi, sempre più ammirabile nella parte del comm. Gaudenzi, alla Cristina, a Claudio e Teresina Leigheb e agli altri esecutori[40].
Iersera, la replica dei Parassiti, il nuovo e applaudito lavoro di Camillo Antona-Traversi, ebbe conferma completa del successo: il pubblico seguì l'azione, mirabilmente riprodotta, con vero interesse. Oramai, sebbene in due sere, questi Parassiti possono a buon diritto vantare il merito d'aver guadagnato un posto eminente fra le migliori produzioni italiane di questi ultimi tempi, e al lavoro è assicurate il percorso trionfale di tutte le città del regno[41].
[289]
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Teatri. — Al «Costanzi» la novissima commedia di Camillo Antona-Traversi, Parassiti, ebbe lo stesso lieto successo della prima sera. Molto pubblico e molti applausi[42].
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A! «Costanzi». — Domani sera, Parassiti di Camillo Antona-Traversi, una delle più schiette commedie italiane di questi ultimi anni; e, insieme, una simpatica creazione di Oreste Calabresi[43].
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A MILANO.
È cosa molto lusinghiera per un autore il vedere; o — nel caso di Camillo Antona-Traversi che è fuori di Milano — il sapere come l'annuncio di una propria commedia ha fatto accorrere e affollare il teatro dal pubblico delle prime rappresentazioni, giudice severo, ma imparziale. Questo dinota stima verso l'autore, aspettativa di un'opera d'arte e speranza di un successo; poichè è omai nota la diffidenza del pubblico per le premières di autori italiani, anche in fama di celebri. Se l'esito è pieno, incontrastato, l'uditorio aumenta prodigiosamente alle repliche... altrimenti, diserta del tutto lo spettacolo.
Iersera, il Manzoni aveva l'aspetto delle serate importanti; quel che si dice un bellissimo teatro.
E al primo atto una corrente di simpatia si stabilì rapidamente fra palcoscenico e pubblico.
Il tipo del pseudo avvocato e commendatore Gaudenzi, l'affarista moderno senza scrupoli, speculante sulle grandi sventure nazionali e sulle cantanti... internazionali; tipo incarnato artisticamente, squisitamente, dal Calabresi, e una [290] buona creazione dell'autore delle Rozeno avvinse la massa e la predispose al successo.
E l'atto stesso, lodevolissimo come impostazione e come esposizione di tipi, riuscì gradito e procurò agli esecutori due calorose evocazioni alla ribalta.
L'autore, per mostrare la lunga serie di parassiti sociali, allargò troppo il quadro e perse la visione netta artistico-scenica, indebolendo cogli episodi l'efficacia del tipo principale.
Forse l'autore non l'ha voluto, ma la commedia è riuscita un lavoro a protagonista; e su questo il pubblico ha converso l'attenzione, l'interessamento e anche le simpatie. È un fatto dimostrato che sul teatro il birbante, quando è allegro, sfacciato, arguto, raggiratore e cinico divertente, raccoglie maggiori simpatie della vittima che lotta onestamente contro le traversie della vita. Il pubblico sa che all'ultimo atto, quello della morale, il birbante sarà punito e ciò tranquillizza la coscienza. Sebbene spesso, in fondo in fondo, lo spettatore trova la morale falsa e in contraddizione colla vita reale che porta in alto gli audaci. E gli audaci hanno pochi scrupoli e meno pregiudizi, acquistandosi l'onorabilità quando han perduto l'onore.
L'antipatico, l'odiato, è il birbante tartufo, l'ipocrita sornione, il brutale volgare, che non ha sorrisi, ma ghigni; e opprime violentemente, senza sorridere mai, senza far la satira di sè stesso e della buaggine umana della quale approfitta.
Don Gennaro Gaudenzi è un bel tipo di parassita sociale, senza senso morale, senza sentimentalità, senza pregiudizi. È serenamente laido nell'animo corrotto messo a nudo; e, pur ricordando altri caratteri portati sul palcoscenico, ha una impronta originale che si mantiene fino all'ultimo atto.
Interessa in tutto lo svolgimento dell'azione: quando rivela i mezzi per apparire un avvocato pieno di cause, quando rinnova lo stratagemma del Comitato di beneficenza, quando sa accappararsi la stima di una cantante americana ricca, ma sfiatata, quando fa valere la dote immaginaria di sua figlia, quando cerca convincere la nuora che separazione val divorzio ed è meglio guadagnare in un divorzio che tribulare la vita per una falsa dignità. E il tipo si completa quando, volendo fare la morale alla figlia, resta convinto da questa e accetta una posizione, se non dignitosa, almeno lucrosa, lasciando nell'imbroglio i complici e gli illusi.
Un bel tipo quello dell'ex-cantante ed ex-impresario improvvisatosi e sanzionatosi avvocato e commendatore; ma [291] appunto perchè troppo accentuato e preminente nell'azione, il dramma immaginato dall'autore, la filosofia, lo studio del problema propostosi, passa in seconda linea, indebolisce. L'autore vuol satireggiare, far odiare i parassiti, e il pubblico non s'interessa e simpatizza che per il parassita e niente per le vittime. Quasi quasi si direbbe che la logica del mondo è quella di Don Gennaro Gaudenzi e che gli altri hanno torto a non essere della sua forza.
E questo succede anche perchè, mentre il tipo di Gaudenzi è ben costrutto e ha una impronta personale, il resto rivela troppo l'uso dei vecchi sistemi di palcoscenico. Il dramma e i personaggi secondari non hanno grande efficacia, perchè i loro sentimenti non appariscono abbastanza sinceri e stillano l'artefatto.
Gli attori ebbero chiamate a ogni atto; ma contrastate.
Parassiti si possono definire una bella creazione di un tipo scenico.
L'esecuzione è stata buona, affiatata, artistica. Calabresi ha trionfato: un trionfo completo di attore fine, intelligente, comicamente elegante.
Leigheb, anche in una parte secondaria, è sempre... Leigheb. La Majone, la Cristina, la Leigheb, Carini, Guasti e gli altri recitarono tutti con impegno.
Stasera la commedia si replica.
Romeo Carugati[44].
Don Gennaro Gaudenzi ha fatto un po' di tutto per sbarcare il lunario più lietamente che fosse possibile. Da comprimario, coll'ingegno pronto e speculativo, s'è levato a far l'impresario. Poi, non si sa come e perchè, s'è ridotto ad accettare il posto di segretario comunale in un paesello. Ma la sua fantasia facile, piena di iniziativa, avea ben altro orizzonte, ed egli si è buttato nel mare magno della Capitale, dov'è riuscito a farsi chiamare avvocato e commendatore per giunta, senza aver avuto mai una laurea e una commenda.
Nel mare magno della Capitale egli è riuscito a ben altro: [292] anzi tutto, pure abattuto qualche volta dall'infide onde tempestose, s'è saputo tenere a galla. Egli è perchè ha le sue teorie sul saper vivere, teorie che non fallano quasi mai per gli uomini di talento. Forse, peregrinando pel mondo, l'ex-comprimario e impresario ha imparato, pria d'ogni altro, a non avere scrupoli: sono un bagaglio inutile e ingombrante.
L'insegnamento appreso nel gran libro della vita egli non ha mai trascurato e ha infinocchiato il mondo vivendo bene alle spalle di esso, sfruttando l'altrui ingenuità, traendo vantaggio da tutto, dalle piccole vanità individuali e dalle grandi sventure pubbliche, sempre pronto a trovare un espediente che lo liberi da un momentaneo contrattempo, da una improvvisa avversità del caso o degli uomini.
Oltre a tutta questa personale noncuranza di tutto ciò che è sentimento morale, il falso avvocato e commendatore ha un'altra sapienza, quella, forse, sulla quale poggia la infallibilità del suo metodo di sbarcare il lunario: parere. Il mondo, del resto, è così buono che s'illude facilmente delle apparenze.
Un Ludro moderno, riveduto però, corretto, e sopra tutto ampliato, tale è la figura principale che l'Antona-Traversi ci presenta nei suoi Parassiti; non nuova nella grande famiglia comica moderna, dove ha dei fratelli maggiori, se non per qualità di furberia, di accorgimento, di spirito inventivo da gabbamondo, perchè venuti prima di lui sulla scena di prosa; e tra essi il Cantasirena della Baraonda di Rovetta e quel personaggio ideato da F. Pozza e C. Bertolazzi nel Disastro di Roccamare, una commedia caduta, perchè da satira — come avrebbe voluto, potuto e dovuto essere — finì in caricatura. E accanto a Ludro, l'Antona-Traversi ha messo un Ludretto, il cav. Naldini, suo degno segretario.
È questo il parassita numero 2 della commedia, la quale ha pure un parassita numero 3: un figliuolo del Gaudenzi, avvocato autentico lui, che, dopo avere sposata una sarta, finisce col vergognarsene, ma non disdegna di farsi da lei mantenere e di rubarle i risparmi che dovranno servire a pagare l'affitto di casa; e, poichè ella gli rinfaccia l'indifferenza e il furto, la vanità e l'inutilità, egli trova a pretesto la diversità della loro indole, per voler una separazione giudiziaria. E, ottenutala, coglie una buona occasione, quella di fuggire con una ricca americana, che era venuta in Italia a studiare il canto; e che, dopo un fiasco piramidale fatto all'Argentina, smette l'idea di continuar la carriera [293] iniziata sotto auspicii così poco promettenti; carriera per il cui miraggio il Gaudenzi l'ha così abbondantemente sfruttata nella borsa.
Questi i parassiti di Camillo Antona-Traversi. E i primi due riuscirono a divertire il pubblico mentre stettero in iscena; ma essi non furono sempre in iscena. Perciò l'esito della commedia fu vario nei 4 atti.
Il successo inuguale è derivato dalle inuguaglianze, che sono nella commedia.
Il perno onde si regge e si muove tutta la commedia è il Gaudenzi. Ne segue che essa non procede, o procede stentatamente, s'egli dalla scena s'allontana, o se l'insieme lo copre un tantino, come al secondo atto, in cui, pur stando in iscena, egli è sopraffatto da quel mondo di piccoli parassiti. In esso, però, sono scene che rivelano un autore come sceneggiatore sicuro, colorito, osservatore arguto e anche fino, come ad esempio la scena tra madre e figlia all'ultimo atto, veramente mirabile.
Io prevedo però che, non ostante il successo incompletamente lieto di ieri, la commedia avrà parecchie repliche. Bilanciate la parte che diverte e quella che non interessa della commedia, quella ha una grande preponderanza sa questa. La quale non appare, poi, così difettosa e appiccicaticcia com'essa è veramente, in grazia della grande abilità che Camillo Antona-Traversi ha spiegato scrivendo Parassiti.
Non è stato un successo artistico completamente, ma sarà molto probabilmente un successo finanziario. Il buono, ch'è nella commedia, lo merita. Non si danno di frequente rappresentazioni che, pur destando discussioni e riserve, interessino così vivamente il pubblico anche dal lato artistico.
Degli esecutori si deve dir bene; specialmente un gran bene del Calabresi, che, ieri sera, nell'ammirazione del nostro pubblico, fece un passo così gigantesco da mutarla in feticismo. La sua interpretazione del Gaudenzi apparve il prodotto dello studio e della forza di un grande e fine talento comico.
Aus.[45].
[294]
Ieri sera, la Compagnia Leigheb-Reiter ha rappresentato la nuova commedia in 4 atti di Camillo Antona-Traversi, Parassiti.
Il titolo è chiaro e chiari risaltano anche nella commedia questi tipi di sfruttatori di ogni nobile sentimento, senza coscienza e senza dignità, tutto apparenza, «spolvero» e inganno. La scena si svolge in Roma — come terreno più adatto a questa mala erba — e l'intenzione dell'autore è stata appunto quella di ritrarre un quadro della vita della terza Roma.
La commedia è tutta di tipi e d'ambiente e il tenue intreccio non costituisce parte essenziale. È intorno al comm. Gennaro Gaudenzi che gira questo mondo, non nuovo, ma strano e ripugnante. Il tipo del Gaudenzi — il gran parassita — è fortemente tratteggiato e colpito nei suoi aspetti principali. Dopo di lui, spicca il suo segretario Naldini. Gli altri personaggi muovono e danno risalto a questi due che sono appunto i protagonisti.
Il pubblico, numeroso, ha accolto con applausi il primo e il quarto atto, veramente pregevoli per la fattura e per il dialogo.
Ammirevole è stata l'incarnazione del tipo del Gaudenzi fatta dal Calabresi. Non meno accurato e caratteristico il Leigheb quale Naldini. Bene poi gli altri esecutori: le signore Maione, Leigheb, Cristina e il Carini, il Beltramo, Rizzotto, Guasti.
Questa sera replica.
Ar.[46].
***
Ieri, venerdì, la prima novità: Parassiti di Camillo Antona-Traversi. Il teatro era affollatissimo: il primo atto ebbe tre chiamate; tre al terzo e due all'ultimo. L'esecuzione fu eccezionalmente buona. Calabresi è un protagonista hors ligne, perfetto addirittura, e ottenne un vero e proprio successo colossale. Di Claudio Leigheb credo inutile parlare: del segretario del Commendatore parassita fa [295] una creazione, e a ogni battuta era un applauso o una risata. L'esecuzione della supercompagnia fu perfetta per tutti. Questa sera, sabato, Parassiti si replicano[47].
***
A TORINO.
Il titolo ha, se non altro, il merito di essere chiaro e di indicare allo spettatore chiaramente che cosa sarà la commedia. E questa ha il merito di non mancare alle promesse del titolo; e di svolgere, un po' monotonamente, un po' troppo uniformemente se vogliamo, ma efficacemente, dei caratteri.
Ma svolgerli efficacemente non è tutto. Bisogna che questi caratteri siano originali: se non originali, bisogna che il metodo con cui sono studiati ci appaja nuovo, ci si dimostri atto a far risaltare di loro quelle peculiari caratteristiche che altri dipintori avean trascurate o lasciate nell'ombra.
Se alla mancanza di originalità dei caratteri si unisce 1a mancanza di originalità nello studio, potrà venir fuori da questa unione forse una commedia che una sera o due divertirà, ma che non resterà nei nostri ricordi, non avrà lunga vita nelle nostre impressioni.
Questa commedia di Camillo Antona-Traversi mi pare così. Il tipo che vi campeggia è vecchio. A non citare capilavori, noi ne abbiamo visti esemplari in moderni romanzi e in moderne commedie. Ed è naturale che quel tipo seduca. Nella vita d'oggi, egli ha il suo posto tanto più definito, quanto più egli è indefinibile: oggi, parassita della politica; domani, parassita degli affari; doman l'altro, parassita dell'arte, della beneficenza, degli affetti. Voltaire ha detto che il parassita è una bestia piccola che vive alle spalle di una bestia più grossa: definizione intuitiva che serve anche, naturalmente, per il commendatore Gaudenzi, ideato dal Traversi.
Ma gli serve troppo bene, direi quasi. Quasi direi che noi desidereremmo minore fedeltà in lui al tipo classico del parassita.
[296]
Il difetto di questa commedia è quindi un difetto di vecchiezza. Ma sarei ingiusto se non riconoscessi che dei vecchi materiali l'Antona-Traversi si è servito con disinvolta maestria e che qualche cosa vi ha aggiunto.
Vi ha aggiunto una certa snellezza moderna, eccessiva fino talvolta, e radente quasi, come nel secondo atto, i confini della pochade: vi ha aggiunto una sobrietà efficace in certi punti, che non può non esser lodata quando si pensi che di un tipo così, tutto esterno, era tanto facile, col pretesto di renderlo più vivo, esagerare le linee.
Tutte queste sono qualità che alla commedia dell'Antona-Traversi vanno riconosciute e che spiegano il successo di ieri sera. Il quale sarebbe stato anche più vivo e più completo di quello che fu, se alla commedia non nocessero, per contro, qua e là, certi convenzionalismi di situazioni più pericolosi assai della inoriginalità dei tipi.
L'intreccio, lettori? Ma da quanto ho detto più sopra voi dovete aver capito che intreccio propriamente non c'è. Tipi e scene. E se gli uni e le altre fossero tutti e tutte originali, artistiche e vigorose ci sarebbe da rallegrarsi davvero con Camillo Antona-Traversi del successo di ieri. Applauditi due e più volte tutti gli atti: il secondo parve un po' menare il can per l'aia e piacque meno.
Il Calabresi incarnò più che ottimamente il protagonista, ed ebbe applausi anche durante gli atti. Numerosissimo il pubblico.
C. Giorgeri-Contri[48].
C'era da temere che il cattivo tempo recasse ieri sera molto danno ai Parassiti: invece, il concorso del pubblico fu assai numeroso, tanto che la sala presentava un aspetto animatissimo.
E furono molte le signore, fra le più leggiadre ed eleganti dell'élite torinese, che sfidarono coraggiosamente la neve e l'umidità per assistere alla «prima» della nuova commedia di Camillo Antona-Traversi; la quale, mi affretto a [297] registrarlo e con vivo piacere, ottenne fra noi la medesima buona accoglienza già avuta a Roma e a Milano.
In complesso, una diecina di chiamate.
Gli atti più completi e riusciti sono il primo, il terzo e l'ultimo. Ma di una commedia in quattro atti, che ve ne siano tre soddisfacenti, è già molto.
Così fosse sempre!
Nei Parassiti c'è una grande verità e osservazione, brio, movimento, spirito e arguzia.
L'autore di Le Rozeno, e di tante altre applaudite produzioni, rivela pure in quest'ultimo suo lavoro un talento, un'esperienza, un'abilità non comuni.
Nei Parassiti i personaggi sono tutti delineati accuratamente.
Quel sedicente avvocato e commendatore Gaudenzi, uno di quegli esseri che pullulano in tutte le grandi città e che vivono alle spalle del prossimo, gabbandolo sempre, si può dire maestrevolmente scolpito.
Il tipo, se non originale, è presentato molto bene e l'Antona-Traversi non va certo accusato di plagio.
Degli altri caratteri appare più evidente quello della signora Gaudenzi, tanto credula, semplice e buona.
Felicemente disegnata la «macchietta» di Naldini, segretario e alter ego del Gaudenzi.
Tutti quanti i personaggi, poi, parlano realmente il linguaggio che loro si conviene; ciò che non accade sovente di udire.
Quanto all'ambiente, è reso con notevole cura. Scorrevole, appropriato, benissimo il dialogo.
L'esecuzione della commedia fu lodevolissima.
Della parte di Gaudenzi, quel geniale e valoroso artista ch'è Oreste Calabresi fece una delle sue più brillanti, caratteristiche, perfette creazioni; e il pubblico lo ricompensò con applausi e acclamazioni fragorosissimi, generali, non solo al termine di ciascun atto, ma altresì delle scene capitali.
L'ottimo Claudio Leigheb mise a servizio del cav. Naldini tutta la sua invidiabile festevolezza, comicità e bravura, tenendo alta la nota gaja e meritando le unanimi approvazioni.
Egregiamente, nelle vesti della buona signora Gaudenzi, la valente Zucchini-Majone.
L'intelligente Carini compose la miglior fisonomia possibile all'ingrata figura di Alfredo; la Ines Cristina fu un'ammirabile signorina Gaudenzi e spiegò molta vigoria, nella scena del quarto atto, coi proprii genitori: tanto corretta [298] quanto piacente la Migliotti-Leigheb (Miss-Stower); gentile Bice la brava signorina Bardazzi; accurati il Rizzotto e il Beltramo.
— Tutti quanti vennero, a buon diritto, applauditi ed evocati alla ribalta.
Questa sera Parassiti si replicano.
G. Cauda[49].
Nella commedia in 4 atti. Parassiti, che, nuova per Torino, fu rappresentata ieri sera dalla Compagnia Leigheb-Reiter, Camillo Antona-Traversi affermò ancora una volta le sue solide e splendide facoltà di commediografo. Certo si può discutere intorno all'opportunità dell'atto 2.º, il quale forse può parere anche non necessario, perchè non è organico come gli altri; ma in questi, cioè nel 1º, nel 3º e nel 4º, c'è tanta vita, tanto movimento; è fotografata così bene l'esistenza di un'intiera classe di persone e c'è tanta arguzia di satira, da dar ragione al pubblico che applaudì cordialmente tutto il resto della commedia. E vada l'eco di questi applausi dati da un pubblico che si è divertito, vada come un messaggio confortatore all'autore lontano, che non potè godersi la festa fatta ieri al suo nome e al suo ingegno.
Il pubblico era molto numeroso. L'interpretazione fu splendida da parte del Calabresi, che di Don Gennaro Gaudenzi fece una vera creazione, felicemente coadiuvato dai suoi compagni d'arte, dei quali nominiamo, a titolo d'onore, Claudio Leigheb, il Carini, la Zucchini-Majone, la Teresa Leigheb e la Cristina.
Parassiti si replicano[50].
Anche iersera la commedia Parassiti di Camillo Antona-Traversi ebbe felicissimo esito.
Il pubblico, che era numerosissimo e scelto, applaudì calorosamente e chiamò parecchie volte al proscenio gl'interpreti: [299] in particolar modo, il Calabresi, i coniugi Leigheb, la Zucchini, il Carini, la Cristina.[51].
***
A FIRENZE.
L'ultima novità della stagione, novità non promessa e perciò doppiamente gradita, fu la commedia: Parassiti di Camillo Antona-Traversi.
È questa — secondo il mio debole parere — se non la migliore, la più vivace e la più moderna commedia fra tutte quelle dell'autore delle Rozeno. Satira felicissima, e quanto mai divertente, di una parte della società romana, commedia d'intreccio e di carattere quanto mai indovinata: insomma una commedia simpatica.
Debbo, anzi tutto, confessare la mia speciale predilezione per le commedie satiriche: non ch'io creda troppo all'efficacia educativa del vecchio: castigat ridendo mores, nè all'effetto moralmente utile della satira sul teatro: la gente è quale è: i vizj, i ridicoli, i difetti, le piccinerie saran sempre di questo mondo: l'uomo resterà sempre lo stesso animale egoista e ambizioso, che correrà sempre alla ricerca del danaro e dei piaceri; e non sarà certo il sig. Antona-Traversi — nè il sig. Giacosa, nè il signor Rovetta — che lo arresterà nella sua corsa fatale, nè che potrà, con pochi tratti di penna, cambiar faccia alla società nostra.
Mi piace la commedia satirica semplicemente per una mia naturale tendenza a osservare seriamente le cose allegre e a ridere delle cose serie: mi piace perchè — nell'assistere alla rappresentazione — sento punti al vivo molti fra gli spettatori miei vicini di posto, che si divertono e applaudono e ridono inconsciamente: mi piace, perchè dietro le scene del dramma veggo ridere e sogghignare l'autore stesso e mi posso così fare una giusta idea di ciò ch'egli è e di ciò ch'egli vale.
In Parassiti la parte satirica si fonde ammirevolmente con quella drammatica: debbo però riconoscere che quella è di molto superiore a questa: mentre nella riproduzione realista della società romana e nella satira del retroscena politico, [300] l'Antona-Traversi riescì eccellente, nell'intreccio mi parve meno originale e meno efficace.
Don Gennaro Gaudenzi, che non è nè avvocato, nè commendatore, ma semplicemente un cantante fischiato, ha posto tutta la propria attività e intelligenza nel vivere alle spalle degli ambiziosi: pieno di furberia e di malleabilità, senza scrupoli, senza coscienza, egli s'è dato alla specialità dei «disastri pubblici»: allorchè si forma un comitato di beneficenza, ei si mette intorno per cercar firme e quattrini: chi appare sulle liste è sempre un principe, un nobile ricco, un imbecille: Gaudenzi sa approfittare dei fondi, restando poi nell'ombra, allorchè si viene alla resa dei conti.
Intorno a questo «parassita» circolano tutti gli altri personaggi della commedia: la moglie, donna buona e ingenua; il figlio, il «parassita» di una ricca americana; la moglie del figlio, una modesta sartina, che il marito abbandonò, dopo averle consumato i pochi risparmi; la figlia Rina, una indipendente, che se ne andrà dalla casa paterna con un violinista celebre; e, infine, Naldini, il segretario di Gaudenzi, il factotum, l'allievo suo più caro. Don Gennaro si comporta con Naldini non altrimenti di quello che Ludro con Ludretto: allorchè c'è un'incombenza spiacevole, Naldini andrà a «scoder le man in tel muso»: in ogni scena fra questi due, m'aspettavo di sentir Don Gennaro Gaudenzi far la confessione di Ludro, suo antenato diretto: «Sti musi qua no diventa più rossi!»
Bisogna riconoscere che l'autore dei Parassiti seppe render moderno il carattere antico e farlo rispondente alle esigenze della moderna società. Don Gennaro è, infatti, un vero carattere moderno: l'Antona-Traversi lo osservò dal vero, a Roma, in piena corruzione elettorale, nell'inquinamento meridionale della città eterna: senza che egli lo dica, s'intravede in Don Gennaro l'uomo del mezzogiorno d'Italia.
Il carattere c'è in questa commedia dell'Antona-Traversi; e, come questo, anche gli altri caratteri sono stati osservati e studiati con rara penetrazione e riprodotti scenicamente con molta forza comica.
Parassiti è una buona commedia: varia, vivace, indovinata nei caratteri e negli episodi scenici, assorge, dalla comicità dell'atto primo, a molta forza drammatica nel finale del secondo, per ritornare al terzo alla gustosa caricatura e alla satira efficace, propria della commedia.
Qui però la parte comica ha la prevalenza: anche la fine della commedia, nel suo scioglimento impreveduto e indovinatissimo, mantiene a tutta l'opera il tono comico. Non è [301] in questi Parassiti ch'io andrò a cercare il contrasto delle passioni delle Rozeno, o l'efficacia drammatica di Danza Macabra: in questa sua commedia, Camillo Antona-Traversi ha voluto descrivere un ambiente e porre in satira tutta una classe di persone, e ci è riuscito perfettamente: se, per le esigenze sceniche, o per mantenere la sospensione dell'interesse, nella commedia satirica, è innestato un intreccio più o meno drammatico, non me ne curo: quello ch'io cercavo in Parassiti era la satira del costume, e questa m'è apparsa eccellente: non chiedevo di più.
L'esecuzione tutta contribuì a far rilevare i pregi della commedia. Oreste Calabresi fece una vera creazione della parte di Don Gennaro Gaudenzi: diede tutto il rilievo voluto alle parole scritte: con uno sguardo, con un gesto, fece intendere quello che l'autore non diceva: in una parola, recitò da grande artista: più che interprete, fu dell'Antona-Traversi collaboratore.
La signorina Dina Galli recitò con intelligenza la parte sua.
La signora Vestri, il Ruggeri e il Rodolfi contribuirono al buon successo della commedia.
Con la replica di questa, e con lo Spiritismo del Sardou, la Compagnia Talli Gramatica-Calabresi si congedò dal pubblico fiorentino.
Cesarone[52].
Sì dalle scienze naturali, come dall'economia politica, vengono considerati come parassiti quegli organismi, quegli individui che, senza nulla produrre, vivono, crescono, s'impinguano a detrimento di altri individui, di altri organismi. Chi consuma senza dare nulla a sè, alla società, è un parassita.
Di questi uomini, cinici, corrotti, degenerati, pur troppo abbonda la nostra società.
Il tipo non è nuovo nel teatro. La numerosa clientela degli oziosi gaudenti è stata sferzata sul palcoscenico sin dal [302] tempo degli autori greci e romani e ha prestato ad essi materia a commedie giocose e satiriche.
Camillo Antona-Traversi ha voluto studiare, riprodurre, la figura del moderno parassita, del venditore di fumo che sa gabbare il prossimo suo, che sa menare avanti la vita a forza di umiliazioni, di sotterfugi, di espedienti, sino al giorno ultimo, fatale, della catastrofe o dell'ultima più abjetta deroga all'onore suo, alla sua dignità.
Ed è appunto di questa commedia del valente drammaturgo che io — per l'assenza tanto del collega Yorickson, quanto del collega Alfredo — debbo rendere conto modestamente e brevemente.
Mi preme, prima di ogni altra cosa, constatare che il nuovo lavoro drammatico dell'Antona-Traversi ha avuto all'Arena un largo, pieno, incontrastato successo.
La commedia è una mirabile, stupenda colorita riproduzione di ambiente; un chiaro, preciso, nitido studio di caratteri. L'autore ha ritratto con efficacia scultoria il tipo dell'uomo, che tira innanzi la esistenza alle spalle dei gonzi, frodando la beneficenza, turlupinando il credito, ingannando la pubblica opinione.
Lo svolgimento è ottimo, commendevolissimo, maravigliosamente vero; e minutamente studiato è il carattere del protagonista, che è una figura viva, umana, completa: ben condotta la progressiva degenerazione di quella famiglia senza coscienza e senza ideale: bellissima la pittura dell'ambiente, nel quale quei tipi parlano, operano, si agitano.
L'Antona-Traversi ha compiuto, con la sua nuova commedia, oltre che un'ottima opera d'arte, anche una lodevole opera di risanamento morale, additando come questo del parassitismo moderno sia il germe roditore, l'assillo tormentatore della civile società; e dimostrando che, per buona sorte, esso, o prima o poi, trova giusta e adeguata punizione in se stesso.
E il pubblico numeroso e intelligente, che affollava l'Arena, dimostrò con applausi continui di approvare la tesi della commedia, scritta con garbo signorile e con arguzia fine, scoppiettante.
Dell'esecuzione dirò che fu irreprensibile. Il Calabresi fu semplicemente grande nella parte di Don Gennaro Gaudenzi, della quale fece una splendida, perfetta, inimitabile creazione, interpretando con elevato intelletto d'artista quel carattere strano e pervertito.
Ottimi le signore Vestri e Galli, il Ruggeri, il Piperno, [303] il Giovannini; lodevoli le signore Piperno, Garetti e Rodolfi, il De Antonio, il Rodolfi.
Parassiti si replicherà domani sera per l'ultima recita della Compagnia.
Pictor[53].
Ci sono nel mondo individui i quali vivono senza nulla, fare, senza nulla avere, e pure vivono splendidamente.
Voi li trovate spessissimo. Dove? Nelle località più e meglio frequentate.
Nei primi teatri, la sera; ai migliori réstaurants, il giorno; alle più fresche birrerie, l'estate; ai caffè più caldamente eleganti, l'inverno. Ora, discutendo con un operajo per le vie; ora, salutando con amorosa sollecitudine un negoziante; ora, curvati davanti a un potente. La maldicenza li colpisce in pieno petto, qualche volta. Non sono mai sdrucciolati sopra un articolo qualunque del codice penale. E in questa sta il massimo della loro abilità.
Chi sono I parassiti. Vivono del succhio della umanità, e fanno quel che la credenza popolare dice facciano i parassiti dei corpi animali: ne succiano il sangue peggiore.
Come i parassiti, si attaccano da un animale a un altro, pure ci sia da vivere sopra.
Tale il commendatore Don Gennaro Gaudenzi scelto da Camillo Antona-Traversi per protagonista della sua commedia, rappresentata e applaudita ieri sera alla nostra Arena Nazionale.
Questo Gaudenzi ha fatto un po' di tutto...
Il tipo è tratteggiato con linee riuscitissime.
L'autore ha con amara satira colorito questo tipo. Egli, forse, nella sua vita dolorosa, ne ha conosciuto l'originale.
Questo Commendatore che, per tutto, sempre, ha il rimedio dalla prontezza sorprendente, è nuovo personaggio del nostro teatro di prosa.
E non è di vitalità meschina.
[304]
Ogni atto fu coronato da replicati applausi.
L'esecuzione della commedia fu ottima.
Il Calabresi fece una creazione sorprendente del carattere principale: sorprendente per tutto l'insieme, dalla truccatura al gesto abituale di tormentar continuamente la barba.
Eccellenti i signori Ruggeri, Piperno, D'Antonio e i signori Rodolfi e Giovannini, nelle indovinate macchiette del segretario del Commendatore quello, questi del violinista. La signora Galli....
Sono in debito verso i miei lettori di alcune parole su questa giovane e simpaticissima attrice.
Io dissi, vedendola in quella parte di diavoletto brioso de La dame de chez Maxim, che se avesse avuto nelle parti serie tanta compostezza ed efficacia, quanta birichineria aveva in quella pochade, questa giovinetta, dal personalino flessibile ed elegante, doveva esser giustamente salutata per una attrice assai assai meritevole.
Le recite della stagione mi hanno fatto pensar di sì. La interpretazione del carattere di Rina nei Parassiti mi fa certo che non mi sono ingannato. E ci ho piacere per lei e per l'arte drammatica.
Domani si replica Parassiti, ed è l'ultima recita della stagione.
Valentino Soldani[54].
***
... Quante feste, quante dimostrazioni di simpatia e di stima avrebbe avuto il nostro Camillo Antona-Traversi se avesse potuto assistere giovedì e sabato alle recite dei suoi Parassiti! I tre atti, di cui si compone il lavoro, divertirono e interessarono. Egli ha dipinto con efficaci colori un ambiente corrotto che esiste nel nostro secolo: ha dato alla scena dei personaggi bene scolpiti, felicemente delineati: ha scritto scene piene di humour, di brio, di fine osservazione. La figura che campeggia nel lavoro, quella di Don Gennaro Gaudenzi, è maravigliosamente tratteggiata, artisticamente lumeggiata[55].
[305]
***
All'Arena Nazionale fu ieri sera recitata la commedia, in 3 atti, Parassiti di Camillo Antona-Traversi.
Si è tanto parlato di questo lavoro, che a tutti ieri sera pareva di conoscerlo.
La commedia, in cui — come nelle Rozeno — Camillo Antona-Traversi fa una pittura di un certo mondo equivoco, rivela belle qualità di osservazione e le attitudini singolari che l'autore ha a scrivere per il teatro.
Vi furono applausi e chiamate agli attori a ogni atto. E domani sera — ci si annunzia — la commedia sarà replicata per chiusura della stagione[56].
***
A GENOVA.
Luigi Capuana — cioè, un artista e un critico d'arte — scrivendo all'autore di questi Parassiti diceva: «Potete essere orgoglioso di avere scritto un lavoro di schietto carattere italiano, divertente, interessante, pieno di vita e intensa comicità».
Sfrangiato di quel di più che ci può essere, ed è quasi naturale che ci sia, in una lettera confidenziale, il giudizio è tale che ci si potrebbe sottoscrivere. E specialmente tutto bisognerebbe sottoscrivere là dove il Capuana dice: «Potete essere orgoglioso di avere scritto un lavoro di schietto carattere italiano». È la bella, la sana commedia di carattere, una figliuola minore di quella catena che va da Don Marzio a Cantasirena, quel Cantasirena di Baraonda che è lontano parente del commendatore avvocato Gaudenzi, niente commendatore e tanto meno avvocato.
La commedia stampata sulla copertina porta per titolo Parassiti: sui manifesti — o sbaglio? — ho letto I Parassiti: quell'I era di troppo. Intesa, come caso speciale, come rappresentazione di vita, come visione di un determinato carattere, Parassiti è una bella commedia, che fa sorridere e ridere senza nemmeno rasentare il luridume di molta produzione [306] comica odierna. È scritta italianamente ed è piena di sapor comico: di una comicità non così intensa, come pare al Capuana, ma di una comicità garbata e graziosa.
Sicchè il pubblico del Paganini ha battuto le mani, si è divertito, ha chiamato più volte gli attori alla ribalta. E gli attori hanno fatto tutti il dover loro. Calabresi, il protagonista, è stato magnifico nel trucco, nella dizione, nella interpretazione fresca e vera del carattere; la Galli è stata vivace e mordace, e il Giovannini — ecco un bravo ragazzo che farà del cammino! — ha dato molto rilievo a una macchietta di violinista polacco[57].
Il titolo vasto comprensivo della commedia lascerebbe credere che si tratti di un lavoro dalle linee e dalle proporzioni grandiose.
I tre atti di Camillo Antona-Traversi appajono invece assai snelli e spediti, e lo studio d'ambiente si svolge in un campo troppo ristretto per avere gran forza di sintesi. L'autore, accingendosi a scrivere questo lavoro, aveva forse dinanzi a sè una visione più ampia di vita. I personaggi che egli voleva ritrarre erano numerosi, gli episodii che si proponeva di svolgere varii e complessi. A poco a poco, forse per le esigenze medesime della scena, rimpicciolì il quadro, condensò l'azione, trascurò lo studio dei tipi secondarii, non ponendo in piena luce che un solo carattere, quello del commendatore Gennaro Gaudenzi.
Se è dovere della critica rilevare questo difetto d'origine, è però anche giusto tener conto dei pregi ragguardevoli della commedia; nella quale, come, del resto, nelle precedenti del Traversi, sono visibili le impronte d'un ingegno che non s'arresta alla superficiale osservazione dei fatti; ma che di questi sa sorprendere e penetrare l'intimo significato.
Il dialogo della commedia, ad esempio, è assai colorito e vivace, non scevro di frizzante ironia: certe scene, certe situazioni rivelano la tecnica e il gusto di un vero maestro.
Il commendator Gennaro Gaudenzi è un tipo finemente studiato, reso con brio, arguzia, comicità.
Ha un torto solo: quello di essere un po' troppo... prossimo [307] parente di un altro... commendatore, il Matteo Cantasirena della Baraonda di Rovetta.
L'esecuzione della commedia fu ottima da parte del Calabresi, lodevole da parte della Galli, della Spano, del Piperno e degli altri.
G. A.[58]
Non è la prima volta che si veggono posti sulla scena come a una gogna i farabutti in guanti, che nella commedia della vita si sogliono chiamare coi titoli di avvocato o di commendatore o di onorevole, e soltanto nei dialoghi intimi alcuni si azzardano a chiamare affaristi; fino al giorno, che giunge soltanto per i più sventurati, in cui un colpo mal riuscito discopre il loro giuoco, tronca la buona fama... e basta; perchè, quanto alla loro vita comoda e parassitaria, essi sanno conservarsela: bisogna che siano molto, ma molto sfortunati, per soffrire un po' di carcere preventivo, con tutti i riguardi, i buoni bocconi e i sigari avana.
Dai drammi di Paolo Ferrari ai Corvi del Becque, al Matteo Cantasirena del Rovetta, simili figure son passate alla luce della ribalta; ora come personaggi principali, scopo dell'opera, più spesso in seconda linea, ma visibilissime per quella loro impronta di sfacciataggine, d'intrigo, di egoismo che subito le distingue.
Il commendator Gaudenzi di Camillo Antona-Traversi è di costoro. Sta a Roma, si sa. È abituè di Aragno, s'immagina. Ha un degno segretario, che segue le sue orme. Ha un degno figlio, che imita il suo esempio. Ha una povera diavola di moglie. Ha una testina di figliuola intelligente e astuta come il padre, fredda e opportunista, imperiosa e tenace nei propositi.
Ogni uccello fa il suo verso: il Gaudenzi trova nuovi mezzi di sfruttamento con le solite astuzie: suo figlio divorzia dalla moglie quando non c'è più da smungere e sposa una ricca e fischiatissima cantante: la figlia rinuncia a un ricco matrimonio... perchè s'accorge che il fidanzato è un debole e cederà alla volontà del padre, ch'è ostile.
[308]
Un giorno, sopra tutto questo tessuto d'impostura ordito coi soliti paroloni, scoppia una bomba... giornalistica. Il Commendatore lascia il suo segretario negli impicci, ma con an ottimo consiglio, che suona su per giù così: «Non dica ch'io lo lascio solo: a Roma basta voltarsi attorno per trovare quanti... amici si voglia»! E padre e figlia s'imbarcano per una grande tournée artistica, a spese di un celebre violinista esotico.
Dato l'argomento, costretto in un tema fisso esteticamente antipatico, benchè ispirato da un alto intendimento morale, il lavoro è ottimo: bene sceneggiato, ben dialogato; e, sopra tutto, coi caratteri nettamente coloriti, senza troppa esagerazione, con sano verismo. Dunque, non siamo all'altezza delle Rozeno, perchè, fin dal primo momento in cui la commedia fa ideata, mancavano gli elementi per giungere alle Rozeno; ma siamo all'altezza di un piccolo concetto perfettamente reso.
Il pubblico approvò pienamente e approverà sempre una simile commedia, che lo interessa, lo convince, lo fa ridere, lo rende superiore nel disprezzo, gli cerca un incoraggiamento a combattere quella genia di malviventi: l'incoraggiamento non può mancare.
In fine, un bravo di tutto cuore agl'interpreti. Il Calabresi fece una delle sue creazioni. A sentirlo nei Parassiti, sembra l'artista nato per i Parassiti, come nel Lucifero di Butti pareva l'artista nato per il Lucifero.
A. B.[59].
***
A TRIESTE.
La nuova commedia è piaciuta al pubblico sinceramente: ci furono tre chiamate agli attori dopo il primo atto; quattro dopo il secondo; tre alla fine.
Con questi Parassiti, Camillo Antona-Traversi ha impugnato la sforza dell'autore satirico, ha dipinto al vivo un ambiente di farabutti, di cinici, di degenerati, che vivono [309] allegramente di ripieghi, di transazioni, facendo credere di aver del danaro mentre non ne hanno, promettendo con la sicurezza di non poter mantenere, cogliendo a volo l'occasione per speculare loscamente, senza coscienza, senza dignità umana, avendo a solo nume l'inganno, la frode.
Nella commedia, dalle linee comiche, si cela un concetto serio: il sorriso dei personaggi nell'autore è amarezza. Il sedicente commendatore e sedicente avvocato Gennaro Gaudenzi, protagonista della commedia, impersona una famiglia sociale della peggiore schiuma dei farabutti; paga l'imposta in ragione di 10.000 franchi l'anno di rendita per parere ciò che non è, e sa turlupinare perfino l'usciere che viene a fargli il sequestro: vuol maritare la figlia promettendo una dote che sa di non poter dare; e in quanto al cespite principale dei suoi guadagni, egli lo ricava speculando sui disastri delle varie parti d'Italia. Egli aspetta al varco i terremoti, le alluvioni, le inondazioni, le pubbliche calamità d'ogni specie: si fa creatore d'un Comitato di beneficenza, assieme al proprio segretario — che sta a lui nel rapporto proporzionale come Ludreto sta a Ludro — cerca un presidente fra una persona cognita in paese, e in quanto al rendiconto è un altro affare. I denari sfumano; e, se si può, si cerca ripiegare tappando i buchi con qualche matinée di beneficenza.
Il primo atto presenta subito con molta maestria e con molta arguzia il tipo che vedremo poi agitarsi in tutta la commedia. Peggio che parassiti, sono farabutti questi protagonisti dell'Antona-Traversi. Ma la loro pittura è fatta artisticamente.
L'atto primo, come presentazione di ambiente e di caratteri, è il più bello: il secondo, pur essendo meno artistico del primo, piace per la grande vivezza che vi scorre; il terzo ci sembra inferiore agli altri: la discesa di Gennaro Gaudenzi è forse troppo rapida e impreparata; e ci si domanda perchè un uomo che in tutta la vita non ha fatto altro che trovare ripieghi non ne trovi un altro che salvi lui, e in lui la sua apparenza di dignità, meglio che non lo faccia quella repentina partenza con una coppia di virtuosi... di musica.
Ma sono nei questi, che non sminuiscono la bellezza del complesso scenico, in cui l'azione corre via snella e diritta; e l'interesse, pur con mezzi semplici, è ottenuto e perdura durante tutto lo svolgimento del quadro. Certo, se qualche cosa nuoce nella commedia, come la udimmo iersera, è la trasposizione dell'ambiente — da napoletano a veneziano — che [310] la riduzione nel linguaggio vernacolo rende necessaria. L'autore dipinge argutamente certe finezze di alcuni strati sociali del Napoletano; e queste finezze, trasportate a Venezia, perdono alquanto del loro vero colore, per quanto la traduzione sia fatta con cura amorosa.
A questo vizio, che vorremmo dire di origine, nella riduzione veneziana, è compenso però la recitazione bellissima di Ferruccio Benini: recitazione intelligente, colorita, caratteristica, nonchè l'omogeneo e affiatato complesso degli altri esecutori, fra i quali meritano lode la signora Dondini-Benini, che si distinse al secondo atto, le signore Gasparini e Marussig, e gli attori Ferri, Gasparini, Zambuto.
Il successo schietto e caloroso riportato da i Parassiti procurerà a questa commedia buon numero di repliche[60].
Certamente più omogeneo, più sereno, più indovinato, più elaborato lavoro che i suoi Fanciulli e la sua Danza macabra, ci ha dato Camillo Antona-Traversi coi Parassiti, che ieri comparvero sulla scena per opera della Compagnia Benini e si delinearono in tutto le loro tinte crude e comiche insieme.
Ci troviamo dinanzi a quei tipi equivoci, ricercatori instancabili di espedienti loschi per poter sostenersi e salire, per poter mascherare la propria ripugnanza all'onesto lavoro, all'onesto guadagno: tipi forse non del tutto nuovi nel teatro, nei loro tratti generali; ma che qui si svolgono in ambienti più intimi, più famigliari quasi, ed emergono per mezzi più sottili, più curiosi. Di solito, ci furono mostrati gli speculatori della politica; qui abbiamo, tra varj parassiti di minor conto, gli sfruttatori della beneficenza.
Il protagonista, un commendatore che si era conferito da se la commenda, è l'uomo dall'imperturbato cinismo che, si può dire, vive con tutta la sua famiglia a spese delle sottoscrizioni di beneficenza: è stata molto ben trovata e presentata dall'Antona-Traversi la losca risorsa di codesto suo personaggio di aspettare al varco tutte le disgrazie e di farsi promotore di Comitati di soccorso...
La cinica figura di questo parassita, privo di qualsiasi scrupolo, è dipinta molto bene: è quella che campeggia nella commedia, che le dà il tono che particolarmente interessa; [311] e Ferruccio Benini, dal canto suo, ne fece una assai felice creazione, con atti e con gesti mettendo in giusto rilievo tutti i lati necessariamente ambigui dell'individuo; i suoi consensi con gli altri parassiti, i suoi contrasti con gli ingenui, cui è legato.
Come impasto dei personaggi, i Parassiti sono in modo non comune riusciti, e dànno luogo a scene molto efficaci, che tanto più colpirono per una recitazione sotto ogni riguardo commendevole di affiatamento e correttezza. Nella scena finale del secondo atto, concitatissima, la fusione degli attori, nel dialogo di necessità assai mosso, era perfetta, facendosi notare e applaudire singolarmente la signora Dondini Benini per la sua bella vibrazione drammatica.
Con essa, e col Benini, che — ripetiamo — si fece ammirare per la forte sua creazione, si distinsero pure il Mezzetti, il Conforti, il Ferri, lo Zambuto, il Gasparini, la Accardi, la Gasparini, la Marussig, le quali ebbero più che altro parti passive. Il pubblico applaudì alla fine di ogni atto alla commedia e agli attori, che dovettero comparire più volte al proscenio.
Parassiti, insomma, come elaborazione artistica in sè e come riflesso d'interesse sul pubblico, è commedia tra le buone del povero teatro italiano, è commedia che deve reggersi bene: la Compagnia veneziana, che la eseguisce tanto accuratamente, non la lascerà certo all'unica rappresentazione[61].
L'implacabile adoratore della classificazione, uscendo iersera dalla «Fenice», si sarebbe affaticato abbastanza se si fosse posto in capo di trovare la casella giusta per il nuovo lavoro del forte ingegno di Camillo Antona-Traversi, apparso in appropriata veste dialettale sulle scene di questo teatro.
È una commedia a tesi? No, assolutamente. Una presentazione di caratteri? Un pochino. Uno studio d'ambiente? Forse, piuttosto.
«Parassiti» è una commedia difficilmente classificabile; ma, in compenso, è un lavoro teatrale divertente e vitale.
Non già che ci sia della novità nel nocciolo, o negli episodi [312] parziali: la commedia non ambisce di essere dispensatrice d'un nuovo verbo, di logorare il cervello dell'uditorio con della psicologia: se proprio ce n'è di questa, è certo di quella spicciola, minuta.
Niente tirate rettoriche, colpi di scena; e, grazie al cielo, anche la minaccia del pianoforte, che in tutti i tre atti mostra i denti al pubblico, si contenta di restar tale; e, per chiudere la serie dei negativi — e questo è il più importante — niente convenzionalismo.
La sceneggiatura rivela la mano abilissima: il dialogo scorre sciolto e naturale.
L'esecuzione fu splendida nel complesso, mirabilmente affiatata e vivace. Insuperabile il Benini, che presentò il tipo principale da pari suo, cioè espressivamente vero.
Accanto a lui la gentile Dondini Benini ebbe grande campo di emergere e di far rilevare doti di artista efficace, raggiungendo grandi effetti nella scena finale del secondo atto. Eccellente la Marussig nella sua partuccia, e così il Mezzetti, il lepido Conforti, la De Velo Accardi e gli altri tutti. Il successo fu molto accentuato per la commedia e per gli artisti, ch'ebbero in complesso una decina di chiamate[62].
***
A PALERMO.
La nuova commedia in tre atti, Parassiti di Camillo Antona-Traversi, iersera, recitata dalla Compagnia drammatica Vitaliani, fu accolta con applausi a ogni atto dal pubblico che era accorso numerosissimo, poichè vivo è ancora il ricordo del successo delle Rozeno e dei Fanciulli.
Il prof. C. Antona-Traversi con questa sua commedia ha riprodotto alcuni tipi della società moderna, i quali riescono a vivere comodamente, senza il vero e proprio lavoro, speculando sull'altrui ricchezza, sulle feste di beneficenza, e accettando senza scrupoli qualsiasi transazione con la moralità e la dignità, pur di godersi la vita.
La pittura dell'ambiente è indovinata: i tipi sono veri, riprodotti con sincerità ed evidenza; il dialogo spontaneo, vivace, [313] elegante, briosissimo, spesso di un umorismo assai caustico; grande la maestria nella tecnica.
L'esecuzione fu iersera lodevolissima.
Carlo Duse rese alla perfezione, per il trucco e per l'incarnazione, il personaggio principale; Gemma Farini recitò con molta grazia e disinvoltura; la Guidantoni ammirabile per semplicità e correttezza; il Sainati veramente ottimo: bravissimi la Campi, la Delfini, la Giansanti, Pezziuga, Grisanti, De Velo, Grisostomi[63].
Parassiti, la splendida commedia di Camillo Antona-Traversi, ebbe un successo completo, perch'essa mostra, con mirabile verità, alcuni tipi della moderna società; tipi di speculatori che vivono alle altrui spalle, senza il benchè menomo sentimento di moralità e onestà.
I personaggi sono veri e il dialogo scorre facile e piacevolissimo, non smentendo la oramai celebrata fama dell'autore delle Rozeno.
L'esecuzione fu lodevole oltre ogni dire, specialmente da parte di Carlo Duse e Gemma Farini. Bravissima la Guidantoni e anche tutti gli altri.
La bella produzione ci si assicura verrà replicata[64].
***
A PADOVA.
Il commendatore avvocato don Gennaro Gaudenzi — è così ch'egli ora si fa chiamare, usurpando titoli che non gli spettano — è quello che si dice un bel tipo: senza un soldo di rendita, senza un impiego, trova il modo di campar la vita: dopo aver fatto il comprimario, l'impresario, il segretario comunale in un paesello, ha voluto tentare la gran via ed ò venuto a Roma, dove vive di espedienti. I Comitati di beneficenza sono la sua specialità...
1900.
[314]
***
La commedia del prof. Camillo Antona-Traversi rivela fin dalle prime scene la fattura scenica di mano maestra. Il dialogo spigliato, vivido, colorito, arguto, non dà mai allo spettatore un sol momento di stanchezza.
La satira è sempre viva, mordace; e, quello che più conta, sferza piaghe che sanguinano e che ammorbano veramente la nostra società.
I caratteri sono dipinti con grande amore: qualcuno vi è soltanto adombrato: qualcuno sembra, a prima vista, non del tutto evidente; ma tutti stanno da principio, e si conservano sino alla fine, nella loro vera luce.
Concludendo: il nuovo lavoro del prof. Traversi piace e deve piacere.
Il pubblico padovano fece benissimo viso a Parassiti e applaudì, convinto, ogni fine d'atto.
L'esecuzione fu impeccabile: Gaudenzi resterà nel repertorio di Oreste Calabresi come una delle sue più brillanti creazioni: benissimo la signorina Galli, Rina; sempre brava la signora Vestri, buoni tutti gli altri.[65]
1. «Felici splendido successo, abbracciamoti di tutto cuore». Yambo, Sinimberghi, Liberati, Stanislao Manca, Lucio d'Ambra.
«Gaudenzi e Naldini ottimamente. Amici festanti». Miss-Stower.
Chiamate ogni atto. Grande successo tipo Calabresi e macchietta Leigheb». Buffi. (Amministratore della Compagnia C. Leigheb e V. Reiter).
2. Il Signor Pubblico, an. III, n. 29; Roma, 22 luglio 1899.
3. La Tribuna, an. XVI, n. 203; Roma, lunedì 24 luglio 1899.
4. «Ma chi è!», Roma, 15 ottobre 1899.
5. An. XI, n. 14; Roma, 2 agosto 1899.
6. La commedia cui allude il Capuana s'intitola Il cavalier Pedagna. Recitata, alcuni anni dopo, in siciliano, da Giovanni Grasso, conseguì ovunque successo magnifico.
7. Milano, 3-4 novembre 1899.
8. Gazzettino dell'Arte drammatica e lirica, an. XI, n. 19; Roma, 17 novembre 1899.
9. «Manzoni. — Molto pubblico, ieri sera, alla replica dei Parassiti. Il successo fu migliore per la commedia e si mantenne sinceramente entusiastico per l'attore Calabresi». (Dalla Sera, domenica 5 — lunedì 6 novembre, 1899).
10. «Manzoni. — Stasera, terza replica di Parassiti. Chi non è stato a udir Calabresi nella parte del Comm. Don Gennaro Gaudenzi non si lasci sfuggire la bella occasione offertagli dalla replica di stasera». (Dalla Sera, lunedì 13 — martedì 14 novembre, 1899).
11. La Tribuna, an. XVIII, n. 210; Roma, lunedì 30 luglio, 1900.
12. Il Giorno, an. II, n. 210; Roma, lunedì 30 luglio, 1900.
13. Il Messaggero, an. XXII, n. 209; Roma, domenica 29 luglio, 1900.
14. Gazzettino dell'Arte drammatica e lirica, an. XII, n. 18; Roma, 3 agosto 1900.
15. Il Nuovo Fanfulla di Roma, an. I, n. 205; lunedì 30 luglio, 1900.
16. Il signor Pubblico, an. IV, n. 31; Roma, 4-11 agosto 1900.
17. Adolfo Re-Riccardi mi telegrafava gentilmente, la sera della prima recita, in questi termini:
«Parassiti iersera Torino enorme successo. Replicasi. Adolfo».
18. Ne fa fede questo caro bigliettino mandatomi, subito dopo la recita, dalla santa anima buona di Luigi Süner, rapito, or non è molto, al riverente affetto degli amici e degli ammiratori della sua arte fine, aristocratica, sincera:
«Caro Camillo,
1.º atto: — una chiamata a Calabresi. Una chiamata finale. — 2.º atto, 2 chiamate finali. — 3.º atto, una chiamata finale.
Esecuzione splendida. Calabresi e la Galli, divinamente: gli altri lodevolissimi.
La commedia è piaciuta; e io mi rallegro che sia stata applaudita nella difficile Arena Nazionale. Si ripete sabato.
Rallegramenti dagli amici tutti. Ti stringe la mano il tuo
Luigi Süner».
19. Leggansi queste affettuose parole del Süner, onde il cuore non ebbe, e non avrà mai, l'uguale:
Firenze, 26 luglio.
«Mio carissimo,
Figurati! — Il cuore della stampa risplende: la critica si mostra memore del suo idolo! Ho passato un angosciosissimo momento: questa mattina, tutta la mia angoscia si è sciolta nell'abbraccio caldissimo che ti mando! Tuo sempre
L. Süner».
20. Esito Parassiti ottimo; — primo atto, due chiamate; secondo, tre; ultimo, due. Congratulazioni affettuose. — Duse.
21. «Sorte migliore potrà avere la commedia — che palesemente deve essere costata un lungo e coscienzioso studio all'autore — dinanzi a pubblici meno esigenti... Ma, in tal caso, l'Antona — Traversi dovrà temere un altro guajo: gli mancherà l'interpretazione di Oreste Calabresi, il modesto attore di qualche anno fa, il grande artista d'oggi, il quale è tornato fra noi più squisitamente efficace, sobrio, comico, e, vorremmo dire, gustoso che mai. La serata di ieri è stata per lui un trionfo, un meritato trionfo.
Am».
(Il Secolo; Milano, 4-5 novembre 1899).
«Io credo che l'autore, prima di scrivere la commedia, avesse già pensato all'esecutore. Giacchè mai carattere e interprete furono sì bene in armonia. Oreste Calabresi ha fatto del Gaudenzi una creazione ammirabile. E non mi perdo in quisquilie per dimostrarlo. Tutto fu perfetto in lui, dalla truccatura alla controscena, dall'accento all'azione. Non che io voglia fare una scoperta del valore di questo singolare artista. Da più anni egli si fa seriamente e ovunque ammirare. Ma le sue condizioni artistiche di scritturato non gli avevano finora permesso una vera interpretazione.
Vice-Olrac».
(Il Proscenio; Napoli, 7 gennajo 1900).
«L'esecuzione da parte di Calabresi fu maravigliosa. Egli ha movimentato, parlato, pensato, sottintesa la sua parte. Sembrava che deducesse lì, sul palcoscenico; non che l'avesse appresa da un altro. Più naturale e più comico di così non credo che C. Antona-Traversi possa in avvenire trovare un Gaudenzi.
Piero Ottolini».
(Gazzetta Letteraria; Milano-Torino, 11 novembre 1899).
«Oreste Calabresi, il protagonista, fu addirittura un collaboratore dell'autore. Qualche cosa di semplicemente maraviglioso. Il tipo del Commendatore parassita fu da lui così evidentemente reso che, uscendo dal teatro, vi chiedevate: «Dove ho conosciuto costui»?
(Il Piccolo Faust; Bologna, 8 novembre 1899).
«Voi che avete visto la commedia a Milano, indovinerete che il più grande successo lo ebbe il Calabresi, il quale ha fatto della parte di Gaudenzi uno studio così accurato e vero, che credo sarà impossibile trovare un altro attore che riesca a eguagliarlo. Il Leigheb e il Carini, le signore Zucchini, Leigheb e Cristina misero in opera tutta la loro grande abilità per far spiccare i meriti della nuova commedia, della quale c'è da cordialmente congratularsi coll'autore».
(L'Arte drammatica; Milano, 13 gennajo 1900).
«Il tipo di questo imbroglione — che, non ostante tutte le sue marachelle, non può ascriversi come vorrebbe l'autore nella famiglia dei Parassiti — è magnificamente riprodotto da Oreste Calabresi, un attore che ha saputo elevarsi, col solo consiglio dell'arte sua, su non pochi altri celebratissimi comici Egli sa così opportunamente far giocare la sua nobile fisionomia, e senza cader mai nel grottesco, che è un godimento a vedere. Sobrio negli effetti, minuzioso nello studio dei particolari, geniale nella intonazione della voce e nella mimica, egli conquista subito la simpatia del pubblico più esigente, e da queste conquiste è breve il passo a quella verso la quale tende ogni vero e grande artista, sulla scena e fuori: la gloria».
(Da Natura e Arte).
«Senza entrare in un esame critico del lavoro, bisogna riconoscergli il merito d'aver offerto a un attore di talento, Oreste Calabresi, l'opportunità di creare un tipo bellissimo nel protagonista. Si può dire che l'attore ha compiuto, perfezionato, reso viva la figura un po' abbozzata dall'autore; e sarà merito del Calabresi se il dramma avrà applausi e repliche nei principali teatri della penisola, e se il personaggio del commendator Gaudenzi rimarrà tipico».
(L'Illustrazione Italiana; Milano, 12 novembre 1899).
«Devo però aggiungere gli applausi prodigati a Calabresi dopo tutte le sue scene. Perchè un successo vero, grande e notevole c'è stato iersera, e fu di Oreste Calabresi. Egli è stato ammirevole per la stupenda impostazione del personaggio, per vivezza plastica, per acutezza di espressione, per comica verità.
Fu il vero sostegno della commedia; e per l'intiera serata dominò l'ammirazione del pubblico».
(Il Tempo; Milano, 4 novembre 1899).
22. Varie. — Il Comitato, presieduto dal Claretie, per onorare la memoria di Edoardo Pailleron, ha stabilito che il monumento (già esposto quest'anno al Salon) sorga nel Parco Monceau, che, a poco a poco, diventerà un vero Pantheon dell'arte francese. In tale occasione, avrà luogo una rappresentazione straordinaria all'Odéon, in cui saranno rappresentati un atto dei Commedianti, uno del Mondo della noja, La Scintilla e I parassiti.
Fu questo il lavoretto con cui l'insigne autore esordi alle scene; e questo titolo ci ricorda un altro lavoro, non meno pregevole, ma meno fortunato. Appunto I parassiti di Camillo Antona-Traversi, che costituirono uno dei maggiori successi dell'attore O. Calabresi; e poi... furono sospesi, non recitati più, nemmeno dove erano nuovi.
Il mondo drammatico ha di questi strani misteri! Vedremo quel che ne dirà V. Morichini... al Congresso di Bologna!
Giovanni Zannoni.
(Il Popolo Romano, an. XXXIII, n. 165; Roma, 17 giugno 1905).
23. Gazzetta di Torino, an. XL, n. 205; 26-27 luglio 1899.
24. L'Arte Drammatica, an. XXVIII, n. 40; Milano, sabato 19 agosto 1899.
25. La Tribuna, an. XVI, n. 205; Roma, mercoledì 26 luglio 1899.
26. Il Popolo Romano, an. XXVII, n 204, Roma, martedì 25 luglio 1899.
27. Don Chisciotte di Roma, an. VII, n. 203; martedì 25 luglio 1899.
28. Fanfulla, an. XXX, n. 201; Roma, mercoledì 26 luglio 1899.
29. L'Italie, quarantième année; Rome, mercredi 26 juillet 1899.
30. Il Messaggero, an. XXI, n. 205; Roma, martedì 25 luglio 1899.
31. L'Avanti, an. III, n. 937; Roma, mercoledì 26 luglio 1899.
32. La Capitale, an. XXIX, n. 175; Roma, 25-26 luglio 1899.
33. Gazzetta Letteraria, an. XXIII, n. 32; Milano-Torino, 12 agosto 1899.
34. Il signor Pubblico, an. III, n. 30; Roma, 29 luglio 1899.
35. Fanfulla della Domenica, an. XXI, n. 31; Roma, 30 luglio 1899.
36. Vita Nuova, an. I, n. 6; Roma, 1.º agosto 1899.
37. Il Proscenio, an. VII, n, 25; Napoli, 10 agosto 1899.
38. Ma Chi è?, an. II, n. 43; Roma, 30 luglio 1899.
39. Don Chisciotte; Roma, mercoledì 26 luglio 1899.
40. La Tribuna; Roma, giovedì 27 luglio 1899.
41. Il Popolo Romano, an. XXVII, n. 205; Roma, mercoledì 26 luglio 1899.
42. Il Messaggero, an. XXI, n, 206; Roma, 26 luglio 1899.
43. La Tribuna, an. XVIII, n. 208; Roma, sabato 28 luglio 1900.
44. La Lombardia, an. 41, n. 304; Milano, sabato 4 novembre 1899.
45. La Sera, an. VIII, n. 303; Milano, sabato 4-domenica 5 novembre 1899.
46. Il Commercio, an. XXI, n. 4665; Milano, sabato 4 novembre 1899.
47. L'Arte Drammatica, an. XXIX; Milano, sabato 4 novembre 1899.
48. La Stampa, an. XXXIII, n. 361; Torino, sabato 30 dicembre 1899.
49. Gazzetta di Torino, an. XL. n. 361; 30-31 dicembre 1899.
50. Gazzetta del Popolo, an. XXXXXII, n. 364; Torino, sabato 30 dicembre 1899.
51. Gazzetta di Torino, an. XL, n. 362; 31 dicembre 1899 e 1º gennajo 1900.
52. La Settimana, an. V, n. 34; Firenze, 1.º luglio 1900.
53. Il Fieramosca, an. XX, n. 181; Firenze, venerdì sabato, 29-30 luglio 1900.
54. Il Corriere Italiano, an. XXXVI, n. 180; Firenze, 29 giugno 1900.
55. Lo Staffile, an. XXI, n. 21; Firenze, 5 luglio 1900.
56. La Nazione, an. XLII, n. 180; Firenze, venerdì 23 giugno 1900.
57. Il Secolo XIX, an. XVI, n. 31; Genova, giovedì-venerdì 31 gennajo e 1.º febbrajo 1901.
58. Caffaro, an. XXVII, n. 31; Genova, giovedì 31 gennajo-venerdì 1º febbrajo 1901.
59. Il Giornale del Popolo, an. III, n. 417; Genova, giovedì 31 gennajo 1901.
60. Il Piccolo, an. XX, n. 6953; Trieste, martedì 22 gennajo 1901.
61. L'Indipendente, an. XXV. n. 8239; Trieste, martedì 22 gennajo 1901.
62. Il Gazzettino, an. II, n. 128; Trieste, martedì 22 gennajo 1901.
63. L'Ora, an. I, n. 221; Palermo, martedì-mercoledì 27-28 novembre.
64. Avvisatore, an. XXXII, n. 96; Palermo, 29 novembre 1900.
65. Il Veneto, an. XIII, n. 142; Padova, 24 maggio 1900.
Nota del Trascrittore
Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.
Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.